Sep 14, 2010 17:06
Visto che questo, per me, è tempo di scadenze, direi che è il caso di fare anche un po' di pulizia in zona scrittura.
Su cosa mi voglio effettivamente concentrare, nei prossimi mesi?
Partiamo dal discorso fatto un po' di mesi fa sulla proposta di pubblicazione: ho provato svariate volte a proseguire Tensione superficiale ma niente, l'idea di far deviare questa storia verso un happy ending che, di fatto, cozzerebbe con l'evoluzione che ho pensato per i suoi personaggi proprio non mi va giù. Però non mi va di buttare al vento un'occasione, comunque, preziosa e interessante, soprattutto se penso che c'è gente che per arrivare a un piccolo risultato come il mio ci mette anni, spedendo manoscritti a destra e a manca.
E allora?
Allora, come più o meno accennato in qualche post agostano, mi sono messa in caccia di una storia nuova di pacca, qualcosa che non mi costringesse a fare estenuanti ricerche che il periodo di studio matto e disperatissimo proprio non consente.
Scartate, quindi, le archeomafie ma non la voglia di scrivere di archeologia in genere, mi sono arrovellata le meningi fino a trovare il progetto giusto.
Progetto che ha finalmente preso il via da qualche giorno, con un prologo già scritto, una trama pianificata nelle sue linee essenziali e i profili dei protagonisti ben delineati: il titolo definitivo sarà La matrice di Harris.
La matrice (o matrix che dir si voglia) di Harris è quel poco simpatico schema che ogni archeologo deve imparare a redigere per ordinare e rendere comprensibili le connessioni logico-temporali tra gli strati scavati.
Questa, più o meno, la sinossi: si può smettere di scavare la terra rifiutando di farlo in se stessi? Bruno Savelli, specializzando in archeologia classica presso l'università La Sapienza di Roma, un pomeriggio di settembre lascia lo scavo sul Palatino a cui sta partecipando con la convinzione di non rimetterci più piede. Conosciuto per caso un affascinante artista, Giacomo Maiuri, si offre di aiutarlo a preparare la sua prossima personale, prevista per la primavera successiva in un importante museo della capitale (in pole position ci sarebbe il neonato MAXXI progettato da Zaha Hadid, ma tanto è presto per decidere). Giacomo, solo apparentemente disinterassato ai problemi di Bruno, accetta il suo aiuto e lo ospita in casa sua, aiutandolo a sua volta a tirare fuori i motivi di questo brusco cambiamento di vita.
Il titolo fa preciso riferimento a questo processo maieutico, molto simile per impostazione ad uno scavo archeologico dentro se stessi.
Avevo scritto da qualche parte che volevo una storia in cui c'è un personaggio che pensa solo ad andare avanti e un altro, magari più anziano, che invece racconta il passato che fa da premessa al presente dell'altro ed ecco qui una variante semplificata.
La storia, a dispetto della contorta sinossi, non dovrebbe essere lunghissima, e in diversi aspetti è palesemente autobiografica (il Palatino non l'ho mollato di punto in bianco, ma poco ci è mancato, e comunque mi ci son voluti quasi due anni per tornare a mettere piede in facoltà).
Quello che è certo è che ne avevo bisogno, dopo tanto tempo passato a dividermi equamente tra ambientazioni praghesi e spagnole.
Amo UEP e sicuramente troverò il modo di ritagliarmi un po' di tempo per buttare giù anche il capitolo nuovo, ma la sensazione di scrivere di luoghi e ambienti che conosco a menadito non ha prezzo: l'ho capito scrivendo il finale del capitolo nove, quanto a quella storia manchi il contatto diretto con la Spagna.
Non necessariamente con l'arena, ma proprio con la gente, gli odori, le atmosfere.
Continuerò a lavorarci perché ormai le sono visceralmente legata, e ha passato crisi ben peggiori (davvero, se son tornata a lavorarci dopo la crisi di gennaio-febbraio, vuol dire che è destinata a essere finita), ma le manca quel pezzetto d'anima che avrebbe se fossi riuscita a mettere piede a Madrid lo scorso maggio, in piena feria di San Isidro.
E continuerò a lavorarci perché sono sicura che già dopo il secondo capitolo di Matrice avrò voglia di tuffarmi nuovamente nelle atmosfere ispaniche, giusto per cambiare aria.
Buone notizie anche dal fronte dei progetti a quattro mani: tempo di far chiudere a Silvia la sessione d'esame e ci metteremo al lavoro per la revisione della side che aveva a che fare con la letteratura russa ... il titolo dovrebbe essere Besy (dovrò sincerarmi che si scriva esattamente così), parola russa che sta per demoni e che, come già detto, è il titolo di un romanzo di Dostoevskji.
Per chi più o meno conosce il progetto McM: trattasi dell'educazione criminale di Enack per mano di (questo no, non lo conoscete nemmeno voi) un fascinoso e stronzissimo Vor, Aleksy, il cui soprannome criminale è quello del dio della notte Chors.
Per il prezzo su eventuali spoiler in sede privata ci si può accordare, io resto sempre dell'idea che Enack sia, tra tutti i personaggi, quello che funziona meglio.
E infatti lo gestisce Silvia, io ho in comodato d'uso gratuito il Vor.
Che era partito come una bieca imitazione di Abrahmovic ed è finito per somigliare molto, molto vagamente (ma proprio vagamente) al Viggo Mortensen di Eastern Promises (colpa più della scena dell'iniziazione che a quella della sauna,a dire la verità).
-Questo significa che siamo destinati a scontrarci e mi auguro, anche se non dovrei, che non si tratti di uno scontro fisico. Ma significa anche che siamo entrambi generali, e come tali destinati a sedere da pari allo stesso tavolo. E i pari si proteggono sempre, qualunque cosa accada. I pari si riconoscono guardandosi negli occhi.
Aleksy posa un bacio leggero sulla tempia dove ancora teneva poggiate le dita, quasi a scegliere il punto in cui la pelle di Enack è più sottile e sensibile.
E in quel bacio racchiude una benedizione, la promessa di lealtà che, fino ad ora, a nessuno mai si era sognato di dichiarare.
E questo è soltanto un piccolo assaggio...
muro contro muro,
scrittura,
a brand new idea