Titolo: Love me show me tell me [Shinku - Hey! Say! UMP-]
Fandom: RPF - Bakaleya 6; KATTUN; Kis-My-Ft2
Personaggi: Kyomoto Taiga, Tanaka Juri, Fujigaya Taisuke, Tanaka Koki
Pairing: TaiJuri
Rating/Genere: AU, nc-17/romantico, erotico
Warning: slash
Wordcount 5.719
fiumidiparoleNote: la storia è scritta per la
500themes_ita con il prompt ‘Non guardare altrove’.
Disclaimer: I protagonisti di questa storia non mi appartengono, non li conoscono personalmente e i fatti di seguito descritti non hanno fondamento di verità. La storia non è scritta a scopo di lucro.
Tabella:
500themes_ita Taiga distolse lo sguardo dalla rivista che stava sfogliando fissando il muro davanti a sé con fare confuso: gli pareva di aver sentito uno strano rumore nella stanza, ma dal momento che non aveva più percepito nulla di anomalo tornò a chinare lo sguardo, salvo poi sbuffare e mettersi a sedere. Restò ancora in attesa che quel silenzio venisse infranto spostando la sua attenzione verso la finestra, notando un’ombra sospetta contro il vetro: perplesso scese dal letto, accendendo la luce del soffitto e si avvicinò al terrazzino, sobbalzando quando la faccia del suo migliore amico di spiaccicò sopra la vetrata mostrando quello che sicuramente aveva tutta l’intenzione di essere il suo miglior sorriso, ma dal quale Taiga era inquietato da morire.
“Taisuke, sei forze impazzito?” lo riprese, portandosi una mano al petto, cercando di calmarsi e di non urlare per non disturbare i genitori, dal momento che i suoi a quell’ora tarda stavano sicuramente riposando.
“Mi apri, Tai-chan?” chiese il più grande picchiettando con un dito sul vetro. “Devo dirti una cosa importante!” cercò di dissuaderlo. “Dai che fa freddo!” chiese ancora dal momento che l’altro era rimasto fermo con le braccia conserte al petto.
Kyomoto sollevò gli occhi al cielo e aprì, permettendo all’amico di entrare nella sua stanza.
“Grazie!” gli disse questi continuando a sorridere e sistemandosi i capelli scompigliati.
Taiga osservò il proprio giardino interno che confinava con quello della casa dell’amico domandandosi come avesse fatto il più grande ad arrivare da lui senza passare dalla porta come tutte le persone normali.
“Mi sono arrampicato tra quegli alberi!” lo precedette, indovinando la sua domanda. “Lo sapevo io che sarebbero stati utili a qualcosa un giorno!” si pavoneggiò.
“Taisuke, cosa ci fai qui?” ripeté Taiga chiudendo la porta della vetrata e tornando a mettersi sotto le coperte. “È quasi mezzanotte e sei piombato qui come un ladro! Avrei potuto chiamare mio padre!” gli disse, tirandosi le ginocchia al petto facendo spazio all’amico che prese posto davanti a lui.
“Dovevo dirti una cosa e non potevo aspettare domani!” specificò, mostrandogli una busta bianca di una qualche boutique famosa di quelle in cui Taisuke era solito fare acquisti e Taiga la squadrò con fare perplesso.
“Che cosa è?”
“Vestiti!”
“Scusa?”
“Sì, usciamo, forza, alzati!” lo spronò, sollevandosi e facendo dondolare leggermente il materasso a quel movimento.
Taiga incrociò le gambe e tenne la busta tra le stesse, continuando a fissare confuso il più grande: “Non credo di aver ben capito!” si stupì, conosceva Taisuke da anni, era il suo migliore amico, era un fratello per lui, ma a volte l’altro aveva dei modi di fare e dei comportamenti ai quali non riusciva a stare dietro.
“Vuoi venire in pigiama per caso?” lo scrutò di rimando Fujigaya, il quale iniziava a spazientirsi. “Non che a me interessi poi molto, possiamo presentarci separatamente e incontrarci poi di nuovo a metà strada sulla via del ritorno” ponderò, guardando poi l’ora. “Siamo già in ritardo… va bene che le persone importanti si fanno aspettare, ma così mi sembra un po’ eccessivo” continuò a dire e Taiga fu costretto ad alzarsi dal letto e prenderlo per le spalle.
“Taipi” lo apostrofò. “Non ci ho capito nulla! Dov’è che devo andare? E poi a quest’ora? Lo sai che non posso uscire e poi domani ho scuola!” gli ricordò.
“Dettagli! Non ti ho mica chiesto di stare fuori tutta la sera, staremo via solo un paio d’ore. Usciremo dalla finestra!” lo incentivò tornando a sorridere ammiccante come se avesse trovato la soluzione a tutti i problemi del mondo e Taiga si passò una mano sul viso, scuotendo la testa.
“Oh!” Fujigaya si batté una mano sull’altra e Taiga gli fece cenno con le braccia di fare meno rumore. “Ma certo, che scemo!” si criticò. “Non ti ho ancora detto la parte più importante!” disse, tornando a sedersi sul letto aprendo la busta e tirando fuori una camicia bianca e dei pantaloni scuri eleganti, guardandolo per fare in modo che iniziasse a cambiarsi senza neanche avere aspettato che l’altro gli desse o meno risposta positiva. “Ho scoperto chi è il ragazzo che ti piace!” gli disse e Taiga si immobilizzò proprio mentre sfilava una gamba del pantalone del pigiama, guardando l’altro basito, perdendo l’equilibrio.
“Scusami?”
“Sì!” Fujigaya sorrise più ampiamente adesso che era sicuro di essere riuscito ad attirare l’attenzione del più piccolo, tendendogli i pantaloni scuri. “Stavo andando a lavoro questo pomeriggio e ho incontrato un mio vecchio amico…” disse, titubando sull’aggettivo usato, tanto che Taiga sollevò curioso un sopraciglio.
“Uhm, un amico?”
“Sì, beh, un ragazzo… era un mio senpai e noi uscivamo insieme. Certo che sei insistente quando ti ci metti!” lo rimproverò facendo ridere sottovoce Kyomoto.
“Ma hai fatto tutto da solo! Forse hai la coda di paglia. O non vedevi l’ora di dirmelo!” lo smascherò, conscio che come lui non avesse segreti per Taisuke, lo stesso valeva per l’altro.
“Comunque… ci siamo rincontrati dopo diverso tempo e sai, parla del più e del meno ne è venuto fuori che questa sera avrebbe dato una festa e mi ha invitato. In ricordo dei bei vecchi tempi!” specificò, ma Taiga non se la bevve.
“Sì… i bei vecchi tempi” ripeté, per fargli capire che non ci aveva minimamente creduto. “Tutto questo, però, cosa ha a che fare con me?” chiese, finendo di vestirsi con un gilet color vinaccia che indossò sopra la camicia.
Taisuke si limitò a sorridere, alzandosi di nuovo e avvicinandosi al più piccolo, sistemandogli il colletto della camicia, lasciandola sbottonata sul collo, guardandolo con aria critica: “Manca ancora qualcosa, però” disse, pettinandogli i capelli con le dita, sistemandoglieli all’indietro e sciogliendosi poi il fazzoletto bordeaux che aveva legato al polso, sistemandolo attorno al collo del più piccolo, guardandolo soddisfatto.
“Questo, caro il mio piccolo Tai-chan” lo apostrofò divertito, prendendo gli accessori dal comodino del più piccolo e tendendogli anelli e bracciali affinché li indossasse, “ha tutto a che fare con te, dal momento che il ragazzo che ti piace, è il fratello minore di Koki!” rivelò.
*
“Taisuke! Ben arrivato! Era ora!”
“Koki! Scusa il ritardo, ho avuto un piccolo contrattempo!” si scusò il più piccolo con l’amico, guardando allusivo accanto a sé, rivolto a Taiga che imbarazzato aveva solo fatto un cenno con il capo.
“Hai portato un amico? Hai fatto bene! Io sono Tanaka Koki, senpai di questo piccolo mostro qui!” si presentò il padrone di casa, scompigliando i capelli a Fujigaya, ben consapevole che l’altro non apprezzasse il gesto.
“Eddai!” lo rimproverò infatti, scostandogli le mani da sé.
“Il mio nome è Kyomoto Taiga” si presentò a sua volta il più piccolo accennando un breve inchino. “Mi dispiace essere piombato qui senza preavviso, Taisuke ha insistito” spiegò, scaricando ogni responsabilità sull’amico, ma il più grande pareva non avere nulla in contrario a riguardo.
“Non ti devi preoccupare, questa è una festa, più siamo più ci divertiamo! Quanti anni hai, Kyomoto-kun?” gli chiese, facendoli entrare in casa e scortandoli nel seminterrato da dove sentivano provenire della musica a tutto volume.
“Ne ho quasi diciannove” rispose il più piccolo.
“Oh, sei quasi coetaneo di mio fratello allora. Che scuola frequenti?” domandò ancora, mentre apriva la porta della cantina cedendo loro il passo.
“Ma c’è un sacco di gente, Koki!” si stupì Fujigaya, guardandosi attorno e iniziando a muovere la testa e le spalle a ritmo di musica.
“Te l’avevo detto che era una rimpatriata, dovrebbe esserci qualcuno che conosci Tai-chan” gli disse, indicando un gruppetto di ragazzi che Taisuke riconobbe dal momento che la sua espressione in viso si fece più allegra. “È gente che non vedo da secoli!” precisò all’indirizzo di Koki che si strinse nelle spalle.
“Lo sai che le cose vanno fatte bene e io so il fatto mio per certe cose!” gli disse, tornando poi a rivolgere la sua attenzione a Taiga che, senza che Taisuke interferisse, gli rispose.
“Ah, ma dai!” si stupì Koki. “Anche mio fratello frequenta quell’istituto, è un tuo kohai allora! Non so se lo conosci, è Tanaka Juri” gli disse, cercando il fratello tra la folla di amici comuni e Taiga nel sentire il nome del ragazzo che da mesi aveva attirato la sua attenzione solo a vederlo passare nei corridoio ebbe come una sensazione di mancamento: non poteva credere di averlo davvero fatto, di aver dato retta a Fujigaya, essere scappato dalla finestra nel cuore della notte e averlo seguito in casa di praticamente un estraneo solo per vedere quella che era diventata pressappoco la sua ossessione.
Taiga non riuscì a fare altro che scuotere il capo all’indirizzo di Koki: “Non lo so… forse ci siamo incrociati a scuola, ma non saprei dire” cercò di articolare una frase, mentre sentiva su di sé lo sguardo divertito di Fujigaya.
“Beh, allora se lo trovo lo mando da te, così vi conoscete. Il mondo è davvero piccolo!” si sorprese il più grande, scusandosi poi con i due ospiti per andare a parlare con alcuni invitati che richiedevano la sua attenzione.
“Allora?” Fujigaya si avvicinò a Taiga dandogli una leggera gomitata al braccio. “Non devi ringraziarmi!”
“Non ne avevo intenzione!” lo smontò il più piccolo guardandolo con la coda dell’occhio. “Non ti devo niente, che sia chiaro!” ci tenne a precisare, fissandolo direttamente in viso e Fujigya rise.
“Ne riparleremo a fine serata, adesso io vado a salutare qualcuno, comportati bene mi raccomando!” gli disse, allontanandosi poi iniziando a ballare nella mischia.
Taiga sospirò, passandosi una mano tra i capelli, osservando l’amico chiacchierare allegro con alcuni conoscenti e si sentì d’improvviso un pesce fuor d’acqua: in quel momento non gli era sembrata più una buona idea quella di essere andato alla festa, in fondo cosa sperava di ottenere? Non sapeva nulla di questo ragazzo, di Juri, si disse, chiamandolo per la prima volta per nome nella propria testa. Fino a qualche minuto prima non sapeva neanche come facesse di nome a dire il vero, non poteva di certo presentarsi lì da lui e chiedergli come se nulla fosse di fare amicizia! Taisuke la faceva facile, lui non era così intraprendente e sfacciato come l’amico: Taiga voleva bene a Taisuke, sapeva che fosse un bravo ragazzo e che anche quella sera gli avesse proposto quell’uscita per aiutarlo, non metteva in dubbio la sua buona fede, ma non sapeva esattamente cosa dovesse fare.
Si creò un piccolo varco tra i ragazzi che ballavano, raggiungendo il tavolo con le bibite, cercando qualcosa di cui potersi servire rinunciando in breve tempo, sollevando le sopraciglia perplesso: si guardò attorno nella sala e ponderò ancora una volta che la scelta di Fujigaya di portarlo con sé non fosse stata esattamente saggia, per cui si spostò da una parte, poggiando le spalle contro il muro e osservando i ragazzi presenti, cercando con lo sguardo Juri, domandandosi come dovesse essere in un ambiente diverso dalla scuola: era a casa sua in fondo, circondato da amici e conoscenti, voleva studiarlo così come era abituato a fare da lontano.
Individuò svariate volte Taisuke parlare con ragazzi e ragazze, scherzare con loro notando poi anche Koki avvicinarsi a lui e mormorargli qualcosa all’orecchio che fece ridere di gusto il più piccolo e Taiga sorrise: in fondo era felice che almeno l’amico si stesse divertendo.
Poggiò la testa al muro dietro di sé, lasciando vagare lo sguardo ancora a vuoto, senza soffermarsi su nessun volto in particolare quando i suoi occhi ne incontrarono un altro paio scuri che lo tennero legato a essi, facendogli trattenere il fiato per diversi istanti e il cuore accelerare i battiti.
Era Juri, l’aveva trovato e non vi erano dubbi che l’altro l’avesse riconosciuto. Non avevano mai parlato, si erano incontrati spesso per i corridoi della scuola o durante le varie riunioni in palestra, ma Taiga non si era mai accorto del fatto che come lui osservava sempre Juri, probabilmente anche l’altro l’aveva notato.
Anche se il primo istinto era stato quello di fuggire davanti a quegli occhi, non doveva guardare altrove, non doveva lasciare quegli occhi per un solo istante o sapeva che avrebbe perso; era vero che non sapeva come fare per avvicinarsi a lui, ma dal momento che l’altro aveva dato il via a quella battaglia di sguardi, Taiga non voleva assolutamente perdere. Dentro di sé aveva un po’ paura, ma non l’avrebbe dato a vedere: si mise pertanto meglio contro il muro, assumendo una postura più compita, drizzando la schiena e passandosi una mano tra i capelli.
Vide Juri sorridere al suo indirizzo, sebbene avesse distolto per primo lo sguardo e Taiga sapeva che quell’espressione era per lui. Lo osservò mentre si congedava dagli amici e si spostava al tavolo delle bibite, prendendo un bicchiere di qualcosa che, Taiga ne era convinto, non avrebbe ancora potuto bere e si avvicinò al tavolo da biliardo, poggiando la tazza di plastica su un angolo e prendendo la stecca da gioco.
Juri passò il gesso sulla punta di legno, sistemando al centro il triangolo con le biglie, fermandosi poi a guardarlo di nuovo, muovendo la testa in sua direzione, dandogli a intendere di volere che Taiga si avvicinasse. E così il più grande fece, allontanandosi molto lentamente dalla parete, si avvicinò al tavolo da biliardo.
“Vuoi fare una partita?” Juri parlò per primo non appena Taiga fu abbastanza vicino da far sì che la musica non fosse più un ostacolo alle rispettive voci.
“Sai giocare?” domandò invece a sua volta il più grande, facendo ridere il più piccolo.
“Dovrei… ho osservato molte volte mio fratello farlo” gli disse, tendendogli una stecca lasciando che le loro dita si sfiorassero casualmente.
Taiga lo guardò percorrere con la mano il perimetro del biliardo senza che nessuno dei due lasciasse andare gli occhi dell’altro, vedendo Juri piegarsi e mettersi in posizione per dare il primo colpo.
“Ti dispiace?” gli domandò, indicando il triangolo al centro del tavolo e Taiga liberò le biglie, permettendo all’altro di fare la sua mossa, sparpagliando così le palline colorate sul tavolo verde.
“Tzk, peccato” mormorò Juri vedendo che alcuna pallina era stata mandata in buca. “Tocca a te” gli cedette il turno, restando a guardarlo.
Taiga si prese qualche istante a osservare il tavolo da gioco di modo da definire quale fosse la strategia migliore da attuare, spostandosi accanto a uno dei quattro angoli, chinandosi così come aveva fatto il più piccolo, colpendo la pallina bianca e riuscendo a mandarne un’altra colorata in buca.
“Niente male!” si complimentò l’altro e Taiga sorrise, pensando alla prossima mossa e spedendo in buca anche quella seconda biglia, aumentando il proprio punteggio. Per essere la sua prima volta su un tavolo da biliardo non se la stava cavando affatto male, inoltre gli piaceva molto quello scenario, tutto il nervosismo e l’insicurezza provati all’inizio si erano come dissolti: era come se in quel momento nella stanza ci fossero solo loro due, come se la musica fosse sparita, così come gli invitati alla festa insieme alle loro risa e al loro vociare costante, esistevano solo lui, Juri e il suo profumo. Profumo dal quale Taiga si rese conto di essere avvolto solo dopo essersi accorto che Juri gli si era fatto vicino.
Colpì la palla fallendo miseramente questa volta, sollevandosi per rimettersi dritto, scontrando il braccio di Juri.
“Ops…” si rammaricò fintamente l’altro, guardandolo con un sorriso, posando la stecca sul tavolo. “Che sfortuna, andrà meglio la prossima” cercò di spronarlo.
“Pensi davvero che io creda che sia solo una coincidenza? L’hai fatto apposta” lo smascherò, lasciando a sua volta la stecca e spostandosi in modo da incastrare in modo quasi casuale Juri tra sé e il tavolo da gioco, piegandosi in avanti, poggiando una mano contro il bordo.
“Non potevo lasciare che tu mi sconfiggessi a casa mia, ti pare?” mormorò Juri, guardandolo dritto in volto, facendo una pausa prima di riprendere a parlare.
“Frequenti la mia stessa scuola, vero?” parlò del più e del meno, ripartendo dai convenevoli. “Come ti chiami?”
“Kyomoto Taiga” gli rispose semplicemente l’altro, incantato a guardarlo in viso, aveva una gran voglia di baciarlo, ma voleva sapere fin dove l’altro si sarebbe spinto e chi dei due avrebbe ceduto per primo.
“Tanaka Juri” si presentò a sua volta il padrone di casa.
“Lo so” si limitò ad affermare il più grande.
“È la prima volta che parliamo, eppure è come sei ti conoscessi” continuò Juri con tono morbido, sollevando un braccio e sfiorandogli il colletto della camicia con una mano, prendendo ad accarezzare la stoffa della sciarpa.
“Davvero?”
Juri sorrise, guardandolo da sotto in su, avvicinandosi in modo da far aderire quasi completamente i loro corpi e si passò la lingua sulle labbra.
“Davvero… quando ti ho visto entrare insieme a Gaya-san” parlò piano, “non ero sicuro che fossi davvero tu. Non ti avevo riconosciuto senza la divisa, vestito in questo modo” commentò, lasciando che il braccio gli scivolasse sulle spalle, circondandogli poi il collo e Taiga non poté resistere oltre dal circondargli la vita con entrambe le braccia, attirandolo meglio contro di sé, facendo scontrare involontariamente i loro bacini.
Juri schiuse appena la bocca in un moto di sorpresa prima di sorridere e Taiga ne approfittò per posare le labbra sulle sue, decidendo per entrambi, dando una svolta a quella situazione che rischiava di farli impazzire.
Juri rispose al bacio con un coinvolgimento tale che lasciò qualche istante il più grande stupito, prima che il suo cervello smettesse di ragionare oltre, abbandonandosi alle sensazioni di sentire quella bocca contro la propria, quella lingua dispettosa giocare con la sua e il suo sapore finalmente mescolato al proprio. Purtroppo per entrambi quando si rese necessario dover tornare a riprendere fiato per respirare dovettero separarsi e fu in quel momento che il più piccolo si accorse del fratello che lo guardava da lontano. Si separò da Taiga, passandogli i palmi sopra la camicia, sul petto, passandosi la lingua sul labbro inferiore e guardando l’altro da sotto in su; gli prese le mani che Taiga ancora aveva sui suoi fianchi e gli sfilò velocemente il cellulare dalla tasca dei pantaloni, digitando velocemente dei numeri, sorridendo quando sentì il proprio vibrare.
“Ecco fatto!” gli disse, restituendogli il telefono e scivolando via da lui. “Ti chiamo io per la rivincita” gli disse, battendogli una mano sulla spalla, sorpassandolo.
Taiga rimase alcuni istanti immobile, voltandosi poi e vedendo Juri parlare animatamente con il fratello il quale sembrava proprio che lo stesse rimproverando per il modo in cui si era comportato.
In secondo luogo, poi si accorse di Fujigaya comparso al proprio fianco che ridacchiava.
“Che c’è?” gli chiese Taiga, certo che neanche lui si fosse perso quanto successo con Juri e Taisuke gli circondò le spalle con un braccio, attirandolo verso di sé.
“Andiamo, Casanova, Cenerentola deve fare ritorno a casa, domani mi pare di ricordare che qualcuno ha scuola, no?” lo prese in giro, ricordandosi delle parole che l’amico gli aveva detto inizialmente quando ancora era restio ad uscire, tornando a casa insieme.
*
“Che cosa?” Fujigaya era oltremodo indignato da quello che l’amico gli aveva appena detto. “Cosa significa che ancora non hai rivisto Juri?” chiese perplesso.
“Esattamente quello che ho detto!” tagliò corto Taiga restando sdraiato sul letto, continuando a fissare il soffitto con le braccia incrociate sotto la testa.
“No, non ci siamo!” affermò Taisuke. “Ma allora non ti ho insegnato niente?” si scandalizzò e Taiga sollevò la testa, vedendolo avanzare verso di lui spingendosi con la sedia girevole dalla scrivania verso il letto.
“Perché non l’hai richiamato?” lo interrogò ancora, poggiando le mani sul materasso, scuotendolo per fare in modo che il più piccolo gli desse la sua completa attenzione.
“Ha detto che l’avrebbe fatto lui! E poi ho cancellato per sbaglio l’elenco delle chiamate prima di salvare il suo numero!”
Taisuke sbuffò, colpendogli una coscia con la mano.
“Ahia!” si lamentò Taiga mettendosi a sedere, vedendo Fujigaya scendere dalla sedia per mettersi di fianco a lui.
“Non mi pare che te la fossi cavata poi così male quella sera!” gli ricordò e Taiga lo guardò di sfuggita.
“Nemmeno a me, ma evidentemente ci siamo sbagliati entrambi!”
“Ma finiscila!” lo rimproverò il più grande. “Perché non gli hai parlato a scuola? L’hai visto, no? Vi vedevate prima, non dovrebbe essere così difficile farlo adesso dopo che per poco non vi mettevate a fare sesso sul tavolo da biliardo!”
“Tasiuke!” lo riprese il più piccolo arrossendo imbarazzato, facendo ridere l’amico che gli scompigliò i capelli.
“Oh, scusa non dovevo essere così diretto forse?” fece ammenda. “Certo magari baciarlo in quel modo davanti a suo fratello non è stata proprio una genialata da parte tua. Sai, Koki è molto geloso… specie con Juri.”
“Ah, grazie, adesso sì che mi hai risollevato il morale…” sbuffò Taiga guardandolo storto. “E comunque è ovvio che l’ho incontrato a scuola, ma lui ha fatto sempre finta di non vedermi, magari non gli piaccio o si è trovato qualcun altro!” suppose.
“Adesso non esagerare!” lo fermò il più grande prima che partisse in quarta con chissà quali voli pindarici senza alcun ritorno.
“Magari è stato impegnato” suppose, ma Taiga lo guardò affatto convinto.
“O magari aspettava solo il…” proprio quando stava per supporre qualcos’altro il cellulare del più piccolo segnalò loro l’arrivo di una nuova mail e Fujigaya lo guardò tendendo le labbra in un largo sorriso, sporgendosi verso il comodino a prendere il telefono del più piccolo.
“No, Taisuke!” lo apostrofò, ma l’altro era stato più veloce, afferrando il cellulare e lanciandosi sul letto accanto a lui scorrendo la posta.
“Ah, dammelo!” Taiga gli strappò il cellulare di mano e vide che gli era stato inviato un messaggio da un mittente sconosciuto: l’aprì e cercando di scostare da sé Taisuke che gli si era letteralmente spiaccicato addosso lesse le poche righe.
Era Juri.
Era Juri che gli chiedeva se gli andasse di andare a casa sua.
Neanche un saluto. Neanche gli aveva chiesto come stesse. Né una scusa per il ritardo con il quale si metteva in contatto con lui.
Niente di niente.
“Hai visto?”
“Visto cosa?” si scompose Taiga. “Ma chi si crede di essere? Pensa che io sia ai suoi comodi? Pensa davvero che mandandomi un messaggio senza neanche chiedermi come sto possa risolvere le cose?”
“Beh dovrai ammettere che è un tipo che sa quello che vuole, molto diretto, ma sa quello che vuole. E vuole te!” specificò, pungolandogli un fianco con il dito.
“Dopo una settimana?” continuò imperterrito Taiga, punto sul vivo.
“Oh, ma insomma, non ti va mai bene niente!” sbottò Taisuke, guardandolo con rimproverò, prima di rendersi conto che forse quello di cui l’amico aveva bisogno non era certo una ramanzina.
“Qual è il problema, Tai-chan?” gli chiese. “Il vero problema” disse parlando con più tranquillità.
L’altro attese un po’ prima di rispondergli.
“Non riderai di me?”
“Certo che no!” assicurò Fujigaya, annuendo.
“Juri mi piace davvero tanto, ma non sono sicuro di piacergli allo stesso modo in cui lui interessa a me” ammise, storcendo la bocca, leggendo per l’ennesima volta la mail appena arrivata.
Fujigaya si intenerì davanti a quella confessione e sorrise, posandogli una mano sulla testa.
“E pensi che facendo il sostenuto, pensi che metterlo alla prova possa darti le conferme che cerchi? Secondo me ti devi buttare. Hai ragione, non puoi sapere se questa sia una cosa destinata a durare, né puoi sapere quanto, però secondo me devi provare. E avere fiducia in te stesso” cercò di consigliarlo, prendendogli il dorso della mano nella propria, illuminando di nuovo il display del cellulare e premendo il tasto per rispondere alla mail. “Se non provi non lo saprai mai, non ti pare?” gli disse e Taiga lo guardò, annuendo, dandogli le spalle e scrivendo a Juri.
*
Un’ora dopo, Taiga si trovava di nuovo davanti a casa Tanaka e fece un bel respiro prima di bussare, vedendo poco dopo istanti la porta d’ingresso aprirsi e Juri sorridergli.
“Entra…” lo accolse ospitale facendolo passare, prestandogli delle pantofole per gli ospiti e facendo strada nella grande casa a cui Taiga aveva dato poca importanza la prima volta che vi era stato.
“Posso offrirti qualcosa da bere? Ah” lo precedette sorridendo. “Stavolta ho del succo di frutta, del tè e se siamo fortunati dovrei avere anche della spremuta” elencò, mentre Taiga lo seguiva in cucina.
“Del succo andrà benissimo!” affermò il più grande, vedendo Juri riempire due bicchieri e tenderne uno a Taiga.
“Grazie!”
Bevvero in silenzio senza dirsi poi molto, fino a che Juri non prese di nuovo la parola.
“Mi dispiace non averti potuto contattare prima, ma aspettavo di avere un po’ di tranquillità, questa casa è sempre affollatissima per avere ospiti” spiegò, mettendo a lavare i bicchieri quando finirono e guardando poi il più grande interrogativo. “Allora, me la concedi questa rivincita?” gli chiese, indicandogli con la testa la porta che conduceva al seminterrato e Taiga finalmente gli sorrise, spostandosi insieme nella cantina.
Erano passati pochi minuti da quanto avevano iniziato la partita che Juri fermò il gioco quando Taiga era nuovamente in vantaggio.
“Allora, io non ho capito una cosa! Ci deve essere qualcosa che sbaglio nell’impugnatura, perché non è possibile che non vada neanche una in buca! Colpiscono il bordo, ma non entrano. Anche tu colpisci il bordo, ma poi fai centro!” ragionò, posando un’estremità della stecca sul pavimento, usandola come punto d’appoggio.
Taiga rise, fermandosi accanto a lui e puntando la biglia bianca: “È tutta questione di polso e di forza, forse sei troppo violento!” suppose, guardandolo con la coda dell’occhio divertito, colpendo appena la biglia guida e mandandone in buca due.
“Aaah, visto! Non vale, hai barato, hai truccato le biglie!”
“Ma se il tavolo è tuo!” gli ricordò Taiga ridendo.
“Allora hai le mani magiche!” provò.
“Su questo posso dire che forse hai ragione!” rise il più grande, tornando accanto a Juri e portando con sé la pallina bianca.
“Allora guarda, proviamo insieme, può essere che non giochi bene di polso” suppose Kyomoto, facendo chinare Juri in avanti e sistemandosi di fianco a lui passandogli una mano sulla schiena. “Rilassati, innanzitutto sei troppo rigido” lo istruì, posandogli le mani sulle spalle, posizionandole in modo che si sciogliesse un po’ scivolando poi lungo il braccio, sistemandogli l’angolazione del gomito, ritrovandosi quasi sopra di lui.
Juri allora colpì la pallina, che però non andò a segno, perdendo la traiettoria.
“Troppo presto” lo riprese Taiga, senza spostarsi dalla posizione che avevano assunto.
“Lo so…” mormorò Juri voltando il viso verso Taiga, riscoprendosi vicini. “Ma è stata colpa tua che mi hai distratto” confessò, guardandolo e poi tendendosi a baciarlo e Taiga non fu comunque sorpreso da quel gesto, quasi se lo aspettasse, quasi avesse voluto creare il momento perfetto per tornare ad assaporare quella bocca e quella lingua.
Quando sentì Juri mugolare, Taiga si separò da lui permettendogli di risollevarsi, abbassando appena lo sguardo.
“Scusa…” mormorò, vedendo l’altro sorridergli e scuotere la testa, sistemandosi stavolta meglio contro di lui, incastrandosi tra il tavolo e il corpo del più grande, cingendogli il collo con le braccia. Taiga gli tenne i fianchi con le mani e lo sollevò di modo che si sedesse sul piano verde e Juri lo strinse a sé con le gambe, chinandosi di nuovo per cercargli le labbra.
Taiga lo assecondò, lasciandosi baciare, suggendo a sua volta le labbra del più piccolo mentre le mani erano corse in una curiosa esplorazione del suo corpo sotto i vestiti, fino a che non furono costretti a separarsi di nuovo.
Posando la fronte contro quella di Juri, Taiga mormorò: “Ho davvero creduto in questa settimana di aver sbagliato tutto” ammise, lasciando che le dita sfiorassero il suo petto, risalendo sul collo; Juri sospirò, sollevando la testa, conducendo le labbra di Taiga su di sé, passandogli le mani tra i capelli.
“Mi dispiace” ansimò quando l’altro lo morse, “ma aspettavo che mio fratello partisse di nuovo per poterti contattare.”
“Non gli piaccio, vero?” domandò Taiga risollevandosi e decidendosi a levare la maglia pesante al più piccolo, il quale gli sorrise trionfante.
“Non devi piacere a lui e poi non sei tu, non gli andrebbe bene nessuno” rivelò, abbracciandogli la testa quando Taiga tornò a posargli le labbra contro la gola, scivolando sulle spalle e il petto, divertendosi a giocare con i capezzoli, stuzzicandoli prima con la bocca, poi con le mani, mentre lo spingeva a distendesi completamente sul tavolo e con le labbra scendeva senza sosta. Quando arrivò alla pancia si fermò, guardando Juri con espressione quasi diabolica, passandogli una mano sullo stomaco, mentre con l’altra, le dita veloci gli slacciavano i jeans e poi li facevano scivolare lungo le gambe, sfilandoli completamente.
“Ehi…” lo richiamò Juri quasi con tono di rimprovero o forse piuttosto carico di crescente aspettativa quando sentì le mani sulle proprie caviglie e Taiga aiutarlo a piegare le gambe in modo che le posasse sul tavolo, facendogliele divaricare. “Taiga…” lo chiamò allora impaziente e il più grande si posò un dito sulle labbra facendogli cenno di tacere, chinandosi su di lui, chiudendo la bocca sul suo sesso, iniziando a muoversi contro di lui, contro quella pelle calda e desiderosa di attenzioni.
Juri non poté fare altro che gemere e lasciarsi andare a quel piacere sempre crescente, aumentato anche dalle dita che una alla volta, Taiga aveva lasciato scivolare dentro di lui, forzando la sua apertura, attardandosi inizialmente con un primo dito, poi con un secondo e facendo spazio anche a un terzo, provando un piacere quasi perverso nel vederlo contorcersi sotto di lui e chiedere di più. Quando sentì le mani di Juri sulla testa tirargli i capelli, allora Taiga si decise a esaudire quelle sue richieste inframmezzate da sospiri: allontanò la bocca dal suo sesso e lo aiutò a piegare di nuovo le gambe. Si perse qualche secondo a osservarlo riprendere fiato e sorrise, prendendogli le mani, tirandolo facendo in modo che tornasse seduto e poi si rimettesse dritto. Gli mise una mano dietro la testa, accarezzandogli i capelli, cercandogli poi le labbra, come per chiedergli scusa per averlo fatto aspettare così a lungo, sentendo le mani di Juri sulla vita sollevargli la maglia, restituendogli il favore, posando le labbra sulla sua pelle che fremette per quel contatto deciso. E mentre il più piccolo era occupato con lui a quel modo, Taiga ne approfittò per sbottonare i pantaloni, ma non poté fare molto altro che la mano di Juri precedette la propria, passando oltre l’intimo e prendendo la sua erezione: fu il turno di Taiga in quel momento di gemere e ansimare, mentre attirava meglio contro di sé il corpo di Juri per sentirlo completamente contro di sé. Tornò con una mano sulla sua schiena, stringendogli il sedere con le mani, prima di perdere completamente il controllo quando l’altro iniziò a regolare il movimento della mano su di sé a quello sempre più impaziente dei sospiri che non riusciva a trattenere. Lo prese per le braccia, scostandolo da sé e baciandolo con urgenza, concedendogli un bacio che non voleva era più paziente, ma desideroso di dominare: Taiga costrinse Juri a voltarsi, posandogli una mano sulla nuca chiedendogli di piegarsi in avanti contro il tavolo verde e il più piccolo non ebbe bisogno di ulteriori forzature, ben lieto di assecondarlo, spingendo indietro il sedere verso di lui per fargli capire cosa desiderasse.
Taiga sorrise e lo prese per i fianchi, mentre iniziava a spingere, penetrandolo piano, godendo di ogni gemito, di ogni respiro mozzato e ogni ansimo che riusciva a strappargli, fino a che non fu completamente dentro di lui. Attese diversi istanti fermo, immobile in quel calore che lo stringeva passando una mano sulla schiena del più piccolo, cercando in quel modo di aiutarlo a rilassarsi decidendosi poi a spingere, quando sentì il corpo che lo accoglieva adattarsi a lui. Spinse una prima volta e vide Juri stringere il bordo del tavolo e mordersi un labbro, allora attese ancora, stavolta lasciando passare un lasso di tempo minore prima di allontanarsi e spingere di nuovo, regolando il proprio agire in base alle reazioni del più piccolo il quale ben presto iniziò per primo a gridare, chiedendo all’altro di più, chiedendogli di non avere cura, ma di seguire il proprio istinto e il proprio desiderio che sapeva essere pari al proprio. E così Taiga fece, lasciandosi andare, chinandosi e lasciando che il proprio petto aderisse alla schiena di Juri, tornando a stringere il suo sesso con una mano, per stimolarlo ulteriormente, infilando meglio una gamba tra le sue per divaricarle, facendo in modo che trovasse la giusta angolazione per spingersi maggiormente dentro di lui, facendolo gridare sempre più forte, fino a sentirlo sciogliersi nella sua presa e dopo altre secche e calcolate spinte, venire a sua volta dentro il corpo del più piccolo.
Taiga si accasciò sopra la schiena di Juri, baciandogli una spalla leggermente sudata, non appena riprese un po’ di fiato, scivolando con accuratezza via da lui, rubandogli solo un gemito di fastidio, aiutandolo poi a risollevarsi, stringendolo contro di sé, prima di sedersi insieme sul pavimento. Juri riprendeva fiato, completamente abbandonato e stravolto tra le braccia del più grande che lo coccolava, passandogli una mano sulla fronte e cercandogli poi le labbra quando lo sentì muoversi un po’ più lucido.
Juri sollevò la testa verso di lui sorridendogli, circondandogli il collo con un braccio, unendo le loro fronti.
“Ne è valsa la pena di aspettare, no?” domandò malizioso il più piccolo.
“Dipende” restò vago Taiga. “Dipende se domani vedendomi a scuola la tua reazione sarà quella di ignorarmi di nuovo” lo provocò, non risparmiandogli quella frecciatina.
“Non lo so, dubito che mi sarà facile ignorare il mio ragazzo, dal momento che probabilmente vorrò passare con lui la pausa pranzo per stare insieme” gli rispose usando lo stesso tono incurante.
“Penso che mi stia bene, anche perché, sai, non sono uno a cui piacciono le mezze risposte e poi sarebbe difficile spiegare ai tuoi amici come mai, vedendoti in corridoio, uno sconosciuto si avvicini e ti baci, no?”
“Giusto… meglio che sappiano tutti, tutto e subito, così si evitano malintesi.”
“Mh, magari non devono sapere proprio tutto, tutto, non credi?” domandò Juri, sistemandosi meglio tra le gambe del più grande, stringendosi a lui.
Taiga lo strinse a sé baciandogli una tempia e coprendolo con la sua felpa, posandogliela sulle spalle.
“Sì, certe cose meglio se restano private. Magari non diciamo niente neanche a Koki, almeno per un po’”
Juri rise, sollevando su di lui uno sguardo divertito e annuì.
“Oh, un amore clandestino, mi piace! È eccitante!” mormorò il più piccolo, mettendosi meglio dritto con la schiena e tendendosi di nuovo per baciarlo.