Fandom: RPF Calcio, Juventus
Titolo: "A Michè!"
Rating: PG solo per un paio di parolacce.
Personaggi/Pairing: Simone Pepe, Michele Pazienza, altri due tipi random che somigliano a miei parenti.
Riassunto: Simone Pepe di fronte a due suoi tifosi e al suo compagno di squadra abbastanza interista.
Conto Parole: 496
Avvertimenti: Linguaggio (leggermente)
Prompt: Scrivere una drabble in cui uno dei personaggi dica almeno due volte "Dai, cazzo!" (Squadra 5)
Note dell'Autore: Spero vi faccia ridere almeno un quarto di quanto ha fatto ridere me scriverla xD E' stato divertente xD
Spero di aver scritto bene le battute in romano .-.
"Daje cazzo!" è come "Dai cazzo!", vero? D:
Ah, la battuta sul "bomber" e Pazienza che copre lo scudetto sono realmente avvenuti, anche se solo per scherzo e non ero presente in prima persona *si percuote*. Il resto è tutto frutto della mia mente malata che non ci guadagna nulla a scrivere e non pretende di offendere nessuno in alcun modo. Nessuno mi appartiene. Buona lettura!
Simone Pepe è seduto comodamente nella Hall dell’Hotel che li ospita in quel ritiro a Bardonecchia, paesino di un migliaio di anime nel cuore della Val di Susa, che grazie al loro arrivo è diventato una moderna rivisitazione della torre di Babele. L’unica differenza consiste nell’assenza di cammelli, e Simone vorrebbe proprio vederli con quelle due gobbe a scalare le Alpi Cozie.
Ma tornando ai fatti, lui si trova stravaccato su una poltroncina in compagnia del nuovo arrivato Michele Pazienza - manco a dirlo tifoso sfegatato interista, daje - quando sente una voce mai udita prima chiamarlo dalla porta principale. Pensa immediatamente a un giornalista, ma scarta subito l’ipotesi: nessun rompipalle lo avrebbe mai chiamato “bomber”. Non è nemmeno tanto sicuro di essere lui il sopraccitato “bomber”, ma gettando uno sguardo al suo compagno di squadra, l’unico presente, tutti i dubbi spariscono.
- E certo che te risponno, se me chiami bomber! - dice ad alta voce, nella classica parlata romana di cui va da sempre fiero. - E chi po’ esse er bomber qui? Io! Daje cazzo! - continua, ignorando totalmente sia Michele, che sorridendo scuote la testa rassegnato, sia il bambino che accompagna l’uomo e sta ridendo timidamente.
Non li ha mai visti, né il tappo col pizzetto che l’ha chiamato (più o meno) né tantomeno la sua riproduzione mignon - sì, ancora più mignon - solo senza barbetta brizzolata. Il figlio, ovviamente.
Dopo aver concesso due o tre foto a entrambi - per entrare nell’obiettivo della macchinetta fotografica si deve abbassare - si mette a parlare col ragazzino, tredici anni tenuti “bene” visto che ne dimostra a malapena otto. Simone potrebbe giurare di aver letto “Età 7” sulla targhetta che per un momento si intravede dal collo della maglietta del ragazzino. Nel frattempo il padre confabula sottovoce con Michele, probabilmente si conoscono. Sì, dopotutto lì tra le colline di San Severo e dintorni tutti sono parenti di tutti.
Quando però sente i due nominare l’Inter e vede Michele coprire con la mano lo stemma della Juventus, scherzando insieme al nano, non può fare a meno di urlare nella sua direzione, agitando le mani per chiedergli “Ma che stai a di’?!”.
- Oh, a Michè! Ma come fai a fa’ er tifo pe’ quei morti de’ fame?! - gli chiede, sconvolto. - Semo noi i mijori! Vabbe’ che ‘sti du’ anni emo cagato, ma mo’ ci ripijamo, sta’ sicuro! - dice, fiducioso e carico di speranze. Quando tutti i presenti scoppiano a ridere, chi più chi meno, rimane spiazzato.
- Ao’, ma cazzo c’hai da ride? Me devi prende sul serio, daje cazzo Michè! Semo più forti!! - continua a ripetere in direzione del compagno.
- Certo Simò, certo! - gli risponde Michele sorridendo ai suoi conoscenti.
Per qualche strano motivo, Simone si sente preso per il culo in una maniera stratosferica. Si sentirà così ogni volta che guarderà Michele fino a quando questi non gli andrà incontro esultante dopo aver “cresimato” Julio Cesar.
- Interì’! A li mortacci tua! -