Dialoghi di Archeologia/2 e mezzo

Sep 13, 2010 00:58


L'archeologia mi ha insegnato una cosa: seguire gli strati.
Quando si scava non si tira giù dritti fino a un'ipotetica meta, si parte da un'ipotesi per poi seguire la terra e ascoltare la sua versione dei fatti.
Seguire la terra, per me, in questo momento ha rappresentato approdare a una conoscenza nuova, a prendere in considerazione variabili di cui non conoscevo neppure l'esistenza.
Le mie sensazioni, le cose che ho appuntato in maniera confusa in alcuni post (tipo le due parti dei dialoghi di archeologia) hanno il nome di una disciplina concreta, una disciplina in cui, se esistesse un modo che escluda l'ipotesi di un'ulteriore laurea in antropologia, mi piacerebbe moltissimo specializzarmi.
Parlo dell'antropologia urbana, di cui peraltro alcuni esperti si trovano alla Sapienza.
Esperti che hanno fondato questa associazione, di cui ho scoperto l'esistenza soltanto oggi pomeriggio.
E sto sbattendo la testa al muro, al pensiero che il 16 giugno scorso hanno organizzato un convegno che mi interessava da matti.
Io vorrei risolvere questa cosa del conflitto tra città antica e moderna, e vorrei farlo seguendo un doppio binario: lavorando sulla divulgazione (scrivere articoli tipo quello su Artemisia, dove partendo da un elemento moderno risalgo all'antico, così da far passare l'idea di città come di una macchina complessa, fatta di tanti elementi) e lavorando su un cambio di mentalità negli archeologi, che dovrebbero aprirsi sempre più a studi interdisciplinari.
D'altronde "Dialoghi di archeologia" era il nome di una rivista il cui scopo era proprio quello di permettere a esperti di campi molto diversi tra loro di confrontarsi e integrare le reciproche competenze.
Ma forse sono io stessa la prima che dovrebbe superare la paura del confronto...

(Non sono pazza, è colpa dello studio)

archeologia, weltanschauung, a brand new idea

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