Chi: Nathan, Peter
Dove: Casa Petrelli
Cosa: Peter è tornato dal suo "ritiro" per impare a dominare i propri poteri, Natale è alle porte e Nathan non è cambiato di una virgola.
Quando: Lunedì 24 Dicembre 2007. Tarda mattinata. Pomeriggio. Sera. Notte.
Stato:
Finito (
La prima lezione che Nathan Petrelli avesse mai appreso nella sua vita di adulto era che i panni sporchi si lavano in famiglia )
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Le conversazioni nelle quali lo stavano forzando parenti mai visti, e altri (purtroppo) conosciuti gli ricordarono esattamente perchè tra i Petrelli avesse invitato solo Nathan, Heidi, Mamma e Papà alla sua festa di laurea. Rispondendo alle domande continue di cugini che non aveva mai saputo di avere, ogni tanto gettava uno sguardo e un sorriso a Nathan, tanto per controllare che non gli esplodesse la testa (aveva controllato - solo un pochino - quanto effettivamente gli facesse male, e non era stato piacevole ( ... )
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Alla sua sinistra, il discorso sui migliori dessert degli ultimi dieci anni proseguiva con entusiasmo, coinvolgendo una vecchia zia e due cugine zitelle. Per la verità Nathan pensava che il dolce fosse ottimo, ma si guardò bene dal dirlo ad alta voce.
"Ehi, Pete" mormorò, chinandosi verso il fratello, "Che ne dici se andiamo di là cinque minuti e ti do il tuo regalo? A mezzanotte ci sarà a malapena tempo per farsi gli auguri, e per mezzanotte e mezza metà dei presenti sarà ubriaca. Non vorrei che ci vomitassi sopra."
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Cominciò ad alzarsi. Era il momento. "Passo un secondo al bagno di sopra, ti raggiungo subito, uh...in salotto." disse, determinato a suonare del tutto casuale, e non una persona che usava una scusa per andare a prendere un regalo segreto nella sua stanza.
Con un veloce 'scusatemi' rivolto a quel nessuno in particolare che gli stava parlando - senza essere assolutamente ascoltato, si alzò e salì le scale trattenendo l'istinto di correrci a rotta di collo, o ancora meglio di volarci.
Non c'erano stati regali, il Natale prima, il che rendeva questo regalo ancora più speciale.
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Ritornò giù affrettandosi, e arrivato davanti a Nathan, gli consegnò il Regalo, nel suo involucro di carta marrone e spago. Peter non era mai stato molto bravo nel confezionare le cose.
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Andò a sedersi sul divanetto, godendosi per un attimo il silenzio del salotto. Lì le voci degli ospiti arrivavano in un brusio soffocato e distante, non invasivo.
Gettò uno sguardo interrogativo a Peter (quando poteva aver trovato il tempo di comprargli un regalo? e con quali soldi?) e iniziò a scartare il pacchetto. Sotto la carta sembrava morbido al tatto, ma elastico. Per abitudine sfilò prima lo spago e poi spiegò la carta senza strapparla.
Dall'involto improvvisato sbucò una pallina da baseball dall'aria usata ma non vecchia, sporca ma intatta, senza un graffio.
Corrugò la fronte. "Cos'è, un modo gentile per dirmi che dovrei fare più sport?"
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Riusciva a malapena a parlare, scosso dalle risate incontrollate. "T-tu davvero pensavi...perchè ho detto che..."
Riuscì a calmarsi e ad asciugarsi gli occhi dopo un minuto. O due. Durante i quali Nathan era rimasto fermo e serio davanti a lui. Peter, ancora sorridendo, gli mise una mano sulla spalla e recuperando una sorta di compostezza disse: "Mi dispiace averti fatto preoccupare così tanto."
Guardò suo fratello negli occhi, e aggiunse un "Davvero.", anche se il sorriso ancora non era scomparso.
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Non era arrabbiato, non davvero, ma quella era stata la prima volta in cui si era veramente reso conto che Peter non poteva essere lasciato solo, e il pensiero non era stato piacevole. E' vero, era solo un bambino, ma dopo più di vent'anni la regola continuava a sembrare valida. E, come sempre, Nathan non sapeva cosa pensare in proposito.
Alzò di nuovo lo sguardo. Peter aveva l'aria vagamente ferita. Gli appoggiò una mano sulla guancia, abbozzando un sorriso. "Apri il tuo regalo."
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Guardò il pacchetto nelle sue mani, simmetrico ed elegante (nulla a che vedere col suo pacchetto di carta da riciclo) e lottò con il nastro per qualche secondo, per poi aprire il cofanetto. Ne tirò fuori un rolex così dorato da abbagliare - e anche se Peter non era sicuro del prezzo, sapeva che era più di quanto lui avesse mai guadagnato, nella sua passata carriera d'infermiere.
"Wow, Nate, è stupendo."
Abbracciò il fratello, sorridendo, poi voltò leggermente il viso e gli sussurrò nell'orecchio: "Grazie."
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Peter sentì un tocco leggero sulla pelle sensibile del polso e si dimenticò a cosa stava pensando, esattamente. Chiuse gli occhi un istante, poi guardò Nathan, che aveva ancora gli occhi sull'orologio.
"Dovremmo tornare a cena." disse Peter, senza controllare l'ora.
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"Non dovresti chiamare Simon per difenderti da - era zia May, vero? - da grosse rane velenose e mostri simili?"
Peter non aveva mai avuto bisogno di chiamare Nathan, perchè lui arrivasse a portarlo via da zie eccessivamente affettuose (tra le quali c'era già Zia May - quanto era vecchia, esattamente?)
Gli ci erano voluti anni per convincersi che no, la sua faccia non si sarebbe allargata a forza di buffetti. Ma era ancora convinto che fosse una tortura alla quale nessun bambino avrebbe dovuto essere sottoposto, specialmente se c'era in giro un fratello maggiore con dolorosa esperienza in proposito.
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