Fly With The Black Swan

Mar 31, 2014 21:07

Titolo: Fly With The Black Swan
Fandom: Jrock: (ex)NEGA/The Black Swan, Kpop: BIGBANG.
Personaggi/Pairing: Jin, Jiyong  || Jinyong
Rating: Rosso.
Conteggio Parole: 2.706
Avvertimenti: slash, crack paring, the fuck i'm writing, supernatural elements
Note: Smut non lo metto negli avvertimenti perché su word la scena di sesso dura tipo sei righe, ma comunque c'è e secondo me ci stava bene così, breve breve. Passatemi questa cosa, passatemi la citazione dei Sonata Arctica per il titolo, passatemi la mia abilità di procrastinare tutto a vantaggio di qualsiasi cosa Jin related. Quell'uomo mi fa male, ma la colpa non è mia. Non so nemmeno io come commentarla, forse anche perché, come idea, è abbastanza stupida, ma deh. XD è l'ottismo di Jin è con noi. Sempre e comunque.

La prima volta che Jiyong vide l’uomo vestito di nero fu quand’era bambino. Era andato con sua madre a comprare della carne, ma aveva lasciato la sua mano attratto dall’odore che proveniva da una bancherella che vendeva dolci, convinto che l’avrebbe seguito. Quando si rese conto di non averla più vicina a sé, com’era stato inizialmente, iniziò a tremare spaventato. Nessuno sembrava fermarsi per aiutarlo, molti lo sorpassavano senza buttare un occhio su di lui. Jiyong stava per scoppiare a piangere, quando una creatura stranissima, o per lo meno così gli appariva ai tempi, si chinò accanto a lui e gli sfiorò i capelli. Era spaventato, anche perché la creatura gli sembrava avere così tanti occhi di cui solo due umani, la sua carnagione bianca e le sue labbra rosse. Non osò fiatare.
“Tua madre sta venendo, non piangere.” la creatura gli indicò un muretto. “Sali lì sopra, va bene? Così tua madre ti vedrà.”
Quando Jiyong si voltò di nuovo verso la figura, era svanita. Era rimasta a terra solo una piuma nera, che Jiyong raccolse prima che qualcuno la calpestasse e se la strinse al petto. Non poteva ringraziare la creatura, che non era forse così cattiva come gli era sembrata, ma poteva ricordarsene. Salì sul muretto e, poco dopo, si ritrovò tra le braccia di sua madre.

La seconda volta che Jiyong vide l’uomo vestito di nero fu durante una serata fuori con Youngbae. Sarebbero dovuti rientrare presto, senza dubbio, ma la cosa si era prolungata ed ora Youngbae, che si era allontanato un attimo per entrare in un market aperto ventiquattro ore su ventiquattro a prendere qualcosa da mangiare, non tornava né rispondeva più al telefono. Jiyong si era ritrovato a chiedere in giro se qualcuno l’avesse visto, fino a quando, preoccupato e stremato, non era lasciato cadere su una panchina.
“Hai camminato troppo. Era più vicino dov’eri prima.”
Jiyong spostò lo sguardo verso la figura accanto a sé, che prima non era seduta lì, ne era certo. La creatura, che stavolta Jiyong comprese somigliare ad un essere umano normale che indossava un trucco particolarmente eccentrico, e che non aveva molteplici occhi ma solo una strana decorazione intorno ad essi che ricordava, più che degli occhi, delle ali.
L’uomo vestito di nero lo guardò per qualche istante, come se lo stesse studiando, e poi gli indicò una via.
“Passa di là e gira alla seconda a destra e poi dritto. Non prendere la terza a destra, anche se ti sembra più breve. È più pericolosa.” L’uomo chiuse gli occhi e Jiyong potè osservare il trucco elaborato in tutta la sua bellezza, tanto perfetto da sembrare quasi tutt’uno con la figura. “Rientrate subito.”
Jiyong sbattè gli occhi per un secondo, confuso da quelle parole, ma quando riaprì gli occhi, l’uomo era nuovamente scomparso. Anche stavolta, tutto quello che aveva lasciato dietro di sé era una piuma nera che Jiyong raccolse.
La mattina dopo, Youngbae gli disse che in una delle vie vicino al market dove si erano incontrati, poco dopo che erano andati via, era avvenuto un omicidio.

La terza volta che Jiyong incontrò l’uomo vestito nero fu poche sere prima del debutto dei Bigbang. Jiyong era rimasto solo all’interno dello studio, per potersi dedicare a nuovi testi, che però non riusciva a scrivere come desiderava.
L’uomo  si sedette accanto a lui e Jiyong alzò lo sguardo per osservarlo per qualche istante. C’era qualcosa in lui che lo incuriosiva.
“Come sei entrato qui?”
L’uomo non rispose, ma passò le dita, che per la prima volta Jiyong notò essere coperte da guanti rossi, scuri tanto quanto il suo rossetto, sui testi.
“Sono buoni, molto buoni, ma non aspettarti che te lo dicano subito. Ci sarà sicuramente qualcuno che lo capirà dall’inizio, ma aspettati tante critiche.” la mano dell’uomo sfioro la sua, e Jiyong sentì una scossa. “Se vuoi davvero fargli capire quello che vali, devi liberare quello che non riesci a liberare. So che puoi farlo.”
Jiyong lo guardò, con troppe possibili domande per la testa, mentre si metteva dietro di lui. Sentì le sue mani sulle spalle ed una strana sensazione gli invase il petto.
“Non tutti i limiti che ci diamo devono essere rispettati.”
Sentì la presenza di quelle mani svanire, e di nuovo solo una piuma era rimasta. Jiyong la osservò cadere a terra, ancora sconvolto, poi la raccolse ed iniziò a scrivere, a buttare giù tutto quello che riusciva a sentire.
La canzone che lo soddisfò di più quella sera dovette aspettare un anno per avere un titolo ed una musica adatta. Jiyong fu incredulo quando si rese conto che Lies aveva cambiato il modo in cui molti, troppi li avevano visti.

Jiyong aspettò con ansia la quarta volta per un anno, ma ci volle molto più tempo. L’uomo vestito di nero riapparse in Giappone, nella sua stanza d’albergo, una mattina di maggio di due anni dopo, con uno sguardo serio sul viso invece del solito imperscrutabile. Jiyong, che si era appena sciacquato il viso, lo guardò incredulo, ma si risparmiò di chiedersi come fosse entrato lì dentro. Aveva capito che c’era qualcosa di strano, che forse quella che aveva davanti era davvero una creatura particolare.
“Dopo il concerto oggi avete un after party. Non accettare nulla da nessuno, Jiyong.”
“Non capisco… perché dovrei?”
“Ascoltami e basta.” Il suo sguardo fece gelare il sangue nelle vene a Jiyong, che si senti improvvisamente un bambino piccolo. “Non sai quello a cui potresti andare incontro, ma io sì. Non farlo.”
Stavolta, l’uomo vestito di nero svanì di fronte ai suoi occhi, lasciando la solita piuma dietro di sé. Jiyong non la raccolse. Non gli era piaciuto affatto il suo tono di voce, come gli aveva parlato, per questo quella non rifiutò alcun drink che gli venne offerto, e nemmeno una strana sigaretta.
Quando Jiyong andò a dormire quella sera, un sussurro debole, quasi triste, gli giunse all’orecchio.
“Ho provato a fermarti. Perché non mi hai ascoltato?”
Mesi dopo, Jiyong si ritrovò con in mano un foglio che non riusciva a smettere di guardare, tant’era incredulo. Lui non aveva mai preso marijuana, ne era sicuro, eppure quel foglio gli diceva il contrario. Solo allora comprese il senso di quell’avviso.

La vita di Jiyong si era ripresa da quello scandalo, ma una parte di lui non si era mai perdonata di non aver ascoltato quelle parole. L’uomo in nero tardava ancora a presentarsi e Jiyong temette di aver perduto la possibilità di vederlo per sempre. Lo incontrò di nuovo due anni dopo l’ultima volta, stavolta comodamente seduto a gambe incrociate sul divano di casa sua, ma nel suo sguardo c’era una tristezza che Jiyong non riuscì a spiegarsi.
“Sei ancora arrabbiato con me?”
L’uomo vestito di nero sospirò.
“Un po’ lo sono stato in passato, ma ora no. Ho sbagliato anch’io ad usare quel tono.” Le sue mani si appoggiarono sul divano, come se invitasse Jiyong a sedersi accanto a lui. Jiyong esito prima di farlo, sentendosi emozionato per quella vicinanza.
“Stavolta ascolterò i tuoi consigli.”
L’uomo si voltò verso di lui.
“Dovrai essere forte, molto forte. Non posso dirti altro. A volte sembra che il destino si accanisca sempre con le persone migliori.” L’uomo fece una piccola pausa, e poi si voltò verso la finestra. “Dove sono nato si usa dire  “tenere a debita distanza una tigre, mentre da dietro appare un lupo” quando ad un disastro ne segue un altro poco dopo. Sarà quello che vi succederà. Io non posso fare nulla, stavolta, solo avvisarti, ma non sarà abbastanza.”
Jiyong si appoggiò alla spalla dell’uomo e chiuse gli occhi.
“Ho paura.”
L’uomo non reagì né al gesto né a quel sussurro, inizialmente, ma poi gli sfiorò la testa, come aveva fatto al Jiyong bambino.
“Siete in grado di affrontare tutto questo. Non avere paura. Ne uscirete.”
L’uomo lo scostò con delicatezza e lo guardò negli occhi, prima di alzarsi e sparire. Stavolta, la piuma cadde direttamente tra le mani di Jiyong.
La notizia del secondo incidente stradale di Daesung, che stavolta non lo vedeva come vittima, li distrusse emotivamente tutti, uno per uno, ma sentivano di dover trovare la forza di andare avanti, anche se in quel momento sembrava impossibile. Ogni notte, per tutti quei giorni, Jiyong dormiva con Gaho e la piuma, quella piuma che riusciva a dargli la speranza di riuscire a rialzarsi.

La sesta volta che Jiyong incontrò l’uomo vestito di nero fu nuovamente a casa sua, a cui quell’uomo aveva accesso senza problemi, o almeno così pareva, dopo aver finito di girare Fantastic Baby.
Era seduto su un tavolo, una gamba su e l’altra a penzoloni e stava coccolando Gaho che sembrava adorare tutte quelle attenzioni. L’uomo poggiò il cane a terra, che corse subito in braccio al padrone.
“Stavolta non ti devo né avvisare di qualcosa né consigliare.”
Jiyong lasciò andare un sospiro che non sapeva di star trattenendo. Anche se attendeva quell’uomo più di ogni altra cosa, l’idea che venisse solo per avvisarlo a comunicargli disastri gli metteva sempre una certa ansia.
“Allora… posso chiederti perché sei qui?”
“Ero annoiato ed ho deciso di farti visita. Mi sarei fatto vedere prima, ma stavi girando quella… cosa.”
Jiyong non riuscì a trattenere una risata a quelle parole, e per qualche istante si stupì di quanto fosse stata naturale rispetto a quelle che faceva di solito.
“Troppo colorata ed allegra per te?”
“Anche. Ma sono sicuro che qui piacerà molto.”
Jiyong si avvicinò a lui e per la prima volta si rese conto che tra di loro c’erano differenze d’altezza. Forse per il fatto che stavano parlando, non si sentì suggestionato come tutte le altre volte.
“Ti conosco da una vita ma non so il tuo nome, né cosa sei.”
“Una domanda per volta, Jiyong.” L’uomo scese dal tavolo e gli porse la mano, senza però levare il guanto. “Chiamami Jin.”
Jiyong strinse la sua mano, ma abbassò lo sguardo sul guanto e si corrucciò.
“Perché non li levi?”
“Qui sotto c’è la risposta all’altra domanda, che ti rivelerò la prossima volta.” Jin scoppiò a ridere. “Non è divertente, altrimenti.”
Jiyong lo guardò male e si sistemò sul divano, incrociando le gambe.
“Non capisco che ci sia di divertente.”
“Abbiamo due concezioni di humor molto diverse, allora.”
“Ti immaginavo di più a fare humor nero, visto il tuo tempismo…”
“Pensi davvero a me come ad un uccellaccio del malaugurio così crudele? Non dico di non esserlo occasionalmente, ma a fare l’uccellaccio mi sento degradato. Io sono un cigno.”
Jin si sistemò accanto a lui e poggiò il viso sulla sua spalla, come se volesse riposarsi. Jiyong lo guardò per qualche istante e poi avvicinò le mani al suo viso, desideroso di toccarlo, ma Jin lo fermò con la mano guantata.
“Non farlo. Non devi toccarmi direttamente.”
Jiyong annuì e sospirò, lasciando cadere la propria mano sulla pelle del divano, ma il suo sguardo cadeva sempre più spesso su quelle di Jin, fino a quando non si decise a stringerla tra le proprie dita. La pelle del guanto era fredda, gelata, ma sapere che c’erano le sue mani sotto di essa bastava a rendere quel contatto accettabile.
Jin guardò le sue mani e le strinse a sua volta.
“Sto facendo cose che non dovrei fare per te, ma credevo di star scavando solo la mia fossa.”
Jiyong lo guardò sorpreso e poi sorrise.
“Invece sembra che entrambi ci siamo dentro.”
Jin annuì silenziosamente e Jiyong chiuse gli occhi, rilassandosi fino a quando non si addormentò profondamente. Si risvegliò la mattina dopo da solo, con una coperta addosso e l’ormai familiare piuma nera sopra di essa.

Un anno dopo, Jiyong si era appena buttato sul letto, sentendosi vuoto dopo l’ennesimo concerto. Gli capitava spesso ormai. C’era quella frattura tra lui e gli altri membri che si faceva sempre più profonda e forse era per questo che, dopo aver dato quello che gli era rimasto ai fan, si sentiva così.
“Non sei solo come credi. A volte io ci sono, ma tu non mi vedi, come non mi vedono gli altri.”
Jiyong aprì gli occhi alla sensazione di quelle dita trai propri capelli e guardò Jin negli occhi.
“Quando?”
“Quando non ci sono bambini in giro. Loro mi vedono, ma gli adulti ed i ragazzi no. Anche se anch’io ho da fare, a volte..”
“Vorrei vederti come ti vedono i bambini. Sarebbe meglio.” Jiyong sospirò e poi guardò Jin con curiosità. “Cosa devi fare?”
“Devo nutrirmi anch’io, te ne rendi conto, sì?”
“Mi chiedo quale sia il tuo nutrimento.”
Jin socchiuse gli occhi e sfiorò il viso di Jiyong con la mano guantata, passandola sulle sue labbra.
“Io sono sicuro che tu possa immaginarlo.”
Jiyong lasciò andare un sospiro e chiuse gli occhi, annuendo. Quelle parole gli inondarono il petto di tristezza.
“Mi chiedo se hai fatto tutto questo solo perché per te sono una preda.”
“Pensi che avrei aspettato così tanto per assaggiarti? Mi sarebbe bastato toccarti una volta e saresti stato mio, ma non volevo questo, non da te.”
Jiyong aprì gli occhi e lo guardò, un po’ stupito.
“Suoni innamorato.”
“Lo sono, anche se, probabilmente, non dovrei.”
“Mi sento allo stesso modo.” Sussurrò Jiyong, appoggiando la testa su una coscia di Jin. “Ma per te dev’essere più difficile.”
“No. Io non ho alcuna morale da rispettare, non ho nessuna voce dentro di me che giudichi le mie scelte che non sia la mia vera voce, quella che non è stata sfiorata da alcun modo di pensare umano.” Passò la mano sulla fronte di Jiyong. “A differenza della tua.”
“Mi hai detto che a volte non tutti i limiti devono essere rispettati. Quelli sono limiti che sono sicuro di non voler  rispettare.”
“Non ti toccherò per ora, ma voglio essere certo che quello che dici corrisponda a realtà.”
Jin si alzò dal letto ed avvicinò la mano ai guanti, levandoli molto lentamente. Sulle sue mani, c’erano striature nere ed argentee, che incantarono Jiyong tanto da fargli seguire ogni movimento di quelle dita. Anche la pelle del petto, che Jiyong poteva finalmente vedere dopo anni, aveva le stesse striature, ma la vera sorpresa fu quando, dopo quella gli sembrò una lunga attesa, la giacca cadde a terra, lasciando libere delle meravigliosi ali nere, molto, troppo grandi per poter essere nascoste da essa.
“Sei bellissimo.”
Jin sorrise appena a quelle parole, che doveva aver sentito tante volte quante le aveva sentite Jiyong stesso, ma ugualmente si chinò vicino a lui, senza tuttavia toccarlo.
“Tu non dovresti voler fare una cosa simile ed io non dovrei lasciartela fare.”
Jiyong dischiuse le labbra e lo guardò negli occhi.
“Tu cerca di non ipnotizzarmi troppo, ed io sarò tuo e tu mio. È giusto così. Non voglio dividere la persona che amo con nessuno, nemmeno se è per nutrirsi.”
Le labbra di Jiyong si poggiarono su quelle di Jin, ed in quel momento Jiyong ebbe la sensazione di una forte onda che si abbatteva su di lui. Le labbra di Jin divoravano le sue e le sue mani potevano finalmente toccare quella pelle, non importava quanto fredda, sfiorare le soffici piume di quelle ali. Jiyong si senti per la prima volta completo, nessuno era mai riuscito a farlo sentire così bene e che ci riuscisse qualcuno che probabilmente avrebbe dovuto fare l’opposto era assurdo, più romantico del diario di una ragazzina ed anche, in un certo senso, eccitante. Forse perché era qualcosa che contrastava tanto quanto le striature e le e ali di Jin sul lenzuolo bianco.
“Ti amo.” Jiyong si sentì finalmente libero nel dire quelle parole e si strinse forte a lui, mentre iniziava a spingere dentro quel corpo, diverso da uno umano, sì, ma non gli importava. Jin era perfetto così, si amavano per quello che erano.

“Non troverò più piume nere, vero?”
Jin passò le dita sulla clavicola più vicina e socchiuse gli occhi.
“Forse talvolta sì, ma il più delle volte sarò qui con te. Mi vedrai, anche quando gli altri non potranno vedermi.”
“Come quand’ero bambino?”
“Sì.” Jin sorrise e poggiò le labbra sulle sue, in un bacio ben diverso dal primo, quasi umano. Nei suoi occhi, Jiyong vide un po’ di dolore, ma decise di non dire nulla e stringerlo a sé. Avrebbero pensato dopo al futuro.

fandom: the black swan, paring: g-dragon x jin, fandom: bigbang, fandom: nega

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