Ah, un'ultima cosa che ieri ho dimenticato, ma che forse è la più importante. Poi di lui non parlo più fino a quando non vincerà l'Oscar.
Veltroni siamo noi perché si vede che è uno che non ha avuto voglia di studiare (come, mi ricordano,
qualcuno ha già detto molto prima di me). Da lui non abbiamo mai sentito un'analisi complessa delle dinamiche sociali, un discorso puntuale sulla politica economica. O se l'abbiamo sentito, non ce ne ricordiamo, non è quello che volevamo sentire da lui.
Ma perché noi invece? A farsi le pippe sul Capitale e il Che fare, a prevedere l'infallibile imminenza della rivoluzione mondiale ci avevano pensato quelli degli anni settanta, con risultati catastrofici, o criminali, o plumbei come quelli del vecchio Pci. Noi arrivati dopo - parlo sempre della mia generazione - non ciavevamo proprio voglia, né motivo. E abbiamo trovato lui, che aveva già capito tutto. Che era andato al cinema, che aveva ascoltato jazz, che aveva visto la televisione. E ci diceva che sì, per essere di sinistra non dovevi solo - non dovevi più - lottare per la liberazione mondiale delle masse lavoratrici. Si poteva anche andare al cinema, ascoltare musica, guardare la tv. E il fallimento del comunismo non era il nostro, noi eravamo già fuori, già oltre, già dalle parti di Kennedy e di Martin Luther King. Un modello di società, una prospettiva politica? Poi vediamo, intanto convinciamoci che siamo i buoni, i colti, i sensibili. Era una risposta insufficiente, forse menzognera, certo sbagliata, come s'è visto e si sta vedendo. Ma di risposte, ripeto, non ce ne sono state molte altre. Se qualcuno gli è andato dietro non sarà mica tutta colpa sua.