[Fanfic] She was a stranger in her own house

Dec 03, 2010 23:03

Titolo: She was a stranger in her own house
Fandom: DC Comics - Lovvoverse
Beta: namidayume
Personaggi: Selina Wayne, Tim Wayne, Damian al Ghul; nominati Wendy Wilson, Ibn Al Xu’ffasch, Helena Kyle
Rating: Pg15
Conteggio Parole: 1.640 (FDP)
Avvertimenti: Violenza, angst
Disclaimer: Tutto abbastanza nostro, ma ugualmente senza lucro.
Note:
• Ambientata nel 2047, quando Selina subisce la mutazione in evil!Selina. [ timeline]
• Il blaterìo a fine fic, mh. >_<
• Titolo da When I disappear degli Stellastarr*.


She was a stranger in her own house

Comincia così: hai addosso il tuo costume di Batgirl, ma sei così furiosa che la rabbia riesce tranquillamente a passare anche attraverso la maschera integrale che porti. Tra le tue mani c’è il collo di un ragazzo di poco più di vent’anni e in testa hai le lacrime e le urla della ragazzina che ha stuprato - una tua compagna di classe, una tua amica - e le tue stesse silenziose promesse di vendetta.

L’idea di ucciderlo - l’idea che solo quello sarebbe vera vendetta - non riesce a scivolarti via dai pensieri; hai picchiato più forte, gli hai rotto il naso, lo hai costretto a piangere di dolore, ma tutto questo non ti basta: immagini come sarebbe premere di più le dita in quel punto preciso del collo, spezzargli la trachea, vedere il suo respiro mozzarsi all’improvviso. Inizi a credere che lo faresti, che stai per farlo, che adesso è il momento e niente può fermarti, nessun rimorso di coscienza, nessun senso di colpa, se non--

--la mano di tuo fratello, che si appoggia sulla tua spalla e ti tira indietro, mentre lui urla: «Selina!»
Ti ritrovi seduta sull’asfalto, il respiro affannato, e lo sguardo di Tim è spaventato, confuso, sconvolto; provi l’istinto di chiedergli scusa, ma non lasci uscire una parola e torni a guardare lo stupratore.

Il ragazzo è vivo, respira lontano da te senza che tu possa ulteriormente raggiungerlo; il pensiero che formuli ti si legge chiaro sul viso: non se lo merita.

*

La verità è che non comincia così. Comincia che hai sei anni e sei seduta sulle ginocchia di tuo padre davanti all’immenso schermo del computer nella caverna. Hai lo sguardo fisso su una faccia bianca, su un ghigno sanguigno e su degli occhi folli, spaventosi, e sono tutti dettagli che, sai per certo già allora, non dimenticherai facilmente.

«Ha fatto molto male?» chiedi a tuo padre, indicando il volto del Joker, e lui annuisce mesto, dicendo: «Moltissimo. Uccide le persone.»
La replica, allora, ti sembra quasi naturale nella tua logica di bambina. «E perché nessuno uccide lui?»

Senti il corpo di Ibn tendersi alle tue parole e pensi di averlo fatto arrabbiare - non l’hai mai visto arrabbiato, non con te e Tim - e hai istintivamente paura di ciò che hai detto; lo guardi timidamente e il suo viso è impassibile, le labbra stirate in una linea sottile e gli occhi fissi sul monitor, lontano da te.

«Noi non uccidiamo, nessun eroe lo fa,» ti risponde dopo qualche istante, sembrando incredibilmente certo di ciò che sta dicendo. Eppure quella sicurezza stona alle tue orecchie: non riesci a coglierne la logica, non riesci a comprendere i motivi di questa differenza. Di nuovo chiedi: «Perché?», sperando che lui possa dare una risposta a cui vale la pena di credere.

Tuo padre abbassa la testa per guardarti, ti accarezza i capelli e si limita ad un, «Crescendo lo capirai.»

Il problema è che crescendo non l’hai capito.

*

Continua che prendi il costume da Batgirl e fai di tutto per adattarti alle regole dei tuoi genitori e del mondo a cui appartengono. Cerchi sempre di renderli orgogliosi di te, di farli felici; cerchi di attirarti lodi e complimenti, di diventare perfetta e di mantenerti altrettanto perfettamente in equilibrio sulla linea che tuo nonno, molti anni fa, aveva iniziato a tracciare.

Continua che conosci sempre meglio la storia di Ibn, di Ra’s Al Ghul e di tuo zio Damian. Ti impedisci di risultare affascinata da quell’uomo che ha sfiorato l’immortalità, che ha cercato di rendere il mondo un posto migliore; ti imponi di credere che ha sbagliato, che non erano quelli i mezzi e ti senti irrimediabilmente colpevole ogni volta che un pensiero contrario a tutto ciò ti sfiora. Prendi per buona la spiegazione di tuo padre del motivo per cui si è allontanato da loro, fidandoti ciecamente quando ti dice che quella vita non avrebbe mai fatto per lui, che sarebbe incapace di uccidere, e provi una vera vergogna mentre la consapevolezza che tu invece potresti, che ne saresti capace, si rafforza.

Continua che hai addosso il tuo costume da Batgirl, sei furiosa e stringi tra le mani il collo dello stupratore di Kylie. Continua che sei ad un passo, ad un passo solo da trasformare quell’astratta consapevolezza in concreta realtà, e l’unico motivo per cui ti fermi è la mano di tuo fratello sulla spalla.

*

Quando torni nella Bat-caverna all’alba, dopo aver vagato un paio d’ore da sola per la città, Ibn è già seduto al computer, il costume tolto per metà. Provi l’acuto terrore che Tim gli abbia raccontato ogni cosa, che tuo padre gli abbia letto lo spavento nell’espressione: sai che, se te lo chiedesse, non avresti il coraggio né la forza di mentirgli.

Gli confesseresti tutto, invece, ogni dubbio, ogni paura, ogni pensiero che non dovresti avere; forse gli chiederesti aiuto, lo imploreresti di perdonarti, di accettarti ugualmente e di insegnarti, meglio di così, ad essere come lui.

Ma quando tuo padre si gira a salutarti, c’è solo un sorriso sul suo volto e nessuna traccia di rimprovero o sconcerto o qualsiasi altro preoccupante sentimento. Ti chiede com’è andata la ronda e tu gli racconti tutto come ogni notte, omettendo un unico - fondamentale - dettaglio.

Quando infine sali le scale fino alla cucina per mangiare qualcosa, trovi Tim ad aspettarti. Ti guarda con una malcelata diffidenza, con ancora qualche traccia di paura, eppure si sbriga a rassicurarti: «Non dirò niente.»

Annuisci e ti lasci abbracciare, cercando di rintracciare un sollievo che non esiste; il dubbio che forse sarebbe meglio se lo facesse, se dicesse tutto, ti si insinua malevolo nella testa.

«Non accadrà più, te lo prometto,» menti, ormai con facilità.

*

Continua che Wendy Wilson ti offre una via di fuga e tu la cogli senza pensarci.

*

La Lega degli Assassini di Damian è quasi facile da trovare e da raggiungere. Ti viene il dubbio che in realtà non si siano affatto nascosti per te, ma che ti abbiano permesso di arrivare al loro cospetto senza contrastarti minimamente.

Ne hai la certezza quando è tuo zio in persona a venirti incontro, appena scendi dal jet, e ti basta vedere il suo sorriso perché ogni possibile apprensione svanisca. Accetti il suo saluto e la mano che ti porge, gli permetti di sfilarti la maschera e di condurti all’interno dell’accampamento, nella tenda principale che lui occupa.

«So perché sei qui,» ti dice, e non hai alcun dubbio sulla veridicità delle sue parole. «Ti ho osservata, Selina, e immaginavo che prima o poi avresti voluto ottenere la verità.» Fa una pausa e ti guarda, dandoti l’impressione di starti leggendo la mente, sondando le tue sicurezze. È più un rito che una vera domanda, infatti, quando ti chiede: «Allora, sei pronta?»

Sai di esserlo e lo sa anche lui. Annuisci.

*

La verità è che tuo padre ti ha mentito. Damian ti mostra le prove di ciò che ha fatto, di ogni errore e ingiustizia compiuta quando vestiva i panni di un eroe, delle morti provocate nel periodo trascorso nella Lega. Ti fa vedere tutto, senza nasconderti nulla, e ciò che ti ritrovi a provare è solo sollievo, perché finalmente sai di non essere completamente inumana e sbagliata, sai che c’è stato chi ha avvertito ciò che avverti tu, sai di non essere completamente sola.

Sai che a tuo padre, in fondo, ci assomigli davvero.

*

Più tardi, all’interno della tenda principale, tuo zio comanda che sia portato al vostro cospetto un prigioniero.

«È un trafficante di armi,» ti spiega, «le riciclava dagli Stati Uniti e le metteva in mano a dei bambini.»
L’uomo è in ginocchio e incappucciato, i polsi legati, la testa tenuta bassa; percepisci comunque la sua paura, senti le preghiere smozzicate che continua a ripetere tra i sussurri. Ti ritrovi per un lungo attimo confusa, perché non capisci dove Damian voglia arrivare, perché ti stia mostrando quella figura ormai spezzata.

Comprendi tutto quando lo vedi sfilare una spada e porgertela; osservi la lama affilata e luccicante brillare alla luce delle torce e sai cosa ti sta chiedendo di fare senza che lui apra bocca. Ti sta mettendo alla prova, o forse ti sta facendo un favore, fornendoti quell’occasione che hai tanto a lungo sfuggito.

«È un uomo che merita di morire,» aggiunge vedendoti esitare, in un ulteriore incoraggiamento.

Lentamente, allunghi una mano: è quasi una sorpresa quando scopri che l’elsa dell’arma si adatta perfettamente al tuo palmo. Levi le braccia, stringi la spada tra le dita e la cali di colpo, tranciando di netto la testa del prigioniero.

La sensazione che segue, mentre il corpo dell’uomo cade a terra e il sangue inonda il pavimento, è una profonda calma: non avverti alcun errore, alcun disagio, ma anzi ti sembra di aver compiuto una scelta giusta, un’azione perfettamente e coscientemente voluta.

L’abbraccio di Damian, subito dopo, sa quasi d’orgoglio.

*

Continua che tuo zio, quando gli portano la notizia dell’arrivo di tuo padre, ti consegna il mantello una volta appartenuto a Ra’s al Ghul. Continua che cerchi di evitare lo scontro tra Ibn e Damian ma fallisci e l’ultima notizia che ricevi dallo sguardo arrossato di tua madre è che sono morti entrambi e non c’è più nulla da fare.

Continua che l’idea di tornare a Gotham, l’idea di riprendere un costume e ricominciare quella lotta che non senti più tua ti terrorizza, ti riesce oltremodo estranea. Sai che non sarai mai più capace di guardare tua madre, Tim e il resto della famiglia negli occhi per ciò che hai fatto e causato, che soffriresti terribilmente nell’ingannarli ancora e fingerti chi non sei.

Continua che, più ci rifletti, più la scelta da compiere ti sembra una e una sola - irrevocabile, inevitabile.

*

Finisce così: indossi il mantello verde che hai stretto tra le dita per ore e lo allacci senza esitazione, già pianificando le tue prossime mosse, già studiando un modo per convincere le persone che ami a non cercarti mai più.

Davanti a te, non vedi nessun punto oscuro, tutto ti sembra improvvisamente e per la prima volta chiaro e netto. La paura, ti dici, non sai più cosa sia.

Note parte seconda, ovvero: Linda blatera a manetta.
• Il punto fondamentale del rapporto tra Ibn e Selina è che hanno sempre tentato di proteggersi troppo, entrambi. Ibn ha ritenuto fosse giusto tacere ai propri figli le puttanate che ha fatto in vita, mostrarsi migliore di quello che è stato; non ha mai detto loro del biennio trascorso da Damian, appunto, o di aver denunciato Mar’i, o di aver faticato lui per primo, a volte, a restare nella fascia “eroi”. Selina, da parte sua, non gli ha mai confessato i suoi dubbi; ha sempre avuto paura che il padre la rifiutasse e che, sapendo cosa le passava per la testa, ne avesse quasi disgusto. Tutto questo per dire che tale situazione si sarebbe facilmente potuta evitare se, indovinate un po’?, Ibn fosse stato sincero. *facepalma*
• Che poi, se Ibn non fosse morto, Selina non si sarebbe mai permessa di fare una cosa come prendere il controllo della Lega degli Assassini. XD Sarebbe rimasta al suo fianco, sempre e comunque, perché a dargli un dolore del genere proprio non ce l’avrebbe fatta. Magari avrebbe rifiutato di fare l’eroina, questo sì, si sarebbe tipo fatta imprigionare nella Bat-cave a vita, ma non l’avrebbe lasciato. ._. Dopo, invece, subentra anche il senso di colpa di averne causato la morte e tutto diventa peggiore. ;_;
• Li amo da morire.
• In tutto ciò, Damian (che tra il ’30 e il ’47 ogni tanto si faceva la capatina a Villa Wayne per lasciare gatti morti sulla soglia/infastidire Helena/far trovare a Ibn foto di Mar’i sotto il cuscino/infastidire Helena/spiarli/infastidire Helena) si è reso conto della frattura tra loro e ha compreso quanto, esattamente, Selina fosse simile a Ibn nei suoi dubbi e nelle sue preoccupazioni. Per questo è pronto ad accoglierla e sa come trattarla. ._. Che poi, nemmeno lui lo fa con cattiveria: semplicemente, crede - come credeva per Ibn, prima che gli anni del 27-28 lo convincessero del contrario - che quello sia il posto giusto per lei, dove può essere pienamente se stessa senza doversi trattenere in modo stupido. E visto che non può più avere Ibn, è felice di avere almeno sua figlia!
• L’ho già detto che li amo da morire?
• Selina indossa lo stesso costume di Batgirl di Cassandra Cain, con la maschera integrale. >_< Non tanto per un tributo a Cass (che comunque in un certo senso rispetta in quanto madre di Jack ♥), quanto perché, quando è stato il momento di creare il proprio costume, ha cercato: a) di farsene uno il più simile a quello di Batman, b) di farsene uno che la rendesse il più possibile minacciosa e la coprisse quanto meglio. È stato Tim (Drake) a proporle quello. ♥
• Tim (Wayne) ha sempre avuto una sorta di sensazione nei confronti di Selina, come se sapesse che c’era qualcosa di “scuro” sotto la sua pelle. Per questo, durante la loro infanzia, cercava sempre di proteggerla, di tenerla sulla retta via, di controllarla e di non sentire un certo timore nei suoi confronti. Questo “passaggio di parte” della sorella, Tim lo vede come un proprio fallimento personale. ._.

autore: cialy, cronologia: 2043/2049, pg: selina wayne, pg: damian al ghul, pg: ibn al xu'ffasch, pg: timothy wayne, * fic, verse: lovvoverse

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