[Free!/Haikyuu!!] Perdersi e ritrovarsi

Jun 27, 2015 00:05

Titolo: Perdersi e ritrovarsi
Fandom: Crossover Free!/Haikyuu!!
Rating: verde
Personaggi: Koushi Sugawara, Daichi Sawamura, Makoto Tachibana, Haruka Nanase, Asahi Azumane, Yuu Nishinoya, Momotaro Mikoshiba, Aiichiro Nitori
Pairings: Daichi/Suga, Asahi/Noya, Makoto/Haruka
Disclaimer: Free! e tutti i suoi personaggi appartengono a Kouji Ouji e alla Kyoto Animation. Haikyuu!! e tutti i suoi personaggi appartengono a Furudate Haruichi.
Note: Proseguono le avventure crossover di Makoto e Suga! XD
La mia beta mi ha suggerito un'AsaNoya e io gliela spaccio per il compleanno, anche se non è venuta divertente come speravo. :/
Beta: Adrienne (per gentile concessione)
Word count: 5522 (fdp)

Le lezioni pomeridiane si erano concluse prima del solito, quel giorno, e Makoto ne era particolarmente entusiasta perché questo gli avrebbe permesso di andare a prendere Haruka in piscina come non succedeva da un po'. Magari avrebbero potuto fare un giro in centro, prendere un gelato, andare per negozi, insomma il normale appuntamento di una coppia. Si ritrovò a sorridere tra sé mentre percorreva il vialetto che dalla sede della sua facoltà portava all'esterno del campus: quando pensava ad Haru era sempre così, si ritrovava con quell'espressione un po' ebete un po' beata senza nemmeno rendersene conto.
Quello che invece gli saltò subito all'occhio fu la scena che si stava svolgendo a pochi metri da lui, all'ingresso del campus: un tizio sconosciuto, alto e dall'aria inquietante, aveva fermato il suo compagno di corso Sugawara Koushi e di certo questo non presumeva niente di buono.  Sugawara sorrideva, come sempre, ma era evidente quanto fosse nervoso sia dalla sua espressione tirata che dal modo di gesticolare sulla difensiva. Era molto probabile che il tipaccio lo stesse infastidendo, anche se non aveva mai sentito di episodi di bullismo all'interno del campus. Makoto, ovviamente, non ci pensò due volte ad accorrere in soccorso dell'amico.
« Koushi-san, va tutto bene? » intervenne in tono fermo, nonostante non avesse la più pallida idea di come comportarsi se l'aggressore avesse reagito male. « Se questa persona ti sta infastidendo, io... »
Quale non fu il suo stupore nel vedere il tipo in questione fare letteralmente un salto indietro ed iniziare ad inchinarsi scusandosi a ripetizione. Sugawara passò uno sguardo sorpreso dall'uno all'altro e scoppiò a ridere.
« Non preoccuparti, Makoto-san, questo ragazzo non è un malintenzionato. » riuscì a dire dopo aver ripreso fiato. « C'è da dire però che è abituato a reazioni del genere! »
Il nuovo venuto, un giovane piuttosto imponente con capelli lunghi e pizzetto ma, ora che lo guardava meglio, uno sguardo mite e gentile, arrossì e s'inchinò di nuovo.
« M-mi dispiace! » ribadì. « Non era mia intenzione creare equivoci o false impressioni. »
« Smettila, Asahi, non è successo niente. » sorrise Sugawara, prima di tornare a rivolgersi a Makoto. « Lui è un mio compagno delle superiori e del club di pallavolo, Azumane Asahi. Era il nostro asso, sai? »
A quelle parole Makoto sorrise di rimando, rilassandosi, ed allungò la mano verso l'altro, ora rosso d'imbarazzo.
« Mi scuso per aver frainteso. »
« No, è colpa mia... »
« Asahi, ti presento Tachibana Makoto, un mio compagno di corso. Gioca con me e Daichi nella squadra del quartiere e ci è sempre di grandissimo aiuto. » concluse Sugawara, questa volta provocando l'imbarazzo di Makoto.
Poco dopo erano seduti tutti e tre al bar dell'università, chiacchierando amabilmente come se si fossero conosciuti da sempre.
Saltò fuori che Asahi si trovava a Tokyo per conto del padre, che gli aveva chiesto di fare visita ad alcuni fornitori con lo scopo di rinsaldare gli accordi commerciali che avevano da tempo. Insieme a lui si trovava un altro dei vecchi compagni di scuola di Sugawara, un certo Nishinoya Yuu.
« Noya è qui?! » esclamò Koushi con espressione entusiasta. « Ma è fantastico! Dovete assolutamente venire a cena da noi, stasera! Daichi impazzirà! »
« Ha voluto seguirmi a tutti i costi, anche saltando giorni di allenamento, perché sosteneva che non me la sarei mai cavata in città senza di lui. » spiegò Asahi con una certa riluttanza. « Forse aveva ragione... »
Makoto ascoltava la conversazione con un certo distacco, per non disturbare il ritrovo di Sugawara con l'amico, ma doveva ammettere che ancora faticava ad associare l'aspetto esteriore di Asahi con i suoi modi gentili e gli sarebbe piaciuto conoscere chi sosteneva non fosse in grado di badare a sé stesso. Di certo doveva essere un tipo divertente.
Sugawara tentò di invitare anche lui e Haruka a cena, ma Makoto declinò gentilmente, adducendo come giustificazione il non voler disturbare la loro riunione. Inoltre aveva l'impressione che, per qualche motivo, Haru non apprezzasse troppo la compagnia dei suoi nuovi amici. Forse era solo una sua fissazione ma, consapevole di quanto il suo ragazzo non amasse la confusione e certo che quella serata si sarebbe rivelata movimentata, preferì evitare. Quello che non si sarebbe mai immaginato era che la sua, di serata, sarebbe stata ancora più movimentata.

Attardarsi al bar con Sugawara e Asahi aveva fatto perdere a Makoto la cognizione del tempo quindi, quando era arrivato alla piscina, gli allenamenti si erano già conclusi e gli dissero che Haruka era rientrato: un peccato se si considerava l'uscita a cui aveva pensato, ma in fondo avrebbero potuto passare comunque la serata insieme. Mentre si avviava verso casa, ragionando su cosa avrebbe potuto comprare per cena al minimarket poco distante, svoltò l'ultimo angolo senza guardare e finì per scontrarsi con qualcuno che arrivava di corsa dalla direzione opposta.
« Ah, mi disp... » iniziò, ma si ritrovò con il naso affondato in una massa di capelli color carota.
« Momo-kun, non correre! » lo raggiunse una voce poco distante.
Alzando gli occhi, Makoto si ritrovò di fronte Momotaro Mikoshiba, Nitori e Haruka che li seguiva con espressione imperturbabile. Proprio su quest'ultimo si fermò il suo sguardo confuso.
Haruka alzò le spalle come se in tutto quello non ci fosse nulla di anomalo e ripose semplicemente: « Li ho incontrati alla stazione, avevano l'aria di essersi persi, così ho pensato di accompagnarli. »
In effetti in questo non vi era nulla di strano, quello che assolutamente non tornava era la presenza di quei due a Tokyo.
« Cosa ci fate qui? » esclamò infatti Makoto. « E la scuola? Il club? »
« Siamo in vacanza, Makoto-senpai! » esclamò entusiasta Momotaro. « Sono appena iniziate le vacanze estive e, per quanto riguarda il club, siamo in missione supersegreta! »
« A breve Rin-senpai tornerà dall'Australia e ha detto che verrà a trovarci. » spiegò più pacatamente Nitori. « Mikoshiba-senpai ha suggerito di fargli trovare il club al meglio quindi, in qualità di nuovo capitano, ho pensato fosse mio dovere controllare di prima persona le nuove attrezzature che verranno acquistate. »
Quindi in sostanza, erano venuti a fare shopping, concluse Makoto, chiedendosi perché Mikoshiba senior non fosse con loro.
« Mio fratello ha suggerito di appoggiarci a voi per questi giorni. » chiarì subito Momotaro. « Essendo a Tokyo da un po', di certo conoscete i posti migliori. Sarebbe venuto lui, ma doveva lavorare. Per questo, prendetevi cura di noi! »
Davanti all'inchino che ne seguì e alla richiesta che lo lasciò completamente spiazzato, Makoto poté solamente lanciare un'occhiata spaesata ad Haruka, e ricevere in risposta una scrollata di spalle.
« Per me non ci sono problemi, potete anche restare. » disse quello. « Ma posso ospitare solamente uno di voi, casa mia è piccola. »
Makoto vide lo sguardo azzurro del suo ragazzo saettare dall'uno all'altro e fermarsi su Nitori, come se avesse appena compiuto una scelta. Lo sconforto lo invase.
« Va bene. Mikoshiba-kun, puoi stare da me per stanotte. Nitori-kun starà da Haru. »
Doveva esserci un immenso karma negativo sui suoi tentativi di trascorrere del tempo in intimità con Haruka.

« E quindi ci sono piombati tra capo e collo i kohai di questo nostro amico, e si sono praticamente autoinvitati a casa nostra. »
Sugawara scoppiò a ridere di gusto mentre lo ascoltava: a volto le sfortune del povero Makoto erano davvero comiche. Capiva il suo disperato desiderio di passare del tempo con il suo ragazzo in modo romantico perché era lo stesso che lui provava per Daichi, ma non poteva fare a meno di ridacchiare delle assurde avversità che gli si paravano di fronte. Non che, a conti fatti, loro fossero messi meglio: l'arrivo di Asahi e Nishinoya era stato un fulmine a ciel sereno nella loro tranquilla routine, la differenza era che, forse, erano maggiormente abituati a tipi del genere.
« Immagino sarà una faccenda che si risolverà velocemente, devi solo portare pazienza. » gli rispose in tono conciliante.
Era sul punto di aggiungere altro per tranquillizzare l'amico, quando una voce fin troppo nota lo fece sobbalzare.
« SUGA-SAN!! »
Voltandosi verso l'ingresso del bar dell'università riconobbe all'istante il ciuffo biondo e i modi piuttosto plateali di Nishinoya, e per un istante fu preda di un tremendo deja-vu: il libero non era cambiato di una virgola da quando si affacciava urlando alla porta della palestra o a quella di un'aula per attirare l'attenzione del malcapitato di turno. Per evitare che mettesse in allarme l'intero locale, Sugawara si affrettò a fargli segno di raggiungerli e quello attraversò la sala a passo di carica.
« Sono venuto a salutarti, Suga-san. » esordì inchinandosi formalmente di fronte al tavolo dove erano seduti i due ragazzi. « Torno a casa, a Miyagi! »
Sugawara gli rivolse un'occhiata spiazzata.
« Asahi ha già finito quello che doveva fare? » chiese cautamente, ma l'altro scosse la testa con più energia del necessario.
Era chiaro che qualcosa non andasse e che Nishinoya non intendeva parlarne in un posto tanto affollato. Non che si fosse mai dimostrato particolarmente riservato, ma se la questione riguardava Asahi era un altro discorso. Per questo motivo Sugawara si alzò e fece cenno ai due di seguirlo all'esterno, in un posto dove nessuno li avrebbe disturbati. Si fermarono in uno angolo appartato, oltre alcuni cespugli, lontano dal vialetto che attraversava tutto il campus.
« Lui è Makoto-san. » si premurò di presentarli Koushi. « Se preferisci parlare a quattr'occhi possiamo vederci dopo, ma ti assicuro che è bravissimo a trovare soluzioni ai problemi. »
Lanciò un'occhiata all'amico e sorrise: Makoto era una frana quando si trattava dei suoi guai, ma per gli altri si faceva sempre in quattro e aveva l'impressione che i suoi suggerimenti sarebbero stati utili all'ex compagno.
Nishinoya scosse il capo, segno che la presenza di un estraneo non lo infastidiva.
« Asahi-san ed io abbiamo discusso. » esordì come se si trattasse di una cosa nota. « O meglio, io ho discusso e lui ha tentato di metterci una pezza, come sempre. Ne ho le tasche piene di stare sul filo del rasoio, Suga-san, se stare con me lo mette così a disagio, allora è meglio che gli stia lontano una volta per tutte. »
Sugawara sospirò: non era la prima volta, infatti, che assisteva ad una scena del genere. Era già capitato alcune volte durante l'ultimo anno di scuola, a dirla tutta c'era stata anche quella brutta lite poco prima dell'arrivo dei nuovi primini, e il problema era perdurato anche dopo che loro del terzo anno avevano lasciato la Karasuno. Sembrava che il punto fosse sempre lo stesso, anche non conoscendo la causa scatenante della lite: Nishinoya s'infervorava per qualcosa, Asahi tentava di blandirlo, l'altro interpretava quella blanda reazione come scarso interesse o disagio nei suoi confronti e andava su tutte le furie. Poteva essere una questione d'incompatibilità di carattere, l'uno così timido e l'altro così vulcanico, ma Sugawara sapeva che erano fatti l'uno per l'altro: avevano solo bisogno di capirsi a dovere. Magari con un mediatore che impedisse ad uno dei due di darsela a gambe.
« Senti, Noya, forse dovreste parlarne con calma. » iniziò quindi. « Dov'è adesso Asahi? »
« Quello stupido sarà andato a piangere da Daichi! » sbottò il libero, irritato.
Oh. Beh, era molto probabile che fosse davvero così, ed era altrettanto probabile che l'ex capitano lo stesse strigliando a dovere.
Sbirciò di sottecchi Makoto e notò che l'altro era sul punto di dire qualcosa: poteva essere un consiglio, così come una scusa per allontanarsi e lasciarli parlare tranquilli, non lo seppero mai. Vennero interrotti da una voce fin troppo squillante che esclamò: « MAKOTO-SENPAAAAAIIIII!!! » ad un volume tale che fu un miracolo se i loro timpani ne uscirono illesi, e un terremoto pel di carota piombò in mezzo al gruppetto, seguito a ruota da un altro ragazzo che tentava invano di trattenerlo.
« Makoto-senpai sta parlando, Momo-kun! Non sta bene disturbare! » furono le parole che passarono del tutto inascoltate.
Makoto si rivolse ai due con aria preoccupata e anche un po' allarmata e Sugawara dedusse che si doveva trattare dei due kohai di cui avevano parlato poco prima.
« Nanase-san ci ha detto che avremmo potuto rivolgerci a te per quel giro di acquisti di cui parlavamo ieri. » continuò il ragazzo dall'aria più tranquilla. « Ma se non è possibile... »
« Accidenti, Haru... » si lamentò Makoto con un sospiro, probabilmente incastrato dal suo ragazzo in quella che non sembrava un'attività che lo attirasse particolarmente. « Mi dispiace, ragazzi, ma oggi non posso proprio. Più tardi ho un colloquio con un professore e... »
« Ci sono io! »
Quattro paia di occhi si voltarono verso chi aveva appena parlato e Nishinoya si piantò le mani sui fianchi, orgoglioso, come se quella fosse la migliore pensata del secolo.
« Noya, io non credo... » iniziò Koushi, ma venne a sua volta interrotto.
« Davvero ci accompagneresti?! Grande! » esclamò il rossino saltellando. « Sono Mikoshiba Momotaro, lui è il mio senpai Nitori Aiichiro. »
« Io sono Nishinoya Yuu e quello di cui ho maggiore bisogno in questo momento è perdere la testa in uno di quei mega quartieri commerciali di Tokyo! Anzi, che ne dite di andare a rimorchiare qualche ragazza? Sarà divertente! »
Davanti a quella che si prospettava la peggiore idea mai avuta da Noya, Sugawara lanciò un'occhiata preoccupata a Makoto, che si limitò a scuotere la testa con aria desolata: era chiaro che avrebbe preferito non avere nulla a che fare con l'intera faccenda, inoltre l'ora del suo incontro con il professore si stava avvicinando, quindi non aveva più tempo da perdere.
« Allora noi ci avviamo. Suga-san, grazie dei consigli, tornerò a salutare te e Daichi più tardi. » continuò Nishinoya, per poi rivolgersi ai due nuovi amici. « Coraggio, si va a donne!!! »

« É stata una pessima idea. »
Vedendo l'espressione desolata dell'amico seduto di fronte a lui, Daichi non aveva nemmeno la forza di essere più aggressivo di così. Asahi era andato da lui, come sempre, per sfogarsi e in cerca di consiglio, e come ogni volta Daichi lo aveva sgridato a dovere. Solamente che quel giorno lo sguardo negli occhi dell'ex asso diceva chiaramente che non nutriva nessuna speranza.
Si era raggomitolato sul minuscolo divano di casa Sawamura-Sugawara, facendosi più piccolo che poteva ma occupandolo comunque quasi tutto, e, dopo aver raccontato a Daichi l'accaduto, era rimasto immobile con gli occhi bassi.
Il padrone di casa aveva preparato un tè e si era seduto su un bracciolo sorseggiandolo e sperando di trovare le parole giuste a risolvere la situazione.
« Secondo me dovresti lasciare che Noya si esprimesse come meglio crede. L'ha sempre fatto e la tua timidezza non può essere un freno per lui. Accidenti, Asahi, è chiaro come il sole che ti vuole bene, ti adora e farebbe di tutto per te. Se anche ogni tanto ti lasci baciare in mezzo alla strada non è la morte di nessuno! No, nemmeno la tua! »
A quelle parole Asahi era arrossito come un pomodoro e aveva nascosto la faccia tra le mani: Daichi ancora si chiedeva come fosse possibile che uno grande e grosso come lui avesse quel carattere così fragile. Era proprio vero che a volte la natura faceva di testa propria ignorando completamente la logica. Se solo avesse saputo dove si era andato a cacciare Nishinoya, avrebbe potuto costringere Asahi ad assecondarlo e tutto sarebbe tornato a posto. Anche se, a ben pensarci, era assurdo dover costringere qualcuno a mostrare i propri sentimenti quando ad un occhio esterno erano chiari come il sole. Daichi sospirò: non tutti avevano ricevuto un dono del cielo come lo era Suga.
Come evocato da quel pensiero, il suo cellulare squillò e, riconoscendo il nome sul display, Daichi rispose illuminandosi in un istintivo sorriso.
« Pulcino! »
Sentendo immediatamente lo sguardo di Asahi su di sé, trasformò la parola in un mezzo colpo di tosse e riprese: « Volevo dire, Suga! Dimmi! »
Il tono preoccupato di Sugawara non prometteva niente di buono e l'espressione di Daichi si allarmò sempre di più man mano che lo sentiva raccontare.
« Starai scherzando, spero! Ma è impazzito?! E poi dove? Come non lo sai? Ma gli amici di Tachibana... Capisco... No, io sono a casa con Asahi, ma possiamo venire lì. Ok. Ok. A dopo. »
Chiusa la telefonata, Daichi lanciò un'occhiata di fuoco al vecchio amico.
« Alzati immediatamente da quel divano, dobbiamo andare a recuperare il tuo ragazzo prima che si cacci in qualche guaio più grande di lui! »

La stazione e le strade di Shibuya a quell'ora erano sovraffollate: una massa di persone variopinte si muoveva ondeggiando tra gli svettanti grattacieli e gli enormi pannelli pubblicitari. Tutto attorno si sentiva risuonare qualcosa, che fosse la musica dei jingle o le chiacchiere delle persone che non si preoccupavano minimamente di abbassare la voce in quel caos turbinante. Sembrava che quel luogo non potesse conoscere il silenzio.
Per tre ragazzi appena arrivati dalla provincia, l'intero quartiere appariva come un enorme parco giochi pieno di luci e colori, ogni negozio o locale una giostra variopinta ed eccitante. Noya non aveva fatto altro che trascinare i due nuovi amici dentro e fuori, seguendo ogni vetrina che attirava la sua attenzione, mentre Momotaro e Nitori lo seguivano a ruota, completamente dimentichi delle loro iniziali intenzioni. Dopo parecchio girovagare, stanchi e accaldati, si sedettero sul muretto di un'aiuola con alcune bibite fresche in mano.
« Ehi, Noya-san, tu sai come si fa a rimorchiare una ragazza? » esordì Momotaro che, attirato da quella prospettiva, non ne aveva però visto ancora il minimo frutto.
Il libero gli lanciò un'occhiata saccente dall'alto del suo anno in più.
« Se ci fosse qui il mio amico Ryuu, potremmo farla vedere noi a questi city-boys! Sai, conosco alcuni ragazzi di città a cui faremmo un baffo senza problemi! »
Anche se doveva ammettere che non era certo sulla questione “ragazze” che poteva considerare gli amici della Nekoma degli esperti. Per un attimo si chiese come se la passassero Kuroo e gli altri e se quel libero, Yaku, giocasse ancora.
« Potremmo provare con l'approccio diretto. » propose. « Ecco, guarda, quella ragazza che sta passando è molto carina. Perchè non le chiedi se le va di bere qualcosa? »
Momotaro si agitò sul muretto.
« Io? Ma non eri tu l'esperto, Noya-san? »
« Le ragazze apprezzano gli occhioni innocenti. »
« Allora il più adatto è Nitori-senpai! »
« Eh? Io? Ma veramente... » balbettò il diretto interessato mentre veniva sollevato quasi di peso e spinto verso la ragazza in questione.
Nishinoya lo seguì con lo sguardo mentre quasi inciampava nei suoi piedi e finiva dritto addosso alla malcapitata, rovesciandole anche parte della sua bibita sulla maglietta chiara. Quella si ritrasse indispettita e Nitori prese a scusarsi ripetutamente finché non le vide sfuggire un sorriso mascherato da uno sbuffo che lo metteva al sicuro da un qualsiasi reazione drastica.
« Ragazzi... torniamo a casa, per favore. » li pregò il ragazzo tornando a sedersi. « Non abbiamo combinato nulla tutto il giorno. Se Yamazaki-senpai sapesse che non abbiamo nemmeno preso le attrezzature andrebbe su tutte le furie. Cosa diremo a Rin-senpai? »
« Io non ho bisogno di altre ragazze, mi basta la mia Gou-san. » lo seguì a ruota Momotaro, sospirando.
Solo Nishinoya dava l'idea di non volersi arrendere.
« Sono venuto qui per dimostrare ad Asahi-san che posso farcela benissimo e non è nel mio stile gettare la spugna! » dichiarò puntandosi le mani sui fianchi.
« Noya-san, tu non sai niente di come si rimorchiano le ragazze. Di questo passo si farà buio e avremo perso solo tempo. » tentò di blandirlo Momotaro in un inaspettato slancio di serietà. « Faresti meglio a tornare a casa anche tu e fare pace con questa Asahi-san. É la tua ragazza, no? Non sarebbe contenta di saperti qui. »
Nishinoya lo sbirciò di sottecchi e si concesse una piccola smorfia: in effetti era vero, se tutta quella storia fosse giunta alle orecchie di Asahi sarebbe stata una tragedia. Non tanto per il fatto che lui volesse “dimostrare” di potersi procurare una ragazza, neanche fosse stata un pallone da pallavolo acquistabile in un qualunque negozio di articoli sportivi, quanto piuttosto perché il suo asso dal cuore di vetro avrebbe iniziato a farsi mille paranoie sul suo essere o meno all'altezza. Probabilmente sarebbe giunto addirittura alla drastica conclusione che, non essendo in grado di rendere felice Noya, sarebbe stato meglio per entrambi allontanarsi, lasciarsi addirittura. Nonostante fosse quello che lui stesso aveva dichiarato poche ore prima, la sola idea che passasse per la mente di Asahi gli faceva annodare lo stomaco in modo fin troppo spiacevole.
« Chiamo Suga-san. » concluse, prima che fosse troppo tardi. « Non ricordo che linea dobbiamo prendere per tornare verso la sua università. »
Fortunatamente Sugawara rispose al secondo squillo e, dopo essersi accertato che stessero tutti bene, chiese dove si trovavano. La sua voce suonava davvero preoccupata, simile a quella di un fratello maggiore o di una madre in ansia per i suoi piccoli. Nishinoya si pentì all'istante di averlo fatto stare tanto in pena e assicurò più volte che non avevano avuto nessun problema e sarebbero tornati presto.
« Ci troviamo a Shi... »
La risposta venne interrotta da una nota di allarme del cellulare e dal successivo totale silenzio: batteria scarica.
« Dannazione! » si lasciò sfuggire mentre ricacciava il telefono in tasca.
Tuttavia lo sconforto durò solo un istante prima di essere sostituito dal suo consueto entusiasmo.
« Poco male, possiamo sempre chiedere indicazioni. Signorina! Signorina, mi scusi! Da che parte è la stazione di Shibuya? »

« Shi? »
« Sì, non sono riuscito a sentire altro, poi è caduta la linea e non c'è stato verso di riprenderla. Comunque stanno tutti bene, non devi preoccuparti. »
Daichi aveva raggiunto Sugawara e Makoto alla loro università, trascinandosi dietro un riluttante Asahi, e ora stavano tentando di fare il punto della situazione. Quei tre in giro da soli erano delle mine vaganti e la cosa migliore da fare era andare direttamente a recuperarli. Si stava facendo tardi e lasciarli a zonzo in zone della città che non conoscevano poteva essere pericoloso.
« Noya ha detto che voleva andare a caccia di ragazze e il quartiere commerciale più vicino è Shinjuku, di certo sono andati lì. » ipotizzò Daichi. « La sua stazione è enorme per qualcuno non abituato, si perderanno di sicuro. Meglio evitare che vengano raccolti da qualche poliziotto come bambini smarriti. »
Fu quindi deciso per una mini spedizione di recupero. Sugawara avrebbe voluto unirsi a sua volta, ma Daichi gli assicurò che non ce n'era bisogno e che sarebbero tornati prima di quanto pensasse.
« Piuttosto, Makoto-san, Nanase-san non ti aspetta a casa? »
« Immagino di sì ma, in assenza di Rin, Momo-kun e Nitori-kun sono sotto la mia responsabilità quindi verrò con voi. »
L'unico che sembrava non avere nessun entusiasmo a lanciarsi in quella missione di recupero era Asahi ma, ovviamente, il suo parere non venne nemmeno chiesto.
La stazione di Shinjuku era davvero enorme, probabilmente lo snodo ferroviario più grande del mondo, costantemente affollato di pendolari, lavoratori e turisti ad ogni ora del giorno. Da quando era giunto a Tokyo, Daichi vi aveva messo piede una, forse due volte, e mai da solo, quindi non era a sua volta certo di come muoversi. Makoto sembrava più sperduto di lui e su Asahi, in quel frangente, non si poteva contare.
Dopo aver girovagato per un po' all'interno dell'enorme complesso ed essere giunti alla conclusione che i ragazzi non si trovavano lì, poiché difficilmente sarebbero passati inosservati viste le personalità di Noya e Momotaro, decisero di spostarsi per le strade. Makoto ipotizzò che potessero trovarsi nella zona più commerciale o turistica, magari in visita nei pressi del palazzo del governo o dove si trovavano i grandi magazzini più rinomati. Gli altri due gli lanciarono un'occhiata non particolarmente convinta, ma lo seguirono in quella direzione. Daichi non credeva che qualcuno come Noya potesse interessarsi ad un turismo di tipo culturale, ma non fece obiezioni e si limitò a guardarsi attorno per essere sicuro che non gli sfuggisse l'eventuale passaggio degli amici. Iniziò a preoccuparsi, invece, quando alzando gli occhi, si trovarono sotto un'enorme insegna rossa, circondata da una miriade di luci dello stesso colore.
« Kabukicho... » lesse Asahi con espressione allarmata. « Ragazzi, non dovremmo essere qui, meglio andarsene in fretta. »
Gli altri due gettarono occhiate preoccupate oltre l'insegna e si ritrassero leggermente: nonostante non fossero mai stati in zona, chiunque conosceva il celeberrimo quartiere a luci rosse di Tokyo che, come se non bastasse, era noto anche per essere controllato dalla yakuza. No, non era decisamente il luogo in cui tre innocenti studenti avrebbero desiderato addentrarsi.
Per un istante si guardarono l'un l'altro e lessero la comprensione nei reciproci sguardi, dopodiché cambiarono bruscamente direzione con una mezza risata.
La ricerca proseguì in una zona che sembrava comprendere solo locali e poteva essere la volta buona visto che Noya aveva detto di voler cercare delle ragazze: di certo si era trattato solo di una sciocca provocazione, ma era comunque possibile che si fossero infilati in qualche sala da tè o in un karaoke. Daichi tentò di nuovo di chiamare il cellulare dell'amico, ma niente da fare, risultava ancora staccato. Inoltre, si rese conto gradualmente, era da un po' che non vedeva nessuna ragazza in giro: c'erano diversi gruppetti di uomini che parlavano agli angoli delle strade o agli ingressi dei locali. Un paio, notò con un brivido, gli stavano facendo l'occhiolino. Allarmato, spostò lo sguardo su Makoto e notò che il ragazzo camminava rigido, con lo sguardo fisso di fronte a sé e leggermente pallido. Il dubbio di essere inconsciamente finiti dalla padella nella brace assalì Daichi, anche se sperò di essersi sbagliato. Se lo augurò con tutto sé stesso finchè un tizio dall'aria stravagante, abbigliato con tutti i colori possibili, non si parò loro davanti.
« Ehi! Stiamo cercando un paio di ragazzi per una serata, vi andrebbe di partecipare? » esclamò sprizzando entusiasmo.
Makoto fece un passo indietro, Asahi lo aggirò e si mise al fianco di Daichi.
« Veramente noi... » iniziò quest'ultimo, lanciando un'occhiata all'amico.
Era praticamente un'utopia aspettarsi appoggio da parte di Asahi in una simile situazione, piuttosto se la sarebbe data a gambe. Ma evidentemente quello scambio di sguardi venne interpretato in modo  diverso.
« Ah, capisco. » disse infatti il giovanotto multicolore. « Allora è lui che decide. Complimenti, hai davvero dei bei ragazzi, ottima merce! Guarda, è un lavoretto semplice, nulla d'impegnativo, e la paga è buona. Si tratta di fare compagnia a delle persone di un certo livello, potrebbe essere anche divertente. »
Come a dimostrazione delle proprie parole, avvolse un braccio attorno ai fianchi di un orripilato Daichi attirandolo verso di sé. Un istante prima che gli amici potessero intervenire e che il ragazzo stesso schizzasse all'indietro con uno strillo, il suo cellulare squillò e lo sconosciuto lasciò la presa a malincuore. Il capitano si aggrappò al proprio telefono come se fosse stato un'ancora di salvezza.
« Suga! » esclamò in tono fin troppo concitato, sconcertando l'altro. « Oh, sono tornati? Ho capito. Sì. Sì, stiamo tornando, prendiamo subito il treno! »
Chiusa la telefonata, afferrò entrambi i compagni per un braccio e li trascinò via.
Shinjuku era un posto pericoloso, pericolosissimo, ci avrebbe pensato due volte prima di rimetterci piede!

Asahi rientrò nella propria stanza d'albergo sospirando: quella giornata era stata tra le più assurde che avesse mai trascorso e l'esperienza appena passata gli aveva lasciato addosso un'agitazione che faticava a scomparire. Era abituato ad essere scambiato per un delinquente, ma ad una cosa del genere non era assolutamente preparato. Inoltre, quando erano tornati, Suga aveva spiegato che Noya se n'era già andato, di certo era ancora infuriato con lui. Il solo pensiero che fosse scappato via in cerca di ragazze lo faceva sentire male: era vero che spesso si mostrava più timido e reticente di quanto fosse il caso e che fosse sempre l'altro a prendere l'iniziativa e a spronarlo, ma non poteva tollerare l'idea che lo abbandonasse. Essere lasciato da Noya, che aveva sempre creduto in lui, sarebbe stata la più grande sconfitta della sua vita, in assoluto la più dolorosa. Inoltre, se si soffermava a pensare che il suo ragazzo avrebbe potuto finire nelle grinfie di qualche malintenzionato del Shinjuku ni-chome, sentiva lo stomaco annodarsi per l'ansia.
« Bentornato! »
Quell'esclamazione, fatta con il consueto tono allegro, lo strappò dalle sue cupe considerazioni.
Noya era seduto sul letto, con una lattina di tè freddo in mano e sulle labbra il sorriso che tanto amava. Asahi dovette trattenersi dal correre ad abbracciarlo.
« Ce ne hai messo di tempo. Scommetto che vi siete persi. » continuò il libero ridacchiando. « L'avevo detto che senza di me non avresti potuto cavartela! »
Era assolutamente incredibile, considerando i toni con cui se n'era andato era convinto che fosse già sul treno per Miyagi. Asahi si avvicinò lentamente, quasi incredulo del fatto che l'altro fosse effettivamente lì. Noya invece posò la lattina con tutta la disinvoltura del mondo, si alzò e si sollevò sulla punta dei piedi per circondargli il collo con le braccia.
« Mi sono fatto prendere la mano e ho esagerato, mi dispiace. » disse semplicemente, con quel sorriso solare che avrebbe sciolto anche il cuore più duro. E quello di Asahi non lo era di certo.
Ricambiò la stretta con trasporto, quasi sollevandolo di peso, affondando il volto nel suo collo.
« No, è stata colpa mia, sono uno stupido... » iniziò.
« Ehi! »
Il tono di Noya lo mise subito in allarme ma continuò.
« … Ma t-ti amo e... non voglio che te ne vada. »
Avrebbe voluto aggiungere altro, fare un discorso più approfondito e coerente, ma la vista degli occhi di Noya che si spalancavano illuminandosi, mandò completamente all'aria ogni proposito, spingendolo semplicemente a chinarsi sulle sue labbra per baciarlo per la prima volta di sua iniziativa.

Haruka sospirò: era riuscito ad evitare per tutto il giorno di ritrovarsi elementi di disturbo attorno e sperava che con quella giornata si concludesse tutto. Aveva significato dover stare lontano anche da Makoto e riteneva che un sacrificio del genere fosse più che sufficiente come contropartita ma, quando sentì suonare il campanello e si trovò Momotaro, Nitori e un Makoto dall'aria sconvolta nell'ingresso, si rese conto che alla sorte non si poteva sfuggire.
« Nanase-san, domani sei libero, vero? Vieni con noi a comprare le attrezzature! » esclamò Nitori, e qualcosa nella sua voce suggeriva che desiderasse davvero la sua presenza. Impressione che venne confermata da Makoto.
« Haru, ti prego... Ti regalo un costume nuovo. »
Haruka si chiese cosa potesse essere successo quel giorno per sconvolgere tanto il suo ragazzo, magari più tardi gliel'avrebbe chiesto. Ora, davanti alla prospettiva di un nuovo costume, non gli sembrava davvero carino rifiutare.

« Shibuya? »
« Già. » confermò Sugawara davanti all'espressione sconcertata del fidanzato.
Se da una parte Daichi non era per nulla entusiasta di aver girovagato a caso tutto quel tempo, dall'altra sembrava sollevato che Nishinoya e gli altri due fossero stati in un altro posto.
« Devo supporre che sia stato estenuante cercarli in mezzo a tutta quella gente. » disse Sugawara con un sogghigno, tornando ad accomodarsi sul divano e a dedicarsi alla rivista sportiva che stava leggendo.
Per tutta risposta Daichi lo abbracciò alle spalle, affondando il naso nei suoi capelli chiari.
« Shinjuku è un posto orribile. Non andarci mai. Mai. » lo sentì mormorare.
Koushi tentò di voltarsi nella sua direzione, perplesso.
« Eh? Ma che stai dicendo? Ehi, Daichi, è successo qualcosa? »
Il silenzio che ne seguì aveva qualcosa di preoccupante.
« A dir la verità sono stato diverse volte a Shinjuku con i colleghi di corso. » continuò Sugawara. « Lo conosco abbastanza bene, ma quando mi hai detto che non era necessario che venissi, ho pensato che ve la sareste cavata comunque. Non dirmi che vi siete persi in qualche posto poco raccomandabile tipo Kabukicho o Shinjuku ni-chome? »
Allungò una mano per pizzicare il naso del ragazzo nel tentativo di sdrammatizzare, ma quello lo strinse ancora di più.
Sugawara sorrise e gli accarezzò i capelli.
« Cos'hanno fatto al mio corvetto? Raccontami, su. Come minimo avranno scambiato di nuovo Asahi per uno spacciatore e ve la siete dovuta dare a gambe. »
L'idea lo faceva ridere, ma per i tre quel pomeriggio non doveva essere stato altrettanto divertente. Abbandonò definitivamente la rivista e attirò Daichi accanto a sé sul divano, stampandogli un bacio sulla guancia.
« Scommettiamo che riesco a farti dimenticare le brutte esperienze? » gli sussurrò all'orecchio maliziosamente e l'altro finalmente alzò su di lui uno sguardo talmente adorante che gli fece passare all'istante la voglia di prenderlo in giro.

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