Permettetemi un altro post che spazia dal tutto al niente, poi da settimana prossima tornerò a rifocillarvi con succulente recensioni, in primis quella di "Monster Planet" che... va beh... non c'è un modo carino per dirlo: è una mezza ciofeca.
Ma di recensioni in un certo senso ne parlo anche oggi, giusto per segnalarvi quella che Simone ha scritto sul mio "
Uomini e lupi". Molto bella, per quanto critica in alcuni punti, e piena di spunti di riflessione. Insomma,
eccola qui. Riguardo alla mia risposta in merito, potete leggerla nei commenti sul blog di Simone.
Uno dei punti "non tecnici" più interessanti è forse questo: << Confesso che non avrei mai letto un libro del genere se non fosse stato scritto da un amico. Gli Zombie a Milano (argomento del precedente Nevicata, sempre di Alex) mi attiravano molto di più, mentre i lupi mannari non mi dicono moltissimo. Sarà che i licantropi non mi fanno paura, o sarà che non toccano alcuna corda del mio immaginario personale... >>
A questo punto credo che occorra una mia risposta in merito, no? ;-)
So che i licantropi sono meno cool dei vampiri e - attualmente - anche degli zombie che stanno rivivendo (capito la battuta?) una seconda giovinezza narrativa, dopo essere stati confinati per anni sulla sola celluloide. Anche altri "mostri", come per esempio i serial killer, vanno sempre per la maggiore. La gente non si stufa mai di pazzoidi che fanno a pezzi la gente.
Per dirla tutta io stesso ho trascurato i licantropi per anni, limitandomi a dedicar loro un paio di moduli quando scrivevo avventure per Advanced Dungeons & Dragons. Però, dal momento che decisi di scrivere finalmente un horror puro, sono le prime creature che mi sono venute in mente. Perchè?
- Primo: Innanzitutto perchè sono i cuginetti sfigati dei vampiri, oramai onnipresenti, e per questo antipatici. Voi non mi conoscete, ma io sono il tipico individuo che tifa sempre per i secondi classificati, per i figuranti o per i perdenti. Simpatizzo per la squadretta di mezza classifica di Serie A, preferisco Sirio il Dragone a Pegasus, adoravo Sauzer pur sapendo che Kenshiro l'avrebbe fatto a polpette, faccio il tifo per i comprimari nei film, nei telefilm e nella vita. Insomma, sono un tipo da licantropi.
- Secondo: nulla più dei mannari rappresenta la parte feroce dell'essere umano. Quella che tutti abbiamo dentro, e che molti nascondono perchè devono fare i fighini e dipingersi sempre come campioni di moralità e bigottismo. A questo punto meglio mettere in campo dei mostri che fanno quello per cui sono geneticamente predisposti (SPOILER), ovvero mangiare carne umana per prolungarsi la vita (FINE SPOILER). Se vogliamo anche usare dei paroloni, i licantropi sono la perfetta metafora di molti di noi. E chi li combatte spesso deve abbassarsi al loro livello di bestialità per poter portare a casa la pellaccia.
- Terzo: da tempo accarezzavo l'idea di scrivere qualcosa che coniugasse il nazismo alle sue radici più esoteriche e mistiche. In questo senso i mannari hanno fatto il loro dovere alla perfezione. Comunque nel seguito, attualmente in scrittura, non ci sarà più traccia (o quasi) dei nipotini di Hitler. Si cambia pagina, si cambia villain, un po' come succede nei fumetti.
Questo è quanto, più o meno.
E poi mi piace pensare di essere uno che non ama le cose scontate. Tanti si aspettano che scriva un romanzo sugli zombie, creature su cui sono ferrato da più di vent'anni. Eppure non l'ho ancora fatto, né penso che lo farò a breve. Perfino in "
Nevicata" ho preferito sostituire i morti viventi con altro, affine ma al contempo del tutto diverso.
Credo che scrivere qualcosa su un argomento che ci sta tanto a cuore, qualunque esso sia, rappresenti un'arma a doppio taglio: si può dare il meglio di sé, oppure si può scoprirsi assai più deludenti del previsto.
Per il momento preferisco vivere nel dubbio.
Non sono un realista
Stavo per chiudere il post quando mi è venuto in mente di condensare un'altra considerazione in questo unico articolo, così da evitare altre pappardelle personali, che magari v'interessano poco.
Un paio di amici mi hanno recentemente chiesto se non ho mai scritto "altro" che non sia di genere. La risposta è... no. Ne credo che accadrà.
Leggo con piacere dei buoni romanzi che parlano del "mondo reale", di amore, amicizie, lavoro. Ma in realtà è una (vasta) categoria narrativa che amo solo in parte. La vita vera è la fuori, in strada, sui treni, in ufficio, su internet, al bar, al supermercato. Ed è piuttosto deprimente. Preferisco sorbirmi le mie dosi di brutture quotidiane, senza poi cercarle anche nei libri. Lì voglio che la mia mente voli altrove. Magari anche in mondi più brutti e tenebrosi, ma che in fondo sono solo immaginari, e quindi fanno sempre meno paura che non ritirare una TAC in ospedale o far quadrare i conti a fine mese.
Così è, se vi pare.