Equilibrium, ovvero: cosa succede quando Anastasia Steel è laureata ad Harvard. E uomo.

Dec 15, 2015 00:40

"When I remembered this again this morning, I wondered if things would have been different if you were a woman."

In these words capitolo 5, scena di flashback: siamo all'apice della violenza psicologica.
Il killer sta chiedendo alla sua vittima cosa farebbe se dovesse sopportare oltre alla vergogna, anche il peso di una gravidanza indesiderata.
La domanda è, ovviamente, priva di senso dal momento che Katsuya è un uomo, ma è interessante comunque per il dialogo e i meccanismi psicologici che innesca.
Soprattutto, alla luce di quello che è il finale di Equilibrium, è interessante per la luce che getta sul personaggio di Katsuya Asano e sull'intera saga.
Equilibrium nasce come racconto senza pretese da inserire in un artbook, Lucidity.
La premessa è di quelle giocose: dopo tre anni di relazione Katsuya viene a sapere per caso che il suo compagno, in passato, ha frequentato l'ambiente BDSM newyorchese divenendo un Dom molto richiesto e apprezzato. Sorpreso e incuriosito chiede di poter essere portato, per una sera, in un locale per condividere con David questa esperienza. Molto riluttante quest'ultimo accetta ed è qui che entra in scena il terzo incomodo, M, vecchia conoscenza di David che sembra mettere subito gli occhi su Katsuya.
Segue scontatissimo triangolo con tanto di scene di sesso piccanti?
NEANCHE PER SOGNO.
Perché il motivo per cui Katsuya si intestardisce a voler sperimentare il dolore è terapeutico: in quanto psichiatra con un passato difficile e consapevole della sua difficoltà ad aprirsi completamente alla felicità è convinto che questa esperienza possa aiutarlo a superare i blocchi emotivi.
Il guaio è che si rende anche conto che per riuscire completamente nell'impresa deve affidarsi a uno sconosciuto (M, appunto), perché David che è la sua certezza è anche l'ostacolo che gli impedisce di allontanarsi dalla comfort zone.
Quindi il suo interesse è per l'aspetto masochista, e non sessuale, del BDSM.
E anche l'interesse di M è tutto meno che sessuale, ma su questo torneremo dopo.
E David? Che ruolo ha in questa faccenda?
Un momento gioca a fare il fidanzato aperto e permissivo, assecondando Katsuya nelle sue richieste, ma il momento dopo si lascia andare a scatti di rabbia che diventano sempre più evidenti e sempre meno giustificabili nel corso dei capitoli.
Gelosia?
Ah, ma allora ci fate: vi ho detto di no, che questa storia non ha niente a che fare col sesso.
E quindi?
E quindi niente, torniamo a M.
Già il fatto che sia un personaggio senza nome dovrebbe far capire quanto è ambiguo il suo ruolo: pare divertirsi molto a inserirsi nel rapporto tra David e Katsuya, ma non si capisce bene a che titolo.
Noia?
In fondo è un uomo di quasi cinquant'anni che ha avuto dalla vita pure più di quanto volesse.
E però il suo atteggiamento nei confronti di Katsuya, a tratti, sembra quasi paternalistico, senza contare che David, che ufficialmente lo odia, ha però il suo numero pronto all'uso in rubrica.
Equilibrium è una storia sulla vergogna.
E sulla paura di perdere tutto per colpa della vergogna.
Quella interiorizzata da Katsuya fin da bambino, ad esempio: è nato all'interno di una famiglia molto tradizionalista giapponese. I suoi genitori non sono morti, ma lui non li ha mai conosciuti: suo nonno l'ha strappato alla madre al momento della nascita, suo padre lo ha abbandonato trasferendosi all'estero subito dopo.
Katsuya è stato un bambino molto amato, ma per i motivi sbagliati: suo nonno lo ha sempre tenuto su un piedistallo, ma raccontando un sacco di menzogne per giustificare la sua presenza con il resto della famiglia. Katsuya ha interiorizzato il senso di inadeguatezza, e ha lasciato che prendesse il sopravvento: per compensare si è buttato a capofitto nello studio scegliendo la carriera di suo padre, e in cambio ha ottenuto l'ammissione a Harvard ad appena diciassette anni. Ma il prezzo da pagare è stato altissimo, è una persona che non riesce a liberarsi del suo senso di solitudine.
Cerca inconsciamente la figura paterna che gli è mancata in uomini più grandi, non a caso David ha dieci anni più di lui.
Prova a scacciare questa solitudine col dolore fisico, e pur scegliendo di farlo nella maniera più sicura possibile, non si rende conto di aver innescato una situazione potenzialmente molto pericolosa.
Perché David, come il Christian Grey di 50 sfumature, ha usato a suo tempo il BDSM per dare sfogo a una rabbia che non riesce sempre a controllare.
Il suo personaggio è stato costruito con perizia: da Prey di Suzume, passando attraverso il trittico New York Minute, First, do no harm e One of these nights quasi non ci si rende conto dei segnali impercettibili di quale sia la sua vera natura.
David ama avere il controllo, ma lo traveste inconsciamente (quanto altrettanto abilmente) in senso di protezione.
Ama sinceramente Katsuya, e per lui prova seriamente a cambiare, ma nel momento in cui inizia a temere che scoprendo la verità sul suo passato potrebbe decidere di lasciarlo lascia emergere il suo lato oscuro.
In più è un poliziotto, e per pensare alle implicazioni morali che questo comporta ricordate che il loro motto, in America, è "Per servire e proteggere".



Da qui al Gabriel di Father Figure è un attimo, in effetti

Di contro M, che sembrava l'antagonista della storia, si rivela il vero equilibrio del titolo: è una persona che ha saputo abbracciare le sue pulsioni, ed è stato abbastanza fortunato da poterle sfogare in maniera sana, ricavandone non solo piacere, ma soprattutto serenità e sicurezza.
Per M il BDSM è un gioco di ruolo, c'è il personaggio con gli stivali di pelle e la frusta e c'è l'uomo d'affari in giacca e cravatta.
Le due figure sono complementari, l'una non si nasconde all'altra.
M non si vergogna di essere ciò che è, e quando si offre di aiutare Katsuya nel suo percorso, lo fa davvero come un Maestro nei confronti di un allievo.
Non vuole sedurlo, vuole metterlo in guardia dalla persona che ha accanto, anche se sa che è una battaglia persa in partenza: Katsuya vorrebbe imparare a lasciarsi andare completamente nelle mani della persona che ama senza sapere che è già sottomesso psicologicamente a David.
Completamente.
Corre da lui ogni volta che l'altro ha un problema, non curandosi di danneggiare il suo lavoro per questo: dopotutto sta vivendo a trenta quelle emozioni che avrebbe dovuto provare da adolescente.
E nonostante questo si sente in colpa, costamente inadeguato, nella sua testa il rapporto che sta instaurando con M gli sembra un tradimento.
Non ho capito cosa c'entrasse il paragone (innescato da Kichiku Neko stessa) con 50 sfumature finché non sono arrivata a questo punto.
È facile, facilissimo riconoscere un rapporto abusivo quando l'asimmetria tra le parti è evidente: Christian Grey è un milionario, Anastasia Steel una studentessa di umili origini.
Ma quando le differenze diventano sfumate come nel caso di un rapporto omo tra due professionisti affermati è più complicato identificare certe dinamiche: sarebbe stato diverso, se Katsuya fosse stato una donna?
Probabilmente no, come dimostra il successo di certa roba da Twilight in poi.
È però a questo punto che entra in scena l'elemento più interessante: la manipolazione consapevole del fandom.
Essendo che la saga di David si innesta sulla storia principale noi sappiamo non solo che tra di loro finirà, ma a questo punto sappiamo pure che finirà male e quanto: se Katsuya, dopo il rapimento, perde la memoria, non è per la paura o il dolore, ma anche qui per vergogna.
Katsuya è stato abusato dal suo compagno, per questo ha dovuto lasciare quel porto sicuro che considerava l'America per tornare in Giappone, non ci è stato ancora detto apertamente ma per una persona come lui il senso di umiliazione che questa sconfitta gli ha procurato deve essere stato insostenibile.
Ci ha messo tempo e fatica, ma lentamente ha provato a ricostruirsi una vita, prima professionalmente e poi, anche, sentimentalmente.
Solo che noi questo suo percorso lo abbiamo conosciuto a partire dalla fine, e vedendolo con gli occhi del nuovo compagno, che si è trovato alle prese con un carattere spigoloso, un uomo difficile, pretenzioso, a tratti crudele in maniera infantile.
Questo Katsuya così disinteressato ai legami a lungo termine, desideroso solo di sesso, si contrappone in maniera stridente al ragazzo fragile della saga newyorchese. E anche il nuovo compagno, agli occhi delle lettrici, è sembrato del tutto inadeguato rispetto a Sua Maestà David.
Sì, le stronze delle autrici hanno alimentato PER ANNI il victim blaming ai danni di Katsuya.
A fin di bene, perché ora che i nodi verranno al pettine più di qualcuno dovrà farsi un esame di coscienza.
Speravo non capitasse e invece è successo di leggere commenti di persone che quasi giustificavano il killer che ha rapito Katsuya.
Perché insomma, se non sei capace di rendere felice un partner che ti costringe a festeggiare quando non vuoi, che vuole sentirsi dire ti amo a comando e diventa violento quando inizia a temere di poterti perdere a causa del suo passato un po' te la cerchi.
E non parliamo poi di questa strana fissa di volersi solo divertire con una persona che è perfettamente d'accordo e accetta l'accordo senza fiatare, insomma, come si fa a essere così insensibili?
Magari è la paura di essere fregati ancora, ma vaglielo a spiegare.
E sono le stesse persone che quando venne tirato fuori il paragone con Cinquanta sfumature schifarono Christian Grey.
Di diverso, David, c'ha una caratterizzazione psicologica più realistica e sensata, non nego, ma là stiamo.
Senza elicottero, senza regali costosi, senza stanze rosse delle torture (il termine boudoir, questo sconosciuto).
E pure il killer, a ben guardare, quando preda Katsuya lo fa usando la tattica tipica del molestatore.



"It can't be too surprising that a good looking man like you being courted".
Cosa sarebbe cambiato, se questa battuta l'avesse detta a una donna?
Magari avremmo intuito subito il (tipo specifico di) pericolo, o forse no.
Anche qui, vi giuro, c'è stato chi nei forum c'è rimasto male che Katsuya abbia declinato.
Insomma: è mezzanotte passata, mi rendo conto di aver scritto un papello incomprensibile su roba di cui non vi frega una mazza, ma quello che volevo dire è che per me ciò che rende veramente geniale In these words e i suoi satelliti è che prende la tipica trama alla Hannibal col giochetto psicologico tra assassino e psichiatra e la usa per raccontare tutt'altro.
Il killer è il mostro che vive nei nostri incubi ma è solo la forza che fa saltare il coperchio di una pentola dove bolle tutt'altro.
Perché Katsuya è già stato una vittima, ma di una persona che amava.
Le violenze nuove portano a galla quelle vecchie e paure nuove si innestano su quelle vecchie: se David lo ha picchiato vedendo i segni lasciati da M sulla sua pelle come reagirà Shinohara vedendo i marchi che il killer gli ha inciso col coltello?
È questo terrore che fa scattare un cortocircuito nella mente di Katsuya, spingendolo a perdere la memoria.
Un thriller che nasconde una storia di abusi.
E lo fa ribaltando i topoi del genere, partendo da un uke che non è tale perché non può più permettersi di essere debole, da un seme che non sembra tale (Shinohara) per via, a sua volta, di cicatrici altrettanto profonde (no, di Shino non vi parlo, quelli sono spoiler enormi e poi mi secca fare un altro post), da una storia d'amore che segue gli stereotipi dello yaoi più classico per poi ribaltarsi e diventare un rapporto abusivo.
E da un'altra storia d'amore che si rifiuta di etichettarsi come tale, perché come dice Shino nel racconto If you only believe, l'amore per come lo conosciamo è scambiarsi gesti di affetto che sembrano fatti più a beneficio di chi ci osserva che per noi stessi.
Insomma: sommateci Father figure, e tutta una lunga riflessione sull'ipocrisia di certa mentalità giapponese e americana, e su certa malsana cop culture, e vi renderete conto da soli di che razza di roba enorme stiamo parlando.
Sapevo che era tutto ciò che avrei sempre voluto leggere in quest'ambito, ma non potevo immaginare QUANTO.



No, Shinohara non ti farà del male. Lo sai, anche se ti rifiuti di ammetterlo.

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