Titolo: Can I kiss you?
Fandom: RPF - Kis-My-Ft2
Personaggi: Miyata Toshiya, Tamamori Yuta
Pairing: Miyatama
Genere: fluff, romantico
Rating: PG-13
Wordcount: 900
fiumidiparoleWarning: slash
Note: è tanto che volevo scrivere di loro. Mi ispirano tanta tenerezza, oggi più che mai poi ne sentivo impellente il bisogno e ci ho provato. È la prima e per il momento credo resterà unica, mi piacerebbe claimare una tabellina su di loro, ma al momento non ne ho alcuna che faccia al caso mio.
Però ci tenevo, ecco.
Un grazie a
yukiko_no_niji per il supporto <3
Disclaimer: I personaggi non sono miei, non li conosco personalmente, niente di quanto di seguito descritto vuole avere fondamento di verità. La storia non è scritta a scopo di lucro.
Tamamori entrò nella camera dell’amico e rimase per un secondo interdetto sulla porta; Miyata stava seduto al centro del letto con le gambe incrociate all’indiana e a braccia conserte.
Il più grande sollevò uno sguardo serio verso il proprio ospite e picchiettò con una mano sul materasso, chiedendogli tacitamente di sedersi.
Tamamori, sebbene confuso, si avvicinò, restando però in piedi.
“Che succede?” gli chiese, titubante, ma l’altro si limitò a battere nuovamente il palmo contro la coperta.
Yuta non ancora del tutto convinto da quello strano modo di comportarsi, obbedì. Si sedette, tenendo le gambe fuori dal copriletto, sentendosi poi tirare per le ginocchia da Miyata che lo costrinse a sistemarsi meglio di fronte a sé.
Per un istante, il più piccolo si sentì sbilanciato, ma recuperò l’equilibrio, complici anche le mani di Miyata che lo tennero ben saldo.
“Yuta!” si sentì chiamare con tono quasi grave ed era veramente strano che l’altro gli si rivolgesse in quel modo.
“Sì?” domandò sull’attenti.
Miyata lo fissò negli occhi, avvicinandosi al suo viso, scrutandolo con attenzione.
“Posso sapere che cosa ti succede?” lo interrogò Tamamori, spazientito; Miyata gli aveva mandato una mail sul cellulare nella quale gli chiedeva di correre da lui perché doveva urgentemente parlargli e il suo atteggiamento aveva decisamente qualcosa di sospetto.
“Tu mi piaci!” gli disse d’improvviso Miyata, poggiandogli le mani sulle spalle e Tamamori si scostò leggermente, tirando indietro la testa, preso in contropiede. Scrutò il compagno perplesso e sembrava proprio che l’altro si aspettasse che lui dicesse qualcosa, ma Tamamori non sapeva bene cosa.
Poi, che bisogno aveva di rimarcare il concetto? Lo sapeva che gli piaceva, non era scemo, se n’era accorto, stavano insieme, non da molto, ma quando Miyata gli si era dichiarato per la prima volta quattro settimane prima, aveva ben capito che gli piacesse.
Non c’era nessuna telecamera a riprenderli o giornalista a riportare qualche intervista quando gli aveva detto di volergli bene più che a un qualunque altro collega; non c’erano artificiose location o delle direttive che dovevano seguire quando gli si era avvicinato e l’aveva baciato sulle labbra.
Niente del genere.
E il suo cuore non aveva mai battuto così velocemente prima di allora quando aveva capito che anche per lui Miyata non era solo un collega di lavoro.
Quindi, sì, sapeva che gli piaceva. E da come si comportava Tamamori con lui la cosa era palese che fosse reciproca.
“Beh?”
Miyata lo riscosse da quei ricordi, portandolo al presente.
Si aspettava qualcosa, su questo Tamamori non si era sbagliato.
“Non capisco, Miyata” ammise, sfuggendo al suo sguardo, posando il proprio su un punto non ben precisato della stanza.
Il più grande tornò a incrociare le braccia al petto e a sbuffare.
“Dimmi qualcosa di carino!” gli chiese Miyata.
“Eh?”
“Sì, io ti piaccio?”
“E questo che cosa c’entra?”
Tamamori era imbarazzatissimo, non aveva idea di che cosa fosse passato per il cervello di Miyata per arrivare a fargli tutte quelle domande e forse nemmeno lo voleva sapere.
“Tu non sei innamorato di me?” domandò ancora Miyata e Tamamori sentì il proprio viso andare in fiamme. Voleva andarsene e alla svelta.
“Io non so di cosa tu ti sia-”
Fece per alzarsi, quando si sentì sbilanciare di nuovo e cadde disteso sul letto del compagno, le braccia di Miyata e il suo dolce peso addosso, insieme alla sua risata.
“Ma allora ti importa di me!” esclamò Miyata. “Meno male, pensavo non mi volessi bene!” affermò, guardandolo con un sorriso allegro.
“Io continuo a non capire. Hai fatto tutto da solo!” gli rese noto, rilassandosi sotto di lui; ribellarsi non serviva a niente e poi, se doveva essere completamente onesto, gli piaceva quella situazione.
“Le tue orecchie” chiarì Miyata. “Sono diventate tutte rosse!” gli sorrise e Tamamori si portò velocemente le mani ai lati della testa per coprirsi.
Miyata gli prese i polsi e gliele scostò, sorridendo: “Ha ragione Kamenashi-kun, sei carino!” ammise, poi tornò a stringerlo, sistemandosi meglio su di lui, socchiudendo gli occhi. “Mi sono sentito un po’ triste. Tu non mi hai ancora detto niente” continuò, “io non so cosa pensi di me, non so che faccia fai quando ti dichiari a qualcuno e…”
Tamamori non gli permise di finire di parlare, mettendogli una mano sul viso e spingendolo appena.
“Certo che sei scemo” mormorò. “È ovvio che mi piaci. Ho anche lasciato che mi baciassi” disse a voce ancora più bassa.
Miyata sollevò il capo sorridendo e Tamamori storse appena la bocca, imbarazzato.
“Non mi guardare così!” lo rimproverò, cercando di sgusciare di nuovo via dalla sua presa, che, comunque, Miyata non allentò.
“Yuta!” lo chiamò, sollevando le spalle e aspettando che tornasse a guardarlo. “Ti posso baciare?”
Tamamori spalancò gli occhi, arrossendo di botto, vedendo Miyata sorridere ancora più ampiamente e fissargli le orecchie.
“No! No, che non puoi!” si negò. “Non sono cose che si chiedono all’improvviso!” recriminò. “Anzi, non sono cose che si chiedono e basta!”
Miyata rise di cuore, rotolando maggiormente su di lui, in modo da incastrarlo sotto di sé e fare così in modo che non potesse evitare di guardarlo.
“Sei davvero carino quando ti imbarazzi! Mi piaci tanto, Tama-chan!” confessò. Si chinò appena su di lui, arrivando a un soffio dalle sue labbra, domandando di nuovo, con tono divertito.
“Posso baciarti?”
Tamamori alzò gli occhi al cielo e sospirò, lo guardò cercando di non arrossire, prima di abbassare le palpebre e sussurrare piano: “Sì.”