[Takaru] Ai shiteru no kotoba mo omoide no naka dake

May 13, 2012 10:28

Titolo: Ai shiteru no kotoba mo omoide no naka dake (Time - Hey! Say! JUMP)
Fandom: RPF - Hey! Say! JUMP
Personaggi: Yaotome Hikaru, Chinen Yuri, Takaki Yuya
Pairing: Takaru
Prompt: Stupro
Genere: angst
Rating: nc-17
Warning: slash, non-con
Conteggio parole: 1.806 (fiumidiparole wordcount)
Note: la storia inoltre è scritta per il mmom_italia per il set Federica con il prompt #4. Reciproca e per la seconda settimana del BadWrong Weeks indetto da maridichallenge con il prompt non-con
Disclaimer: I protagonisti di questa storia non mi appartengono, non li conoscono personalmente e i fatti di seguito descritti non hanno fondamento di verità. La storia non è scritta a scopo di lucro.
Tabella: *qui*


Hikaru voltò l’angolo della strada e si fermò, nascondendosi dietro un cartellone, quando sentì delle voci provenire dal fondo della via.
“Ci vediamo Yuuyan” la voce di Chinen gli arrivò chiara alle orecchie e il suo tono era, poteva dirlo, felice.
“Grazie a te, Chii-chan” Yuya lo guardò, accennando un sorriso e Hikaru strinse i pugni con forza nel vederlo. Quando era con lui non sorrideva mai così, non sorrideva più così da non ricordava quanto tempo e questo gli fece davvero male.
“Figurati, sai che quando hai bisogno io ci sono” era stata la rassicurazione di Chinen, prima di salutare l’altro con la mano e andarsene.
Yuya si avvicinò al cancello, guardando il compagno di gruppo allontanarsi e poi sospirare.
Hikaru rimase a sua volta a osservarlo e si sentì un po’ più vuoto dentro. Scosse la testa, provando compassione per se stesso, perché si era illuso per tutto quel tempo; era convinto che anche Yuya sentisse la sua mancanza, era convinto che anche Yuya avesse riflettuto in quel periodo nel quale avevano deciso di stare un po’ da soli per rendersi conto se valesse ancora la pensa stare insieme, per capire se c’era effettivamente qualcosa che ancora li legasse e che valesse la pena salvare. Ingenuamente, era convinto che anche lui sentisse la sua mancanza, ma quanto si sbagliava.
Yuya non aveva bisogno di lui, era palese che, tra i due, anche se era stato Hikaru a prendere quella decisione per il bene di entrambi e Yuya l’aveva guardato con espressione triste e quasi sofferente, non era il più grande che ci stava rimettendo.
Yuya aveva Chinen che pensava a lui, che lo supportava quando lui faceva lo stronzo, quello cattivo, di che altro aveva bisogno?
Non aveva importanza se lui lo lasciava, se si prendevano quelle pause di riflessione, non aveva bisogno di lui, no?
Quando sentì il cancello di casa accostarsi si riscosse, vedendo Yuya rientrare e chiudersi la porta alle spalle.
Era indeciso sul da farsi: era arrivato fin là per trovare il suo ragazzo, perché ancora quello Yuya era per lui in teoria, perché aveva voglia di vederlo, perché anche se erano passate solo due settimane, aveva capito che lo amava e che c’era effettivamente per lui qualcosa da salvare, perché la sua assenza era insostenibile, ma nel vedere come a Yuya la cosa sembrasse non importare lo feriva terribilmente.
Stava per tornare indietro e andarsene, non volendo perdere la propria dignità, quando sentì qualcuno avvicinarsi e chiamare il suo nome.
“Hikka?”
Yuya, con le buste della spazzatura in mano, si era avvicinato ai cassonetti.
“Cosa ci fai qui?” aveva domandato il più piccolo, leggermente confuso; non aveva poi tutti i torti visto che casa sua era dall’altra parte della città e in zona non c’erano molti luoghi che potessero avere attirato lì il più grande, se non perché quello era il quartiere dove Takaki abitava.
Vedendo che l’altro non rispondeva, Yuya gettò via la spazzatura, sorridendo al ragazzo, leggermente in imbarazzo.
“Vuoi entrare?” lo invitò, iniziando a camminare e Hikaru non poté fare a meno di seguirlo.
Una volta chiusasi la porta alle spalle, Yaotome si tolse le scarpe, sentendo quelle pareti che fino a pochi giorni prima riconosceva come qualcosa di familiare, assolutamente estranee, erano fredde e inospitali.
“Posso offrirti qualcosa?” domandò Yuya, anche lui in un percettibile stato di ansia malcelata.
“Non ti preoccupare, sono apposto” disse Yaotome, rivolgendosi a lui per la prima volta, in modo quasi formale. Si sedette sul divano e attese che l’altro lo imitasse, dopo aver preso dal frigorifero una bottiglietta di the freddo.
“Come stai?” gli chiese Yuya, sorseggiando la bibita direttamente dalla confezione.
Hikaru lo guardò e sorrise ironico: cosa voleva dire con quella domanda?
“Come vuoi che stia?” gli domandò a sua volta.
Yuya richiuse la bottiglia e la posò sul tavolo.
“Hai ragione non è stata una buona domanda” ammise.
“Tu come stai?” lo interrogò a sua volta il più grande.
Yuya si strinse nelle spalle.
“Bene” rispose semplicemente, senza sbilanciarsi.
Hikaru sbuffò.
“Ah sì? Beh sono contento che almeno tu stia bene” iniziò. “Che almeno tu abbia qualcuno con cui parlare e che ti tiri su di morale. Sono proprio contento” continuò con tono sarcastico.
A mano a mano che parlava, a mano a mano che rivedeva nella sua mente la scena che gli si era presentata davanti non appena arrivato, a mano a mano che risentiva la voce di Chinen rassicurare il suo fidanzato, sentiva la rabbia crescere in lui.
“Non è così forse?” gli chiese, in risposta allo sguardo confuso di Yuya. “Ho visto Chinen andare via e ho visto come lo guardavi, Takaki” affermò, cambiando improvvisamente tono, diventando più duro.
“Ah, Hikaru non è come può sembrare” tentò di spiegare, ma Hikaru non aveva voglia di stare a sentirlo.
“Ti prego, risparmiami le solite frasi fatte. Almeno non prendermi per scemo” gli disse brusco. “Sappiamo entrambi per quale motivo hai accettato di metterti con me, sappiamo entrambi per quale motivo hai accettato di venire a letto con me, hai fatto sesso con me solo perché non potevi avere lui” gli ricordò. “E sappiamo benissimo anche entrambi che il motivo per cui ho voluto questa pausa. Ho fatto tutto io, sempre Takaki, non è così? Tu ti sei solo arreso agli eventi” continuò. “E anche adesso gli eventi stanno avendo la meglio su di te” fece una pausa prima di continuare. “Gliel’hai detto?”
Yuya lo guardava senza comprendere.
“Cosa?”
“Gli hai detto che ti piace? Gli hai detto quanto lo desideri e che ogni volta che vieni a letto con me nella tua testa c’è solo lui?” lo spronò a confessare.
Era una cosa a cui aveva cercato di non pensare, Hikaru, ma aveva avuto sentore già da un po’ di come Takaki si assentasse quando stavano insieme e come il suo sguardo cambiasse espressione ogni volta che facevano sesso, ogni volta che lui lo possedeva con più forza e Yuya chiudeva gli occhi, non per il piacere che lui gli faceva provare, ma per non vederlo in viso, perché così era più facile immaginare di non essere con lui.
“Ti sbagli Hikaru, non è come pensi, queste sono tutte bugie, tutte congetture” si affrettò a spiegare il più grande e quel suo continuo negare l’evidenza mandò Hikaru fuori di testa.
Si alzò di scatto dal divano, salendogli cavalcioni sulle gambe, portandogli le mani al collo, facendo leggermente pressione.
“Come puoi dirmi una cosa del genere?!” urlò. “Come puoi pensare che io ti creda, Takaki? L’ho visto, com’è! E questa doveva essere una prova, dovevamo pensare. E tu che hai fatto? Ti sei crogiolato nelle braccia di un altro, lo stesso per il quale io ti ho chiesto questa pausa. Lo stesso per il quale siamo qui adesso a urlarci in faccia!”
“Hikaru” lo implorò Yuya, con il fiato spezzato, portando le mani ai suoi polsi.
Yaotome lo lasciò, ma senza scendere dalle sue gambe, anzi, senza dargli il tempo di fare niente, si sollevò sulle ginocchia, slacciandosi i pantaloni e prendendo in mano il proprio sesso.
Yuya lo guardò con occhi sbarrati, mentre le mani di Hikaru correvano verso il suo bacino e con mosse veloci abbassarono i pantaloni.
“Hikka, fermati. Ragiona!” lo implorò, spaventato.
“No, sono stanco di ragionare. Ho ragionato fin troppo e, adesso, sarà il caso che lo faccia anche tu. È ora che ti renda conto di una cosa Takaki, tu sei mio e non mi piace assolutamente che mi si prenda in giro in questo modo.”
“Hikaru, fermati! Non voglio!” gridò Yuya, cercando di allontanare quelle mani da sé, ma fermato dalla forza rabbiosa dell’altro che, ormai senza controllo, aveva iniziato ad accarezzarlo.
“Sai da quanto tempo non faccio sesso, Takaki?” domandò retorico. “Troppo” ammise. “Perché io, come un perfetto imbecille, sono rimasto ad aspettarti, pensando che anche tu, come me, ti stessi riordinando le idee” rise in modo isterico. “Ma quanto mi sbagliavo, vero? E chissà tu cosa facevi, cosa ti facevi fare da quelle piccole, sudice, mani. Hai goduto mentre lui ti toccava e te lo scopavi?”
“Hikaru” lo supplicò.
“No, sta zitto!” ordinò, afferrandogli il polso, graffiandolo con le unghie portando il palmo contro la sua erezione, chiudendogli le dita intorno.
“Toccami, Takaki” ordinò. “Toccami” gridò imperioso, mentre lo costringeva a stringersi su di lui e iniziava a muovergli la mano su di sé, mentre a sua volta lo toccava, con forza, violento quasi, lasciava scorrere i polpastrelli sulla sua carne, costringendo il suo corpo a reagire a quelle attenzioni.
“Vedo che ti piace il modo in cui ti tocco. Allora non ti sono poi così indifferente eh, Yuuyan?” lo provocò, mentre rallentava il ritmo sul suo sesso e quello della propria mano che stringeva quella del più grande, diminuendo la stretta, ma facendo in modo che il suo palmo restasse su di lui. Si muoveva, come gli piaceva sentirlo, costringeva il palmo della mano di Yuya a scivolare su di sé dall’alto verso il basso, facendosi stringere, mentre con l’altra mano continuava a darsi piacere.
Cercò di resistere, ignorando il proprio stato e concentrandosi su quello del ragazzo; sentiva il corpo di Yuya tremare, il viso contorcersi in una smorfia e gli occhi serrarsi, come per volersi estraniare da tutto quello e in quel momento Hikaru sapeva che nella sua mente non c’era altro che lui, era il suo volto quello che vedeva, era il suo il volto che voleva imprimersi nella mente, era lui la persona che voleva odiare. E in un certo qual modo ne fu soddisfatto, perché così Yuya sarebbe venuto, e avrebbe goduto pensando a lui, a lui e nessun altro.
Si sollevò di scatto e Yuya allontanò le mani dal suo corpo, aberrato, congiungendosele al petto, gridando di dolore quando Hikaru, sollevandogli le gambe e stringendole attorno ai propri fianchi, si spinse dentro di lui. Spingeva, spingeva con talmente tanta forza e urgenza da perdere il controllo, il controllo del proprio corpo e delle proprie emozioni: voleva solo godere, voleva solo rifarsi e riprendersi quello che gli apparteneva, il suo corpo, il suo cuore e il proprio orgoglio ferito.
Perché quello era l’unico modo in cui potesse risanarlo.
Gettò indietro il capo, gemendo di piacere per quel calore improvviso, per il corpo di Yuya stretto attorno al suo. Da quanto tempo non si sentiva così bene, così appagato, così completo.
Costrinse Yuya a piegare le gambe, per muoversi con maggior libertà contro di lui, chinandosi in avanti e affondando ancora fino a che non lo sentì gridare più forte, fino a che, stringendo il suo sesso, non lo costrinse a venire.
Uno schizzo di sperma gli macchiò il volto e Hikaru allungò la punta della lingua per leccarlo via, finalmente sentiva di nuovo il suo sapore e, venendo dentro di lui con un grido roco e animalesco, finalmente Yuya era di nuovo suo.

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