Titolo: Coming out of the closet
Fandom: DC
lovvoverseBeta:
cialy_girl, sempre sia lodata
Personaggi: Garth, Dolphin,
Cerdian (nominati perché sono una nerd e voglio che il mondo lo sappia:
Mar'i Grayson,
Lian Harper,
Jai West, Slizzath, Roy Harper)
Rating: Pg
Parole: 1.604 (W)
Note: Prima di leggere questo concentrato di fluff dovete sapere che questa famiglia aveva dei PROBLEMONI in casa. Dolphin non ha mai visto di buon occhio il fatto che i suoi uomini fossero dei super-eroi sempre in pericolo di vita, ha cercato più volte di convincere Garth a mollare tutto, e quando Cerdian ha preso il costume c'è mancato poco che li ammazzasse entrambi per non doversi più preoccupare. Tra l'altro Dolphin ha dovuto anche subire per un bel po' il fantasma di Tula, la prima ragazza di Garth, morta giovane, questo durante i primi anni. E Garth ha avuto un'infanzia di merda, e bla bla bla XDD insomma, non sono sempre stati così! Hanno dovuto faticare! E poi la loro famiglia è diventata epica e fluff, sì, ma ovviamente non eravamo in noi quando abbiamo deciso di lasciare in vita Dolphin, tipo.
Disclaimer: Quello che è del
lovvoverse è del
lovvoverse, e se ci mettete le mani sopra senza permesso
Lena Luthor vi ucciderà nel sonno, quello che è della DC è della DC. Ancora non sono pagata per scrivere di ciò <3
All’età di undici anni Cerdian aveva rotto del tutto i rapporti fisici con i suoi genitori. Non si faceva più abbracciare, baciare, sbuffava quando gli accarezzavano i capelli ed era diventato assolutamente sfuggente. Alcune sere, però, se ne stava tranquillo sul divano in mezzo a loro due e quando si stancava appoggiava la testa sulla spalla più vicina, prima di addormentarsi. Dolphin aveva fatto un sacco di foto del marito e del figlio con la stessa identica espressione nel sonno.
Detto questo, Garth non aveva capito. Nonostante conoscesse suo figlio, nonostante gli volesse un bene dell’anima, nonostante fosse quasi palese, non aveva capito.
Cerdian era davanti ad un videogioco particolarmente violento che aveva alzato un polverone in casa - regalo di Lian, ovviamente - arrivando al patteggiamento: sì, ma non più di un’ora e mezza, che era anche troppo, aveva aggiunto Dolphin, e solo con dei buoni voti a scuola. Era persino riuscita ad evitare che Garth cominciasse il discorsone “Guarda che alla tua età non ce li avevo questi giochi, io!”. L’avevano gestita bene, ecco.
Dato che aveva appena acceso il videogioco, ad occhio e croce, per due ore buone il ragazzo non avrebbe ascoltato altro che gli spari e le urla disperate della gente ammazzata.
Garth stava leggendo il Gotham Globe, probabilmente per sapere cosa stesse combinando Mar’i. Dolphin appoggiò la tazzina sul tavolo: «Tu non l’hai capito.» annunciò.
Garth alzò lo sguardo dal giornale. Il tono che aveva usato Dolphin non sembrava quello da discorsetto su come essere padri, ma nemmeno uno di quelli allegri dove gli sorrideva.
«Non l’ho capito?»
Dolphin si voltò a guardare Cerdian. Garth la imitò, come se semplicemente dal suo aspetto fisico dovesse afferrare ciò che sua moglie sapeva già.
Il panico lo assalì. Era qualcosa che riguardava suo figlio. In un secondo gli passarono in mente tutte le ipotesi peggiori e insensate: forse Cerdian aveva il cancro, forse qualche nemico glielo aveva scambiato con un clone, forse uno Starro lo stava controllando da mesi e lui non si era mai accorto di nulla, forse in realtà non era nemmeno suo figlio - e dio, con questo avrebbe potuto scendere a patti - ma aveva deciso che lo odiava e che voleva ritrovare il suo padre biologico abbandonandolo per sempre, forse-
«Cerdian cosa?» riuscì a domandare, con la gola secca.
Dolphin lo sussurrò: «È gay, tesoro. Forse bisessuale.»
Dalla sua bocca uscì solo un: «Oh.»
Suo figlio aveva parlato di una cosa così intima e personale solo con Dolphin. Si sentì un fallito. Se si era esposto con la madre magari non si fidava di lui. Magari aveva paura del suo giudizio, o non gliene importava niente, o lo odiava.
Tutto questo, ovviamente, perché non l’aveva abbracciato abbastanza da piccolo, non gli aveva detto abbastanza “ti voglio bene”, e adesso era tutto perduto e aveva rovinato completamente il rapporto con Cerdian.
«L’ha detto solo a te?» domandò. Si rendeva conto di essere leggermente sbiancato.
«Non me l’ha detto.» Dolphin appoggiò il gomito al tavolo e sorresse il mento con la mano, studiando il marito: «Ci sono arrivata da me. Lui, probabilmente, deve ancora realizzarlo.»
Garth la guardò attentamente: «Quindi non mi odia, giusto?»
Dolphin gli sorrise. Oh, grazie al cielo, era uno di quei discorsi in cui gli sorrideva.
«Ho pensavo che volessi saperlo prima, per non essere preso alla sprovvista.»
Garth rimase in silenzio per un po’: «Però l’ho abbracciato abbastanza, vero?»
Dolphin rise, si avvicinò e portò il braccio del marito sulla sua spalla, per baciargli il collo: «Sono io quella che non hai abbracciato abbastanza.» Gli sorrise, e non era per niente un sorriso da discorso finito bene, tutta un’altra cosa: «Dovresti proprio rimediare.»
Garth ricambiò il sorriso, e la baciò a lungo.
Tre anni dopo, a dire il vero, la questione se l’era dimenticata. C’erano stati momenti, in quell’arco di tempo, in cui avrebbe voluto essere lui a rivelare a Cerdian quello che sapeva, quando la confusione che si portava dentro era troppo palese e lo faceva star male, ma Dolphin gli aveva fatto uno di quei discorsi senza sorrisi su quanto sia sbagliato far trovare la pappa pronta ai propri figli, sul dovere di sorreggerli e non di delineare la strada per loro, sul fatto che certi percorsi sono solitari e i genitori possono solo stare a guardare, senza intromettersi.
Ma giorno dopo giorno Cerdian sembrava calmarsi, e quando tornò ad essere il figlio sereno che si sedeva in mezzo a loro sul divano e che si lamentava degli scherzi idioti di Jai e Lian, Garth realizzò che sua moglie aveva ragione, che suo figlio ce l’aveva fatta, e non sa bene quale Dio misericordioso gli impedì di dirgli che era fiero di lui.
Quando arrivò il momento, Dolphin e Garth stavano leggendo dei resoconti ufficiali sugli ultimi spostamenti di Slizzath sul tavolino in sala. Erano rimasti d’accordo che Cerdian uscisse, e infatti quando si piazzò davanti al tavolo era pronto per andare.
«Mamma, papà.» li chiamò. A Dolphin bastò un’occhiata, raddrizzò la schiena abbandonando completamente i documenti, attenta solo al figlio. Garth invece si limitò ad alzare lo sguardo.
«Dobbiamo parlare.» disse lui. Garth si appoggiò al divano, imitando la moglie.
Cerdian aveva addosso quell’espressione quasi incazzata, di quando voleva far valere un suo diritto. Sembrava carico, ecco, e aprì la bocca, ma poi spostò lo sguardo sui volti dei suoi genitori. Serrò le labbra. Lanciò un’occhiata veloce alle carte e di nuovo tornò a guadare i genitori: «Io…» si azzittì. Fece passare il peso da un piede all’altro. Guardò il pavimento: «Ecco…»
Garth si accigliò: «È successo qualcosa?» Dolphin gli diede un calcio.
«Ahia!»
«Amore, non interromperlo.» gli sorrise, ma sembrava che volesse ucciderlo. Garth sbuffò, ed entrambi tornarono a guardare il figlio.
Cerdian era nervoso. E Garth non riusciva a capire perché.
Gli pareva che fosse tornato indietro di qualche anno, quando, da piccolo, davanti a certi problemi preferiva scrollare le spalle e andare via. A lui e a Dolphin c’era voluto un bel po’ per fargli mettere in testa che non c’era bisogno di scappare, che avrebbe potuto affrontare qualunque cosa, che avrebbe avuto sempre il loro sostegno e aiuto, nei momenti difficili.
Quindi, anche ammettendo che c’era un problemone irrisolvibile, che avesse combinato chissà quale casino - Lian, certamente c’era di mezzo Lian, oh, ma questa volta Roy l’avrebbe sentito - non capiva per quale ragione non riuscisse a parlarne.
Il ragazzo si morse il labbro inferiore: «Allora.» fissò un punto indefinito tra Garth e Dolphin: «Vedete…»
Aveva le mani in tasca, ma si poteva notare che fossero strette in due pugni: «A me… a me piacciono anche i ragazzi. Solo i ragazzi. Non lo so. Ma insomma…»
Dolphin scattò come una molla. Si alzò, mise un piede sul tavolo e in un nanosecondo era lì che abbracciava il figlio e lo riempiva di baci. Cerdian annaspò, quasi cadendo all’indietro, e cercò di urlare: «Mamma, no, ti prego, il rossetto!»
Lo stava stringendo così forte che per un attimo Garth pensò che in realtà Dolphin avesse qualcosa contro i gay e che stesse cercando di ammazzarlo. «Tesoro…» fece il giro del tavolino e la raggiunse per toccarle la spalla.
Lei si scostò un po’, smettendo di baciare il figlio - che effettivamente aveva lo stampo del rossetto su tutta la guancia. Quel povero ragazzo sembrava spossato, ci mise un paio di secondi per riprendersi.
«Piccolo mio, siamo orgogliosi di te,» disse Dolphin, accarezzandogli una guancia e tenendogli la mano con l’altra: «Ti adoriamo, e siamo così felici che tu abbia deciso di condividere questa cosa con noi. Ti vogliamo un bene dell’anima, e te ne vorremo per sempre.»
Cerdian arrossì: «E ci mancherebbe altro.» borbottò, ma non poté fare a meno di lanciare una velocissima occhiata al padre.
Garth si rese conto di non aver detto ancora nulla. Dolphin lasciò completamente andare il figlio e gli diede una leggera gomitata.
Il punto era che l’uomo non sapeva cosa dire e stava andando nel panico. Garth aveva un passato disastroso con il proprio padre adottivo, sapeva cosa significava sentirsi non all’altezza delle aspettative, un peso.
«Tu non puoi deludermi.» gli uscì fuori, di getto. Cerdian lo guardò di sottecchi: «Dico davvero, non c’è modo che tu possa deludermi. Qualunque persona sceglierai di far entrare nella tua vita, mi andrà bene e mi renderà felice, se renderà felice te. Qualunque cosa tu possa essere o diventare mi andrà bene, e mi renderà fiero di te.» poi il cervello si attivò, e pensò di aver dato il messaggio sbagliato: «Però non drogarti. Quella roba ti fa sentire felice, ma in realtà-»
Cerdian lo abbracciò, lanciandosi né più né meno di come aveva fatto Dolphin con lui poco fa.
Cerdian non abbracciava suo padre da quando aveva undici anni, quindi Garth ci mise un attimo per realizzare la cosa, ricambiare la stretta e baciare il figlio sulla testa.
«Ma guarda che sciocco.» gli sussurrò.
Quando si staccò, aveva gli occhi lievemente lucidi.
«Allora io vado.» disse velocemente, senza guardarli, camminando immediatamente verso l’uscita, quasi stesse scappando.
L’espressione dolce di Dolphin si mutò in quella di madre severa: «Sì, ma gay o non gay vedi di rispettare il coprifuoco.»
«Va bene, mamma, va bene!» replicò il ragazzo, voltandosi appena. Cercava di pulire il rossetto con la manica.
Quando la porta si chiuse, Dolphin afferrò la mano del marito.
«Ho fatto proprio un bel lavoro con quel tipetto.»
Garth la guardò: «Una volta Roy mi ha chiamato testa d’alga davanti a lui. Cerdian lo ha definito “Zio testa di cazzo” per un mese.»
Dolphin scrollò le spalle: «Quello è colpa tua.»
Garth annuì, ma non riuscì a non sorridere.
Note finali: Che poi, seriamente, 1.612 parole per un coming out che vi avrà fatto cadere i denti? Probabilmente ero posseduta mentre lo scrivevo.
- Sìssì, Cerdian l'ha capito presto. Ai suoi amici non l'ha detto per un pezzo perché prima voleva chiarire quella cosina minuscola della bisessualità/omosessualità XD poi s'è fatto Robert e ciao ciao XDDD
- Titolo da wiki sul
coming out perché ero proprio disperata XD e lol, io ho scritto senza informarmi minimamente.
- Per la cronaca: è più facile che nel Lenaverse Lovvovese i genitori restino WTF davanti ad un coming out etero del tipo “Mamma, papà, mi piacciono e mi fanno sesso solo ed esclusivamente le persone del sesso opposto é_è”
Iris ha rischiato seriamente di farsi internare, tipo, ma c’era Mar’i che la rendeva un po’ lella e allora s’è salvata.
- Naaa, sto scherzando XDDD non è il gayverse, anche se poco ci manca XD
- Mi dispiace tanto per i vostri dentini, comunque.