Ti Vorrei Sollevare - Capitolo 7

Oct 14, 2013 16:19

Fandom: Supernatural.
Pairing/Personaggi: Castiel/Dean, Gabriel/Sam.
Rating: NC17/NSFW.
Beta: Koorime_yu.
Chapters: 7/8.
Genere: Angst (?), Erotico, Introspettivo, Romantico.
Warning: Sesso descrittivo, Slash, Spin off, Spoiler (7x12 - Time after time), What if.
Words: 6163/38218 (fiumidiparole).
Summary: L’Apocalisse è finita, Sam è salvo, Gabriel ha di nuovo tutte le sue ali e Castiel è vivo. Ma umano. E Dean - be’, Dean è quello che deve occuparsene, no?
Note: equel di A Look from You and I would Fall from Grace. Il titolo della storia è preso in prestito all’omonima canzone di Elisa e Giuliano Sangiorgi, anche se la storia non ha nulla a che fare con essa; ho sempre trovato che fosse un titolo meraviglioso, tutto qui :P

« Capitolo Precedente | Masterpost | Capitolo successivo »

DISCLAIMER: Non mi appartengono e non ci guadagno nulla ù_ù

Ti Vorrei Sollevare
Capitolo 7

Il silenzio fu rotto da un suono ritmico e vibrante, e Dean sussultò. Troppo assonnato, gli ci volle qualche secondo per identificare il rumore - il cellulare che tremava sul comodino, in modalità silenzioso - e, prima che potesse reagire, tutto finì.
«Pronto?» bisbigliò Castiel, rauco di sonno.
Una volta che figurò la situazione - Cas stava rispondendo al suo cellulare - e ricordò dov’erano - al sicuro, nella loro camera - e che non c’erano cacce a mordergli il culo, Dean si rilassò di nuovo, lasciandosi avvolgere da una pesante sonnolenza. Non si disturbò nemmeno ad aprire gli occhi e restò esattamente lì dov’era, steso comodo sul petto del suo angelo.
«Buongiorno, fratello» mormorò questi. «Uhm? Oh… pensavo fosse più presto».
Cas sospirò, passando le dita in modo assente tra i capelli di Dean, come se si trattasse di un animaletto che si fosse intrufolato tra le coperte per acciambellarsi sul suo petto. Non aiutava il fatto che lui strusciò una guancia sul suo sterno, dove la voce bassa di Castiel risuonava in brevi tuoni; non era sveglio, non davvero, ma non era nemmeno del tutto addormentato.
«Sì, sto bene» stava dicendo l’amico. «È- è stato solo un momento, non si ripeterà». Ci fu un attimo di pausa, poi Castiel asserì con voce più morbida: «Non devi preoccuparti. Dean si è preso buona cura di me».
Sentendosi nominare, il cacciatore si mosse appena, stringendo la presa intorno alla sua vita, quasi troppo. Castiel era completamente immobilizzato dai fianchi in giù, schiacciato dal suo peso, ma piuttosto che cercare di riprendere spazio, passò una gamba attorno a Dean, tirandoselo addosso ancora di più.
«Sta ancora dormendo» sussurrò, passandogli la mano libera su e giù per la schiena. «Questa- questa è un’idea sciocca» continuò, sembrando un po’ più sveglio e… imbarazzato? «No, io non-non è necessario fare nulla. Sono contento così».
Dean mugugnò, infastidito dalla tensione che stava irrigidendo tutto il corpo di Castiel, e dita gentili tornarono tra i suoi capelli, calmanti.
«Non ha importanza» sussurrò l’angelo in tono spento, mesto, rilassandosi lentamente sotto di lui. Ci fu un altro momento di silenzio, probabilmente il tempo necessario perché l’interlocutore - Gabriel? - dicesse qualcosa, ma lui tagliò corto. «Non è il momento di parlarne. Sì. Salutami Sam» e poi chiuse la chiamata.
Dean percepì il rumore del cellulare che veniva poggiato sul comodino e sospirò contento. Castiel lo coprì con attenzione, tirandogli le coperte fin sopra le spalle, e stavolta entrambe le mani si unirono sotto il piumone per accarezzargli le braccia, la schiena, la nuca, tutta la cute. Un palmo caldo si accoccolò sulla curva del collo, sfregando la guancia con il pollice.
Il ragazzo biascicò qualcosa d’inintelligibile, aggrappandosi con forza alla patina di sonno che ancora gli offuscava i ragionamenti, perché non voleva svegliarsi; era tutto perfetto.
«Dean» mormorò Cas, ed era un sospiro sofferto, un’invocazione, quasi una preghiera. Verso chi o cosa non era ben chiaro, ma lui aprì gli occhi comunque, le ciglia ancora incastrate agli angoli e un interrogativo nello sguardo assonnato.
Gli occhi di Castiel erano un po’ troppo blu, a volte, come se un pennello avesse lasciato cadere una goccia d’inchiostro all’interno dell’iride, oscurandoli. Una sfumatura che faceva male al cuore.
Dean passò quasi un minuto intero a osservarlo, chiedendogli silenziosamente cosa c’era che non andasse, o forse aspettando che si decidesse a parlare, poi ricordò. Il sogno, il primo risveglio quella notte, e il resto.
«Merda» sbottò, tirandosi un po’ su. «‘Fanculo» ringhiò, scivolando via dal corpo dell’angelo.
Cas allungò una mano e gli afferrò un gomito, trattenendolo con una presa ferrea. Il ragazzo sollevò lentamente lo sguardo, esitante, scoprendo le sue sopracciglia aggrottate e una sfumatura di panico nei suoi occhi.
«Mi dispiace» buttò fuori, stringendo i denti.
La camicia del pigiama di Cas era spalancata, due ali sfatte che esponevano il petto pallido, lividi viola sulle sue anche, piccoli bottoni sulla moquette e tra le pieghe delle lenzuola.
Dean si sfregò la bocca con il palmo, distogliendo lo sguardo. Cercò di deglutire il forte senso di nausea che gli chiudeva la gola, ma non ebbe molto successo. Che cazzo ho fatto? Non poteva davvero aver gettato Castiel in mezzo a quel sogno, quel ricordo tra tutti, nelle mani di Alaister. Cristo, imprecò, con il suo sapore ancora in bocca.
L’angelo si mise seduto e gli chiuse le mani sulle braccia, cercando di incontrare i suoi occhi, il cuore che pulsava veloce nelle vene del collo, l’impronta sul petto che spiccava vivida come un succhiotto. Dean cercò di sottrarsi, ma lui non glielo permise.
«Non-» mormorò trattenendolo. «Non farlo. Ti prego».
Il cacciatore scosse il capo. Gli occhi fissi sui segni di denti attorno alla bruciatura. I suoi denti. Sul petto di Castiel. Lo aveva… molestato. Il sangue defluì dal suo volto e la nausea tornò più forte di prima.
Cas strinse la presa sino a fargli male, fino a sbiancare le nocche attorno ai suoi bicipiti, riscuotendolo dallo shock. Dean sollevò lo sguardo sui suoi occhi, decisi, duri come granito.
«Va tutto bene» disse l’amico, scuotendolo leggermente quando lui deglutì e cercò di obiettare. «È tutto a posto» continuò con più fermezza. «Respira. Dean, respira piano» ordinò e solo allora lui si rese conto che la sua respirazione era andata a fanculo, troppo rapida, troppo sincopata.
Sto iperventilando, riconobbe quasi con distacco. E quello in qualche modo bastò a convincerlo a concentrarsi sul proprio fiato, sul battito cardiaco che gli rimbombava nelle orecchie. Dentro e fuori, piano, più lento, più lento, istruì se stesso, okay.

*°*°*°*°*

La Nova scivolava liscia sull’asfalto, macinando chilometri di strada con un ronfare basso e armonico, confortante. Ma non era abbastanza, non oggi. A Dean mancava la sua bambina, che Sam aveva preso per andare a caccia con l’arcangelo, eppure non era certo che nemmeno lei sarebbe stata d’aiuto.
Allungò le mani verso il riscaldamento per alzare la temperatura; le dita gli tremavano così forte che quasi non riuscì a stringere la presa sulla manopola dell’aria calda. Non riusciva a pensare, a malapena vedeva la strada. Infine parcheggiò in una piazzola di sosta, in mezzo al nulla. Lasciò l’auto in folle e tirò il freno a mano. Il cuore gli batteva nei timpani, assordante.
Aveva solo una vaga idea di come fosse uscito dalla stanza. A un certo punto doveva essersi infilato dei vestiti e aver afferrato le chiavi, ma non riusciva a ricordarlo.
Un battito d’ali risuonò accanto a lui, facendolo sussultare. Gabriel. Gabriel al suo fianco, che lo fissava con uno sguardo freddo e alieno, troppo giallo.
«Che cazzo stai facendo?» domandò l’arcangelo, con eccessiva calma; collera divina a stento trattenuta.
«Come mi hai trovato?» replicò Dean, confuso, lo sguardo vacuo. C’erano dei sigilli sul suo costato, gli angeli non avrebbero dovuto rintracciarlo così facilmente, no?
«Ho modificato i ghirigori sulle tue ossa settimane fa, Winchester» spiegò, gelido. «Che cazzo stai facendo?» ripeté.
«Non lo so» ammise.
Quello fu abbastanza per far accigliare Gabriel, perché non era da Dean quella risposta, il tono vuoto della sua voce.
«Torna indietro» gli ordinò. «Rimetti in moto la macchina e torna indietro».
Dean scosse il capo, serrando i pugni per nascondere il tremore, i denti che battevano dal freddo.
«Non te lo sto chiedendo, ragazzino. Se non lo fai di tua volontà, ti ci porto io».
«Non- non posso» smozzicò, cercando di non mordersi la lingua.
Gabriel allungò una mano, veloce come un serpente, e strinse la presa sulla mascella, così forte che i suoi denti smisero di battere. «Lasciami essere più chiaro» sibilò, freddandolo con quegli occhi alieni. «Non me ne frega un cazzo di quello che vuoi. Riserva le tue seghe mentali a un altro momento e torna da Castiel» scandì.
Un attimo dopo la Nova non era più parcheggiata nella piazzola di sosta in una strada senza nome, ma era tornata dritta al punto di partenza, nello spiazzale davanti al motel, e accanto a lei c’era l’Impala.
Gabriel lo lasciò andare quasi con disgusto. «Ora cresci e sii uomo» gli comandò, sparendo in un battito d’ali.
La porta della loro camera era socchiusa, e Dean dovette prendere un respiro profondo e deglutire, prima di spingerla con mani tremanti. La stanza era semibuia e gli ci volle qualche secondo per individuare la figura rannicchiata sul letto, chiusa su se stessa in posizione di recupero, con le gambe strette al petto e la testa tra le ginocchia - Castiel.
Sam era seduto sul bordo del materasso, accanto a lui, e gli strinse meglio una coperta sulle spalle. Una delle sue grosse mani era chiusa attorno a una tazza fumante.
«Cerca di berne un po’, amico» gli sentì dire Dean.
L’angelo non rispose, nemmeno alzò il capo, poi Sam notò la sua sagoma sulla porta.
«Dean!» esclamò. «Dov’eri? Stai- stai bene?»
Ma anche lui lo ignorò, perché Cas aveva alzato il viso, e i suoi occhi erano lucidi e febbrili, le labbra troppo pallide, quasi blu. Castiel non gli chiese dove fosse stato o se stesse bene, tutto ciò che riuscì a tirare fuori dai denti fu: «Perché?» e suonava così spezzato, così perso.
Dean non sapeva cosa dire. Forse non c’era nulla da dire.
«Perché?» chiese ancora Castiel, più forte. «Cosa ti ho fatto?»
Lui scosse il capo e strinse una mano sullo stipite della porta, cercando un appiglio. «Mi dispiace» disse di nuovo.
Sam sparì in qualcosa si molto simile a uno sbuffo, probabilmente portato via da Gabriel, ma Dean quasi non se ne accorse, non mentre Cas lo fissava in quel modo, come se stesse per Cadere di nuovo e tutto da capo.
«Non- non volevo trascinarti in quel-» tentò e chiuse gli occhi, stringendo le palpebre fino a vedere stelle bianche sul fondo nero. Quando lì riaprì, Castiel era di fronte a lui.
Dean gelò, non sapendo bene cosa fare, come muoversi.
«Vieni dentro» bisbigliò l’angelo, quasi senza voce, sospingendolo ad avanzare il tanto che bastava per chiudere la porta dietro di lui. «Cosa ti ho fatto?» chiese ancora, le spalle curve, la voce appena udibile; sembrava che lui gli avesse rubato tutte le energie.
«Non sei tu. Sono io che mi sono- ti ho fatto- Non so davvero cosa mi è preso» smozzicò e, Cristo, aveva così freddo, così tanto freddo, ma non poteva toccare Castiel, non dopo il modo in cui lo aveva trattato.
«Ti avevo supplicato di non andartene» mormorò lui.
«Non puoi sul serio volere- dopo quello».
L’angelo aggrottò la fronte. «Quello cosa, Dean?»
«Lo sai» disse nervosamente lui, gli occhi che cadevano sul suo petto, sulle macchie che gli aveva lasciato, volgari come un’impronta di rossetto su un colletto bianco.
Castiel frullò le ciglia, confuso, sorpreso. E un attimo dopo Dean si ritrovò sbattuto sulla porta, mentre le mani dell’amico gli strappavano con violenza la maglia, tirandogliela via di dosso, finché non ebbe la sua pelle nuda tra le mani, la bruciatura sulla sua spalla sotto le labbra, tra i denti, sulla lingua. Il cacciatore singhiozzò, senza fiato; era come se Cas stesse leccando zone molto più intime, spedendo scosse elettriche dritte al suo cervello, mordendo la sua anima.
Castiel succhiò gli orli in rilievo del marchio e le ginocchia di Dean cedettero. L’angelo lo tenne contro la porta ghermendo i suoi fianchi, spingendogli un ginocchio tra le gambe. Ricalcò con la lingua ogni falange, producendo piccoli suoni osceni che andavano dritti al suo inguine.
«Cas» gemette, le dita artigliate alla sua camicia, il petto schiacciato contro il suo, pelle contro pelle.
L’angelo spinse i fianchi sui suoi e Dean si inarcò contro la porta, la testa che girava come un carosello, il corpo in fiamme. E all’improvviso tutto finì.
Riaprì gli occhi e Castiel era là che lo fissava, il volto impassibile, le labbra rosse e gonfie, il cazzo duro premuto contro il suo.
«Era questo che ti preoccupava?»
Lui lo fissò a occhi sgranati, il respiro ingolfato nei polmoni, l’uccello che pulsava contro la patta dei jeans. Merda.
Capì cosa stava per succede un momento prima che accadesse e avrebbe avuto tutto il tempo per evitarlo, mentre l’amico accostava lentamente il viso al suo, ma non lo fece. Rimase immobile, lasciando che Cas premesse le labbra sulle sue, il corpo che tremava per motivi che non avevano nulla a che fare con il freddo.
Oddio, pensò, perché le labbra di Castiel erano morbide, tremendamente morbide contro le sue. Asciutte, un po’ screpolate, ma così piene, così soffici, e il mento ruvido di barba grattò contro il suo quando Cas trovò l’angolazione perfetta per infilargli la lingua in bocca, una languida carezza che- Cristo, merda, figlio di puttana. Il moccioso sapeva benissimo come baciare. E non avrebbe dovuto essere così stupefacente, no? Essere vergine non voleva dire non aver mai baciato. Ma c’era quella sicurezza, quella con cui l’angelo lo teneva premuto contro di sé e lo guidava con mano decisa, che era del tutto inaspettata e ridusse i suoi pensieri in fumo.
Castiel si scostò gentilmente e Dean si scoprì a seguirlo, prolungare il contatto un secondo di più, schiudendo le ciglia per incontrare uno sguardo interrogativo su quel viso ancora duro come pietra.
«Cos- cosa-?» smozzicò, confuso. Che diavolo succede?
«Okay?» domandò l’amico, accarezzandogli uno zigomo. E no, no Cristo, nulla era okay, ma Dean annuì impercettibilmente, si leccò le labbra, e Cas ricominciò a baciarlo, e ‘fanculo davvero lui non capiva più un cazzo.
Si lasciò sfuggire un ansito, mentre l’angelo premeva con attenzione i fianchi sui suoi, muovendosi il tanto che bastava per strusciare tutta la lunghezza dell’uccello ancora intrappolato nei pantaloni contro il suo, allo stesso modo in cui gli spingeva la lingua in bocca, umida, calda. Dio. Dean si aggrappò alle sue spalle, tirandolo contro di sé, dimenticandosi di respirare, ma non sembrava una cosa poi tanto importante.
Castiel gli baciò le labbra - «Dean» - le succhiò - «Dean» - le baciò ancora. «Dean» ansimò contro di esse, quasi una preghiera. Schiacciò la fronte contro la sua guancia, nascondendosi, il corpo che tremava quanto il suo. «Voglio farti cose- cose che ho visto soltanto, cose che non mai pensato di fare a nessun altro, con nessun altro».
Lui gli prese il viso tra le mani, cercando i suoi occhi, imparando di nuovo a respirare. «Pensavo-» ansimò, prese fiato, «pensavo che volessi farle con qualcun altro, quelle cose».
Castiel scosse il capo. «Nessun altro,» gli baciò il palmo di una mano, «nessun altro» leccò due dita e le infilò in bocca.
«Cristo» ansò il cacciatore. «Dove diavolo le hai imparate queste stronzate?» Aveva fatto ricerche nei porno o cosa?
Lui si accigliò appena, succhiandogli un polpastrello. «Da nessuna parte. È solo che-» si morse un labbro, «ci penso spesso. Da molto tempo».
Dean strinse tra i denti un sentito merda - perché nessuno, nessuno mai l’aveva voluto così, così tanto, e lo stava ubriacando - gli tirò i capelli, cercando di riportare un po’ di lucidità in quella testa piena di piume. «Non sono esattamente un buon soggetto per le prime sperimentazioni, Cas. Non sono un buon soggetto per niente, in realtà».
L’angelo non protestò al trattamento rude, anzi lo testò, curioso, spingendolo a rinserrare la presa. «Non mi importa» sospirò, arcuando il collo, premendosi contro di lui fino a schiacciarlo dolorosamente contro la porta.
«Dovrebbe. Davvero, moccioso, dovrebbe. Dovresti trovare qualcuno migliore di me».
Un sorriso amaro piegò la bocca di Castiel, un sorriso che gli era stranamente familiare e gli insinuò un brivido di paura sotto pelle. «Possiamo giocare in due a questo gioco, Dean» gli assicurò. «Avresti dovuto legarti a qualcuno migliore, una donna gentile che ti comprendesse e ti amasse come meriti, che ti desse una famiglia» la sua voce si fece via via più roca, più aspra. «Una persona vera, completa, non questo scherzo della natura, questo essere spezzato a cui hai regalato un pezzo della tua anima come se non valesse nulla». E per tutto il tempo non smise di sorridere. «Vuoi continuare?»
Dean aveva già visto quell’espressione. Nel 2014.
«No. Non è vero» strinse le mani sulle sue spalle, scuotendolo appena. «Tu non sei rotto».
Il sorriso di Castiel si ingentilì. «Nemmeno tu».
Dean risucchiò un respiro, poi attirò l’angelo contro di sé, ridendo sommessamente. «Siamo proprio un casino, uhm?»
«Lo siamo» Cas annuì e lui sentì quelle labbra arcuarsi, premute sul suo collo.
C’erano altre domande da fare - cose come Perché non me l’hai mai detto? o Non eri innamorato di un altro? - ma potevano aspettare un altro momento, uno in cui non stessero per scoppiargli le palle, e soprattutto uno in cui non avesse un bollente angelo semi-nudo spiaccicato addosso. Gli tirò di nuovo i capelli per scostarlo da sé e stavolta fu Dean a baciarlo, a mordere le sue labbra e succhiarle, a infilargli la lingua in bocca e strusciarsi su di lui.
Cas non cedette di un millimetro, strinse i suoi fianchi e poi le sue natiche, staccandolo dalla porta per tirarlo contro di sé. Attaccò la cintura, mentre caracollavano indietro, in direzione del letto, e quasi la strappò via dai jeans, passando subito alla zip. Dean lo intralciò tirandogli giù la camicia dalle spalle e lo fece cadere all’indietro - fortunatamente sul materasso - mentre faceva lo stesso con i pantaloni del pigiama, sfilandoli dalle sue gambe lunghe.
L’angelo lo afferrò per un gomito e lo tirò su di sé, poi lo sbatté sul letto, strappandogli uno sbuffò che somigliava a una risata, perché quella sembrava più una lotta che qualunque altra cosa. Anche Castiel stava sorridendo, quando riprese a baciarlo. Ed era tutto così naturale che gli girava la testa.
Dean chiuse gli occhi quando le labbra dell’amico scesero lungo il suo collo e si inarcò quando ricominciò a succhiargli il marchio sulla spalla. Dio, come poteva essere tutto così- così? Era troppo, semplicemente troppo.
«Cas. Cas. Rallenta» ansò, spingendolo a distanza di braccio.
Lui si accigliò. «Ho- sbagliato qualcosa?» domandò, inclinando la testa di lato, in quella posa innocente e fuori luogo più che mai, in quel momento.
«È il legame? È l’incantesimo che ci sta facendo questo?»
Castiel si scostò da lui, raggelato. «No» disse solo. Una singola sillaba, categorica.
«Sei sicuro? Potrebbe essere soltanto un altro livello di queste stronzate».
Lo sguardo dell’angelo si indurì. «Non so nemmeno come ti venga in mente una cosa simile, Dean Winchester».
«Io- non lo so, okay? È solo che è tutto così- intenso. E non voglio che rovini le cose tra noi. Sei circa il solo amico che ho, Cas, e - che tu ci creda o no - questo per me conta più di tante altre cose. Compreso del sesso magico e possibilmente stratosferico» sbottò.
Castiel sedette sui talloni, tra le sue gambe, l’eccitazione smorzata dalle chiacchiere pesanti. «Non so dire quanto questo sia intenso» riprese le sue parole facendo perfino due virgolette con le dita. «Non ho termini di paragone» gli ricordò.
«È molto, molto intenso. Livello fuochi d’artificio e svenimento da orgasmo» precisò Dean.
L’altro continuò come se non fosse mai stato interrotto: «Però so che non c’è nulla di magico. Siamo solo tu e io».
Dean aprì la bocca e la richiuse, lasciando che il silenzio si prolungasse tra loro. «Ed è questo che vuoi?» disse infine. «Sicuro al cento per cento?» ricalcò.
«Sicuro al cento per cento» confermò Castiel, già chinandosi su di lui per riprendere a baciarlo.
Il cacciatore si lasciò spingere giù, arrendendosi con un sospiro, sotto quel peso ormai familiare e quel brivido tutto nuovo. Si abbandonò alle mani di Cas, che percorsero chilometri sul suo torace, ricalcando ogni muscolo, fino ad arrivare all’orlo dei pantaloni. Perse il contatto con le sue labbra quando l’angelo si scostò di nuovo, stavolta per sfilargli i jeans.
Castiel studiò con la testa inclinata, lo sguardo intenso, ogni palmo di pelle esposta, poi rimase immobile a fissarlo, quasi che Dean fosse una tavola imbandita a festa e non sapesse su quale piatto gettarsi per primo. Lui si sollevò sui gomiti e si leccò le labbra, ma rimase immobile, l’uccello che sussultava nelle mutande solo per l’attenzione di quegli occhi. Merda.
«Non so da dove cominciare» ammise Cas, ma il tono non era insicuro, era quello di chi aveva solo l’imbarazzo della scelta.
«Che ne dici di-» tentò Dean, ma qualunque cosa stesse per dire gli morì in gola, perché l’angelo si chinò e diede una lunga, lenta lappata alla stoffa tesa dei suoi boxer. «Cazzo».
«L’idea è quella» soffiò Castiel, prima di chiudere in bocca la punta ancora coperta, succhiando il tessuto già macchiato.
La testa di Dean ricadde indietro e l’amico gli scoccò solo una fuggevole occhiata, prima di abbassare l’orlo e lasciare che il membro duro saltasse fuori, arrossato e teso contro l’addome pallido. Corse con la lingua lungo la pelle satinata, fino a chiudervi le labbra attorno e ingoiarne quanto più possibile, emettendo un piccolo gemito soddisfatto.
Il ragazzo artigliò le lenzuola, cercando di impedirsi di afferrare quella testa e tirarla ancora più giù. Castiel lasciò andare il suo uccello e scese a leccargli i testicoli, tirando i boxer in basso e poi via, oltre le caviglie, per avere altra pelle da assaggiare, altra carne da studiare. Chiuse i denti sulla piega tenera dell’inguine e Dean sussultò, ma non gli chiese di smettere; quando l’angelo lo lasciò andare c’era un livido viola e tondeggiante sul suo interno coscia.
Cas gli accarezzò le gambe, su e giù, sollevando la sottile peluria bionda, poi si chinò a baciargli un ginocchio e lo sollevò per leccare la piega sensibile dietro di esso, strappandogli una risatina involontaria. Sorrise e strisciò su di lui, baciando il ventre, il costato, un capezzolo duro, l’arco delle clavicole, la curva del collo, fino all’orecchio. «Voltati» ordinò.
Dean gli infilò le dita tra i capelli, arruffandoli ancora più del solito. «È tutto qui quello che vuoi?» chiese con voce roca, sfiatata. «Tutte quelle fantasie e hai pensato solo a quello che vorresti fare, non a quello che vorresti fosse fatto a te?»
Castiel batté le ciglia e - con sua sorpresa - arrossì un po’; come fosse possibile, dopo tutto quello che gli aveva appena fatto, lui non ne aveva idea. «Non ero certo che avresti voluto ricambiare» ammise esitante, come se avesse perfettamente senso, come se perfino nei sogni non osasse volare troppo in alto.
«Non funziona così, moccioso» sbuffò Dean. «Il sesso, quello buono, è dare e ricevere».
Cas annuì, prendendo nota con serietà, ma disse di nuovo: «Voltati».
«Sicuro? Non vuoi-»
«Dopo».
Il ragazzo si leccò le labbra, nervoso. Okay, questo era il momento di Cas, quindi okay. Ma l’angelo evidentemente lesse la tensione del suo sguardo, o la sentì tramite quello stupidissimo legame, perché poggiò una mano sul marchio sopra la sua spalla e in qualche modo proiettò dentro di lui un po’ di calma e calore - affetto.
«Se qualcosa non va, fermami» disse, inchiodando lo sguardo al suo.
Dean strinse i denti. «Non ho bisogno che mi rassicuri come se fossi una verginella intimidita».
«Lo dico perché so che altrimenti non lo faresti» replicò Castiel, aggrottando la fronte.
Lui emise un grugnito seccato e si girò, incrociando le braccia e poggiandoci il mento sopra. «Perfetto. Divertiti».
Poté quasi sentire fisicamente l’angelo accigliarsi alle sue spalle, quando si chinò su di lui. «Sei una creatura davvero indisponente, Dean Winchester» sibilò al suo orecchio, ma subito dopo poggiò le labbra sulla sua nuca, e il cacciatore sospirò.
Castiel baciò le prime vertebre sporgenti, ogni lentiggine sulle sue spalle, quasi volesse unire i puntini per vedere che disegno veniva fuori. Dean si rilassò lentamente sotto di lui, gemendo piano mentre quelle mani forti gli massaggiavano i muscoli, precorrendo tutta la curva della schiena, fino alle natiche, strizzandole in un modo che gli spedì un inatteso brivido di eccitazione dritto all’inguine. Ma Cas non si fermò, scese giù lungo le cosce tornite, i polpacci, solleticò perfino la pianta dei piedi. E lui avrebbe apprezzato tutto quello molto di più, se solo il suo uccello non si fosse trovato bloccato contro le coperte, strillando per un po’ d’attenzione.
«Cas» gemette esasperato, e le mani dell’amico tornarono lì, sul suo culo, quasi che la sua fosse stata un’esplicita richiesta, seguite subito dalla bocca, dai denti e - oddio, oddio, merda, porca puttana - dalla lingua.
Castiel gli separò le natiche, spedendo sbuffi di fiato bollente contro il suo buco, leccandolo, scopandolo - Dio! - come se fosse un cono gelato da cui tirare via la panna prima di mangiare la cialda. Dean scoprì di stare buttando fuori tutta una serie di colorite imprecazioni e bestemmie solo quando un morso doloroso si chiuse su uno dei suoi glutei, facendolo urlare.
«Cristo» sbottò e l’angelo lo sculacciò con forza, facendolo guaire.
«Sul serio, Dean, questa abitudine di chiamare alternativamente mio Padre e uno dei suoi figli non è bella» lo redarguì.
Lui ansimò, cercando di riprendere fiato e si tirò via i capelli sudati dalla fronte. «Nulla di personale, amico» riuscì a tirare fuori, dopo un momento. Poi cedette alla comicità del momento e sogghignò.
E Castiel gli schiaffeggiò ancora una natica.
«Sei un figlio di puttana perverso» sbuffò Dean, puntellandosi su un gomito per incontrare il suo sguardo.
L’angelo si chinò a baciarlo e lui rabbrividì percependo il proprio sapore nella sua bocca. Merda, tutto quello non avrebbe dovuto essere così eccitante. Ma lo era. Lo era perfino mentre Castiel si poggiava su di lui, strusciando l’uccello ancora coperto dalla stoffa contro la curva del suo culo.
Dean lo lesse nei suoi occhi ancora prima che Cas desse voce al pensiero, ma lo incitò: «Dillo».
«Voglio scoparti» ammise, e anziché spaventarlo, sentirlo dire ad alta voce lo fece tremare fino alle ossa.
«Allora fallo» decretò.
Gli occhi di Castiel si scurirono, ma accarezzò gentilmente i suoi capelli e non si mosse. «Sei sicuro?»
Dean si leccò le labbra e annuì. Per te.
L’angelo lo baciò delicatamente, poi - sorprendendolo - si scostò e si chinò sull’altro lato del letto, frugando nella propria sacca per cercare qualcosa. Quando riemerse con un pacchetto di condom in una mano e un flacone di lubrificante nell’altra, lui inarcò un sopracciglio.
«Presuntuoso».
Cas arrossì. «Uhm- un regalo di Gabriel» spiegò con un mezzo sorriso nervoso.
Dean affondò la faccia nelle mani. «Scommetto che ti ha anche spiegato come usarli» disse, sbirciandolo tra le dita. Lui si limitò a fissarlo da sotto le ciglia, imbarazzato, e il cacciatore gemette. «Vieni qui» sbottò, decidendo che fosse meglio farla finita il prima possibile.
Castiel gattonò verso di lui e Dean si tirò su, lo afferrò sotto la pancia e lo ribaltò sul materasso.
«Questi vanno via» annunciò, infilando due dita sotto l’orlo dei suoi boxer. Poggiò giusto un bacio sotto l’ombelico, prima di concentrarsi su quella operazione.
Gesù, il moccioso era grosso. Dean aveva premurosamente rimosso quel dettaglio dalla propria testa, fin da quando Cas aveva avuto la sua prima erezione, mesi addietro. E ora era faccia a faccia col suo pacco.
Poteva già vederne la forma ben delineata sotto la stoffa, la punta umida bagnare il cotone, proprio sotto il suo naso. E l’odore- Dio, l’odore di Cas era buono; forte, pulito, muschiato, invitante, e questo proprio non se l’aspettava. Non si aspettava la vertigine che lo spinse a tirare giù la stoffa, a metterci la bocca sopra, assaggiare il sapore che era familiare e tutto diverso allo stesso tempo. Non era come se Dean non sapesse cosa attendersi, aveva sentito se stesso nella bocca di mille ragazze, e poi c’era stato l’Inferno, sì. Ma la voglia spontanea - genuina - di assaggiarlo, di sentirne il calore contro la lingua, la corona contro una guancia e in gola, quella no, quella era nuova.
Sollevò lo sguardo solo per incontrare gli occhi di Cas, blu e umidi di piacere. Lasciò che l’angelo gli infilasse una mano tra i capelli e lo strattonasse giù, anche se era fottutamente troppo grosso per prenderlo tutto, e dovette fare resistenza per non strozzarsi. Fu quasi tentato di finirla così, di regalargli quell’orgasmo, perché ne aveva voglia e Castiel lo meritava, ma l’amico mormoro il suo nome in una supplica e Dean lo lasciò andare.
Finì di sfilargli l’intimo, poi tornò su, concedendosi di fare qualcosa che aveva sempre desiderato: tracciò il sigillo sul suo ventre con la punta della lingua, risalì lungo il petto - poggiando solo un breve bacio sul marchio della propria mano, per non provocarlo troppo - e ricalcò anche il tatuaggio sotto la sua clavicola. Sogghignò quando arrivò al suo viso e si rese conto che Castiel stava ancora ansimando. «Tutto okay, baby?»
L’angelo annuì, piano, gli occhi blu sgranati e pieni di un innocenza un po’ ingiusta, che lo faceva sentire un tantino il lupo cattivo davanti a Cappuccetto Rosso, o qualcosa di ancora peggiore. Castiel emise un soffice gemito e si tirò su appena il tanto necessario per baciarlo, ed era bello averlo così sotto di sé, teso e ricettivo; Dean iniziava a figurarsi tutta una lista di cose che avrebbe potuto fargli. Poi Cas gli afferrò le natiche, tirandoselo ancora di più addosso, schiacciando i loro uccelli l’uno sull’altro, in mezzo a loro, e lui ricordò che c’era qualcos’altro che aveva promesso.
L’amico cercò il suo sguardo, accertandosi per l’ennesima volta che andasse tutto bene, e Dean deglutì un nodo di nervosismo e baciò il suo mento. «Come mi vuoi?»
«Come preferisci?» ribatté Castiel.
Lui schioccò la lingua un paio di volte. «È la tua prima volta, moccioso, non la mia» gli ricordò.
«È anche la tua. Ho rimesso a nuovo il tuo corpo io stesso, e Gabriel l’ha rifatto solo pochi mesi fa».
Un angolo della bocca di Dean si arricciò verso l’alto in un sorriso storto, un po’ auto-denigratorio e un po’ gentile. «Sarebbe comodo pensarla così, Cas. Ma non basta spazzare la polvere sotto il tappeto. Io ricordo tutto, quindi è successo». Non sfuggì al suo sguardo, anche se l’angelo lo stava fissando in quel modo che lo metteva sempre a disagio, come se potesse vedere giù fino al fondo della sua anima grigia e strappata. E Castiel non disse nulla, ma c’erano tante cose nei suoi occhi blu, tante parole impigliate alle ciglia, nelle rughe agli angoli esterni.
«Mi prenderò cura di te» rispose infine, e non sembrava che stesse parlando solo di quel momento, di loro due intrecciati sul materasso cigolante di una schifosa stanza di motel. «Lo giuro, Dean».
E stavolta lui sorrise davvero, perché lo sapeva già, e Cas era un idiota, perché non c’era alcun bisogno di dirlo, ma in qualche modo quel moccioso doveva sempre cercare di fare la parte dell’eroe romantico. «Per essere Azzurro sei azzurro,» considerò, «ma questo non fa di me la damigella intrappolata nella torre» intimò, puntandogli un dito contro.
Castiel riuscì ad inclinare il capo perfino con la testa poggiata sul cuscino, e Dean borbottò un vago «Lascia perdere» prima di ritrovarsi con la schiena al letto e un angelo molto umano - e poco azzurro - tra le gambe, la bocca piena della sua lingua.
Cas allungò una mano per prendere di nuovo il flacone di lubrificante e si tirò su in ginocchio tra le sue gambe. Considerò un momento la sua posizione, poi afferrò un cuscino e aiutò Dean ad infilarlo sotto i fianchi, in modo da essere più comodo.
«Wow» borbottò lui a tanta efficienza e rise, perché tutto quello lo stava rendendo nervoso. «Senti, fallo e basta».
L’amico non diede segno di averlo sentito, e Dean dovette ammettere che c’era qualcosa di eccitante - e un tantino spaventoso, sì - nel vederlo aprire il lubrificante con un pollice e lasciar colare il gel trasparente sulle dita lunghe e affusolate, lo sguardo serio e illeggibile, il corpo lungo e tonico tra le sue gambe. Cercò di distrarsi studiando la sua figura; Castiel aveva un’ossatura dei fianchi che lui avrebbe potuto passare tutto il giorno a mordere e leccare.
Mani gentili gli aprirono meglio le gambe e ne sollevarono una in alto, per avere una visuale migliore, e il cacciatore fu bruscamente riportato al presente, dove polpastrelli delicati cominciarono a spargere lubrificante freddo tra le sue natiche. Sapeva di vaniglia e in qualche modo, conoscendo da dove - o meglio, da chi - proveniva, questo non lo stupì affatto.
«Sbrigati» ringhiò Dean a denti stretti, perché ogni secondo di attesa non serviva ad altro che farlo tendere di più, ma lo sguardo di Castiel era concentrato e attento mentre circuiva il suo buco con la punta delle dita. Lo fissava con una fascinazione che gli fece contrarre l’uccello. «Cas» tentò di incitarlo, spingendo i fianchi contro il suo tocco, e quella piccola intrusione scivolò dentro per un’intera falange.
Dean trattenne il fiato, colpito dalla sensazione. Un brivido freddo gli rotolò lungo la schiena, il fantasma di un ricordo spiacevole, ma poi incontrò gli occhi blu dell’angelo, caldi e attenti, e lasciò andare il respiro, rilassandosi. «Tutto okay» lo rassicurò.
Castiel non cercò di forzarlo, continuò ad accarezzarlo così, con quel polpastrello appena dentro, finché tutto il suo basso ventre non cominciò a formicolare e contrarsi in desiderio, e il ragazzo fu sul punto di prenderlo a pugni.
«Cas» sbottò esasperato e quel dito entrò completamente, dandogli un inaspettata scossa di piacere, solo perché lo aveva atteso così a lungo. Mugolò qualcosa di inintelligibile, l’amico continuò a muoversi, dentro e fuori, e Dean gemette frustrato perché era strano, sì, ma non era abbastanza.
Stavolta Castiel non si fece pregare, bastò che lui schiudesse gli occhi per incontrare il suo sguardo e sentì un’altra falange insinuarsi nel suo culo, aprirlo, distenderlo. Il cacciatore si morse un labbro e guardò il petto dell’altro gonfiarsi in un respiro sincopato mentre lavorava tra le sue gambe, chiaramente al limite.
«Basta così, Cas. Andiamo, vieni qui» ansò, cercando di afferrarlo per un gomito e tirarselo addosso, ma l’angelo scosse il capo e fece resistenza.
«No, non così. Non voglio farti male».
«Non mi importa se fa male. Passerà».
«Importa a me» Castiel fu fermo e inamovibile, e Dean dovette arrendersi a quella tortura.
«Ci farai impazzire entrambi» borbottò, il pene che pulsava e doleva, e inarcò la schiena quando l’amico lo allargò ancora di più, scopandolo con tre dita. «Uhm- sì».
Quando Cas lo liberò da quelle intrusioni non gli sembrò mai troppo presto, anche se per un momento l’assenza fu una delle sensazioni più spiacevoli che avesse mai provato. Ci fu un momento delirante in cui l’angelo non riuscì ad aprire il preservativo con le mani oleose, e Dean strappò la confezione e lo srotolò su di lui. Poi Castiel fu finalmente tra le sue cosce, il corpo che gli pesava in parte sopra e la grossa punta dell’uccello contro il suo buco.
Il cacciatore si lasciò baciare, ma poi gli tirò i capelli per scostarlo da sé e guardarlo in viso mentre gli entrava dentro. Dimenticò il dolore, dimenticò il fastidio, mentre osservava l’angelo prendersi - e perdersi in - quella prima esperienza umana, e qualcosa al centro del suo petto esplose, in un sollievo e in una gratitudine che quasi gli fecero lacrimare gli occhi.
«Dean» mormorò Castiel, smarrito e forse perfino un po’ spaventato.
«Lo so» sussurrò lui, baciandogli il collo, le spalle. «Muoviti, baby. Muoviti».
E Cas lo fece, un po’ brusco, ma poi aggiustò il proprio peso e riprese il controllo, spingendo con attenzione dentro di lui, fino in fondo. Dean ansimò, il respiro bloccato in gola; Dio, era così pieno, così tanto che aveva l’impressione che appena un po’ di più sarebbe bastato a strapparlo, tutti i muscoli che si contraevano e tremavano attorno alla carne dura.
Castiel rimase immobile, gli scostò i capelli sudati dalla fronte, gli baciò le ciglia. «Così bello» bisbigliò, e lui non comprese se parlasse della sensazione o di qualcos’altro; preferì credere che fosse la prima.
Spinse i fianchi contro i suoi, incitandolo, e l’angelo gli venne subito incontro, affondando dentro di lui con un sospiro denso e bollente. Dean annuì e allacciò le gambe in alto, attorno ai suoi fianchi, attirandoselo addosso, e in qualche modo l’angolazione divenne perfetta, assolutamente perfetta.
«Merda» ringhiò, perché Cas era così grosso che non c’era da sbagliare, sbatteva contro la sua prostata ad ogni passo. Lasciò cadere la testa indietro e si arrese al suo ritmo, veloce e incalzante, poi lento e gentile, senza soluzione di continuità.
Castiel poggiò la fronte contro il suo petto, i capelli umidi che si appiccicavano alle tempie, un labbro stretto tra i denti, e Dean fece scivolare i palmi lungo la sua schiena sudata e gli artigliò le natiche, tirandoselo dentro, costringendolo ad allungarsi, a premere il torace contro il suo, l’impronta della mano che gli scaricava piccole scintille di elettricità sottopelle.
«Scopami, cazzo. Solo- scopami» ringhiò. Poi Castiel toccò il marchio sulla sua spalla e il mondo si capovolse; Dean sentì il proprio uccello chiuso in una morsa bollente e strettissima, unghie affondare nel suo culo, un respiro caldo contro le gola, e - Cristo - quello era Cas, erano le sensazioni di Cas.
Basto quell’idea, la consapevolezza che stava sentendo quello che provava Castiel e che la cosa era reciproca, per far esplodere l’orgasmo fuori da lui, così presto e così all’improvviso che per un momento Dean vide tutto nero.
Quando riaprì gli occhi, l’angelo era completamente accasciato su di lui, il viso nascosto contro il suo collo e tutto il corpo che si contraeva ancora per il piacere. Ebbe un momento di rammarico nel rendersi conto di essersi perso il grande evento, il primo per Cas.
«Ehi,» riuscì a tirare fuori con voce roca, ancora sfiatata, «tutto okay?»
L’amico sollevò la testa e sorrise, gli occhi di quel blu impossibile, i capelli dritti sulla fronte, e nel complesso l’aria di chi aveva avuto la scopata del secolo. Dean rise e si chiese se anche lui avesse quell’espressione, quella di chi era stato sbattuto a morte, ma era morto felice.

*°*°*°*°*

« Capitolo Precedente | Masterpost | Capitolo successivo »

Potete trovarla anche su:
EFP.
AO3.

serie: heat of the moment, supernatural, long: ti vorrei sollevare

Previous post Next post
Up