[Game of Thrones] Raindrops // Parte 3

Dec 23, 2012 22:59

Titolo: Raindrops
Fandom: Game of Thrones/A song of Ice and Fire
Beta: dylan_mx
Rating: dal verde al giallino
Pairing: Hoster/Brynden, Theon/Asha
Avvertimenti: Incest, slash, het, pre/post-serie, bookverse, underage
Note: Niente da dichiarare, a parte il mio amore per dylan_mx e skyearth85 e il fatto che ho usato più o meno a caso una volta i nomi originali delle località e un'altra quelli in italiano (shame on me, lo ammetto, ma andavo più o meno a momenti). Per il resto tanto amore a tutti :3

Gifter: skyearth85
Link al gift: questa splenderrima podfic, che dovete assolutamente scaricare <3


5. A fish needs water to keep swimming [Hoster/Brynden]

Catelyn sapeva che la nuova partenza di Brynden il Pesce Nero era solo l’esito dell’ennesimo litigio con suo padre, ma non osò dire nulla a sua sorella, neanche quando la piccola Lysa chiese con insistenza dove fosse finito il loro amato zio.

Rimase in silenzio, sulla cima della torre, a scrutare l’orizzonte: spesso aveva fatto così per suo padre, questa volta sarebbe toccato a suo zio. Ogni tanto Petyr veniva a trovarla, con Lysa sempre alle calcagna. Chiacchieravano del più e del meno, il ragazzo le raccontava tutte le notizie su Delta delle Acque, la maggior parte delle quali erano solo dicerie e voci malevoli. O, almeno, lo erano  per lei, ma da quanto diceva Petyr pareva che ognuna di quelle piccole informazioni potesse valere una fortuna.

La maggior parte del tempo, comunque, lo passava da sola a scrutare la terra e l’acqua sotto di lei. Era abituata ad attendere pazientemente e né la pioggia né il vento scoraggiavano la sua vedetta; tuttavia suo padre non era molto felice del suo passatempo. Cat lo capiva da quegli occhi infossati che si posavano su di lei mentre cenavano tutti assieme.

Il povero lord Hoster era ancora scosso dalla morte di sua moglie e il dolore mentale si ripercuoteva sul suo fisico: i capelli neri come l’inchiostro si stavano rapidamente tingendo di grigio e il suo sonno era costantemente disturbato da incubi e terribili pensieri. Per questa ragione, si era detta Catelyn, non l’avrebbe avvisato quando lo zio Brynden fosse stato in vista: l’ultima cosa che gli serviva era una preoccupazione in più.

No, lei aspettava lì tutti i giorni solo perché lo zio le mancava davvero tanto e non vedeva l’ora di riabbracciarlo dopo la sua partenza così improvvisa. E poi finalmente Lysa avrebbe smesso di chiederle dov’era andato.

Un giorno come tanti, con il sole che batteva a picco sulla testa dei malcapitati contadini e l’acqua che rifletteva i suoi raggi sulle mura della fortezza, Cat lo avvistò. Osservò felice mentre cavallo e cavaliere si facevano sempre più grandi e sempre più vicini. Quando ormai mancavano pochi minuti all’ingresso dello zio nel castello, la piccola scese di corsa le scale che portavano dalla torre al cortile. Ad ogni gradino si chiedeva come avrebbe reagito il lord suo padre nel vedersi ricomparire davanti il fratello.

*

Non era stato un viaggio particolarmente lungo, ma Brynden ne aveva sentito il bisogno impellente: aveva cercato di stare accanto a suo fratello dopo la dipartita della lady sua moglie, ma era stato completamente inutile. Ogni suo sforzo, ogni suo tentativo era stato malamente respinto da Hoster, che non voleva altro che essere lasciato solo per continuare a piangersi addosso.

Sperava che ora, ad un mese di distanza, qualcosa fosse cambiato. Non fu stupito quando, appena sceso da cavallo, sentì un paio di braccia esili abbracciarlo all’altezza della vita: sorrise e accarezzò piano la massa fluente di capelli di Catelyn Stark. Uguali a quelli di sua madre.

< Sono contenta che tu sia tornato, zio! Mi sei mancato!> Le sorrise, ma un’ombra rabbuiò il suo volto: “Dubito che tuo padre sarà felice del mio ritorno”. In quel momento vide anche Petyr e Lysa correre verso di lui e si preparò a una serie di abbracci mozzafiato da parte della minore delle sue figlie. Lanciò un’occhiata alla torre ove sapeva che suo fratello stava rispondendo alle lettere dei suoi alfieri. Avrebbe dovuto aspettare ancora un po’.

*

Era bastato un mese e già si era dimenticato quanti fossero quei dannati scalini che era costretto a salire per vedere il lord di Delta delle Acque. Chissà, forse Hoster si ostinava ad isolarsi in quella torre per rendergli più complicata la vita; in fin dei conti c’erano infinite ragioni per le quali suo fratello non voleva assolutamente vederlo.

Imprecò a bassa voce mentre le gambe gli dolevano per lo sforzo, ma non si fermò finché non raggiunse l’ingresso. Ebbe il buon gusto di bussare, giusto per non indisporre fin da subito Hoster, e riprese fiato. Attese diversi secondi, lenti ed interminabili, prima che la risposta arrivasse. Ma quando entrò suo fratello gli dava le spalle, la testa appoggiata sul palmo, curvo e stanco mentre fissava il muro di fronte a sé.

Tutta la foga che generalmente caratterizzava il Pesce Nero si disperse nel guardare quella figura così fragile, così sofferente. E pensare che era uno dei lord più rispettati dei Sette Regni. Cosa avrebbero detto i suoi avversari se l’avessero visto in quelle condizioni? Cosa avrebbero fatto?

Brynden non poteva non immaginarsi Tywin Lannister, l’essere più spregevole che avesse mai calpestato la terra dei Sette Regni, mentre meticolosamente preparava un assalto ingiustificato a Delta delle Acque, deciso a mettere le sue luride mani su quella terra così fertile. Quell’uomo era una vipera, più che un leone, e il minore dei Tully non poteva sopportare l’idea che suo fratello si dimostrasse così debole di fronte ad un avversario così temibile.

< Sei tornato.> La voce suonava stanca, roca, proveniente da miglia e miglia di distanza. Eppure Hoster era a neanche tre metri da lui.

< Ne dubitavi?>

Se anche ne avesse dubitato, il volto di quell’uomo improvvisamente così vecchio non tradì alcuna emozione, alcun pensiero. Incoraggiato da quel silenzio, il più giovane proseguì imperterrito.

< Non potevo di certo lasciarti solo… le voci corrono, fratello. C’è chi afferma che il lutto ti ha indebolito, lasciando poco più di un’ombra del condottiero che eri un tempo. Qualcuno bisbiglia che sarebbe questo il momento buono per attaccarti, per strapparti possedimenti e ottenere il controllo di Delta delle Acque e, se devo essere sincero, uomini come Tywin Lannister non si farebbero problemi ad approfittare della situazione.>

Si fermò un istante per riprendere fiato: neanche si era accorto di come le parole fossero sgorgate d’impeto dalla sua bocca. Il volto del fratello era ancora una maschera di gesso.

< Quindi saresti tornato per… avvisarmi di queste cospirazioni contro di me e le mie terre.>

< Sono qui per aiutarti, fratello. Hai bisogno di un sostegno adesso, dato quanto è accaduto… permettimi di farlo.>

C’era un cipiglio di rimprovero nell’espressione del lord, ma l’uomo era evidentemente troppo stanco per replicare acidamente al proprio fratello e questo, al di là di tutto, irritava Brynden in una maniera indicibile.

< Anche se so che, dopo i recenti sviluppi, probabilmente avresti preferito non vedermi più.> aggiunse con un sorrisetto più o meno provocante, ma non ebbe l’effetto sperato: lo sguardo di suo fratello si fece più scuro che mai.

< Aiutarmi, dici? Sei uno sciocco, Brynden… non te ne rendi proprio conto, vero? C’era un modo per aiutarmi ed era quello di stringere un’alleanza con una famiglia forte, che ci avrebbe procurato spade e compagni in caso di guerra. Quella ragazza, che tu non hai neanche preso in considerazione, era il miglior partito di cui potessimo sperare di ottenere l’appoggio… una Redwyne, una gran dama, non una donnicciola qualsiasi.>

C’erano innumerevoli parole non dette in quel che diceva: Brynden sapeva che gli era costato tempo e tanta, tantissima fatica, specie dopo che la morte di lady Minisa l’aveva gettato in un baratro di dolore.

< Tu, invece… - proseguì il lord - tu hai rifiutato quella giovane e per cosa, poi? Per venir qui a proporti come mio galoppino?>

Brynden capiva che suo fratello avesse bisogno di sfogare la propria frustrazione su qualcuno, ma in quel momento non aveva tanta voglia di fungere da capro espiatorio per le turbe del lord. Scrollò le spalle, seccato.

< Non nutro alcun interesse per quella donna… né per nessun’altra.> La conclusione della frase non sfuggì al fratello, anche se il più giovane l’aveva pronunciata a bassa voce, quasi un mugugno indistinto.

Due occhi blu, stanchi e provati, corsero ad incontrare i suoi e Brynden capì troppo tardi di aver parlato eccessivamente. Cercò di sostenere il suo sguardo, ma non ci riuscì.

< Hoster… io…>

Voleva dirgli che aveva tutte le intenzioni di aiutarlo per quanto possibile, che avrebbe fatto di tutto per restare al suo fianco e supportarlo in ogni decisione, in ogni momento difficile. Non c’erano donne che potessero valere quanto la sua famiglia, quanto suo fratello: lui era un Tully e i suoi parenti venivano prima di ogni altra cosa. Ma Hoster si era ostinato a chiudere gli occhi di fronte all’evidenza, pur quando era palese che l’ombra che lo seguiva fedelmente, ma che rimaneva in disparte per non risultare invadente, altro non voleva che servirlo fino a che i Sette Dei non l’avessero reclamata nell’altro mondo.

Ma forse quella volta Brynden si era sbilanciato troppo. Forse quella volta Hoster aveva capito ciò che l’uomo non aveva mai avuto il coraggio di esprimere ad alta voce. Il minore cercò di riaggiustare il tiro, schiarendosi un poco la voce e cercando le parole più adatte, ma il lord di Delta delle Acque era di un altro avviso.

< Fratello, io voglio solo…>

< Fa’ silenzio.>

< Tu lo sai che io ti ho sempre…>

Ma quelle parole rimasero sospese nell’aria, congelate nel tempo e mai udite da orecchio umano. Risuonò invece come un colpo secco il pugno di ferro di Hoster Tully che si abbatteva contro il legno del tavolo per riacquistare il controllo della situazione.

< Non voglio sentirne parlare mai più, hai capito? Mai più.>

*

Una pioggia leggera aveva cominciato a scendere da un’ora appena e non accennava affatto a smettere; Cat era al riparo sotto il portico del cortile interno e fissava le mosse lente e stremate di suo zio mentre finiva di sistemare il proprio bagaglio e la sella del suo destriero.

Non voleva ripartire, era evidente, ma a volte non c’era altro da fare. A volte, e Catelyn lo sapeva, non c’erano alternative: restava solo da obbedire. La ragazzina si tirò su il cappuccio e si avvicinò alla figura dello zio, curvo sotto il peso delle sue preoccupazioni.

< Quando tornerai?>

Gli occhi di suo zio, generalmente di un blu brillante, erano più spenti del solito; la piccola non poteva sapere cosa passava per la mente dell’uomo, ma poteva intuirlo. Brynden invece aveva impresse a fuoco sulla pelle e nella memoria le parole di suo fratello.

“Vattene”

“Sei la pecora nera della famiglia”

Non una pecora, no, ma un pesce nero, per esser precisi. Perché Brynden si sentiva un vero Tully e, qualsiasi cosa sarebbe accaduta tra lui e suo fratello, lui avrebbe continuato ad essere un Tully.

Si sforzò di sorridere.

< Presto, piccola mia. Continua a guardare dalla torre e presto mi vedrai tornare.>

6. A real bitch is tormenting you [Theon/Asha]

Theon entrò di gran carriera nelle sue stanze, almeno per quanto tutto il vino che aveva in corpo glielo permettesse. Vacillò pericolosamente e sbatté la porta, deciso a fare quanto più rumore possibile per sfogare la sua rabbia, ma il boato sommesso delle onde che si sfracellavano contro la pietra coprì anche quel suono.

“ Anche gli dei ce l’hanno con me” pensò amareggiato, ricordandosi poi che se Capelli bagnati fosse stato lì l’avrebbe redarguito aspramente: c’era un unico dio, il Dio Abissale, e avrebbe fatto bene a ricordarselo se voleva rimanere a Pyke e comandare gli uomini di ferro. Come avrebbe dovuto ricordarsi che lui non aveva alcuna voce in capitolo nelle decisioni di suo padre.

Il ricordo di tutte le umiliazioni di quella giornata gli fece girare la testa. Si sedette davanti al focolare, un misero tentativo di rendere più accogliente quell’umida, ammuffita stanza. Asha, era tutta colpa di Asha. Quella schifosissima strega l’aveva preso in giro fin dal primo momento, ingannandolo, illudendolo, ridicolizzandolo. Per un istante, un meraviglioso, fin troppo breve istante, si era sentito benvenuto in casa sua. Poi tutto era crollato.

Erano cambiate troppe cose da quel terribile giorno in cui era stato strappato via dalla sua amata Pyke, il primo impatto con Aeron gliel’aveva fatto capire fin troppo bene. Non riusciva a capire se era lui ad essere diverso da un tempo, ma non poteva essere: lui era un uomo di ferro, questo non poteva essere cambiato. Nelle vene gli scorreva il sangue dei conquistatori delle isole e lui era nato per quello: depredare, conquistare e prendere ciò che otteneva col ferro.

“Eppure tuo padre te l’ha detto, non sei più un uomo di ferro, non per lui almeno. Ciò che indossi l’hai comprato con l’oro, non con la spada. Mentre tua sorella viene trattata come un vero e proprio capitano, stimata e presa in considerazione nelle riunioni fondamentali. Tu ora non sei più nulla.”

Aveva una gran voglia di sfidare quella stronzetta di Asha a duello e dimostrare a tutti che non era un ragazzino viziato cresciuto tra i lupi, ma una vocina nella sua testa gli fece notare che probabilmente ci avrebbe rimesso lui qualche arto. Aveva ancora impresso nella memoria la velocità con cui sua sorella aveva afferrato al volo l’ascia, la forza con cui aveva spaccato in due il tagliere… gli veniva male al sol pensiero.

Non sapeva se il calore che gl’infiammava le guance fosse dovuto al vino, all’umiliazione o al ricordo di quant’era accaduto al banchetto, di come Asha l’avesse toccato senza alcun pudore né remora. La odiava, davvero, la odiava con tutto il cuore.

Lo colse un’improvvisa stanchezza e si lasciò andare con il capo contro lo schienale della sedia. Non capiva dove aveva sbagliato… erano anni che desiderava tornare a casa, anni che non vedeva l’ora di calpestare nuovamente quel terreno battuto dalle piogge e dalle maree, di annusare ancora una volta l’odore salmastro di quel luogo e sentirsi finalmente un uomo libero.

Ma qualcosa era andato storto, ne era sicuro, perché quella sensazione di malessere al petto  significava che non era nel posto giusto. Dove sarebbe mai potuto andare? Come faceva a tornare veramente a casa se era già a casa?

Si passò una mano sul volto provato: forse un po’ di sonno gli avrebbe fatto bene. Si spogliò in fretta, sperando che sotto quelle coperte sdrucite il freddo e l’umidità di quella stanza si sarebbero sentiti molto meno, ma la sua speranza non fu assecondata.

La stanchezza era però tale che la sua mente non riuscì neanche a formulare l’ennesima imprecazione o lamentela che già Theon scivolava in un sonno pesante, da cui difficilmente sarebbe riuscito a svegliarsi di lì a breve.

C’era Asha, lì, in piedi nel centro della stanza e lo fissava con la sua aria strafottente. In una mano teneva un’ascia enorme e, a giudicare da come le sue dita si stringevano all’impugnatura, anche abbastanza pesante; nell’altra teneva un tagliere spezzato di netto in due.

< Tieni pure, fratellino! - fece lei lanciandoglielo sul letto e scoppiando in una risata cattiva - Nel caso ti venga fame questa notte.>

Theon scattò in piedi e cercò di sguainare la spada, ma solo in quel momento si accorse di non avere al suo fianco la sua fidata arma; non indossava neanche la veste da camera, ma uno di quei caldi vestiti che gli erano stati dati a Grande Inverno, che gli Stark gli avevano dato, e per la prima volta si rese conto di quanto il tessuto fosse pregiato, delle sottili rifiniture e dei particolari studiati di quegli abiti che all’apparenza erano così spartani.

“Comprati con l’oro, non col ferro.” Le parole di suo padre gli tornarono alla mente e si vergognò profondamente del suo stato; Asha, davanti a lui, rideva ancora. Spada o non spada, il ragazzo si scagliò in avanti, intenzionato a colpirla con tutte le sue forze, ma il volto di lei scomparve pochi secondi prima di essere colpito dal suo pugno.

Qualcosa lo colpì ad altezza del ginocchio e l’urto lo fece rovinare a terra come un sacco di patate; provò a tornare subito in piedi, ma qualcosa - o qualcuno - gli cadde sopra, intrappolandolo sul pavimento. A riconferma dei terrori di Theon, l’ascia era a pochi centimetri dal suo collo, più affilata che mai.

< Calma i bollenti spiriti, fratellino… non ne vale la pena. Non sei contento di essere tornato a casa?>

Se doveva essere sincero, no, non era affatto contento di essere tornato; avrebbe preferito tenere la bocca chiusa e non proporre a Robb Stark quella stupida, stupidissima idea di chiedere aiuto a Balon Greyjoy. Stava per aprir bocca e rispondere, ma qualcosa lo bloccò: del fiato caldo che gli batteva sul collo e una leggera e per niente sgradevole pressione sulla schiena.

Sentì delle mani fredde sfiorargli il collo, cominciare a slacciare molto lentamente i bottoni dei suoi abiti troppo lussuosi. Era la stessa, dannata  sensazione che aveva provato al banchetto, ma non ebbe la forza di ribellarsi. Le labbra di Asha si posarono sul suo collo e lui non riuscì a trattenere un sospiro.

< Vedrai, fratellino… ci penserò io a farti sentire a casa.>

*

Il mattino seguente un Theon distrutto nella mente e nel corpo stava contemplando seriamente la possibilità di buttarsi giù dalla fortezza, contro gli scogli. Si era svegliato di soprassalto da quel terribile incubo - terribile e piacevole, sottolineava una vocina nella sua testa, ma lui preferiva ignorarla - e aveva passato il resto della nottata davanti al focolare, cercando di alimentare un minimo di fiamma con quella legna umida che faceva partire schiocchi e rumori all’improvviso.

Era stata la peggiore notte della sua vita, molto probabilmente, e si notava con chiarezza sul volto smunto e le occhiaie che quasi toccavano terra. Mentre il giovane si chiedeva se era più opportuno buttarsi di sotto o dare un’altra possibilità alla sua vita, una gioviale Asha gli passò accanto, la spada al fianco e l’aria fresca e riposata.

< Passata una bella nottata, fratellino?> gli chiese ironica, il sorriso tagliente addirittura più affilato del solito.

Theon rifletté tra sé e sé che forse avrebbe fatto meglio a far precipitare la sua dolce sorella contro gli scogli. E forse non ci avrebbe neanche messo tanto a convincersi della cosa.

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