Ho preso tutte le mie decisioni per caso e tutte, in qualche modo, dipendono da mio padre.
C'è questo momento meraviglioso, quando leggi qualcosa di bello, in cui all'improvviso la storia che stai leggendo smette di avere una qualsiasi relazione con chiunque l'abbia scritta, e diventa una roba tua, che parla a te, di te. Per me, è la cartina al tornasole per distinguere una cosa bella da una cosa semplicemente scritta bene. Non serve neanche tantissimo, per rendersene conto, quando ci si trova davanti ad una cosa così. Quattro, cinque pagine sono più che sufficienti. Non dipende dalla storia che ti viene raccontata, e neanche dai personaggi attraverso i quali questa storia viene veicolata. E' una questione di onestà nel modo in cui la storia ti parla con schiettezza di emozioni universali. Chiaramente, non è che una storia abbia un solo destinatario. Voglio dire, è ovvio: leggi un libro, non è che l'autore l'abbia scritto per te, o per un gruppo di persone ben preciso. Un buon libro, però, sa farti credere di essere stato scritto da un perfetto sconosciuto con un'idea perfettamente chiara di te in mente. Sono cose stupende, no? Scommetto che, se siete dei lettori abituali, ce l'avete perfettamente presente. Quella sensazione di quando trovi una frase che ti folgora, che ti scava dentro e ti disturba, e resti a fissare la pagina e tutto quello che ti senti in grado di pensare è "oddio".
Ho letto i primi due capitoli di Comunque vada non importa, e ora, per la prima volta, sono qui a consigliarvelo non perché è della Caska, e non perché è una cosa importante, e non perché parla della nostra generazione, e neanche perché fra le pagine vengono nominati Ken il Guerriero e Sailor Moon, ma perché questa storia è una di quelle che ti regalano quei momenti lì, di dolore e folgorazione, quei momenti impagabili che rendono la lettura preziosa.
info