Canzone di natale

Dec 14, 2009 12:10

Come ormai tutti sanno, secondo un'antica profezia maya il mondo finirà nel dicembre del 2012. Pochi invece conoscono le modalità della catastrofe. Si calcola infatti che per quella data il mai troppo lodato e ringraziato dott. comm. Sir Squonk avrà invitato l'intera umanità a partecipare al Post sotto l'albero, la raccolta a tema natalizio che è da anni l'appuntamento più commovente della blogosfera tutta. Per rispettare la ferrea scadenza fissata per l'invio del post, tutti i popoli della Terra sospenderanno le loro normali attività; i campi giaceranno incolti, gli armenti scapperanno dalle stalle, i bimbi piangeranno nella culla, le truppe si fermeranno a metà dell'assalto e i siti nucleari resteranno incustoditi. Le linee di comunicazione saranno intasate dall'incessante fluire del Psla dai quattro angoli del globo. Finché, schiacciando il tasto per la creazione di un PDF di sette miliardi di pagine, il Sir scatenerà l'esplosione.

In attesa di questa fine tutto sommato gloriosa per la nostra specie, il Post sotto l'albero 2009 è di dimensioni contenute: 108 contributi, 164 pagine, 6,6 mega di pdf. Lo si può scaricare qui. È roba buona, ne vale la pena. In mezzo c'è anche una paginetta mia, che metto qui di seguito - con una minuscola modifica che mi è venuta solo adesso. E approfitto per fare gli auguri di Natale, ché con l'aria di fiacca che tira su questo lj chissà quando ci si rivede. Baci.


Antivigilia

Madonna che freddo che fa. Aria di neve, avresti detto tu col solito tono da maestrino. E che buio in quest’androne, che squallore, tutto come al solito. Quella macchia di umido là mi sembra proprio di conoscerla. E anche la lampadina - ci arriverà a venti watt? - dagli strati di polvere ci scommetto che in questi quindici anni non l’hanno mai cambiata.

Vabbè saliamo dai. Sei piani a piedi, ché l’ascensore è un lusso borghese, no? La mansarda. Le trovavo stucchevoli già quindici anni fa, le mansarde. Come tutto il resto, d’altra parte. I capelli lunghi. I gatti. Scopare sui divani sdruciti e poi sfinirsi di canne e parole guardando la luna sui tetti. I poeti squattrinati e le ragazze di buona famiglia che se ne innamoravano.

Cristo, ancora il primo piano. E io che arranco col tacco nove e i pacchi dei regali. E però chi voglio prendere in giro. Non è che sono venuta fin qui per quel negozio di giocattoli di cui mi hanno parlato le altre mamme della scuola, “è in un posto bizzarro, pensa, proprio davanti alla fermata del 14, e però ha proprio tutto tutto, anche quello che non trovi più da nessuna parte”. E infatti era vero, che dio le stramaledica, ed eccomi qua con il Depilatore di Hello Kitty e il Carrarmato Ecologico dei Gormiti. Cristosanto. Perfino il tram ho preso, e anche lì erano 15 anni dall’ultima volta. Figurati se venivo allo sprofondo solo per mettere sotto l’albero altri 200 euro per quei due decerebrati. La botta da matta. Il pellegrinaggio sui luoghi della memoria. Disagio mentale dovuto all’abuso di acido ialuronico, direbbe la mia cara amica Marina. Parla lei che ha già un piede nella menopausa, sta stronza.

Uh, ecco la porta della puttana. Era simpatica, ci invitava a mangiare la sopressata che le mandava la zia dalla Calabria. Qui a fianco c’era quella pazza, la signora Mencacci, e a giudicare dalla puzza di cavoli c’è ancora. Il colonnello in pensione è morto di sicuro, aveva novant’anni già allora. “L’uomo che da solo ha fatto perdere all’Italia la seconda guerra mondiale”, dicevi, e io ridevo. Ne dicevi tante di queste cazzatine, parlavi sempre tu, a raffica, stavo ad ascoltarti per ore. E però poi non resistevi, ti montava la vocazione da dottorando in italianistica, e allora dovevi acculturarmi. A me, che avevo strappato coi denti un 36 e un calcio in culo dalle suore. “Secondo te è un’iperbole o un paradosso questo?”. Madonna i coglioni quando attaccavi le pippe sulle figure retoriche. Il chiasmo! L’anacoluto! E quell’altro, come si chiamava, quella cosa che metti vicino due parole che di per sé avrebbero un significato opposto. Ti piaceva tanto quella, la usavi un sacco per farmi i complimenti o, più spesso, per insultarmi. Hai una luce oscura negli occhi. La tua orribile bellezza. La tua ricchezza da pezzenti.

Le cose che sopporti quando sei innamorata. Anzi no, Marina dice che alla nostra età abbiamo il preciso dovere di smetterla di parlare come Harmony , e quindi: le cose che sopporti quando hai trovato uno che ti scopa come un arcangelo scesinterra. Bravo eri bravo. Ma anche a scrivere eri bravo, dai, almeno per quanto ne posso capire io. Madonna quanto m’hai scritto. Tonnellate di carta, lettere, biglietti, disegni, post-it, quaderni interi. Quando non parlavi, scrivevi. Peccato che ho dovuto distruggere tutto, all’epoca Giorgio m’avrebbe ammazzato se le trovava. All’epoca. E il bello è che volevi che scrivessi anch’io: dai provaci, insistevi, vedrai che ti piace, racconta un sogno, una cosa che hai fatto, scrivimi almeno una frase. Io niente. Era diventato un punto d’orgoglio: nemmeno una riga. Neanche quando me ne sono andata. Neanche per dirti che mi andavo a sposare.

Quarto piano. Pure qui alle porte tutti nomi cinesi e pakistani. Ma insomma che cazzo sto facendo? Ma davvero spero di bussare alla porta di casa tua e trovare te che in quindici anni non hai fatto altro che aspettarmi dedicandomi struggenti poesie? Sì vabbè sarò cretina ma non fino a questo punto. Te ne sarai andato, sicuro. Un poeta famoso non sei diventato, se si può diventare poeti famosi. Google ti confonde con cento omonimi, Facebook figuriamoci. Nemmeno il nome al citofono hai mai avuto, lusso borghese anche quello presumo. La cosa più probabile è che tu sia finito a insegnare in qualche scuolaccia di periferia dove ti bucano le gomme della macchina e tua moglie ingrassata si lamenta che non ci sono soldi e tutte quelle cose là. Oppure stai bene dove stai, ancora qua sul divano sdrucito, a fumare e guardare la luna sui tetti e scopare con un’altra ragazza di buona famiglia. Che ha quindici anni meno di me.

No no basta, ricreazione finita, pellegrinaggio arrivato a destinazione. Mi fermo qui. Scendo a riprendere il tram, c’è da sperare per l’ultima volta nella mia vita, e torno da Giorgio e dai due deficienti. Domani sera cena dai miei, dopodomani pranzo dai suoceri, e poi il capodanno in montagna, e via così. La mia vita, com’è che dicevi tu?, la mia vita di allegra tristezza.

Non male l’allegra tristezza, se dovessi dire come mi sento adesso direi proprio così. O più triste allegria? Saremmo stati capaci di discuterne per mezza giornata, sul divano. Ah, ossimoro, ecco come si chiamava.

Madonna che freddo che fa. Ci scommetto che nevica. Dopo tutto tra due giorni è Natale.

E da dietro la porta
sento uno che sale
ma si ferma due piani più giù
È un peccato davvero
ma io già lo sapevo
che comunque non potevi esser tu

Ringraziamenti e scuse a Francesco De Gregori

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