Tanti auguri taurie_2020!!!

Feb 09, 2009 21:38

In ritardo, come sempre, ecco i miei auguri alla mia taurie_2020!!!
Non essendo brava a fare banner e altre cosucce carine simili, non posso che regalarti una ficcina.
Zuccherosa - perchè il periodo lo richiede- e tutta per te!
Spero tanto ti piaccia!

Titolo: Credere alle fate
Autore: Dhely
NOTE: Chris è un mio personaggio, Juan è di taurie_2020, Hernan -che compare appena accennato- diindra_pavamana. Manca giusto Rhys ma non sono riuscita a farcelo rientrare (sorry ewyn). A queste tre amiche,perchè sono speciali, e soprattutto a taurie_2020, per tutto quello che fa per me.. e anche perchè semplicemente, è la persona meravigliosa che è!



Christopher chiuse la conversazione con un gesto secco. Si guardò intorno, lentamente. Juan era in ufficio, per l’ultimo giro di saluti, fra tre ore avrebbero dovuto trovarsi in aeroporto e lui aveva tutto pronto.
La sala, nell’oscurità morbida che entrava dall’enorme porta a vetri che dava sul terrazzo, sembrava accogliente, come se non fosse vuota. Come se non fosse cambiato niente, come se.. Chris sospirò sedendosi sul divano.
Il trasloco era completato, sarebbero stati via per anni. I mobili ovviamente erano rimasti lì. Qualcuno gli aveva domandato perché non l’affittassero: era un appartamento meraviglioso, con una vista degna di un film, arredato così bene che era finito almeno su sette riviste d’arredamento negli ultimi due anni e mezzo. Avrebbero potuto chiedere qualsiasi cifra e avrebbero trovato l’estimatore che gliel’avrebbe data. Chris non aveva voluto, ed aveva ringraziato che Juan, se pure ci avesse mai pensato, non aveva mai detto.
Era casa loro.
Il loro nido, il loro.. - le labbra gli si piegarono in un sorriso, dolce.
Il suo respiro pareva quasi rimbombare nei volumi vuoti. Guardò, oltre i vetri, i rami del glicine ondeggiare lentamente. Pensò alle sue rose, a tutto quello che aveva piantato e fatto fiorire. Alla pianta che gli aveva regalato Pietro, all’acero canadese nano che Jean Paul guardava sempre con un’espressione assolutamente rapita, come se gli ricordasse chissà cosa. Al pino che avevano addobbato il Natale precedente.
Le rose, le sue rose.
Socchiuse gli occhi: sarebbe venuto un giardiniere per occuparsi di loro, ma non era la stessa cosa.
Non era la stessa cosa.
Avrebbe potuto far fiorire molte altre cose, anche da un’altra parte. Era sciocco, lo sapeva.
Era sciocco, ma quella casa era un pezzo della sua vita. Un pezzo di vita che, fosse stato per lui, non sarebbe mai finita.
Aveva paura che davvero qualcosa potesse cambiare qualcosa con Juan solo perché si trasferivano un paio d’anni a Parigi?
Non dire sciocchezze Chris!
Si passò una mano fra i capelli.
Amava Juan e Juan amava lui, non esisteva null’altro.
Parigi.
Juan gli aveva chiesto, di sfuggita, se ci fosse mai stato, e Chris non gli aveva mentito. Avrebbe dovuto?
Sì, c’era stato. Cinque mesi, forse sei, molti anni prima. Con Doug.
Il professor Douglas McMillian, docente di storia dell’arte e grande esperto di esposizioni, mostre e musei in giro per il mondo. Era stato lui ad insegnargli quel mestiere; prima ancora di quello: era stato lui a pensare che potesse essere bravo, in quel campo. Gli aveva suggerito un piano di studi ad hoc, e se l’era poi portato in giro con una borsa di studio, presentandolo come il suo assistente. Gli aveva insegnato tutto.
Erano stati amanti.
Chris non lo rimpiangeva: era stato un uomo generoso e attento. Quando Juan aveva lasciato Oxford per incominciare a lavorare, dopo la laurea, s’era ritrovato col cuore a pezzi, solo, senza nessuno stimolo che fosse in qualche modo concreto.
Era giovane, ma aveva promesso a se stesso che non sarebbe mai più stato così sciocco da buttare tutto all’aria, così quando Doug era comparso dandogli una possibilità, l’aveva afferrata.
E Doug aveva avuto ragione. Anche senza di lui, ora Chris sapeva di essere bravo.
Parigi.
Socchiuse gli occhi.
Tutti a Oxford dicevano che Parigi era la città più romantica del mondo. Lui di essa, invece, ricordava il Louvre illuminato nel cuore della notte, quando lui e Doug uscivano dopo ore e ore di lavoro. Ricordava la Senna silenziosa, i lampioni a costeggiare le strade vuote e silenziose. Ricordava i ponti, la strada che facevano sempre per tornare a piedi all’albergo, il bistrot sull’angolo, aperto tutta notte con, a servire, quella cameriera con le lentiggini e i capelli rossi.
Sospirò.
Ricordava un ponte, soprattutto.
Un ponte sulla Senna di cui non sapeva il nome. Non era importante, dopo tutto, non era un ponte famoso, o particolarmente bello. Era solo il percorso che dovevano fare, tutte le sere.
Ricordava quel ponte, la notte parigina, e una coppia d’innamorati che camminavano sull’altro marciapiede, nella direzione contraria alla loro. La ragazza rideva mentre lui, tenendole una mano, si muoveva come ballando, e cantava.
Non era ubriaco.
Era solo innamorato..
Doug aveva aggrottato la fronte: Chris lo sapeva anche senza vederlo. Lui odiava questo genere di cose.
‘Non fare quella faccia, Doug! E’ una cosa carina! E poi sono giovani.’
‘E’ una scusa ragionevole secondo te?’
Chris aveva sorriso. Non si erano mai capiti davvero.
‘Sono innamorati, non devono essere ragionevoli per esserlo.’
Uno sbuffo.
‘L’innamoramento è una sciocchezza, e non serve a niente.’
‘Serve a stare bene..’
Uno sguardo seccato.
‘Con me ci stai bene?’
‘Sì ma..’
‘E non dirmi che sei innamorato!’
Aveva rallentato il passo. La voce del ragazzo sconosciuto s’era affievolita fin quasi a scomparire. Se essere innamorato significava sentirsi bene allora sì, lo era. Ma se invece era stare come si sentiva quando era con Juan.. si era morso un labbro. Doug gli aveva passato una mano attorno a una spalla.
‘Vedi? Quando sei un ragazzino certe cose vanno bene, ma poi devi crescere, Christopher. E’ come .. credere alle fate. - Chris aveva aggrottato la fronte, dubbioso - Quando sei un bimbo credi che ci sia una piccola fatina vestita di petali serici dentro ogni fiore, con le alucce iridescenti, tutta bella e graziosa e dispettosa. Poi cresci e ogni tanto ti trastulli con quell’idea, pensi come sarebbe bello che ci fossero, magari immagini come potrebbe essere fatta, i suoi colori .. l’arte è satura di questo meccanismo di ritorno all’immaginifico infantile. Ma dentro di te sai che non esiste alcuna fata. Così è come l’amore. Quello che ti fanno credere sia amore non è che autosuggestione. Trovi l’amore solo perché te lo inventi, e vuoi trovarlo. E’ come quelli che in ogni scintillio vedono l’oro, in ogni fruscio dentro un bosco immaginano un fauno. Lo vedono perché è dentro di loro, perché vogliono vederlo. Ma non esiste.’
Era da anni che non ci pensava più.
Che le fate non esistevano.
L’amore?
Si guardò di nuovo intorno.
Erano passati anni, sì. Lui e Doug s’erano lasciati in amicizia, niente di troppo doloroso. La storia tra loro s’era esaurita naturalmente, e naturalmente avevano allentato i legami. Ogni tanto l’incrociava all’inaugurazione di qualche mostra, come ospite da qualche parte. C’erano solo sorrisi fra di loro, e fiducia. Sembravano nient’altro che vecchi amici.
Ma le fate? Esse erano rimaste lì, dentro di lui, ancora non dette, ancora non pensate, quasi dimenticate.
Sospirò lentamente, stringendosi le mani. Doug era uno di quegli uomini che sapeva sempre, non solo cosa dire e cosa fare, ma pure cosa aspettarsi da chiunque. Se avesse avuto ragione?
E se..
Sobbalzò nel sentire la porta aprirsi.
“Chris?”
Era Juan, in piedi, sulla soglia. La sua ventiquattrore in mano.
Accese la luce
“Che ci fai qui al buio?! - gli si avvicinò, dolce, preoccupato - Hai.. cambiato idea? Se non vuoi venire subito con me ti .. aspetterò. Quando vuoi venire. Ti capisco, sai? E’ che..”
Non sapeva cosa dire, d’altro. Chris sollevò gli occhi.
Non voleva sentirsi come si sentiva, quando c’era Juan. Se avesse potuto scegliere avrebbe voluto dirgli di no, che non voleva abbandonare New York, i suoi amici, le sue abitudini, i suoi clienti solo per colpa di Hernan. Avrebbe voluto dirgli che se Juan aveva un cugino simile non doveva rimetterci lui, perché si stava insieme a una persona per stare bene, per avere la vita più facile, per avere compagnia e calore e .. Lo guardò.
Non cercava di provare quello che, invece, provava quando c’era Juan.
Sorrise. Era un sorriso che gli fiorì dal cuore. Si alzò, abbracciandolo.
“Avevo capito che avremmo dovuto incontrarci in aeroporto.”
“Mhm.. sì, ma ho fatto in fretta e pensavo che magari eri ancora qui e.. - scosse il capo - Ma che hai? Perché sorridi così?”
Chris si infilò la giacca, poi gli prese una mano, tirandolo con sé.
Rise.
“Ho scoperto che esistono le fate..”

fic; chris&juan

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