In Italia, si sa, gran parte della società funziona per Caste, partendo in primis dalla politica. In alcuni casi si tratta di vere e proprie organizzazione strutturate e dotate di elaborati mezzi di autodifesa che le protegge da attacchi esterni ma anche da intrusioni indesiderate.
La maggior parte delle volte invece le Caste sono paragonabili quasi a delle associazioni spontanee, e il maggior vantaggio che offrono ai loro soci è quello della classica "spintarella". La fatidica raccomandazione, di democristiana memoria.
Ora, come sapete bene, questo blog tratta principalmente di scrittura e letteratura, perciò mi concentrerò sull'eventuale "Casta" in questo ambiente e, nello specifico, nella realtà italiana.
Togliamoci subito un dubbio: esiste una Casta nell'editoria italiana? La risposta è: assolutamente sì.
Diciamo che si tratta di un'associazione spontanea, non di un'organizzazione solidamente strutturata come lo sono, per esempio, la casta politica o quella medica.
Ultimamente sto leggendo in molti blog degli attacchi palesi a questo o quello scrittore, e a molte case editrici. L'accusa mossa è principalmente quella di corporazionismo. I più arrabbiati arrivano addirittura a supporre che ci siano oscuri piani atti a portare al successo questo o quell'autore, a dispetto di centinaia di altri che nemmeno vengono presi in considerazione perchè non raccomandati. I complottisti più fantasiosi pensano addirittura che alcuni autori italiani di successo siano addirittura inesistenti, bensì costruiti a tavolino con l'ausilio di bravi Ghost Writer (oddio, magari questo è anche vero O_o)
Da quel che ho capito io, la situazione è molto più semplice di quanto si creda. Un aspirante scrittore, per avere una marcia in più rispetto a tanti colleghi/concorrenti, non deve essere solo bravo, ma deve anche trovarsi un bravo sponsor.
Detta così può suonare male, lo so. Diciamo allora che il miglior modo per arrivare all'attenzione di una casa editrice è avere direttamente a che fare con qualcuno che già ha a che fare con essa, meglio se nelle vesti di autore.
Schifati?
Non dovreste esserlo. Nel paese di Utopia, il successo dovrebbe automaticamente arridere ai talentuosi, che dovrebbero trovarsi davanti una strada spianata e cosparsa di petali di rosa. Però noi viviamo in Italia.
Il lavoro di scrittori non corrisponde praticamente mai al genio introverso che sforna romanzi di successo chiuso nella sua stanzetta, isolato dal mondo.
No, occorre tessere delle relazioni pubbliche, conoscere gente che fa questo lavoro (con successo) da tempo, persone che sapranno anche consigliarci su come e dove muovere i nostri passi, senza girare a casaccio lamentandosi poi perchè nessuno ci considera.
Sicuramente ciascuno di noi ha degli scrittori che apprezza e stima. Cercare di aprire un canale di comunicazione con loro non è poi così difficile, specialmente con Internet. Io stesso, in questi ultimi mesi, ho scritto a molti di loro, e con alcuni è nato un piacevole cambio di opinioni.
Non pensate (troppo) male di me: non sono così viscido da chiedere "spintarelle" o raccomandazioni, ma ammetto che avere la possibilità di far leggere qualcosa di mio a un autore che considero un punto di riferimento è davvero utile e incoraggiante (qualunque sia la risposta).
Altra cosa: ho anche notato quanto sia facile creare un giro di "amici di penna", in grado di procurare inviti a partecipare a questo o a quel concorso, o a una determinata raccolta di racconti, etc etc. So che tanti storceranno il naso e, quando la cosa è cronica, lo faccio anch'io. Però capisco il meccanismo e non mi lascio andare a facili moralismi.
Del resto voi non chiamate una persona di fiducia, quando avete bisogno di qualcosa? Se dovete ripare una macchina la portate dal meccanico che ben conoscete, oppure tentate con un perfetto sconosciuto? Se dunque un editore si rivolge a degli autori di fiducia, è sprovveduto oppure vuole andare sul sicuro?
Immagino che mi starete già dando della merda, o del venduto (agli editori, come se io amassi questa categoria...). In realtà mi sono un po' stufato dei finti moralismi, specialmente quando vengono da persone che si rifugiano in torri d'avorio maledendo il mondo che li esclude, mentre sono loro a escludersi da esso! Non sempre, ma spesso è così.
La scrittura è un'arte. In quanto tale richiede confronto, rapporti sociali, interazione. Le marchette sono ben altre, e le persone intelligenti le sanno distinguere dal resto. Non fate i finti moralisti, non condannate tutto e tutti vedendo il marcio ovunque solo perchè vi sentite esclusi dai giochi.
Sappiate trovare l'equilibrio giusto tra onestà intellettuale e coraggio di proporvi. Nessuno vi regalerà mai nulla, nemmeno il talento più puro che madre natura magari vi ha dato.
Cercare un consiglio è da lodare, non da condannare. Vendervi il sedere, questa sì che è una porcheria. Imparate a distinguere le cose e non giocate a fare i moralizzatori duri & puri. Non mascherate i vostri fallimenti dietro il "Sistema", e al contempo non fate crescere la sua fama amplificandone il "mito".
Smettetela di dare sempre la colpa agli altri (ma incazzatevi per le vere ingiustizie!) e costruite la vostra cazzo di fortuna!
Se volete, odiatemi, ma io la penso così.