Glee. Cut and sew

Feb 04, 2013 23:25

T​itolo: Cut and sew
Fandom: Glee
Pair//Chara: Kurt Hummel, Blaine Anderson
Rating: PG
Avvertimenti: gen, AU
Conteggio Parole: 2091
Note: Scritta per la seconda settimana del COW-T 3, per la seconda missione, con prompt "Gonna" :) i pg non sono miei, obv, ma appartengono alla Fox e tutto il resto. E' una AU, probabilmente scriverò altro di questo verse, ho cose belline in mente ;) qui, Kurt e Blaine hanno un anno di differenza al contrario, Blaine ha 20 anni e Kurt ne ha 19. Enjoy :D

New York era grande, sconfinata, frenetica.
New York era sempre piena di gente, a qualsiasi ora del giorno e della notte.
New York era questo e molto altro, ma per Kurt Hummel era prima di tutto il suo grande sogno. Il resto veniva dopo. Ogni più piccolo dettaglio sembrava passare in secondo piano, perché lui, in quel momento, poteva finalmente andare nella città nella quale aveva sempre desiderato essere, fin da bambino.
E aveva intenzione di restarci per un lungo, lunghissimo periodo.

*

Quando Kurt ricevette la lettera di conferma dalla Parsons non ebbe la forza di urlare, anche se era praticamente certo che sarebbe stata la sua prima reazione.

“Gentile signor Hummel,
Siamo lieti di informarla che siamo rimasti piacevolmente colpiti dal considerevole portfolio da lei mandatoci, e con la presente le comunichiamo ufficialmente che la sua domanda di ammissione alla Parsons, Nuova scuola di Design, è stata accettata, nello specifico per il corso di Fashion Design. Con la speranza di vederla al più presto, le mandiamo i nostri più cordiali saluti e le diamo il benvenuto.”

Decise semplicemente di sedersi sul divano del salotto, aspettando il ritorno a casa di qualcuno della sua famiglia, che sembrava essersi improvvisamente volatilizzata, in quel sabato mattina. Razionalizzando, Kurt capì che Carol e Finn erano a fare la spesa e che Burt aveva fatto un salto in officina per vedere come se la cavavano senza di lui.
Aveva gli occhi lucidi, non aveva ancora pianto, e si rese conto di aver fissato la lettera per più di mezz’ora solo quando la porta d’ingresso sbatté. La voce di Finn giunse alle sue orecchie, subito dopo si aggiunse quella di Carol e infine quella di suo padre. Si alzò dal divano e andò in cucina, senza sapere bene cosa dire. Anche se non era una cosa poi così difficile, in quel momento, gli sembrava quasi di aver cancellato l’intero vocabolario dal cervello.
Carol si spaventò nel vederlo, dato che forse aveva gli occhi un po’ più lucidi di ciò che era si era immaginato, e Burt fu il primo a chiederli cosa fosse successo.

“Non è successo nulla,” rispose Kurt, lasciandosi andare al primo sorriso da quando aveva aperto la busta “non guardatemi con quelle facce preoccupate!” aggiunse, ridendo perché si era sicuramente mostrato anche lui con un’espressione turbata, all’inizio.

Strinse la lettera tra le dita, incurante della carta che si piegava e stropicciava.

“Sono stato preso alla Parsons!” disse, lasciando scendere un paio di lacrime di felicità quando Burt lo strinse forte tra le braccia.

New York era grande, sconfinata, frenetica.
New York era sempre piena di gente, a qualsiasi ora del giorno e della notte.
Ed era appena diventata la sua realtà.

*

Ma New York si rivelò essere per Kurt non solo la realizzazione ultima di quella che era stata, fin a qualche mese prima, solo una fantasia molto vivida, ma anche altro, forse tanto importante quanto il motivo per il quale era lì.
Quel qualcos’altro si presentò a lui in modo esplosivo, letteralmente, facendo finire il suo fondoschiena per la prima volta sul suolo newyorkese in modo del tutto poco aggraziato.

“OH! Mi dispiace! Sono mortificato! Stai bene?!”

Fu ciò che Kurt sentì subito dopo, e, mentre ringraziava il cielo per avere scelto i pantaloni neri e non bianchi, alzò il viso per vedere a chi appartenesse quella voce tanto dispiaciuta; doveva esserlo, si corresse Kurt, aggrottando la fronte, aveva rovinato il suo prima ingresso alla Parsons, finendogli letteralmente addosso!

“Davvero, stai bene?” chiese di nuovo il ragazzo, tendendogli una mano.

Kurt la prese volentieri e si alzò, spolverandosi i pantaloni ancora con espressione crucciata. Eppure, tutti i suoi buoni propositi per mostrarsi il più arrabbiato possibile, svanirono come neve al sole quando alzò gli occhi verso l’altro. Schiuse le labbra, cercando le parole, annaspando quasi. Perché gli veniva così difficile comunicare in modo normale ultimamente?

“Tutto ok,” mormorò Kurt, cercando di non sembrare scostante.
“Sei sicuro? Ti ho fatto proprio fare un bel volo…” rispose il ragazzo ancora senza nome, con delle ridicoli ed enormi sopracciglia a triangolo, increspate in senso di pentimento.
Kurt annuì, schiaffeggiandosi mentalmente “Sono sicuro,” disse, sistemandosi nuovamente la borsa di pelle in spalla “niente di rotto, tranquillo,” aggiunse, con un sorriso sicuro.
“Per fortuna,” sospirò “stai entrando alla Parsons? Sei uno studente?” chiese, forse con un po’ di scetticismo nella voce.
“Sì,” disse subito Kurt, tornando a scurirsi in volto “perché? E’ così stano che io sia iscritto qui?”
“Oh! No! Non fraintendermi, è che tu sembri avere la mia stessa età e non ti ho mai visto qui…sei nuovo immagino, primo anno?” si corresse, assottigliando le labbra in un sorriso che fece tremare le ginocchia di Kurt, ma fu bravo a non darlo a vedere.
“Esattamente, primo anno, primo giorno, corso di Fashion Design,” spiegò, tendendo infine la mano “Kurt Hummel, visto che forse saremo colleghi è bene non essere del tutto sconosciuti”
“Che sbadato, ancora non mi sono presentato!” esclamò, stringendo subito la sua mano, forte e deciso “Blaine Anderson!” continuò, sistemandosi il papillon al collo che lo rendeva al tempo stesso ridicolo ma adorabile “Secondo anno, primo giorno, corso di Fashion Design”
“Uh,” mormorò Kurt “colleghi per il momento, ma in un futuro lavorativo saremo rivali,” disse, facendogli l’occhiolino con una confidenza che non sapeva davvero da dove fosse uscita.

Blaine rise, scostandosi per farlo finalmente passare mentre entravano insieme attraverso le porte d’ingresso della Parsons.
Kurt si inebriò dall’aria che si respirava lì, schiacciato da qualcosa di non ben definito, ma che gli era sembrato così distante, e che, invece, in quel momento, era così tangibile da fargli quasi male. Blaine osservò l’espressione sul suo volto e sorrise, dandogli un piccolo colpetto sulla spalla con la propria.

“E’ travolgente, non è vero?” chiese, osservandolo ancora.
“Sì, decisamente…” disse Kurt in un piccolo soffio, ancora sconvolto nel vedere arte, arte, arte ovunque “ma…” si girò per guardarlo “tu non stavi correndo da qualche parte? Mi hai…buttato giù per terra, spero almeno sia per un buon motivo!”
Blaine sbiancò, portandosi una mano sulla fronte “La consegna di Disegno!” sussurrò, stringendo il braccio di Kurt “Devo davvero, davvero scappare. Immagino però che ci vedremo in giro, se hai bisogno, chiedi di Blaine Anderson ai ragazzi del secondo anno! A presto!” e con quelle ultime parole, Blaine scappò via su per le scale.

Kurt rise tra sé, tornando ad osservare il via vai della Parsons, tanto frenetico e caotico quanto New York stessa. Il cuore gli si strinse un po’ mentre si incamminava verso la sua prima lezione di Disegno, pensando che, sì, quello era certamente il posto per lui.

*

Dopo solo un mese, Kurt iniziò ad avere i primi ripensamenti.
New York era meravigliosa, la Parsons coinvolgente, i suoi compagni di corso così stupidamente bravi, ma lui aveva dei grossi problemi.
Con una persona? Con un professore? Forse con un vicino? No.
Con una gonna.
Chi l’avrebbe mai immaginato che fare una semplice gonna a pieghe, sarebbe stata una delle sfide più difficili della sua intera vita! A soli dodici anni, non aveva trovato poi così complesso modificare per se stesso un vecchio maglione di suo padre, o, a quattordici, rifinire una delle gonne di sua madre (utilizzata con il consenso di Burt, ovviamente), solo perché non aveva il coraggio di andare in un negozio e comprarne, da mettere sopra i pantaloni.
Eppure, fare da zero una gonna, era, di certo, una cosa impossibile, ormai Kurt, che in quel momento vedeva tutto nero, ne era più che convinto.

“Problemi?” chiese una voce all’improvviso, che lo fece sussultare.

Per precauzione, Kurt si era chiuso in un’aula di cucito vuota, informandosi prima della disponibilità. Quindi fece un bel salto quando qualcuno lo approcciò, e quando quel qualcuno si rivelò Blaine Anderson, non poté fare a meno di spalancare gli occhi e arrossire. Nascose gli schizzi per varie gonne e la stoffa che stava massacrando con forbici e ago, per poi sorrise imbarazzato.

“No!” sussurrò, stringendosi nelle spalle nervoso “No, assolutamente, perché? Ti sembra che io abbia qualche…problema?”
Blaine sorrise divertito, accomodandosi di fronte a lui “Mh…e quella stoffa lì dietro cos’è? Stai attento a non pungerti con l’ago, non è una cosa molto saggia da fare…” disse, alzando una mano con un paio di cerotti sull’indice.
“N-Non-” balbettò, avvampando sulle guance, su, fino alle orecchie “non ce la farò mai, e non è da me arrendermi alla prima difficoltà, tutt’altro, ma sono…certo che non ce la farò mai, capisci?”
“In realtà no,” rispose Blaine, ridacchiando e appoggiando il mento sulle braccia incrociate sul tavolo “spiegami?” provò, piangendo la testa di lato.

Kurt sbuffò e tirò fuori la stoffa da dietro la schiena. Era stropicciata, tagliuzzata, sull’orlo dell’inutilizzabile, se non per creare delle graziose presine da cucina.

“Aah…” mormorò Blaine, notando subito la forma circolare del tessuto di un bel blu intenso “gonna a pieghe, vero?”
Kurt si illuminò, guardandolo confuso “Come…beh, la forma è facilmente riconoscibile ma…” borbottò.
“E’ il primo compito che danno, il primo…vero compito. Creare una gonna, possibilmente a pieghe. E’ difficile, non quanto dei pantaloni, ma più di una semplice casacca. Una gonna a pieghe è molto complesse, e il risultato deve essere impeccabile. Devi stare attento alle pieghe, ad ogni più piccolo centimetro, e-”
“Ho capito, ho capito, Blaine!” esclamò Kurt, infilando l’ago nel puntaspilli da polso e sbuffando ancora più forte “Ho capito che è difficile, sai, guarda caso ci ero arrivato anche da solo...altrimenti non sarei qui, all’ora di pranzo, con un buco allo stomaco e la speranza che nessuno entri da questa porta per vedermi fallire clamorosamente!” disse tutto d’un fiato, ansimando appena quando terminò.
“…wow,” sussurrò Blaine, vicino al battere le mani per alleggerire la tensione, ma riuscendo fortunatamente a capire che non era proprio il caso; optò per un “tutto qui?” sperando non fosse troppo.

In tutta risposta, Kurt incrociò le braccia dopo aver gettato via la stoffa, abbassando lo sguardo. L’idea di un fallimento così prematuro lo infastidiva molto, senza contare che tale fallimento si stava consumando di fronte a Blaine, forse l’unica persona che era stata gentile, cordiale e dolce con lui, in quel primo mese alla Parsons.

“Ho detto…tutto qui?” ripeté Blaine, allungandosi per riacchiappare la stoffa “Perché se è solo questo,” la agitò “il problema che ti affligge, allora posso aiutarti io. Non ti sto proponendo di barare di fartela, ovviamente, ma posso comunque farti un veloce ripasso, darti dei piccoli consigli, cose semplici e indolore. Che ne dici?” chiese, con il suo solito sorriso smagliante.
“Non so se è il caso, Blaine…” mormorò Kurt, sfiorando i bordi irregolari della gonna -che non sarebbe mai diventata una vera gonna- “non voglio disturbarti e voglio farcela da solo…” disse, orgoglioso.
“Allora prendi un nuovo metro di stoffa, inizia a lavorare e io starò qui senza…aiutarti ma aiutandoti!”
“Non ha molto senso,” disse Kurt, ridendo sommessamente “ma può andare…”

Blaine mantenne il sorriso e Kurt iniziò a lavorare a testa bassa.
Stranamente, l’atmosfera non era pesante o imbarazzata, tutt’altro. Blaine gli raccontava di quello che avevano fatto durante la lezione di Disegno, dei lavori di gruppo che avrebbero intrapreso quell’anno, della paura di sentire il mondo del lavoro sempre più vicino e così dannatamente competitivo. Ogni tanto, dava un suggerimento a Kurt, che rimediava con velocità ai propri errori.
Quando si lasciarono, sul tardi, la gonna non era ancora finita, ma il numero di Blaine era stato scritto sullo blocco degli schizzi di Kurt, in attesa di essere utilizzato.

*

Due giorni dopo quel terribile -e allo stesso tempo fantastico- pomeriggio, Kurt trovò finalmente il coraggio necessario per trascrivere il numero di Blaine Anderson sul cellulare.
Ma aspettò ancora qualche ora prima di scrivergli, non perché non sapesse cosa scrivergli (anche, in realtà, ma Kurt preferiva non ammetterlo a se stesso, tanto si vergognava), ma perché voleva, pretendeva fosse speciale.
Proprio come era stato Blaine per lui fino a quel momento.
Si avvicinò al letto, dove era delicatamente stesa la gonna a pieghe più bella che avesse mai visto. L’aveva terminata con calma, senza perderci ulteriormente la testa, e comunque nei tempi prestabiliti; l’aveva abbellita con dei pois bianchi fatti a mano con la vernice acrilica, rendendola un po’ più speciale. Aprì la fotocamera e ne scattò una foto, per poi allegarlo in un messaggio per Blaine.

Per: Blaine Anderson
Oggetto: Gonna terminata! :) Mi sentivo in dovere di scriverti per renderti partecipe della realizzazione ultima della mia prima gonna. Probabilmente tra qualche anno la guarderò e la troverò orribile…ma per il momento mi sembra fantastica. Mi fa pensare a quanto mi ci sia impegnato e a quanto io abbia ottenuto…e mi fa pensare a te. Grazie Blaine, non avermi fatto buttar via anni di sogni per una piccola incertezza iniziale. Il prossimo caffè te lo offro io! :)

Invio.
Sorrise, e si sedette sul letto, aspettando, insieme alla sua prima, vera gonna.

challenge: cow-t 3, chara: kurt hummel, chara: blaine anderson

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