Titolo: I don't feel anything outside the pain you bring
Fandom: Sherlock BBC
Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Rating: NC17
Avvertimenti: Slash
Conteggio parole: 4175 (
fiumidiparole)
Riassunto: Ha solo voglia di scopare. Di muovere il bacino e seguire il ritmo dettato dalla natura, di perdersi nel suo corpo senza pensare a chi è lui, e a chi ha sotto - senza pensare che con John avrebbe dovuto chiudere tutto più di un anno fa, con una bella pallottola conficcata nel suo cervello da uomo ordinario. Succhia piano, mentre la lingua continua ad accarezzare la pelle che ora scotta - è sicuro che John la senta pulsare, oh, deve sentirla, perché a lui pulsa tutto, e non è giusto che sia solo.
Note: 74. Vuoto inaspettato di
500themes_ita. Comunque è un porno.
X Novembre 2013
Londra sta affondando nella pece. Dai tetti di Oxford Street, Sebastian riesce a vedere, in lontananza, quella parte di cielo che ancora trattiene la sfumatura aranciata del sole che sta morendo dietro l'orizzonte. Tira su col naso, fregando i polpastrelli sulla carne per levare il fastidio provocato dal pulviscolo sui tetti, prima di ricominciare a camminare, e saltare da una casa all’altra, guardando intensamente il vuoto sotto la sua pancia. Stretta in una mano ha una busta piena d'alcool che tintinna, vetro contro vetro che si incontra ad ogni sobbalzo. Non ha intenzione di fare la guerra a nessuno, oggi.
Ha solo bisogno di staccare la spina e non pensare. Che poi i piedi lo stiano portando verso Baker Street, quello è un discorso che non ha intenzione di affrontare con nessuno, e tanto meno con se stesso.
Sotto i suoi piedi ha il numero uno. Man mano che si avvicina, man mano che il fiato si ingrossa, e la lingua si impasta al pensiero di un buon bicchiere di whiskey, Sebastian sente una patina d'eccitazione formarsi tra le sue dita. Può ignorare le motivazioni, forse, ma non i fatti.
Si maledice per essere così crudele nei confronti di se stesso mentre ghigna, e salta un altro tetto. Al numero quarantacinque qualcuno canta. Al numero quarantasette, una donna culla il suo bambino in lacrime nella speranza di placare i suoi piagnistei. Non ha nemmeno di che preoccuparsi, non potrebbe mai essere scoperto, in mezzo a tutto quel rumore. Il passo accelera, il suo fiato anche. Mentre supera il numero centouno, pensa che gli piacerebbe che qualcuno lo vedesse, che lo ammirasse per la sua abilità di non schiantarsi al suolo e diventare cibo per topi e gatti randagi. Al centosettantatre, comincia a pensare che i suoi piani potrebbero andare a fanculo - perché dovrebbe condividere il suo alcool con John Watson, in fondo?
Il duecentoventuno è sotto i suoi piedi prima che possa darsi risposta.
Non è la prima volta che passa dall'alto. Anzi, probabilmente per lui non ci sarà mai altro modo per entrare in casa del dottore - entrare dalla porta d’ingresso renderebbe le cose quasi normali, quasi umane, un rapporto basato su qualcosa che loro due non possono avere.
Assicura una corda al parapetto, stringendo la busta pesante tra i denti. Calcola la distanza in balzi sul muro; i suoi piedi incontrano la parete sette volte, prima di trovarsi di fronte alla finestra della camera da letto di John. Un coltello dalla tasca dei pantaloni, un movimento sicuro del polso e la serratura scatta, lasciando che la finestra si apra con uno scricchiolio sinistro.
Non proviene nessun rumore, dall'appartamento. E' per questo che Sebastian ama chiudersi lì dentro - è come essere isolati dal resto del mondo. John non fa rumore, nemmeno quando è a casa. È lui a portare il rumore ovunque, solitamente.
Rimane seduto per qualche secondo sul davanzale, guardandosi attorno. Quando i suoi scarponi toccano il pavimento, lo scricchiolio è così forte che gli viene da zittirlo con un sibilo. Ma non succede nient'altro.
Forse John non c'è.
Si pulisce il sedere con due colpi di mano, ciondolando verso la porta. Prima o poi dovrà oliarla, perché non ha alcuna intenzione di cambiare finestra, né di farsi scoprire subito ogni volta che entra in quella casa. E in ogni caso, la camera di John gli piace troppo per poter anche solo pensare di entrare dalla cucina.
Si ferma sullo stipite della porta, sorridendo. John ha il gomito sprofondato nel bracciolo del divano, la testa che poggia sul dorso della mano. Quando si sveglierà gli farà male, decisamente. Avanza di qualche altro passo, cercando di non far troppo rumore. Poco prima di poggiare la busta con l'alcool sul tavolo, però, uno sbuffo alle sue spalle lo blocca, e lui non osa girarsi.
"Sebastian. Ti ho sentito. Puoi smetterla con questa pagliacciata."
Lui ride, scuotendo la testa. Si aspettava di sentirlo irritato, ma in verità ha soltanto la voce impastata dal sonno. "Non si ringrazia qualcuno così, sai?" Si volta piano, vedendo il dottore mettersi dritto sulla schiena e muovere quel povero polso che gli farà male ancora per qualche minuto, se ha fortuna. Si incanta a guardare la sua testa che rotea, a sentire le ossa schioccare, mentre il viso di John è contratto in una smorfia mista di piacere e torpore.
"Ringraziarti per aver di nuovo rotto la finestra di camera mia? Non potresti semplicemente suonare? So che non sembra, ma ti aprirei. Davvero."
"Noioso."
Lo guarda sfregarsi gli occhi, e aprirli piano. Sono appena lucidi, la stanchezza che riempie e rende pesante la pelle sotto gli occhi. "Noioso, ma utile al mio portafoglio. E soprattutto, mi eviterebbe lo sguardo incuriosito di un sacco di gente. Sono dovuto andare a chiedere di aggiustarmela già tre volte, questo mese."
"Non aggiustarla. Rendimi le cose più semplici."
John lascia cadere la testa tra le mani, scuotendola. "Che vuoi?"
"Mi sentivo solo. Ho portato un po' di alcool per festeggiare."
Finalmente John lo guarda, un sopracciglio alzato che riflette la sua perplessità. "Mh. Festeggiare cosa, di preciso?"
"Il nostro eterno sodalizio."
"... da quando in qua siamo amici?"
"Oh, lo sai che lo siamo sempre stati."
Finalmente Sebastian appoggia la busta sul tavolo, togliendone la bottiglia di whiskey. A passi ampi raggiunge il divano, prendendo posto affianco al dottore e dandogli una pacca sulla spalla. "Giornata pesante, sembra."
"Ho fatto il turno di notte. E poi mi hanno richiamato al pomeriggio per un'emergenza. Direi di sì."
Sebastian si piega sul tavolo, forzando la mano sul tappo della bottiglia. Lo lascia cadere da qualche parte sotto il divano, sicuro che non avrà bisogno di essere chiusa prima di un paio d'ore, quando probabilmente sarà già stata svuotata. "Beviamoci su."
"Hai uno strano modo di affrontare la stanchezza, Sebastian."
"L'alcool è la cosa migliore. Sempre."
Vede nel suo volto l'espressione deliziata di chi è stupito ma concorda, e prende il primo sorso, leccandosi le labbra.
"Stai peggiorando. Almeno qualche mese fa avresti preso i bicchieri."
"Ma per favore."
Si passa una mano sulla bocca, passando la bottiglia a John. Ride, mentre il dottore prende la bottiglia e la guarda, chiedendogli con lo sguardo se sia serio.
Quando lui ammicca, spingendo la bottiglia verso la sua bocca, John tira indietro la faccia e alla fine, il vetro che tocca la sua bocca, si arrende e dischiude le labbra, lasciando scendere due sorsi di whiskey lungo la gola. Sebastian osserva intensamente la sua lingua piccola uscire e leccare sulla carne rosa, gocce di liquore che spariscono dentro la sua bocca. Gli prende la bottiglia di mano, sorridendo in segno di sfida, prima di stringere più forte il collo della bottiglia e inclinarlo, ingoiando uno, due, tre, quattro sorsi senza prendere fiato.
L'alcool che brucia in fondo alla gola è una delizia. Lentamente gli invade lo stomaco e lo riscalda, ed è certo che la stessa cosa stia succedendo a John, che adesso sembra decisamente sveglio. Fa strani miracoli, quella roba.
Dovrebbe portarsela dietro più spesso.
"Sembravi così ritroso, e adesso vuoi finire la bottiglia?" ride quando l'altro gli tende la mano per avere un altro goccio. "Non è abbastanza, un alcolizzato in famiglia?"
"Non sono un alcolizzato per due gocce di questa roba, Sebastian." sbotta, sollevando la mano per pulirsi la bocca.
Probabilmente, in mezz'ora lì dentro non ci sarà che aria. Meglio. Al momento non gli dispiace affatto, prendersi una sbronza. In fondo è venuto in casa sua solo per passare una serata piacevole. E anche John sembra più che propenso a raggiungere lo stesso obiettivo, e chi è lui per non approfittarne? Il pollice che scorre sul labbro del dottore è ipnotico, macchiato appena dove il whiskey si è attaccato alla pelle. Lui che non lo fa mai, si lecca le labbra, sorridendo felino.
I suoi piani potrebbero andare meglio del previsto.
John cambia mano e ricomincia a bere. Chiude gli occhi, appoggia il vetro sulle labbra e lo fa affondare, e per Sebastian è una meraviglia vedere il suo pomo d'Adamo sollevarsi e abbassarsi ad ogni sorso, una meraviglia vedere le sue orecchie colorarsi appena, il caldo che comincia davvero a farsi spazio ovunque. E la mano sporca è lì, poggiata sulla coscia, e Sebastian davvero non può limitarsi a guardare.
Lui è già su di giri.
Allunga la mano, lo prende per il polso mentre ancora beve. Solleva il braccio quel poco che basta perché, chinandosi, le sue labbra sfiorino la pelle, e lui possa sentire il sapore misto di alcool e John, il leggero sapore di sale che si mischia a quello dolciastro della bevanda. Ride, quando John sobbalza per il contatto improvviso, lasciando una scia umida di whiskey a scivolare sul suo mento, sul collo, fino a sporcare la camicia.
"Che- che cazzo..."
"Ah, John. Ti ho dato il permesso di bere, non di sprecare la mia roba." L'espressione sul volto è impagabile, un misto di frustrazione e divertimento, nascosto sottile nelle rughe agli angoli della bocca. "Davvero, non puoi buttare così tutto questo ben di Dio."
Non gli dà nemmeno il tempo di replicare. Lascia andare la mano per dedicarsi a qualcosa di meglio, la lingua che aderisce al collo del dottore e sale, piano, fermandosi su quel piccolo bozzo nella gola, accarezzandolo con denti prima di riprendere a salire.
Avesse sempre questo sapore, lo divorerebbe. Potrebbe farlo, un giorno non lontano, chi potrebbe impedirglielo?
Non c'è più nessuno, tra di loro. Solo un filo d'alcool che più che separarli, li unisce - li appiccica l'uno all'altro in un modo che definirebbe delizioso, se fosse qualcun altro.
Il respiro, il battito del cuore, sono cose che John non riesce e non può controllare, sangue che pompa in vena facendolo tremare d'eccitazione. Sebastian non può che essere fiero del suo operato. Basta così poco, a far crollare le persone.
"No, no..."
"Stacca il tuo fottuto cervello. Guarda che è colpa tua che te lo sei rovesciato addosso." sogghigna, guardandolo. Le sue narici si allargano, quando respira più forte, quando lascia uscire l'aria calda e tutto attorno a loro diventa un po' più umido, un po' più appiccicoso. "Non mia. Tua."
Non farà resistenza, lo sa. Se avesse voluto, lo avrebbe già fatto: avrebbe potuto spingerlo a terra, e tentato di mandarlo fuori di casa a calci in culo - senza riuscirci, ma ad ogni modo. John dice no e le sue dita stringono la sua maglia creando un adorabile contrasto, mentre lui lo intrappola tra il suo corpo e il bracciolo del divano senza lasciargli nessuna possibilità di scappare.
Incastra un dito tra i bottoni della camicia di John, senza smettere di leccarlo. All'alcool sostituisce la sua saliva, succhia la pelle in modo da recuperare quanto più possibile. Non è nemmeno più il whiskey a fargli girare la testa, adesso; è il sapore di John che lo stordisce. Quel velo leggero di sale che pizzica sulla punta della lingua, il suo odore che gli scuote il naso, i sospiri leggeri che rapidamente scivolano nelle sue orecchie, mentre le mani corrono sotto la camicia e la pelle di John si arrossa sulle orecchie, e lui non riesce a fare a meno di guardarla, quando non è troppo impegnato altrove.
Il dottore geme più forte, quando Sebastian lascia affondare i denti sulla carne morbida. Non vuole romperla, non vuole sentire il sapore del sangue, per una volta.
Ha solo voglia di scopare. Di muovere il bacino e seguire il ritmo dettato dalla natura, di perdersi nel suo corpo senza pensare a chi è lui, e a chi ha sotto - senza pensare che con John avrebbe dovuto chiudere tutto più di un anno fa, con una bella pallottola conficcata nel suo cervello da uomo ordinario. Succhia piano, mentre la lingua continua ad accarezzare la pelle che ora scotta - è sicuro che John la senta pulsare, oh, deve sentirla, perché a lui pulsa tutto, e non è giusto che sia solo.
Una mano resta sulla pancia, risale piano fino al petto, mentre l'altra preme sulla spalla sana di John facendolo aderire completamente al divano.
Vuole andare piano, vuole correre, vuole che tutto passi velocemente, e che il tempo scorra così lento da farlo impazzire.
"RIlassati, dottore." bisbiglia al suo orecchio, baciandone il lobo. John freme sotto le sue mani, una delizia che si imprime nella mente e che adesso vuole ancora, ripetutamente. Gli accarezza il petto, lento, insistendo dove la pelle si fa più ruvida. Le dita del dottore si stringono attorno al suo braccio - dovrà togliere quella maglia che ha addosso prima che il desiderio di sentire le mani di John sulla sua pelle diventi troppo intenso, e lo faccia diventare violento. Sospira, trattenendo l'aria nei polmoni e andando in apnea, mentre incastra le gambe di John tra le sue e sorride, abbassando lo sguardo. John è sempre così ritroso, e forse è quello che gli dà soddisfazione. Afferra i lembi della maglia e la sfila rapidamente, lasciandosela cadere indietro.
"Aggrappati di nuovo. Mi piace quando lo fai."
Ogni volta che parla tutto attorno a lui gira. L'alcool gli è andato alla testa troppo in fretta, ed è tutta colpa di John.
Non riesce davvero a trovare una volta in cui non sia colpa sua.
Si avventa sulle sue labbra senza preavviso, mentre le dita si aggrappano alla stoffa della camicia di John ancora bagnata, e via, uno strattone, e i bottoni meno resistenti saltano - tre tintinnano sul pavimento, uno si perde nelle pieghe del divano, l'altro si incastra nell'ombelico di John. Sebastian lo scaccia via facendolo saltare a terra, sia mai che parte del suo corpo venga coperta da una cosa così insulsa. Vuole vederlo nudo, prenderlo in bocca, divorarlo per non lasciare nulla a nessuno, mangiarlo fino all'osso. Gli allarga le gambe, infilandosi in mezzo. Stringe le sue cosce attraverso i jeans, spingendoselo addosso soltanto per sentire la voce del dottore incrinarsi quando i loro bassi ventri sfregano l'uno contro l'altro. Vorrebbe averlo a sua disposizione ventiquattro ore al giorno, stimolarlo costantemente per obbligarlo a dire il suo nome in quel modo così caldo, così eccitante. Pizzica i suoi capezzoli senza troppa forza, il bacino di John che si solleva per cercare un contatto più profondo.
"Così, John, così." mormora sulla sua bocca, a bassa voce, le mani che scivolano fino alla cintura. Tintinna e sovrasta i loro respiri affannati per qualche istante, il tempo di farla cadere rovinosamente a terra e muovere le dita sul bottone dei jeans, sulla cerniera che abbassa troppo in fretta. Si sta contenendo anche troppo, in realtà - c'è l'alcool che gli grida di strappargli via anche i pantaloni come ha fatto con la camicia, di girarlo a pancia in giù e allargargli le natiche e fregarsene delle buone maniere, ché tanto ciò che gli importa davvero è la sua soddisfazione, e non quella di John.
Non ha idea di come stia riuscendo ad ignorarlo.
Quando John si spinge contro di lui una seconda volta, lui ne approfitta per abbassargli i pantaloni, piano. La sua erezione è meravigliosa, avvolta dalla biancheria intima. Gli fa seccare la bocca, lo fa piegare e muoversi sul corpo del medico, il naso che traccia la linea degli addominali e scende fino al suo inguine, dove trova riposo per qualche istante, il tempo di respirare il suo odore, il tempo di vedere se c'è stato qualcun altro, lì, prima di lui. Imprime sulla stoffa il suo sapore con la bocca, un rivolo di saliva impastato d'alcool che crea un filo morbido, che Sebastian lecca via, e finalmente adesso c'è il suo segno, e può tornare alla sua bocca per baciarla, e gridargli sei mio.
Qualcuno nella sua testa ride.
Ondeggia contro l'erezione dell'altro, sentendo la sua farsi più dura. Mentre una mano stringe la spalla del dottore, l'altra scivola rapida tra le gambe, spingendo l'elastico dei pantaloni sotto il sedere, prima di infilare la mano nelle mutande e dar spazio al suo cazzo - Cristo, che bella sensazione. Senza la stoffa ad ostacolare la frizione, è tutta un'altra cosa. Può sentire la pelle di John scottare contro la sua, può sentire l'odore umido dell'eccitazione salirgli fino al naso e dargli un pugno per stordirlo, può premere carne contro carne e vedere il dottore contrarsi in uno spasmo di piacere che fa valere la pena di essere lì - vale più che appostarsi in una casa vuota e far saltare in aria la testa a uno sconosciuto, vale più che vedere le facce delle solite puttane che lo trattano come se fosse Cristo sceso in terra.
Vuole entrargli dentro. Ogni volta che lo fa è una liberazione. Ma continua a tenere unite le due erezioni, mentre lo sguardo ondeggia tra gli occhi liquidi di John e la mano che comincia a farsi scivolosa. John ansima e non segue il ritmo della sua mano, ed è questo che lo rende reale. Lui lo perde davvero, il controllo, lui non si aggrappa a qualcosa di insulso come una serie di colpi di polso; lui diventa una massa calda di gemiti sconnessi che ricomposti, oh, Sebastian lo sa bene, formano il suo nome.
L'alcool gli fa pizzicare tutte le estremità.
"Vuoi venire, John?" sussurra al suo orecchio, mentre il suo bacino rallenta, e John si muove contro di lui con una disperazione incalzante. Ghigna, Sebastian, mentre la mano si ferma e l'indice gioca con la punta del suo sesso umido. "No, John. Non avere fretta. Non rovinare tutto."
John ha lo sguardo bloccato sulla punta del suo naso, incapace di sollevare appena il mento. Non importa, è Sebastian ad abbassarsi sulle sue labbra, lui ad acchiappare i suoi occhi pieni di eccitazione, neri come la pece, adesso.
Lui è capace di inghiottire tutta la sua luce.
Quando lascia libere le loro erezioni, John geme in frustrazione. Tiene il labbro inferiore tra le labbra mentre respira forte col naso, lo sguardo che adesso è legato alla mano di Sebastian che gli macchia la coscia nuda di liquido seminale. "Un passo alla volta." Sebastian si solleva dal suo corpo e gli prende le gambe, aperte davanti a lui come un dono al Dio, per portarle sulle sue spalle.
Entra. Spingi. Aprilo. grida la sua testa, e lui obbedisce a modo suo, perché l'alcool gli impedisce di dar retta persino a se stesso. L'indice è ancora umido di sperma, ma non gli basta. John lo aiuta come può, perché John deve aiutarlo: è per questo che non oppone resistenza, quando lui spinge il dito contro le sue labbra, e gli sussurra di fare da bravo, di leccarlo, così farà meno male.
Non fa mai meno male. Eppure Sebastian non capisce il perché. John stringe i denti, quando lascia scivolare il primo dito. Non oppone resistenza, e lui entra che è una meraviglia, eppure John chiude gli occhi e il suo respiro accelera, e forse è l'eccitazione, forse il whiskey, forse la semplice idea che ci sia lui a scoparlo, e non una donna, non una persona importante - magari non il suo Sherlock.
"Ci sono io, John. Io, porca puttana." sibila tra i denti mentre piega il dito e lo fa tremare. Sentire le sue mani stringersi attorno alle spalle equivale a un brivido sulla schiena, a un grido dentro la sua testa che dichiara la sua supremazia. Aggiunge un dito, due dita, finché John non è deliziosamente aperto e il suo viso deliziosamente rosso, finché anche l'ultima falange scompare dentro di lui e pensa che sia ora di lasciar spazio a qualcosa di più corposo.
Tiene più strette le gambe sulle spalle, piegandosi sopra di lui. Il suo cazzo sfrega contro i testicoli di John, contro quel poco della sua erezione che non poggia dura sulla sua pancia. Vedere il pomo d'Adamo rosso dai suoi morsi muoversi lentamente lo fa gemere di soddisfazione. "Non c'è nessun altro a parte me." sibila, raddrizzando la schiena e prendendoselo in mano, la punta umida che sfrega contro la sua apertura - ringrazi anche solo che sia sano e non lo stia condannando a una vita più di merda di quella che già non vive, perché lui non ha nessuna intenzione di perdersi la sensazione di carne cruda contro carne cruda per uno stupido pezzo di lattice. Piega il bacino in avanti, affondando in lui con una lentezza che non gli appartiene. Vorrebbe strapparlo - lo ha già fatto una volta, perché mai non dovrebbe prendersi il lusso di fare di lui quello che vuole? - eppure, in quel momento, si chiede se sia mai stato più delicato, in tutta la sua vita.
La risposta lo nausea, e lo fa rinsavire. Si lascia scivolare totalmente in lui con un colpo secco, e John geme, ma non è dolore. Al momento, sono sullo stesso piano, almeno a livello di sensazioni. E' quasi rincuorante.
Sebastian comincia a muoversi lentamente, mentre stringe le natiche di John e gliele allarga per poter entrare del tutto in lui. "Guarda me." mormora, mentre comincia a muoversi ritmicamente - entra ed esce, entra ed esce, meccanico, gli occhi intrappolati in quelli di John. Vorrebbe vederlo liquefarsi sotto i suoi tocchi, ma deve accontentarsi si vedere il blu delle sue iridi scomparire davanti al suo potere.
"Guarda me."
E' un ordine - una richiesta ben celata dietro il tono duro con cui si impone sulla sua persona, mentre il ritmo accelera impercettibilmente e John annuisce mordendosi le labbra e respirando così forte che sembra stiano per scoppiargli i polmoni. Sebastian guarda le sue dita stringersi attorno alla pelle scivolosa del divano, fissa i suoi occhi che schizzano ovunque, fermandosi a volte sui suoi occhi, sciolti come neve al sole. Si chiede come sia possibile che il suo corpo l'accolga con tanta facilità, lui che ha sempre trovato resistenza anche nei corpi più abituati. Si chiede come sia possibile che il suo corpo sia così caldo e piacevole - deve essere l'alcool a farlo pensare troppo, a fargli pensare cose che non hanno senso.
Vorrebbe entrargli dentro. Del tutto. Prendere possesso di ogni sua fibra, farla diventare sua e di nessun altro - dovesse morire un giorno di questi, nessun altro dovrebbe avvicinarsi a John, perché è roba sua, cazzo, sua, ce l'ha scritto dappertutto.
Si inarca appena, affondando le unghie nelle cosce del dottore. Al diavolo se gli restano i segni, tanto nessuno deve vederli. Lo sente protestare e non gli interessa, gli piace quel suono nelle sue orecchie. Fargli male non è il suo scopo principale, incidergli la sua proprietà sulla pelle sì. Spinge le sue gambe in avanti, abbassandosi ancora. Più spinge e più si sente ingoiare - è una sensazione strana, è il brivido sulla schiena che gli provoca uno spasmo incontrollabile, la testa che gira quando spinge più in fondo e John non può soffocare un gemito forte a cui lui non può fare altro che aggrapparsi.
Ride tra i denti, mentre il ritmo si fa sconnesso. Ride di se stesso per star diventando così morbido, per aver perso il buon senso. Porca puttana, odia l'uomo che sta scopando, lo odia dal profondo del suo cuore.
Gli stringe l'erezione in una mano, scivolandoci sopra con un ritmo troppo veloce, troppo perso negli ansiti di entrambi. Si sente pieno fino a scoppiare, il dolore al petto simile a quello al basso ventre, un fastidio di cui si vuole liberare, e più si muove prima succederà. Sente la mano bagnarsi e ghigna, osservando come gli addominali di John si contraggano, come la schiena si inarchi in avanti e le mani cerchino appiglio nelle sue spalle, ancora, la bocca deliziosamente umida e aperta per lasciar uscire gemiti così alti, così osceni, che probabilmente Sebastian non sentirà mai più.
A meno che non lo faccia bere di nuovo.
Si porta la mano sporca alle labbra, leccando via lo sperma mentre il bacino ormai va per conto suo. Si morde due dita, dando una spinta più forte e premendosi contro il basso ventre di John, gemendo soffocato mentre si svuota dentro di lui. Respira a fatica, quando ha finito. Rimane piegato su John a riprendere fiato, senza guardarlo.
Si sente vuoto. Così, all'improvviso. Come se oltre a venire, avesse sputato fuori qualunque cosa riempisse il suo petto, e la sua testa. Si lascia cadere all'indietro dopo essere uscito da John, grattandosi la testa e fissando il soffitto, l'intonaco rovinato negli angoli.
Fuori è buio pesto.
"Credo che rimarrò qua." dichiara dopo qualche minuto passato a cercare qualcosa nella sua mente a giustificare le sue parole e fallire miseramente. John grugnisce, e lui lo prende come un assenso. Lo guarda alzarsi, il seme che gli cola sulle gambe ad ogni passo, lo segue con gli occhi finché non sparisce dietro la porta del bagno. Sebastian sbuffa, pescando cartina e tabacco dalla tasca dei pantaloni abbandonati sul bracciolo del divano.
Fissa la porta che ha mangiato John, sente lo scroscio dell'acqua che laverà via le tracce più superficiali del suo passaggio.
Continua a chiedersi perché si senta privo di qualunque sensazione, e dà la risposta all'alcool. Non può permetterle di essere una domanda vacante. Non può permettere alla sua testa di dare la colpa di tutto a John, e a se stesso. E' solo colpa dell'alcool. Piega la testa all'indietro e accede la sigaretta, aspirando il fumo e pregando silenziosamente che quell'orribile sensazione vada via in fretta.