Con l'aria che insistentemente scompigliava i capelli, pensava.
Ricordava, meglio.
Piccoli eventi, quasi insignificanti.
un giorno d'estate, caldissimo, quando sudare non era un'opzione, e la ricerca di una zona fresca del letto l'aveva spinto ad alzarsi, per cercare un frescume pigro affacciato alla finestra. aveva visto un'uomo correre, con una pistola, ed un'altro dietro, come un pazzo che urlava di fermarsi. lui davanti era sfinito, cercava di puntare la pistola verso l'inseguitore, ma doveva correre allo stesso tempo, agitando l'arma come un forsennato.
poi fece partire un colpo, completamente fuori bersaglio, si giro' di nuovo per dare un'occhiata e nel farlo non si accorse che c'era un palo davanti a lui, in traiettoria. la botta fu cosi' forte che l'inseguitore rallento' subito, intuendo che sarebbe stato cosi' stordito da non potersi rialzare.arrivo' li vicino, controllo' che il tizio fosse ko, e si piego' in due per recuperare fiato, sudando copiosamente.
rilassato, si accese una sigaretta, tirando due forti boccate, per poi tossire e sorridere. incrociarono lo sguardo, lui dalla finestra e l'altro che per un'attimo lo vide. sorrisero. poi una sgommata, una macchina arrivo' a folle velocita', una persona usci' dal finestrino con un'arma che esplose una raffica, uccidendo sia il probabile polizziotto che l'inseguito, per poi dileguarsi nella strada adiacente. lui rientro'in casa, nascondendosi sotto la finestra e tremando per mezzora, incapace di muoversi.
l'aria continuava a scompigliargli i capelli, insistente, sempre piu' forte, l'orizzonte appariva sfocato.
rivide sua madre, all'ombra dell'albero della casa di campagna, che leggeva distratta una rivista di notiziole. percepi' l'odore dei campi, sentendo il leggero rumore della vita che scorreva, campestre e rurale, cosi' legato all'estate che anche le formiche sembravano avere un nome. la sua vecchia zia apparve nel quadro portando un panino col prosciutto e sorridendo, come se il suo scopo fosse quello di viziarlo.
l'aria incominciava a deformargli la faccia.
si rivide in terza persona, come in un film, mentre correva verso il treno che stava portando via una sua amata, mentre rivivieva quasi imbarazzato il sentimento di desiderio di arrivare in tempo e di non farcela, per godere nel crogiuolarsi nel fallimento, quasi quasi preferibile alla gioia del doversi esporre e forse riuscire anche ad avere la donna amata. ricorda che arrivo' in tempo, e lei c'era. non era salita sul treno , ma non era neanche sul marcapiede.
la macchia incominciava a prendere fin troppo chiaramente una forma.
ricordo' se stesso, dolorante come non mai, incapace di comprendere tutto il dolore che lo stava coprendo come un vestito, subito dopo l'incidente in moto. accanto a se , una testa spaccata.
ricordo' ancora, sempre piu' corti, sempre piu' veloci, la raccolta degli aranci, la pioggia che invase tutta la citta' come un fiume, un sogno bellissimo che fece una notte che sembro' durare due mesi, il suo quaderno pieno di idee per dei racconti, mai scritti, la sua voglia di cambiare il mondo, il volto di una ragazza a cui non riusci' mai a dire che l'amava, il volto della ragazza cui disse che l'amava, ma non era vero, e quello di una ragazza che le disse che l'amava, e che nel farlo le regalo' un sogno, anche se era quasi sicuro che mentiva.
ricordo' tutto, poi la macchia si fece solida e raggiunse i sogni e la grande onda elettromagnetica del cielo, distruggendo i legami fra gli atomi dopo una caduta di 10.000 metri