Lost

Mar 27, 2011 17:22

Per festeggiare l'amorino mio che si ha fatta l'account di lj posto la mia primissima ficci KAT-TUN!!!

14 Agosto 2009: Tornando dal ristorante cinese lei mi racconta quello che si immagina ascoltando "Lost": un cielo grigio, un molo, una lunga corsa.. la mia piccola testolina allora ha iniziato a immaginare, le parole sono uscite tranquillamente, eppure erano tre anni che non scrivevo.

Titolo: Lost

Capitolo: one-shot

Autore: Eos_92

Gruppo/Artista: KAT-TUN, Jin Akanishi

Coppia: Akanishi x Ueda

Genere: agnst - romantica

Rating: nc-15

Avvertimenti: yaoi

Disclaimer: i personaggi non mi appartengono

Ringraziamenti: mia sorella


Un molo.

Una strada.

Lampioni di luce soffusa invadono il buio della notte.

Lui corre. Lui aspetta.

Sbatté violentemente la porta del camerino e a passo celere se ne andò.

“Credevo di riuscire ad amarlo” pensava, non riuscendo a trattenere le lacrime. Si portò una mano alla bocca soffocando un grido. Avrebbe voluto lasciarsi cadere a terra, lì, in mezzo al corridoio, ma sarebbe stato poco virile, poco consono al suo carattere sempre freddo e distaccato.

Ormai era fuori. Il cielo di un grigio intenso, ma allo stesso tempo chiaro, quasi trasparente.

Forse stava per nevicare.

Si voltò. Alle spalle il grande edificio dalla Johnny’s. Nessuno lo stava seguendo.

Si incamminò lentamente sul marciapiede.

Passo dopo passo, le sue gambe si facevano sempre più pesanti, come macigni.

Perché non c’era nessuno a sorreggerlo?

Una parte di sé urlava di fermarsi, di tornare indietro, tornare da lui, dirgli che lo amava lo stesso, anche se era un maschio.

Avrebbe voluto sentire la sua calda voce sussurrare il suo nome, in un soffio.

“Tatsuya” gli avrebbe mormorato, e poi lo avrebbe baciato.

Si bloccò. Intorno a lui era tutto molto silenzioso. La neve aveva cominciato a cadere e attutiva tutti i rumori, tutti i suoni.

“Being lost…” disse piano, e riprese a camminare.

Le sue labbra avevano assaggiato ogni centimetro di quel corpo stupendo, perfetto.

Jin Akanishi se ne stava seduto in un angolo del proprio camerino, ancora fissava la porta bianca che poche ore prima, sbattendo, aveva concluso la loro conversazione.

Se di conversazione si può parlare.

C’erano stati solo silenzi e frasi lasciate a metà, poi, poche parole dette sommessamente.

“Non lo so… siamo… due maschi… io, non lo so…”

E aveva perso il controllo.

Aveva urlato contro di lui, lo aveva sbranato con quella stessa voce che, solo la notte prima, lo aveva accompagnato nei sogni.

“Ieri hai fatto sesso con me e ora non lo sai? Potevi pensarci prima! Io… io…”

Era furioso, frustrato.

Si sentiva così, solo perché era stato rifiutato?

Lui… che con un solo, debole sorriso catturava migliaia di persone, lui… con quel corpo troppo sexy, con quella voce così suadente…

No. Non si trattava solo di questo, anzi, era certo che, mentre urlava, tutto ciò non gli era venuto proprio in mente.

Era stato dominato dalla paura.

La paura di perdere la persona che amava di più.

Il suo amore.

La neve bianca aveva iniziato ad avvolgerlo.

Si posava lentamente sulle sue spalle. Addosso aveva solo una canottiera e un maglione.

Abbigliamento piuttosto bizzarro per quella giornata di pieno inverno.

Erano ancora gli abiti di scena.

Si calzò con più forza il berretto bianco in testa.

Ueda Tatsuya sospirò… e sospirò ancora.

“Avrei voluto essere una persona migliore… e riuscire a dirgli che lo amavo” … “Cazzo, non riesco a non piangere”

Si guardò un po’ intorno.

I negozi cominciavano a chiudere.

In fondo alla via un bar era ancora aperto. Avrebbe potuto entrare lì, riscaldarsi un po’ e prendere un tè, ma il solo pensiero di incontrare altre persone, di stare a contatto con altri corpi, altre pelli, lo nauseava.

Sentiva addosso ancora il suo odore.

Un po’ acre, forse.

Ma così intenso.

“Tanto non mi vede nessuno”

Sbatté le palpebre. Copiose lacrime gli bagnarono il viso, il collo, la lana del maglione.

“Ti amo… ti amo…”

Jin ansimava su di lui.

Tatsuya non diceva una parola, gli sfuggiva qualche sospiro… ma sempre così sobrio…

Senza ritegno, i nostri corpi separati
si confondono in una cosa sola.

Jin si chinò su di lui e gli baciò le labbra, così grandi, morbide, rassicuranti, invitanti.

“Fammi sentire la tua voce”

Tatsuya arrossì vistosamente chiudendo gli occhi.

Jin si spostò a baciarli il mento, poi il collo, scendendo sempre più in basso. Passò con la lingua le clavicole, i capezzoli, poi delineò gli addominali, perfetti. Si soffermò sull’ombelico.

Tatsuya si era messo le mani sul viso.

Il suo corpo mostrato in quel modo, senza pudore, senza ritegno.

Jin lo penetrò all’improvviso, si lasciò sfuggire un grido mozzato.

“Hai una voce bellissima” gli mormorò Jin all’orecchio.

Tatsuya lo guardava, incerto, imbarazzato, spaventato.

“Being lost…” sussurrò… ma forse Jin non lo aveva sentito.

“Ehi, Jin! Vuoi far notte?”

Yuichi Nakamaru entrò, senza bussare, nel suo camerino.

Lo vide in fondo, in un angolo, illuminato appena dalla luce che proveniva da fuori.

“Scusa, ero soprappensiero” biascicò Jin, alzandosi. Sospirò. Prese la borsa che aveva lasciato a terra e, senza dire nient’altro, uscì dalla stanza.

Yuichi rimase per un attimo a fissare l’amico che si allontanava, poi alzò le spalle.

Fuori nevicava.

E Jin iniziò la sua ricerca.

Tatsuya si sedette alla fine del molo.

Aveva camminato, e pure parecchio, senza neanche accorgersene era arrivato al mare.

Guardò davanti a sé. Il mare era scuro, minaccioso.

Lui rimase paralizzato di fronte a tale potenza.

Che cosa poteva fare in confronto al mare? A quelle onde che si alzavano rumorosamente e si infrangevano?

Si sentiva così piccolo, insignificante… perduto.

Being lost

Aveva iniziato a tirare un vento forte, freddo.

Si strinse nel maglione. Sicuramente avrebbe dovuto prenderne un altro per continuare le riprese.

Si sentiva inconsistente, il vento oltrepassava la stoffa, la sua pelle, rimaneva lì, e si tramutava in freddo e non lo abbandonava più.

Sentì il suo stomaco brontolare.

“Ma allora sono ancora vivo…” … “Per fortuna…”

Gli scappò un sorriso.

Istintivamente si guardò dietro, con uno scatto, ma niente, solo il buio, e le cime degli alberi che si piegavano agli ordini del vento.

Jin corre.

Cavoli, sembra quasi il titolo di un film.

La borsa a tracolla gli sbatteva contro le ginocchia, la felpa slacciata, i jeans troppo lunghi si erano bagnati fino a metà polpaccio e le Corverse che aveva ai piedi erano a dir poco fradice.

Ma Jin corre.

Avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di ritrovarlo, avrebbe raggiunto qualsiasi luogo.

Tutta colpa di quella sua boccaccia.

Perché era sempre così impulsivo?

La neve soffice cadeva, si fermava a terra e veniva pestata, guastata dai suoi piedi ansiosi di ritrovarlo.

Oltrepassò un quartiere illuminato a giorno pieno di gente che camminava ancora indaffarata.

Ora era tutto più tranquillo.

Senza neanche accorgersene era arrivato di fronte all’appartamento di Tatsuya, ma era tutto buio.

“Non è qui… dannazione”

Non era lì.

Fissò per un po’ quel palazzo, alto, finestre illuminate lasciavano spazio a vuoti, oscuri.

Un brivido gli percorse la schiena.

“Cazzo… sembro un pulcino bagnato”

Un lampo gli attraversò gli occhi, “Sicuramente anche Tatsuya si starà bagnando”.

Erano sdraiati, uno accanto all’altro, sudati, sul letto dell’appartamento di Jin.

Tatsuya non aveva ancora detto nulla.

“Non mi dici niente” ruppe Jin il silenzio.

Tatsuya si voltò verso di lui, era buio, per fortuna non poteva vederlo, sarebbe stato troppo imbarazzante, e gli strinse un braccio nascondendo il viso nei folti capelli scuri del suo amante.

Anche Jin si voltò e prese a carezzarli la schiena.

Lentamente.

I clacson e i rumori della città notturna non li raggiungevano.

Quella stanza era come ovattata, oltre a loro non esisteva nessun altro.

Su una piccola stella solo mia e tua.

Sicuramente entrambi ci faremo carico dei momenti di tristezza e di sofferenza.

Anche se stai per lasciarti andare, devi avere il coraggio di andare avanti

perchè, credimi, più delle lacrime che hai versato finora, ti aspettano tanti sorrisi.

“Perché non riesco a togliermi dalla mente le parole di questa canzone?”

Jin contorse il viso in una smorfia. Aveva ripreso a correre, ormai era allo stremo.

Poi sentì la voce del mare.

“Il mare?!” pensò sbigottito.

Già si stava per disperare, nella sua mente una valanga di insulti rivolti solo a se stesso. Che cosa ci era venuto a fare al mare?

Tatsuya si alzò in piedi, allargò la braccia.

Il vento lo avvolse e danzò con lui.

Non te ne andrai vero?
Mi sto forse per consumare?

Si sporse un po’ in avanti, stava perdendo l’equilibrio?  Si sarebbe unito a quella potenza naturale?

Gli sarebbe piaciuto volare.

Dispiegare ali nascoste e volare libero sopra quell’anfratto che era il mondo.

O il suo cuore?

In quel momento pensò che avrebbe voluto unire ancora una volta i loro corpi, avrebbe voluto ancora sentire quel calore, quella completezza, si sentiva pieno, compiuto. Perfetto.

Il mare, il cielo, e loro, come una cosa sola.

“Oddio! Vuole uccidersi?”

Jin corre.

Jin si precipitò sul molo, scivolò, cadde a terra, ma era già di nuovo in piedi.

E il tempo cambiò dimensione.

Correva davvero? O era rimasto a terra?

Si sentiva leggero e pesante allo stesso tempo, i vestiti bagnati lo trattenevano inchiodato a terra, il vento lo sbalzava da tutte le parti.

Le onde del mare erano così assordanti che avrebbe voluto tapparsi le orecchie per sempre e non sentire mai più nulla.

Ma poi una voce comparve nitida nella sua mente.

Una voce nitida, ma un po’ ruvida.

Certo che era sempre pieno di controsensi.

Una voce simile a carta vetrata… ma pura.

Una voce che aveva mormorato Being lost.

“Cazzo, non ti sei perduto!”

Aveva urlato? O era stata solo la sua mente a farlo?  Non ci stava capendo più nulla. Sapeva solo che tra le sue braccia ora aveva la sua unica ragione di vita.

Tatsuya si voltò, due braccia, che sembravano apparse dal buio, lo afferrarono trascinandolo a terra e lo tennero stretto, forte.

Sentì il suo odore.

Acre.

“Jin…” mormorò.

“Oh, grazie al cielo stai bene. Mi hai spaventato, ho pensato volessi ucciderti”

Si cercarono, nel buio si trovarono, si guardarono.

Tatsuya mosse le labbra “Scusa”.

Ma Jin lo baciò, con passione.

Si strinsero in un abbraccio.

Entrambi bagnati e infreddoliti, si toccarono.

Sdraiati all’estremità del molo con il mare e il cielo come unici testimoni fecero l’amore, senza ritegno.

“Ti amo” disse Tatsuya.

Jin fissò i suoi occhi su di lui. Sorrise.

“Non dirlo più”

“Che cosa?” Tatsuya si allarmò.

“Che ti sei perso”

L’altro lo guardò sconcertato.

“Ieri notte ti ho sentito… la tua voce… è troppo bella per dire una cosa così triste… Ti prego, non dirlo più”

Tatsuya annuì.

“Jin… dimmi che mi ami…”

“Ti amo”.

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