Titolo: Tokei no hari tometa futari wa [Le lancette dell’orologio si sono fermate per noi] (Time - Hey! Say! JUMP)
Fandom: RPF - Hey! Say! JUMP
Personaggi: Yaotome Hikaru, Chinen Yuri, Takaki Yuya
Pairing: Takaru; Takachii onesided
Prompt: 02. Litigio
Genere: angst
Rating: R
Warning: slash
Conteggio parole: 2.268 (
fiumidiparole wordcount)
Disclaimer: I protagonisti di questa storia non mi appartengono, non li conoscono personalmente e i fatti di seguito descritti non hanno fondamento di verità. La storia non è scritta a scopo di lucro.
Tabella:
*qui* “Yuuyan!”
Chinen attirò l’attenzione del più grande proprio quando questi stava uscendo dagli studi, gli corse incontro, guardandolo con un sorriso sincero, prendendolo per un braccio.
“Hai impegni questo pomeriggio?” domandò il più piccolo.
Takaki lanciò di sfuggita uno sguardo a Hikaru che, passando accanto a loro, aveva bofonchiato un saluto stentato, trovandolo pressoché strano.
“Allora, Yuya?” Chinen intrecciò casualmente una mano con la sua, riportando l’attenzione del più grande su di sé.
Quando questi si volse gli sorrise appena.
“Chii, mi dispiace, ma io dovrei-”
L’altro non lo lasciò finire, mettendo un piccolo broncio.
“Oh, cosa devi fare? Non hai impegni, lo so, ho chiesto al tuo manager!” precedette ogni scusa che l’altro avrebbe potuto accampare. “Volevo che mi accompagnassi a fare un giro in centro, è tanto che non usciamo insieme e mi devi una cena, ricordi?” gli rammentò, facendo dondolare le loro braccia avanti e indietro.
Takaki si morse indeciso l’interno della guancia, poi sospirò.
“Va bene, ma prima devo fare una cosa… inizia a prepararti!”
“Davvero?” si illuminò Chinen che quasi non ci credeva, ormai era convinto che si sarebbe dovuto impegnare molto di più per strappargli quell’uscita.
“D’accordo, allora ti concedo cinque minuti, poi andiamo!” esclamò il più piccolo, allontanandosi, dirigendosi verso i camerini per prendere le proprie cose.
Yuya annuì, aspettando che si allontanasse, prima di correre a sua volta fuori e cercare forsennatamente Hikaru; lo individuò prima che l’altro potesse girare l’angolo, richiamandolo.
“Hikka!”
Il ragazzo continuò a camminare, prima di voltarsi e guardare il collega con espressione di rimprovero.
“Hikka, aspetta!” Yuya si fermò davanti a lui, ansimando appena per la corsa improvvisa, mettendogli una mano sulla spalla che l’altro scostò da sé con fare infastidito.
“Hikaru” sospirò Yuya colpevole. Comprendeva il suo comportamento, ma non aveva potuto evitarlo. “Mi dispiace. So che avevamo un appuntamento, ma…”
“Non ti preoccupare, anche io avevo già altro da fare, mi sono solo scordato di dirtelo e visto che anche tu devi tenere fede a una promessa, è tutto apposto” gli disse, senza guardarlo negli occhi, superandolo di nuovo.
“Hik-”
“Kota! Inoo-chan!”
Yuya si volse, sentendo Hikaru chiamare i due compagni che si fermarono per aspettarlo.
“Scusate se vi ho fatto aspettare, possiamo andare!” sentì dire a Hikaru.
I due ragazzi, che si erano accorti della presenza di Yuya, gli rivolsero un saluto con la mano, guardando leggermente spaesati Yaotome.
Takaki avrebbe voluto richiamare il ragazzo, quando sentì una mano sulla spalla che picchiettava leggermente con due dita e, quando si volse, vide Chinen sorridere.
“Andiamo? Hai finito?”
Yuya sospirò, voltandosi appena per vedere Hikaru chiacchierare con Kei e Yabu, senza più curarsi di lui e sospirò.
Guardò Yuri e, sistemandosi la borsa sulla spalla, si diressero dalla parte opposta rispetto al terzetto.
*
“Yuuyan! Fermiamoci qui a fare merenda!” aveva proposto Chinen, indicando un bar, sedendosi a uno dei tavolini esterni.
Yuya lo seguì senza dire una parola, così come aveva fatto per tutto il pomeriggio, limitandosi a esaudire i desideri del più piccolo senza troppo interesse.
Era assente con la mente, occupata solo dal pensiero di Hikaru e della loro pseudo litigata; era da un po’ ormai che quella storia andava avanti, che i due non riuscivano a stare insieme e quando accadeva, per la maggior parte del tempo litigavano o finivano per fare sesso senza troppo trasporto. Yuya era stanco e vedeva riflesso lo stesso stato d’animo nello sguardo di Hikaru, sempre più corrucciato, sempre più serio. Yuya sapeva che molta della responsabilità era sua e della sua poca fermezza per quanto riguardava la persona che aveva davanti.
“Yuya?” la voce di Chinen si insinuò di nuovo nei suoi pensieri. “Insomma, Yuuyan! Sei con me o no? Se dovevi stare qui a fare la bella statuina potevi anche non venire. Mi sembra di stare a parlare da solo” recriminò il più piccolo.
“Scusa, Chii…” mormorò Takaki, poggiando i gomiti sul tavolino, che traballò un istante, nascondendo la testa tra le braccia.
Yuri lo osservò e si abbandonò contro lo schienale della sedia, portando le mani intrecciate tra le gambe.
“Perché hai accettato il mio invito se poi devi essere così?” gli chiese Yuri.
Yuya risollevò il capo, guardandolo stupito.
“Te l’avevo promesso” fu la semplice risposta di Yuya e a quanto pare anche quella sbagliata.
“Ma tu in realtà non avevi voglia di uscire con me, vero Yuya? Non voglio che lo fai solo per farmi fesso e contento” sollevò su di lui uno sguardo di rimprovero.
Una cameriera portò loro le ordinazioni accompagnandole con degli stuzzichini, ma nessuno dei due aveva alcuna intenzione di favorire.
“Non hai ancora capito, eh?” parlò ancora Chinen. Yuya lo guardò confuso. “Non hai ancora capito perché sono così insistente con te?” gli chiese.
Takaki sospirò, per l’ennesima volta in quelle due ore.
“Sì, Chii, lo so anche troppo bene, ma-”
“E allora perché ti comporti come se così non fosse? Perché continui a darmi corda? Questo non ti crea problemi con Hikaru?” gli chiese diretto e Yuya spalancò gli occhi per la sorpresa.
“Lo sai?”
“Io non sono cieco, Yuuyan. Né io né gli altri.”
“Allora perché…?”
“Perché non dovrei? Io sono innamorato di te” gli confessò chiaramente, guardandolo negli occhi. “Non mi arrendo solo perché tu sei convinto di volere bene a un’altra persona.”
“Io amo Hikaru!” lo fermò.
“Sì? Allora perché sei qui con me adesso? Perché hai preferito mantenere una promessa fatta a me che non rispettare l’impegno che avevi precedentemente con lui?” lo interrogò incalzante.
Yuya non seppe che ribattere.
“È per questo che io non ho alcuna intenzione di arrendermi, Yuuyan. Finché tu sarai così indeciso, finché tu non riuscirai una volta per tutte a scegliere!”
“Io non posso scegliere, Chii. Non puoi chiedermi di scegliere tra te e Hikaru, siete entrambi importanti per me!” ribadì.
“Sveglia, Yuuyan! Se non sarò io a costringerti a scegliere, lo farà Hikaru. O meglio, sceglierà lui per te!”
“Perché fai così, Yuri? Perché non vuoi capire?”
“Io capisco benissimo, Yuya. Io ti amo e non mi arrenderò. Non finché sento che c’è una possibilità per noi” gli disse, sicuro delle sue convinzioni.
Takaki scosse il capo: iniziava ad avere mal di testa e quello era un circolo vizioso dal quale non sapeva come uscire.
“Chii, non c’è una possibilità per noi” gli disse, guardandolo negli occhi. “Te lo dico adesso e così sarà sempre. Non provo niente di più che dell’affetto sincero per te. Ti voglio bene come a una fratello, non potrò mai amarti. Perché io amo Hikaru” chiarì, ma Yuri non sembrava convinto.
Il più piccolo si strinse nelle spalle, affatto convinto, come se quello che gli aveva appena detto Yuya non avesse alcun valore, non era preoccupato, non aveva registrato quelle sue parole come un rifiuto, era ancora convinto che per loro ci sarebbe potuta essere una possibilità.
Prese a giocherellare con la cannuccia e i cubetti di ghiaccio nel bicchiere, senza avere la minima intenzione di berlo.
Takaki rimase a guardarlo, poi sospirò stanco.
“Andiamo, ti accompagno a casa” gli disse.
Yuri si alzò, senza guardarlo in viso, senza aggiungere una parola.
*
Quando Yuya rientrò a casa, era quasi ora di cena ma, nonostante questo, la trovò vuota: Hikaru non era ancora tornato e Yuya tirò quasi un sospiro di sollievo. Per tutto il tragitto che da casa di Chinen l’aveva portato al proprio appartamento non aveva fatto altro che arrovellarsi il cervello pensando a quello che lui e il più piccolo si erano detti.
Non riusciva a comprendere per quale motivo Yuri si ostinasse a non capire la sua situazione: si conoscevano da diversi anni ormai, Yuya aveva visto l’altro crescere era normale che non potesse pensare a lui in modo diverso, non poteva vederlo come qualcosa di più di un amico. Si era sempre accorto delle attenzioni che Chinen gli rivolgeva, di come lo cercasse durante il lavoro e Takaki aveva sempre avuto per lui un occhio di riguardo, forse l’aveva anche viziato un po’, ma non credeva di avergli mai dato delle false speranze.
Lui amava Hikaru e a differenza di quello che Chinen poteva pensare, non l’avrebbe mai lasciato per lui.
Su una cosa, però, Yuya doveva dare ragione all’altro: quel suo atteggiamento così passivo alla lunga avrebbe complicato le cose tra lui e Hikaru e Yuya non voleva che questo succedesse.
E mentre tornava a casa, Takaki aveva continuato a pensare a come avrebbe potuto approcciarsi a Hikaru, a come fare per chiedergli scusa e sistemare le cose una volta per tutte.
Era immerso in quei pensieri, quando sentì la porta aprirsi e Yuya provò nuovamente quel senso di inquietudine farsi strada del suo cuore. Prese un profondo respiro e si diresse verso l’ingresso, poggiandosi contro lo stipite della porta, osservando Hikaru togliersi la giacca e dare un automatico giro di chiave lasciandola inserita.
“Bentornato” mormorò Yuya, guardandolo.
Yaotome gli dava ancora le spalle quando rispose a bassa voce: “Sono a casa.”
Quando si volse, neanche lo guardò in viso, passandogli di fianco, facendo attenzione a non sfiorarlo e fu così che Takaki che lo trattenne per un polso.
“Hikaru” lo chiamò. “Aspetta” lo bloccò, avvicinandosi a lui, prendendolo delicatamente per un gomito, per creare un contatto.
“Yuya sono stanco” gli rispose freddo Yaotome, scostandosi da lui.
“Preparo la cena” si offrì subito l’altro, senza demordere, seguendolo in salotto.
“Non ho fame.”
“Hikaru” lo richiamò Takaki con tono stanco, fermandolo, mettendosi di fronte a lui, posandogli le mani sulle spalle. “Possiamo almeno parlare?” chiese, con tono pacato ma diretto, mentre l’altro scivolava via dalla sua presa.
“Parlare di cosa, Yuya?” Hikaru scoprì totalmente le sue carte, non più intenzionato a far finta di nulla. “C’è qualcosa di cui discutere ormai?” chiese retorico, sedendosi sul divano, poggiando i gomiti sulle gambe e reggendosi la testa con le mani. Yuya si inginocchiò di fronte a lui, ritagliandosi un piccolo spazio, prendendo l’altro per i polsi, scostandoli per osservarlo in volto.
“Certo che c’è!” gli disse per scuoterlo: avrebbe lottato contro il muro che Hikaru aveva innalzato tra loro.
“Volevo scusarmi, Hikka. Davvero. Mi dispiace per questo pomeriggio” esordì, quando ottenne l’attenzione del più piccolo, fermandosi per guardare l’altro che si strinse nelle spalle e sospirò pesantemente, forse per mantenere il controllo, forse anche lui non aveva più voglia di litigare e Yuya non poté dire di considerare tutto quello come un buon segno.
“Va bene, Yuyan. Va bene, scuse accettate” lo allontanò da sé, poggiando le spalle contro lo schienale, intrecciando le mani. “E dopo?”
Yuya lo guardò interrogativo.
“Sì, Yuu, dopo che tu ti scusi e io fingo che non importi, questo sistemerebbe le cose? Cosa cambierebbe? Succederà di nuovo che mi metterai da parte per qualcun altro. Non va bene questo” concluse.
“Io non avevo intenzione di metterti da parte, non succederà più!” si affrettò ad assicurare Yuya, poggiandosi alle sue gambe, avvicinandosi a lui.
Hikaru continuò a mantenere un atteggiamento quasi distaccato, come se non fosse un suo problema, come se non fosse lui una delle parti in causa.
“Sappiamo benissimo che succederà ancora, Yuya, perché Chinen non si arrenderà. Continuerà a essere talmente insistente che tu continuerai ad accontentarlo. Come hai sempre fatto!” recriminò.
“Ho parlato con Chinen oggi, gli ho detto che che sto con te, che voglio stare solo con te e che non potrò mai ricambiare i suoi sentimenti. Lo conosco da quand’era piccolo Hikka, lo considero come un fratellino. Non potrò mai vederlo come-”
“Ma lui non è più un bambino, Yuya!” sbottò il più piccolo, prendendolo per le spalle, strattonandolo. Era stanco, stanco di sentire quelle inutili giustificazioni come se la colpa di tutto fosse sua, come se stessero discutendo per delle sciocchezze, come credeva che Yuya le considerasse.
Ormai il problema era diventato davvero grande e loro non potevano più ignorarlo. Yuya non lo poteva più ignorare.
Takaki chiuse gli occhi, scuotendo la testa con forza: perché anche Hikaru non capiva, perché anche lui non credeva nella loro storia e non si fidava di lui?
“Tu non ti fidi di me!” lo accusò infatti seguendo il filo di quei suoi pensieri.
“Non è questo il punto, Yuya.”
“Allora il punto qual è? Spiegamelo Hikka, perché io non lo so cosa devo fare, più di ripeterti che ti amo, più di dirti che…”
“Scegli!”
“Prego?”
“Sì, Yuya! Mi hai detto cosa puoi fare per risolvere questa situazione? Scegli o stai con me e mi dimostri che ci tieni non solo a parole o vai da Chinen, quella è la porta!” gli disse duro, stendendo un braccio indicandogli l’ingresso del salotto.
“Stai scherzando, Hikaru? Come potrei… facciamo parte dello stesso gruppo! Io cosa dovrei fare? Smettere di parlargli? Far finta che non esista?”
“Sarebbe un inizio!”
“Non lo dici sul serio, Hikka. Ragiona, andiamo!” Yuya tentò un ultimo approccio, avvicinandosi al lui ma l’altro lo scostò, facendo un passo indietro.
“No, Yuya, io ci ho pensato davvero tanto e visto che tu non ci riesci, spetta a me farlo” esordì. Si prese un momento per guardarlo, poi, distogliendo lo sguardo, aprì la bocca per parlare.
“Guardami” quell’ordine fatto con voce spezzata colpì Hikaru che mosse il viso verso di lui.
Takaki aveva gli occhi lucidi, i pugni stretti lungo i fianchi e tremava leggermente. Ma nonostante questo Hikaru non tentennò, doveva andare fino in fondo, ormai aveva deciso. Perché era solo quella la cosa giusta da fare; non potevano continuare a stare insieme solo perché faceva male dirsi addio, solo perché si volevano bene.
Hikaru non si fidava più, non poteva continuare a stare insieme a Yuya con il pensiero di doverselo contendere giorno dopo giorno con qualcun altro. Credeva alle parole di Takaki quando gli diceva di amarlo, ma allo stesso tempo era probabilmente talmente insicuro a sua volta che non sarebbe riuscito a viverla serenamente.
Lo guardò negli occhi e parlò.
“È finita, Yuuyan!”