[Hikayama] Love is OVER

Jul 07, 2012 10:37

Titolo: Love is OVER [Over - HSJ]
Fandom: RPF - Hey! Say! JUMP
Personaggi: Yaotome Hikaru, Inoo Kei, Arioka Daiki, Yamada Ryosuke
Pairing: Hikayama
Prompt: Cucina
Genere: angst
Rating: R
Warning: slash
Conteggio parole: 1.303 fiumidiparole
Note: ---
Disclaimer: I protagonisti di questa storia non mi appartengono, non li conoscono personalmente e i fatti di seguito descritti non hanno fondamento di verità. La storia non è scritta a scopo di lucro.
Tabella: Luoghi


“Ecco, tieni.”
Hikaru posò una tazza di tè caldo sul tavolo, porgendola al suo ospite.
Yamada la prese tra le mani, scaldandosi i palmi, soffiando sopra il liquido, prima di sorseggiarlo.
Yaotome si sedette davanti all’amico, in attesa che gli dicesse qualcosa; Yamada era comparso a casa sua all’ora di cena con un’espressione estremamente triste sul viso.
L’aveva fatto entrare in casa senza chiedergli niente, consapevole che l’altro avesse solo bisogno di tempo, l’aveva fatto accomodare in cucina e aveva messo a scaldare l’acqua.
Yamada fissava la bevanda con espressione vuota, prendendo un altro piccolo sorso, sentendo il calore scivolargli lungo la gola e portargli un po’ di sollievo per il freddo che sentiva dentro.
Hikaru si sporse verso di lui, posandogli una mano sopra la testa, accarezzandolo.
“Ryo-chan, cosa ti è successo?” gli domandò infine.
Il più piccolo lo guardò negli occhi e sospirò.
“Sono appena stato a casa di Daiki” esordì, scuotendo poi il capo. “Gli ho detto che sono innamorato di lui e sono stato rifiutato.”
Hikaru sobbalzò, alzandosi e inginocchiandosi accanto a Yamada, poggiandogli le mani sulle ginocchia.
“Mi dispiace, Ryo-chan” gli disse, sentitamente.
Yamada sorrise mesto, sentendo gli occhi inumidirsi e non riuscendo a impedire a una lacrima di fuggire al suo controllo, la raccolse con un dito e tirò su con il naso.
“Scusa, Hikka. Mi sono ripromesso di non piangere, ma” parlò, con voce sempre più triste e tremante, adesso che l’aveva detto a voce alta, adesso che le sue difese erano completamente crollate, non riusciva a fermarsi, sentiva un peso enorme gravargli sul petto e voleva che sparisse. “Io sapevo che non mi avrebbe ricambiato, ma ci ho sperato comunque. Ci ho voluto sbattere la testa e…” si dovette interrompere, perché la voce iniziò a tremare e il fiato appesantirsi così come il suo cuore, “… lo amo così tanto. Perché fa così male? Perché non posso essere felice” domandò a nessuno in particolare, stringendo un pugno sulla gamba e passandosi seccato una mano sugli occhi, cercando di fermare quel pianto. Ma più le scacciava, più le lacrime scendevano sulle guance e quella pesante sensazione nel suo petto si faceva sempre più forte.
Respirò una, due, tre volte, prima di decidere che era inutile tentare di fermarle e arrendersi.
Hikaru lo vide lottare contro le proprie emozioni e si morse un labbro a disagio: conosceva fin troppo bene quella sensazione, era anni che conviveva con l’amarezza di sentirsi rifiutato e provava tanta pena per Yamada, perché lo capiva così bene, sapeva quanto stesse soffrendo e gli dispiacque enormemente.
Lo abbracciò, circondandogli le spalle e gli sembrava adesso così piccolo e fragile, che aveva paura che, se l’avesse stretto con maggiore forza, si sarebbe potuto spezzare.
Sentiva il cuore di Yamada contro il proprio battere velocemente, mentre il più piccolo aveva iniziato a singhiozzare; faceva bene a sfogarsi, non si sarebbe sentito meglio, lo sapeva, ma un po’ l’avrebbe aiutato. Perché tenere dentro quelle sensazioni non era positivo, il suo cuore presto o tardi si sarebbe ammalato e lui non voleva che questo avvenisse. Hikaru non voleva che Yamada facesse la sua stessa fine. Lui, a suo tempo, non aveva avuto nessuno, ma non avrebbe permesso che anche Yamada restasse da solo in un momento del genere.
Sentì le lacrime del più piccolo bagnargli la spalla attraverso la maglietta, fino a che il respiro non si fece più leggero e regolare e Yamada si calmò. Continuò, però, a tenerlo stretto, cullandolo, accarezzandogli i capelli, lasciando scivolare la mano sulla schiena, giocherellando con le dita.
Yamada sospirò, abbandonandosi nell’abbraccio dell’amico, grato per il modo silenzioso e discreto con cui lo stava trattando. Sollevò il capo, quando si fu un po’ ripreso, ma Hikaru non gli permise di allontanarsi. Il più grande lo fissò negli occhi e si sporse leggermente verso di lui, circondandogli il volto con le mani, avvicinandolo a sé.
Senza interrompere il contatto visivo dei loro occhi, Hikaru posò le labbra su quelle di Yamada, allontanandosi quasi subito. Il più piccolo lo guardò confuso, portandosi due dita alla bocca.
“Tu sei speciale, Ryosuke” gli disse Hikaru in un mormorio, sollevandosi e premendo le mani sulla vita di Yamada affinché lo imitasse.
Il più piccolo si alzò, ancora confuso da quel bacio e dalle parole di Hikaru.
“Hikka… perché?” domandò il più piccolo.
Yaotome sorrise, accarezzandogli una guancia.
“Perché non voglio che tu soffra, Ryosuke” continuava a chiamarlo per nome in un modo che al più piccolo faceva stare bene. Era dolce e familiare. “Perché non esiste al mondo persona che meriti così tanto la nostra sofferenza. Nessuno è così importante da toglierti il sorriso. Nessuno merita le tue lacrime. Ricordalo” gli disse.
Poi gli prese di nuovo il volto tra le mani e lo attirò a sé.
“Puoi piangere stanotte, puoi lasciare che il tuo dolore prenda il sopravvento e usare questo come inizio. E domani ti rialzerai in piedi. Ti aiuterò. Non ti lascerò da solo” gli promise, attirando poi il più piccolo verso di sé, per baciarlo ancora: stavolta poggiò con maggiore trasporto la bocca sulla sua e Yamada schiuse le labbra, baciandolo a sua volta, reggendosi alle sue braccia.
Sentì quelle di Hikaru scivolare sulla sua schiena, posarsi in vita e sollevarlo di peso, facendo in modo che si sedesse sul tavolo. Fece in modo che aprisse le gambe per posizionarsi tra esse e con le labbra discese a baciargli il collo; Yamada rabbrividì, socchiudendo gli occhi, sentendo la testa leggera.
“Ryo” lo chiamò Hikaru, il fiato caldo sulla pelle del più piccolo che lo fece rabbrividire.
Yamada sapeva che tutto quello non avrebbe portato a niente di buono, che non era quello il mondo in cui avrebbe dovuto superare quella delusione, ma era bello tutto quello, sentirsi amato, sentirsi accettato e voluto, era una cosa che in quel momento lo faceva stare bene e di cui aveva bisogno per contrastare il senso di vuoto e rifiuto che sentiva dentro.
Si rifiutò di pensare, lasciandosi andare alle sensazioni, ascoltando solo l’istinto, solo il battito forsennato nel proprio cuore e quello di Hikaru; il suo respiro caldo sulla pelle, le sue mani che lo vezzeggiavano, le sue labbra per tutto il corpo che lo eccitavano, costringendolo a spegnere il cervello.
In quel momento, così come Hikaru gli aveva detto, c’era solo lui, solo lui, il suo corpo e le sue sensazioni avevano importanza.
Il dolore sostituito dall’eccitazione e in breve tempo, sotto le carezze esperte di Hikaru, delle sue parole sussurrate con dolcezza all’orecchio gli fecero dimenticare ogni cosa.
Quando aprì gli occhi, Yamada si ritrovò in un letto, avvolto da un profumo nuovo che non era quello delle proprie lenzuola e si mosse, voltandosi, trovando Hikaru accanto a sé che lo guardava.
“Buongiorno, Yama-chan” gli disse, accennando un sorriso.
Yamada si raggomitolò un po’ su se stesso, guardando il più grande imbarazzato.
“Per quello che è successo ieri” esordì, ma venne fermato da Hikaru che scosse il capo.
“Ieri è passato, Yama-chan. Non ci pensare. Stai meglio?” gli chiese.
Yamada lo guardò e annuì leggermente.
“Un po’… So che non sarà facile, ma se oggi posso sorridere è grazie a te. Grazie per non avermi mandato via, per avermi ascoltato e… insomma, per tutto” concluse, vergognandosi un poco.
Hikaru gli scompigliò i capelli, senza dire niente.
“Vuoi fare colazione? Possiamo andare a fare un giro insieme se ti va, oggi” propose il più grande, vedendo il più piccolo annuire con entusiasmo dopo averci pensato un po’ su.
Magari non aveva bisogno di tutte quelle attenzioni da parte sua, Hikaru sapeva che per Yamada non sarebbe stato semplice superare quel momento, ma sapeva anche che ci sarebbe riuscito, che anche se non ci fosse stato lui si sarebbe ripreso nel migliore dei modi, perché Yamada era un ragazzo forte. A differenza sua da quell’esperienza ne sarebbe uscito a testa alta.

pairing: hikayama, genere: oneshot, hey! say! jump: yaotome hikaru, hey! say! jump: yamada ryosuke, fanfiction: hey! say! jump, tabella: luoghi_ta, genere: malinconico, comm: think_angst, rpf, warning: slash

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