[Hikanoo] Scriverò su uno spicchio di luna 5/6

Jan 23, 2014 12:04

Titolo: Scriverò su uno spicchio di luna [Spicchio di luna - Studio Tre-]
Fandom: RPF - Hey! Say! JUMP
Personaggi: Yaotome Hikaru, Inoo Kei
Pairing: Hikanoo
Rating/Genere: PG/ AU, fantasy, romantico, fluff
Warning: slash
Wordcount 9.543 fiumidiparole
Note: la storia è scritta per la diecielode per la tabella 12 Storie - Natura con il prompt ‘Luna’ e per la 500themes_ita con il prompt ‘Verità frammentata’.
Disclaimer: I protagonisti di questa storia non mi appartengono, non li conoscono personalmente e i fatti di seguito descritti non hanno fondamento di verità. La storia non è scritta a scopo di lucro.
Tabella: 500themes_ita
Tabella: Natura

Sulla Luna regnava il caos più assoluto, con la scomparsa del Principe vi erano state numerose conseguenze sull’equilibrio del sistema governativo e il Re si ritrovava adesso a dover far fronte a numerosi problemi che l’avventata decisione del figlio di sparire lasciando solo alcune frettolose righe su un biglietto spiegazzato, senza dare, però, una valida motivazione alla sua partenza lo rendevano ancora più inquieto. Come regnante, ma come genitore in prima istanza era preoccupato per le sorti del proprio figlio e unico erede: l’ultima volta che gli aveva parlato Kei sembrava che avesse placato quei suoi sentimenti di rivolta, ma a quanto pareva era riuscito a raggirarlo per bene facendogli credere una resa fin troppo facile.
E adesso non aveva idea di dove il figlio potesse essersi cacciato: con lui erano scomparsi anche i suoi fedeli paggetti e il Re doveva ancora ben capire se questo fosse un buon segno o meno.
L’unica cosa da fare urgentemente era ritrovare Kei, sperava, sano e salvo.
E intanto Kei sulla Terra, allo stesso modo si sentiva inquieto, probabilmente dentro di sé sapeva che le cose nel suo mondo non andavano bene e da diverse notti non riusciva a riposare: il tempo nel suo mondo e sulla Terra scorreva in modo differente, per cui solo adesso stava risentendo degli effetti a cui quella sua, forse, avventata decisione di partire aveva dato vita.
Se rifletteva su quanto accaduto in quei pochi giorni gli sembrava quasi impossibile che in un periodo di tempo così breve fossero successe tante cose: l’esperienza sulla Terra si stava dimostrando molto diversa da come lui l’aveva immaginata. A conti fatti, da quando era arrivato su quel pianeta, lui si sentiva sempre lo stesso, l’unico a essere cambiato era probabilmente Yuri, il quale era maturato e cresciuto a tal punto che quasi Kei non lo riconosceva. Non che fosse cambiato di aspetto, era sempre lo stesso Yuri, ma aveva raggiunto una maggiore consapevolezza di sé da quando stava con Yuya, aveva trovato il suo giusto posto, lo stesso che Kei da tempo andava ricercando. E Kei doveva pure ammettere che i panni di abitante terreste Yuri li vestiva molto più comodamente di lui: probabilmente era quello il destino che era stato scritto per lui.
E Kei aveva notato che anche Daiki e Ryosuke avevano sviluppato in modo più completo quello che era da sempre stato un rapporto simbiotico: Ryosuke probabilmente ancora non aveva preso coscienza di quelli che erano i suoi reali sentimenti per Daiki, ma anche in lui il principe aveva visto una luce nuova nei suoi occhi, un modo diverso di rapportarsi con Daiki, il quale, da sempre aveva giocato a carte scoperte.
Mentre lui si vedeva sempre uguale, quell’esperienza non l’aveva cambiato, non l’aveva reso più forte, anzi se possibile l’aveva reso più confuso di prima, specialmente il proprio cuore tale si sentiva quando interagiva con Hikaru. Non era uno sciocco Kei, né uno sprovveduto, sapeva come andavano certe cose e sapeva anche in quel modo non poteva continuare, non poteva più negare i propri sentimenti e quello che sentiva: si era innamorato di Hikaru ed era certo che non gli sarebbe passata.
Tormentato da tutti quei pensieri, anche quella notte, Kei non era riuscito a prendere sonno, per cui in silenzio, senza svegliare i fratelli, aprì piano la finestra per far entrare un po’ di fresco nella stanza, sperando che calmasse il suo cuore agitato. Sollevò il volto, osservando il cielo scuro, meravigliandosi di come la luna piena sembrasse così maestosa da quella prospettiva, così bella come lui non era mai riuscito a osservarla, sentendosi al contrario intrappolato in quella sfera.
Si sporse ancora e con attenzione, riuscì a salire sull’albero antistante la finestra, stando in equilibrio, poggiando le spalle al tronco dietro di sé, mentre le gambe penzolavano nel vuoto: sospirò stancamente, ripensando alle proprie azioni, continuando a contemplare la luna, sulla cui faccia si sovrappose un viso che per lui era bello tanto quanto la regina della notte.
Pensare a Hikaru lo faceva sentire allo stesso tempo bene eppure incredibilmente triste: si era innamorato di lui, ma non avrebbe mai potuto confessarglielo, perché erano troppe le cose che gli stava tacendo di sé, gli aveva raccontato una verità frammentata di bugie che difficilmente sarebbe più riuscito a unire. Sebbene gli sarebbe piaciuto aprirgli totalmente il suo cuore, Kei aveva paura: non sapeva cosa Hikaru provasse per lui, che stessero bene insieme quello era fuor di dubbio, ma non credeva che l’altro potesse pensare a lui nello stesso modo in cui Kei si permetteva di fare nei suoi confronti.
Inoltre ci sarebbe sempre stato quel problema della distanza tra loro, degli obblighi che Kei aveva nei confronti del suo popolo e di certo non gli aveva dimenticati. Sapeva che non avrebbe potuto vivere per sempre sulla Terra e pensare di lasciarlo faceva male, ma era una realtà con la quale Kei doveva convivere e prima sarebbe entrato nella visione delle cose che quel suo amore era impossibile, meglio sarebbe stato: non sarebbe mai dovuto scendere sulla Terra, pensò amaramente.
Ed era proprio immerso in quel pensieri, quando un rumore familiare del cancello che si apriva gli fecero spostare la sua attenzione verso il basso dove vide Hikaru rientrare anche quella sera tardi per via dei turni di lavoro.
Trattenne il fiato inconsciamente, rannicchiandosi meglio sul ramo sul quale stava seduto, ma quel suo movimento non fece altro che attirare l’attenzione del più grande, il quale si guardò attorno, notandolo.
“Kei? Sei tu?” domandò, cercando di scrutare nell’oscurità e tra le fronde.
“Sì, sono io…” rispose l’altro, sporgendosi per farsi vedere.
Hikaru rise, poggiandosi con le braccia al muretto divisorio dei due giardini, guardando l’altro con fare curioso.
“Cosa ci fai lassù?” domandò.
Kei si strinse nelle spalle, mogio: “Non riuscivo a dormire e mi sono messo a guardare la luna…” disse.
“Oh, già, è molto bella!” commentò Hikaru, voltandosi a osservare il cielo. “Sai, mi fa molta compagnia la notte quando rientro a casa così tardi!” affermò, sorridendo a Kei, il quale lo guardò sorpreso.
“Davvero?” volle conferma.
“Sì!” Hikaru si issò sulle braccia, mettendosi cavalcioni sul muro e guardando ancora il cielo. “Può sembrare stupido, ma è come se mi proteggesse” ammise, guardando poi Kei e ridendo di sé. “Mi spiace, in realtà era un segreto, ma la sera divento particolarmente romantico” sminuì, ironizzando su di sé e Kei scosse il capo, colpito da quelle sue parole.
“Non penso che sia una cosa sciocca quella che hai detto” lo rassicurò, guardandolo e sorridendo, sentendosi di nuovo invaso da quei sentimenti che quando era con Hikaru non riusciva a controllare, provando un irresistibile impulso di abbracciarlo e farsi abbracciare.
“Kei?”
Hikaru si accorse di quel suo turbamento e lo richiamò, preoccupato, diverse volte, senza ricevere risposte.
“Kei? Kei, attento!” gridò poi, quando lo vide sbilanciarsi troppo e scivolare giù dal ramo: immediatamente, si sporse in avanti a sua volta, scendendo dal muretto, riuscendo a prendere in tempo Kei tra le braccia, sedendosi con lui sul prato del giardino.
“Kei! Tutto apposto, stai bene?” gli chiese, scostandolo da sé e l’altro parve riaversi solo in quel momento, sentendo forte il profumo di Hikaru.
Kei si allontanò, tenendo le braccia ancora attorno al collo del più grande, guardandolo, annuendo con la testa: “Scusa” mormorò, sentendo il cuore correre impazzito nel petto sia per lo spavento della caduta che per la presenza del ragazzo accanto a sé.
Hikaru negò con la testa, sorridendogli, stringendolo meglio contro di sé: “Sono felice che non ti sia fatto niente, meno male che ero qui!”
Kei non rispose, restando però a fissarlo in viso, spostando le mani, accarezzandogli il collo, come sotto ipnosi, non sapeva cosa gli fosse preso, ma adesso che si trovava tra le sue braccia e poteva sentirne il calore non vi voleva rinunciare.
A sua volta Hikaru lo osservava, restando in silenzio, volendo che fosse l’altro a fare la prima mossa a parlargli se necessario, perché era da diversi giorni che lo vedeva distratto e assente.
Kei sollevò lo sguardo, puntandolo in quello di Hikaru, perdendosi nei suoi occhi e senza più capire niente, senza più pensare a cosa fosse giusto e a cosa fosse sbagliato, si tese, poggiando le labbra sulle sue.
Yaotome dentro di sé fu felice di quella reazione, che a conti fatti aspettava da tempo, e ricambiò il bacio, abbracciando meglio Kei, schiudendo le labbra per sentirne il calore e il sapore. Non fu un contatto lungo, ma quando si separarono avevano entrambi il fiato accelerato e i cuori battevano veloci.
Hikaru sorrise, poggiando la fronte contro quella del più grande e Kei ricambiò imbarazzato, posandogli un dito sulle labbra, guardandolo da sotto in su, stringendolo in collo, sporgendosi di nuovo verso le sue labbra con le proprie.
Ma appena prima di riuscire a sfiorargliele ancora, entrambi vennero investiti da un fascio di luce luminoso che li costrinse a nascondere il volto l’uno contro il collo dell’altro, tornando ad aprire poi gli occhi quando tutto parve tornato alla normalità e il buio di nuovo ad avvolgerli.
“Cosa era?” domandò il più piccolo guardando Hikaru.
“Kei!”
Una voce tonante e perentoria fece voltare Kei di scatto, il quale non poteva credere ai propri occhi quando vide davanti a sé la figura arrabbiata del genitore.
“Padre…” riuscì solo a mormorare, abbassò il capo deferente verso l’uomo e Hikaru lo guardò stupito, alzandosi a sua volta e muovendo un passo avanti, chiedendo la parola.
“Signore…” esordì, ma non poté continuare che il Re lo guardò ammonendolo.
“Tu, taci e stai lontano da mio figlio!” ordinò, sollevando una mano, irato.
“Papà, aspetta!” intervenne Kei, avvicinandosi a Hikaru come a volergli fare da scudo: non aveva mai visto il padre tanto arrabbiato e furioso e aveva paura che potesse prendersela con Hiakru per colpe che l’altro non aveva.
“Fa’ silenzio! È questo il motivo di questa tua fuga? È per questo che sei sparito senza una parola? Per stare con questo umano?” gli domandò, avvicinandosi, prendendolo per un polso.
Kei scosse il capo, cercando di riordinare i pensieri per spiegare prima che il padre traesse da sé le proprie conclusioni: “No, no, non è come pensi, papà. Hikaru non c’entra e io…”
“È colpa mia, Signore!” la voce di Yuri, interruppe il diverbio dei due ed entrambi si voltarono verso di lui.
Anche Hikaru si voltò a guardare Yuri il quale, in pigiama, si era precipitato in giardino insieme a Daiki e Ryosuke, dopo aver avvertito il potere del loro signore e poi il timore nell’aura di Kei.
“Yuri…”
Dalla finestra della casa accanto a quella di Kei, stava affacciato Yuya che sentendo quel frastuono di voci, si era svegliato e avvicinato alla finestra per capire. “Cosa sta succedendo qui?” domandò, osservando i presenti e concentrandosi sulla nuova figura accanto a Kei.
“È colpa mia, Signore, Kei non c’entra niente!” continuò Yuri, ignorando i quesiti del ragazzo più grande e guardando il proprio Re dritto negli occhi, avanzando di qualche passo e inginocchiandosi deferente.
“Chii-chan” mormorò Kei, vedendolo così remissivo e guardando poi anche Ryosuke e Daiki imitare il loro amico, portando i loro rispetti.
“Papà, ti prego, ascoltami!” chiese di nuovo udienza Kei, cercando di togliere d’impiccio i suoi amici. “Posso spiegarti. È vero, sono stato avventato, non sarei dovuto scappare, ma non prendertela con loro!” gli chiese, volendo proteggere i tre più piccoli.
“Kei, cosa succede?” lo interruppe Hikaru, al quale non piaceva affatto l’espressione sul volto dell’amico e il modo in cui i suoi occhi erano cambiati con l’arrivo dell’uomo.
“Ti prego…” Kei scosse il capo, guardando Hikaru, chiedendogli di non intromettersi e lasciarlo fare, accorgendosi della presenza di Yuya che li aveva raggiunti nel loro cortile.
Il Re lasciò andare il braccio del figlio, guardandolo con disapprovazione: “Non voglio sentire una sola parola di più, Kei!” lo rimproverò. “Lo sai tutto quello che ha causato il tuo egoismo e la tua pochezza?” lo sgridò ancora con parole dure.
“Ma Signore, Kei-chan non…” cercò di parlare Yuri, in supporto dell’amico. “Non è stata una sua idea!”
“Non mi interessa!” lo zittì il Re. “Lui sa quale è la sua posizione e ha fatto comunque di testa sua!” continuò, fermo nella sua posizione e Kei capì che a nulla sarebbero valse le loro parole, il padre era molto in collera con lui e non avrebbe sentito ragioni.
“Chii-chan” Kei portò una mano sulla spalla di Yuri, calmandolo e guardò Ryosuke e Daiki i due si stringevano vicini, il più piccolo a stringere la mano dell’amico con forza, preoccupato per la situazione e Kei leggeva nei loro occhi quanto fossero dispiaciuti.
Il Re osservò il figlio e i sottoposti e tese una mano verso il cielo, creando un sentiero luminoso che conduceva verso la luna piena.
“Torniamo a casa, subito! Non intendo parlare di questioni di famiglia davanti a estranei!” ordinò.
Kei lo vide avanzare e i tre amici più piccoli si mossero dietro di lui, per non indisporlo ulteriormente: vide Hikaru e Yuya osservarli confusi e il ragazzo più grande richiamare Yuri.
“Yu! Aspetta, dove vai? Cosa è questa…” si interruppe non sapendone dare spiegazione razionale e Kei corse per raggiungere il padre, fermandolo.
“Padre, ascoltami, per favore. Verrò con te, mi prenderò le mie responsabilità, ma lascia qui loro, ti supplico!” chiese, guardando gli amici. “Non c’entrano nulla e sono io che devo essere punito!”
“Kei-chan!” lo richiamò Ryosuke, preoccupato, ma l’altro sollevò una mano per chiedendogli di tacere.
Il Re guardò il figlio, notò la determinazione nel suo sguardo e poi i tre sudditi, annuendo con il capo pur senza proferire parola.
“Grazie!” gli fu riconoscente Kei e si morse le labbra, mentre guardava i suoi piccoli amici e diceva loro addio.
“Kei! No!” lo richiamò Yuri, quando, procedendo dietro il genitore, lasciando tutti loro alle spalle, interruppe il fascio di luce, impedendogli di seguirlo.
“Kei-chan!” Ryosuke lasciò andare la mano di Daiki, cercando di correre dietro l’amico, saltando per riuscire a rientrare nel sentiero luminoso, ma costretto ad ammettere il proprio fallimento. “Kei…” mormorò, sentendosi incredibilmente triste, lasciandosi andare in ginocchio sul prato, sentendo la mano di Daiki su una spalla dargli silenziosamente il suo appoggio.

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