[Ohmiya] La cosa più semplice

Jun 11, 2012 00:22

Titolo: La cosa più semplice
Fandom: RPS -Arashi
Coppia: Ohno Satoshi/Ninomiya Kazunari
Set: 3
Prompt: 14:00 - “Io non c’ero…”
Rating: R
Conteggio parole: 1510 (fiumidiparole word counter)
Avvertimenti: slash
Discalimer: gli Arashi non mi appartengono, non li conoscono personalmente e i fatti di seguito descritti non hanno fondamento di verità. La storia non è scritta a scopo di lucro.
Tabella: qui

Era stata una giornata veramente ma veramente pesante. Ninomiya rientrò in casa con un diavolo per capello, non vedeva l’ora di farsi una doccia, per mandar via il nervosismo, mettersi comodo a giocare, per scaricare il senso di fastidio che provava, e andarsene a dormire per far finire il prima possibile quella assurda giornata.
Quella era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso! si disse, levandosi la giacca a vento.
A passo di marcia, si dirigeva verso il bagno per il meritato relax quando qualcuno aveva bussato alla porta.
In un primo momento decise di ignorare e infilarsi in bagno, ma chiunque fosse là fuori era insistente, perché oltre a essersi attaccato al campanello aveva anche iniziato a battere con la mano sulla porta.
“Insomma, chi cavolo è?” aveva sbottato all’ospite indesiderato, aprendo la porta.
“Finalmente!” Ohno lo guardava con lo stesso cipiglio battagliero che Nino aveva assunto non appena aveva realizzato chi fosse il disturbatore.
“Che cosa vuoi? Non avevi un appuntamento?”
“Parliamo dentro” aveva detto Ohno, ragionevole, entrando in casa e chiudendosi la porta alle spalle, levandosi le scarpe. Anche se era arrabbiato con Nino per l’atteggiamento che aveva avuto sul set quella mattina, voleva cercare di mantenere la calma. Uno dei due doveva pur dimostrare di avere un minimo di sale in zucca. E se perdeva la testa anche lui, dubitava molto che sarebbero riusciti a risolvere la situazione.
“Si può sapere cosa ti è preso oggi?” lo interrogò e quando Nino si strinse nelle spalle, borbottando un generalissimo ‘giornata no’, Ohno lo aiutò a ricordare.
“È da quando sei arrivato agli studi stamattina che hai quella faccia, come se tutti ti debbano qualcosa e nessuno ti paghi.”
“Niente, mi sono svegliato con il piede storto, tutto qua” negò ancora.
“Sei strano sempre, Nino, lo sappiamo tutti che non sei il massimo della socialità anche quando ti impegni, ma-”
“Cosa vorresti dire?” si offese.
“Voglio dire che sei sempre strano, ma oggi lo sei stato più del solito.”
“Capirai, da che pulpito” ironizzò.
“Ce l’hai con me!” gli disse diretto.
Nino sobbalzò, allora forse, Ohno non era così stupido come voleva sembrare.
“Che hai?” gli domandò l’altro, cercando di rabbonirlo, farlo sentire minacciato e messo alle strette sarebbe stato controproducente.
“Niente, non ho niente” continuò imperterrito.
“Senti, Kazunari” esordì Ohno e il modo in cui l’aveva chiamato, a Nino non piacque per niente, con quel tono accondiscendente ed esasperato, per cui esplose.
“No, senti tu. Vuoi sapere qual è il mio problema? Bene, è che non ho alcuna intenzione di affrontare di nuovo gli stessi problemi perché tu esci con gente poco raccomandabile.”
“Come scusa?” Ohno rimase spiazzato da quell’accusa, senza comprendere.
“Sto parlando di quell’articolo che è uscito oggi sul giornale. Ho visto per caso il titolo di copertina, ma solo questo mi è bastato” si sfogò.
Il lampo che passò negli occhi di Ohno fu per Nino come un’ammissione di colpa.
“Vedo che la memoria ti è tornata. Se hai capito puoi anche andare via. Vorrei stare solo” chiese, spingendolo via malamente per un braccio, ma Ohno si fermò.
“No, ascolta. Riguarda il compleanno di Chinen-kun? È lui la persona poco raccomandabile?” volle sapere con precisione.
“Riguarda il compleanno di Chinen-kun?” lo scimmiottò il più piccolo senza rispondergli. “Sbaglio o dopo le registrazioni ti ha chiesto di uscire insieme?”
“Nino…”
“No, niente Nino. Lo sai cosa si dice di quel ragazzino, che abbia una cotta per te e tu vuoi fomentare queste voci? Vuoi che la gente inizi a farsi strane idee su una possibile relazione tra voi?” lo interrogò incalzante, come se sapesse di avere ragione.
“Nino, se mi lasci parlare…” tentò Ohno, ma l’altro era fuori controllo.
“No che non ti lascio parlare. Non puoi parlare!”
“Io non c’ero…” sbottò il Riida, alzando il tono di voce come non gli capitava spesso.
“Oh certo è l’unica cosa che sai… cosa?”
“Mi ha invitato alla sua festa di compleanno è vero, ma non c’ero, non ci sono andato! Per questo mi ha chiesto di andare a pranzo insieme.”
“Perché?”
“Perché cosa?” iniziava a essere confuso da tutte quelle domande e l’umore altalenante di Nino non aiutava.
“Perché non sei andato alla festa e… perché ora sei qui?”
Invece che con lui, avrebbe voluto aggiungere.
“Perché sapevo che ci saresti stato male.”
“L’hai fatto per me?”
“No… cioè sì e non avrei dovuto, perché tu non ti fidi di me.”
“Di te sì, degli altri di meno.”
“Ti giustifichi sempre così e, sinceramente, mi sono stufato” sbottò Ohno, lasciando Nino senza parole.
“Mi sono stancato di questo tuo atteggiamento, non posso mai fare niente senza che tu abbia da ridire. Non sei mia madre o il mio manager! Credevo fosse il tuo modo per dimostrare che ti interessi a me e ti preoccupi, ma stai esagerando. Non sono una tua proprietà, non sono il tuo giocattolo. Noi… noi non stiamo mica insieme e non vedo perché debba venire a rendere conto a te di quello che faccio nella mia vita privata!” concluse, con il fiato leggermente accelerato.
Non aveva mai parlato così tanto e con tanto fervore. Ninomiya rimase a osservarlo senza sapere cosa dire, senza riuscire a pensare a niente se non al significato di quella sfuriata.
Era vero, Satoshi non gli apparteneva. Era il suo Riida. No, sbagliato, era il Riida degli Arashi, ma non era una sua proprietà. Non era un’esclusiva di Ninomiya Kazunari, era solo lavoro.
O almeno, così sarebbe dovuto essere fin dall’inizio, ma Nino non era mai riuscito a considerare Satoshi solo un collega di lavoro, come non vi riusciva con Aiba, Sho e Jun, ma, a differenza loro, che definiva senza alcun tipo di problema amici, degli amici fidati, Satoshi non era per lui solo quello, pensare a lui come suo amico sarebbe stato riduttivo.
E lo sapeva il perché. Sapeva perché solo con Ohno si comportava come se ogni cosa che facesse senza di lui venisse considerato un tradimento; perché, ogni volta che vedeva Satoshi lavorare con qualcuno al di fuori dei compagni di gruppo si sentiva in ansia, se lo vedeva scherzare e ridere con qualcuno che non fosse lui si sentiva messo da parte e infastidito. Era geloso.
E lo era perché, se Satoshi avesse trovato qualcuno con cui stare bene al di là del lavoro, temeva di perderlo.
Non voleva che qualcuno potesse portarglielo via.
Era geloso perché era innamorato di lui, ma ancora non era riuscito a dirglielo, perché, paradossalmente, aveva paura di perderlo proprio per questo motivo.
Tanto più sentiva che i suoi sentimenti crescevano, giorno dopo giorno, tanto più acquistava consapevolezza di ciò, tanto più diventava difficile confessarglielo.
Ohno lo guardò, aspettando che dicesse qualcosa, poi scosse la testa: “È inutile, tanto non capisci” sospirò, tornando verso l’ingresso, per andarsene.
“Cosa?” Nino si riscosse in fretta. “Cosa non capisco, Riida?”
“Io sarò anche addormentato, ma tu non credere di essere più sveglio, Nino” gli disse ancora, mentre si infilava le scarpe, dandogli la schiena. “Se non ci arrivi neanche dopo quello che ti ho detto, allora mi sono sbagliato” si arrese. “Ci vediamo domani” lo salutò svelto, volendo uscire in fretta da quella casa: aveva già fatto abbastanza la parte dell’idiota.
“No, aspetta!” Nino lo fermò, ancor prima di poterlo pensare, il proprio corpo si era mosso da solo e aveva stretto Ohno in un abbraccio. “Non andare” gli aveva chiesto, il volto premuto contro la schiena dell’altro, aggrappandosi con le mani al maglione.
“Perché?” aveva chiesto semplicemente il più grande. Nino si mosse piano, allontanandosi da lui e allentando la stretta, permettendo a Satoshi di voltarsi per guardarlo.
“Perché dovrei stare ancora qui a farmi rimproverare da te per qualcosa che-”
“Perché sono innamorato di te” lo interruppe Kazunari. “Perché se mi comporto da pazzo con te è perché sono geloso. Sono inspiegabilmente e incoerentemente geloso. Perché avevo paura di dirti quello che provavo per te, perché non voglio perderti e le tue parole di prima forse mi fanno pensare che…”
“Forse?” domandò sarcastico Satoshi, ma il suo viso non era più irritato, era rilassato e cercava di non gongolare apertamente per essere riuscito a mettere alle strette il più piccolo.
“Non prendermi in giro!” lo redarguì Ninomiya.
“Te lo meriti, per tutte le volte che ti sei comportato da folle.”
“Ti ho spiegato che” si fermò.
“Che…?”
“Hai capito.”
“Sì e l’ho capito da molto tempo, ma tu non hai colto i segnali.”
“Che segnali, scusa?” lo guardò Nino, confuso, a sua volta più tranquillo, aveva compreso che, in un modo molto, ma molto strano e particolare, avevano sistemato tutto. Mancava solo una cosa da fare.
“Hai sempre quell’espressione semi annoiata in volto che non si capisce mai a cosa pensi.”
“Ti vanti sempre di essere migliore di me, potevi arrivarci da solo.”
“E come? Sentiamo.”
“Tanto per cominciare da questo” gli disse, prendendogli la mano e intrecciandola con la sua. Nino lo guardò, fintamente scettico.
“O da questo” continuò Ohno abbracciandolo e accarezzandogli lentamente il collo, arruffandogli poi i capelli.
Nino scosse il capo e lo afferrò per lo scollo del maglione, avvicinandolo a sé: “Sì, puoi anche aver ragione, ma sarebbe stato tutto molto più semplice se tu avessi fatto direttamente questo” disse, prima di posare le labbra sulle sue per baciarlo.

arashi: ninomiya kazunari, comm: 24ore, challenge: la coppa delle lande, fanfiction: arashi, pairing: ohmiya, arashi: ohno satoshi, rpf, warning: slash

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