Rom in Italia: un appunto per capire meglio

Jun 08, 2008 20:48


“Una stima molto approssimativa porta a presupporre l’esistenza di un insediamento in loco 200/300 ratti/ha. Il legno delle baracche viene rosicchiato abitualmente a partire dalle ore del crepuscolo e tale azione prosegue rumorosamente per tutta la nottata. In tal modo i roditori espletano la tipica azione masticatoria che agevola l’erosione degli incisivi e nel contempo tale attività consente ad essi di creare nuovi accessi verso gli interni, nei quali scorrazzano liberamente durante le ore notturne, percorrendo le strutture e i corpi delle persone ivi coricate ed imbrattando con feci e urine le suppellettili, i vestiti e la cute degli esposti. In queste occasioni avvengono pertanto la più parte delle graffiature delle morsicature […] si fa notare che i soggetti più esposti sono i bambini, a causa del sonno profondo.”
Questo è quanto riferiva il Dipartimento di Biologia animale e dell’uomo dell’Università "La Sapienza" di Roma in una denuncia datata 25 luglio 1995.

È parte di un saggio sulla situazione dei Rom a Roma negli anni del Giubileo del 2000 trovato per puro caso durante le mie ricerche in biblioteca.

Essendo tornata molto tardi da Roma quel giorno ho dimenticato di postarlo.

Ho deciso di rimediare oggi, e non a caso, vista la manifestazione anti-razzista promossa a Roma dalle comunità Rom e Sinti.

Credo sia un tassello utile per chiunque voglia costruire una riflessione sulla così detta "emergenza rom" che tanto sta riempiendo le pagine dei nostri giornali.

Il saggio è di Paolo Petrucci, il titolo è: "I Rom di Casilino 700 all'epoca del Giubileo", pubblicato nel volume della Storia d'Italia della Einaudi dal titolo: "Roma - Città del Papa".

Posto sotto cut il resto degli appunti che ho preso, sono interessanti per capire quanto sia asfittica la prospettiva da cui ci stanno facendo osservare la situazione dei nomadi in Italia.

1 Premessa

[…] Roma 2000: seimila zingari, seimila “senza fissa dimora”. In Italia sono arrivati quasi tutti tra il 1690 e il 1970 dall’Est europeo, seguendo un flusso diretto verso i paesi industrializzati. Altri sono stati spinti qui dalle nuove guerre balcaniche. Si calcola che oggi gli zingari presenti in Italia siano lo 0,17 per cento di tutta la popolazione, comunque non più di centodiecimila unità. Settantamila sono italiani da secoli, diecimila provengono dall’ex Iugoslavia. Non è la prima volta. Gli storici ricordano un primo flusso nel Quattrocento (sessantamila tra rom e circensi) e un secondo al tempo della Prima Guerra Mondiale; quei settemila provenivano sempre dall’Europa orientale. Nessuno dei rom dell’ex Iugoslavia è nomade; così come non lo sono i rom italiani, a parte i sinti giostrai che si muovono in cerca di piazze.
Un’informativa del 10 giugno 1999 del Comune di Roma, VII gruppo, Ufficio Nae, evidenziava: “Emergenza salute pubblica. Casi di tigna, rogna, scabbia, meningite e altre patologie.” Il responsabile dell’Ufficio Nae, Nando Bucci, informava il suo comandante, che ne dava conto alle autorità competenti, fino al delegato del Sindaco. Ecco alcuni stralci di un rapporto che vale la pena leggere:

“A seguito dell’inesistenza di strade percorribili da mezzi di soccorso, della mancanza di bagni chimici, esistendo solo pochi bagni chimici a cielo aperto costruiti dagli stessi rom, della carenza di acqua, persistendo depositi di immondizie e di materiali di risulta (pneumatici di automobili, calcinacci e altro), l’esistenza di carcasse di ratti di dimensioni notevoli e di cani randagi e non, si è creata un gravissima situazione igienico-sanitaria tanto che quando si entra in un campo si viene attanagliati da un forte odore acre e putrido. Il rischio per la salute pubblica è stato più volte segnalato dalla stessa Asl di competenza […]. Si sono riscontrati casi di meningite meningococco, scabbia, rogna e tigna ed è singolare che l’Amministrazione comunale seguiti a parlare in maniera evanescente […]. Si dispone, di quanto sopra dichiarato, di materiale fotografico dell’autorità giudiziaria competente.”

I topi. Il 25 luglio 1995, il dipartimento di Biologia animale e dell’uomo dell’Università La Sapienza denunciava alla Asl RM/B “un grave rischio epidemiologico”:

“Una stima molto approssimativa porta a presupporre l’esistenza di un insediamento in loco 200/300 ratti/ha. Il legno delle baracche viene rosicchiato abitualmente a partire dalle ore del crepuscolo e tale azione prosegue rumorosamente per tutta la nottata. In tal modo i roditori espletano la tipica azione masticatoria che agevola l’erosione degli incisivi e nel contempo tale attività consente ad essi di creare nuovi accessi verso gli interni, nei quali scorrazzano liberamente durante le ore notturne, percorrendo le strutture e i corpi delle persone ivi coricate ed imbrattando con feci e urine le suppellettili, i vestiti e la cute degli esposti. In queste occasioni avvengono pertanto la più parte delle graffiature delle morsicature […] si fa notare che i soggetti più esposti sono i bambini, a causa del sonno profondo.”

4. Una relazione in tre punti

Le condizioni igieniche del campo sono documentate in una relazione inviata nel marzo 1997 da Nando Bucci, allora istruttore direttivo del Nae (Nucleo assistenza emarginati), al comandante del corpo di polizia municipale di Roma, al sindaco, agli assessori competenti in materia di assistenza sociale, scuola, casa e lavoro. Ecco i tre passaggi importanti della relazione:

“Come già segnalato più volte, nei campi nomadi di Casilino 700 e Casilino 900 vi è un proliferare di baracche ad opera di residenti di detti campi. Si deve considerare che numerose opere di bonifica, effettuate dall’Amministrazione, sono risultate in gran parte vane; infatti l’aspetto igienico-sanitario è sempre precario a causa di immondizie, di materiali di risulta di vario genere depositato in dette aree e per la carenza di bagni chimici rispetto al numero delle persone residenti. Si evidenzia che il percorso stradale di Casilino 700, recentemente ripristinato, a causa del manto stradale costituito da asfalto fresato e a causa delle recenti piogge, in alcune parti ha naturalmente prodotto cedimenti e buche, tanto da essere transitabile con difficoltà. La parte del campo dove stanziano i rumeni, invece, è impercorribile sia a piedi sia con qualsiasi mezzo di pronto intervento, in quanto in questa porzione di area non è stato fornito nessun genere di servizi e non è mai stato realizzato nessun percorso carrabile.”

“L’impossibilità di percorrere i campi con mezzi di soccorso e la carenza degli altri servizi accrescono la compressione sociale tra i residenti. In questi due campi vi sono disturbati mentali privi di assistenza appropriata, bambini in età prescolare privati dei più elementari diritti dell’infanzia, e la popolazione residente è scarsamente vaccinata. Le condizioni igienico-sanitarie pessime costituiscono un grave rischio per la salute pubblica: in una realtà così complessa è impossibile operare la normale profilassi contro l’eventuale diffusione di malattie come tubercolosi, tetano, epatite o, più semplicemente, le infezioni micotiche che largamente affliggono la popolazione, specialmente quella infantile, nei campi.”

“Considerato che a tutt’oggi l’Amministrazione comunale non è riuscita a reperire e a destinare nuove aree per lo stanziamento delle popolazioni citate; considerato che i rom residenti nei campi nomadi hanno elaborato nel tempo una condizione stanziale (fatta eccezione per i rifugiati politici); considerato che, se allontanati dal nostro paese, i loro figli sarebbero a loro volta stranieri nella nazione d’origine, sembra opportuno che gli organi e le persone preposte a queste tematiche affrontino, soprattutto in occasione del prossimo giubileo, i problemi citati non solo come un proposito rituale ma con lo spirito previsto dalla Costituzione Italiana (in particolare negli artt. 2, 3, 4 sul rispetto dei diritti umani.”

10. Fuori dal ghetto.

A Roma sono stati censiti dal Comune 5476 zingari, presenti in cinquanta insediamenti. Vivono in condizioni inumane nonostante la delibera n. 80 del 1996, con la quale il Sindaco si impegna in un progetto di accoglienza, che prevede la fornitura nei campi di tutti i servizi essenziali. Le diverse etnie rom hanno in comune la lingua, il romanés: ognuno ha una cultura propria costruita nei rispettivi paesi d’origine.
Dice Salvo Di Maggio, della comunità di Capodarco:

“La nostra città è diventata una frontiera per i poveri e lo Stato non ha una strategia di accoglienza, tutto viene delegato ai volontari o ai Nae e all’Usi (Ufficio speciale immigrazione) del Comune. Occorrerebbe un coordinamento di forze tra il ministero dell’Interno e gli assessorati, ma il primo tende ad avere un ruolo repressivo, i secondi chiudono gli occhi. Nei ghetti si sedimenta sempre la microcriminalità: il rischio in questo caso è che si passi a forme più gravi di devianza, se non si danno casa e lavoro a questi disperati.”

Il commissariato di zona, dopo ripetute perquisizioni compiute a volte con metodi poco ortodossi, esclude che ci sia traffico di armi e droga a Casilino 700.
In Italia, lo 0,76 per cento della popolazione è immigrata, e ciò rappresenta una costante emergenza.

11. All’alba.

29 dicembre 1999, ore 6 del mattino. Quattrocento uomini (tra poliziotti e carabinieri) entrano nella favela degli zingari. La landa putrida è battuta dalle camionette e dai pullman, dove vengono fatti salire i “non uomini” disperati. Degli oltre mille baraccati, duecento vengono accompagnati - alla presenza della stampa - nel campo attrezzato di Via Salviati, dove abiteranno container e si serviranno di bagni “civili”.
Gli altri zingari - 860- restano nel campo della vergogna. Il sindaco parla di “un’operazione perfettamente riuscita”; la comunità di Sant’Egidio parla di “esodo”: “Sono stati trasferiti come pacchi, senza essere consultati, e molte famiglie sono state divise.”

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