Capitolo VI

Jul 25, 2006 18:10


Capitolo VI

Non seppe spiegarsi il motivo del suo gesto: semplicemente in quell’attimo gli era sembrata l’unica cosa giusta da fare e senza pensarci su, tornò indietro, intenzionato a chiarirsi con quello che ai suoi occhi appariva un profittatore subdolo e meschino.
Le sue supposizioni si rivelarono esatte perché, come aveva previsto, appena giunto da Asbjørn lo trovò lì, indubbiamente intento a cercare di carpire se il re fosse ancora in grado di svolgere le proprie funzioni o se fosse necessario sostituirlo. Senza nemmeno fornire una minima spiegazione al suo re e agli altri, gli si si scagliò contro colpendolo al volto con un pugno che lo scaraventò a terra, ed iniziò a dire cosa pensava di lui. L’altro naturalmente non aspettò a difendersi e ne nacque una colluttazione che ottenne l’unico effetto di far innervosire tutti i presenti, Asbjørn per primo.

“Ora basta! Smettetela entrambi! Ulrik, pensi davvero che sia facile raggirarmi, che se avesse quest’intenzione, non lo avrei compreso da solo? Viene qui per tenermi informato sulla situazione del villaggio. E tu, Assar,” disse rivolto all’altro uomo, “non giudicarlo senza prima conoscerlo.”
“Sire, ma è un nemico. Io non voglio avere nulla a che spartire con lui.”
“Appunto, lui che era un nemico mi ha salvato la vita, al contrario di voi che non avete mosso un dito, perciò d’ora in avanti verrà considerato uno di noi, che vi piaccia o no. Tu e gli altri lo tratterete con rispetto, lo farete lavorare con voi e non voglio sentire rancori per nessuno.”
“Però… non è giusto.”
“Decido io ciò che è giusto, ed ho detto niente rancori. Va, adesso. Giacché ci sei, per qualche giorno prendi davvero il mio posto, ma solo nell’addestramento dei giovani. Domani verrò a controllare di persona se negli ultimi giorni hanno oziato o meno. E voglio sperare per tutti che non l’abbiano fatto.”
L’uomo si limitò ad annuire con un cenno del capo e ad uscire, mentre Ulrik ribatteva, preoccupato:
“Asbjørn, la tua gamba non è ancora guarita.”
“L’immobilità è peggio; e non è necessario stare in piedi per insegnare a combattere. Va pure tu, disse poi rivolto alla donna, ormai sto bene. Dovessi aver bisogno, chiederò a lui. Grazie di aver portato tanta pazienza con me.” Ed ella annuì con un sorriso gentile, quindi uscì.

Il ragazzo rimase in silenzio, ora che non c’era più nessuno oltre a loro due, soprattutto senza l’altro seccatore, avvertiva di nuovo quella sensazione di stretta al cuore e di disagio che provava ogni volta che restava solo con Asbjørn.
“Vieni qui, Ulrik.” Disse quest’ultimo, e gli fece segno di sedersi accanto a lui, avendo compreso che qualcosa impediva ad entrambi di essere sereni. Era giunto il momento di parlare e di chiarirsi.
Il ragazzo rimase interdetto per un attimo, come se all’improvviso si rendesse conto della contraddizione con cui si erano susseguite le vicissitudini degli ultimi giorni. Strinse i pungi, quasi per cercare il coraggio nell’atto di sentire stringere maggiormente i bracciali attorno ai polsi; decise però di obbedire: chiarirsi avrebbe solo giovato ad entrambi, lui stesso non aspettava altro.

“Ho capito cosa ti angustia, Ulrik. Mi dispiace davvero.” Iniziò il re a bassa voce, quel discorso era dolorosamente complicato anche per un uomo coraggioso come lui.
“Non so se puoi aver compreso davvero.”
“Credo di sì, invece. Devi sapere che… da anni vivo nel rimorso; un rimorso orrendo. Purtroppo non sono il guerriero valoroso e leale che tutti credete. Avvicinati, devo vedere una cosa.” Detto ciò portò una mano al volto del ragazzo, il quale, per timore di venire di nuovo baciato a tradimento, si ritrasse e girò la testa di lato. Ma il re aveva appunto l’intenzione di guardarne meglio il volto, il profilo prima d'ogni altra cosa. “L’avevo pensato: quel segno c’è davvero. Non si nota quasi più, per fortuna.”
“Tu avevi detto che non ho cicatrici, e che ti faccio ribrezzo così perfetto. Ora che hai notato quel segno ti disgusto ancora, oppure ti faccio venire voglia di farlo nuovamente con me? Davvero ti piace vedere cicatrici sul corpo delle persone, te lo fa venire duro più in fretta? E va bene allora, guarda qui! Oramai non abbiamo più nulla da tacere l'uno all'altro... Volevi sapere tutto di me, non è così?” e mentre parlava iniziò a slacciarsi i bracciali di cuoio, rivelando in questo modo segni di vecchie ferite, profonde e rimarginate ma ancora dolorose da vedere. “Scommetto pure che conservi ancora quella ciocca di capelli da qualche parte.”
“Ulrik, io… non so cosa dire.” Il re sembrava davvero dispiaciuto e stravolto, ma il ragazzo aveva ragione: il suo comportamento di anni prima non aveva giustificazioni.
“Non c’è niente da dire, non ci si può fare più nulla, solo mi sono sempre chiesto: perché l’hai fatto?!”

Passarono alcuni secondi, di ricordi dolorosi per entrambi, durante i quali Asbjørn cercò di trovare le parole adatte per spiegarsi; semmai ci fosse una spiegazione da dare…
“Perché… sei bello, e coraggioso… E fiero.”
“E tu un farabutto, un grandissimo farabutto! Come se il mio aspetto dipendesse da me; come fosse un motivo valido per, per…”
“Non ho scusanti, lo so. E infatti da allora ho sempre vissuto tormentato dai sensi di colpa. Non volevo accettare di desiderarti tanto e… Ti ho chiesto scusa! Giuro che non te ne pentirai, anzi, se vuoi ora fammi tuo.”
Il ragazzo sgranò gli occhi, incredulo.
“Ma che stai dicendo?!”
“Beh, immagino che abbia avuto pure tu una donna, che tu sia stato con qualcuna.”
“Ecco, io… ma perché, secondo te potrei farlo pure io?”
“Ulrik, certo che potresti! Sei maschio pure tu, sei un uomo pure tu!”
“E allora i giovani non devono soltanto concedersi?”

Asbjørn rimase allibito, il suo gesto vile di tanti anni prima aveva avuto davvero simili conseguenze sul ragazzo?
“Su, provaci. Fallo! Non opporrò resistenza, te lo prometto. Almeno questo te lo devo.”
Ulrik lo guardò con occhi quasi spiritati, non gli era mai venuto in mente che essendo pure lui un maschio avrebbe potuto benissimo fare la stessa cosa. Sinceramente non sapeva neppure se ne fosse capace: per lui ormai congiungersi con qualcuno significava essere stuprato. E non c’entrava solo quello subìto anni prima dall’uomo che era lì, accanto a lui, la situazione era assai complessa.
“Io non posso. Mi stai chiedendo di farti la stessa cosa? Di stuprarti? Hai almeno la minima idea di ciò che significhi? E dovrei diventare anch’io un vigliacco? No, non lo farò!… A parte che non saprei neppure da dove cominciare…”
“Non è stupro se te lo chiedo io stesso… anzi, te ne prego. Vorrei tantissimo ritornare a fare l’amore, e sento che posso provarci solo con te… ma dobbiamo prima eliminare i sensi di colpa. Voglio che siamo pari, Ulrik!”
“Non capisci, Asbjørn! Non si tratta solo di te! Tu… non sei stato l’unico! Perché pensi che non voglia ritornare al mio villaggio?! Quando quel giorno… Come posso dirtelo?" disse, portandosi poi una mano tra i capelli, in un gesto disperato "dopo di te c’è stato quel biondo schifoso, quell’ignorante che insisteva a chiamarti Jarl invece di Sire,”
“Herger?”
“Lui. Spero di non incontrarlo di nuovo.”
“Non hai da temere allora, ha bevuto fino in fondo nell’ultima battaglia.” (4)
“Tu non sai quanto sia stato viscido con me; e dopo di lui ce ne sono stati altri. Loro non me l’hanno semplicemente messo dentro come hai fatto tu! E alla fine, mi hanno fatto ritornare al mio villaggio in quello stato: pieno di lividi e graffi, sporco di sangue e… quell’altra cosa... e completamente nudo. Non sai quale umiliazione ancora adesso!
E pensi che lì siano stati da meno? Capirono subito cosa mi era stato fatto e invece di aiutarmi dissero che non ero più degno di essere considerato un uomo! In tutti questi anni, non ho fatto altro che sentirmi sbattere da tutti!… Tu al confronto non mi hai fatto nulla! Anzi, se devo dire tutta la verità..." Ulrik, liberandosi finalmente del peso che si portava dentro da tanti anni, non fu più in grado di trattenere le lacrime "È vero, è cominciato tutto a causa tua, però tu sei stato l’unico nonostante tutto a non umiliarmi. Tu, anche se sei venuto, non hai goduto nel farlo, non sei stato perverso; tu non mi hai costretto a fare altre cose rivoltanti; tu non hai fatto scommesse su chi mi sbatte più a lungo o su quanti uomini riuscissi a sopportare prima di perdere i sensi! Se il mio destino era di venir trattato come una donnaccia, io ringrazio Odino per avermi concesso la prima volta con te. Quel giorno, anni fa, Egli si è dimostrato magnanimo.”
“Ulrik… non potevo immaginare nulla di tutto ciò. A maggior ragione, ti prego, uniamoci ancora una volta, cancelliamo il passato e ricominciamo dal principio! Ti giuro che da adesso in poi lo faremo soltanto quando lo vorremo tutti e due. Ulrik…” prese la mano e gliel’avvicinò all’inguine. “Senti? Io ti voglio; e voglio davvero provare tutto con te. Facciamo così: è un ordine da parte del tuo re: aprimi i pantaloni e fammi di tutto, voglio sapere cosa si prova, forse è bello come penetrare.”
“Non so se riuscirò a fare di tutto.” Rispose mentre con le mani cercava invano di asciugarsi il volto.
“Quando ci si porta dentro un grosso peso le lacrime non sono segno di debolezza. A condizione che non lo sappiano in giro.” Aggiunse con ironia, per consolarlo, mentre avvicinava a sé il volto del ragazzo e gli asciugava gli occhi con due baci.
Sorpreso, ma confortato da quelle parole e soprattutto da quel gesto, Ulrik decise di accettare questa richiesta. Per una volta poi che non era lui a subire…
“D’accordo. Ci proverò. Sai, Asbjørn, sei così spietato, ma sai diventare così dolce…”

(4) Bere fino in fondo significava morire ed era un modo di dire vichingo, sempre legato al loro culto dell’Idromele come nettare divino.

Continua...

capitoli, Asbjørn & Ulrik

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