Dunque.
Avrei da dire mille cose.
Tipo che *amo* Ispanoamericano e la Martinetto e tutto quel che riguarda quel corso, compresi i quattro gatti che lo seguono e i loro accenti e i deliri degli autori cinquecenteschi che studiamo.
Tipo che *amo* Letteratura Spagnola e sono felice che presto forse Ispanoamericano cambierà giorno perché così potrò seguirla per intero e non si sovrapporranno più.
Tipo che *non amo* Letteratura Inglese. Ma vabbè. Non si può pretendere troppo.
O che oggi è stato bellissimo pranzare seduti ad un tavolino all'aperto e che il cielo all'imbrunire aveva un colore meraviglioso e il sole era caldo e finalmente sembrava *davvero* primavera.
E mi è passato il raffreddore.
E ho smesso di zoppicare.
E non ho quasi più la tosse.
Insomma.
Avrei da dire mille cose, ecco.
Ma in realtà non ho tempo, perché ora come ora la quasi totalità del mio cervello sta concentrata su un libro.
Parole fatte d'alba.
Di Laura Corelli.
Che oggi ho trovato in una libreria forse dell'usato in cui mi ha portato Stefano, chiamata neanche farlo apposta La Bussola, e che non ho potuto non comprare. Perché era uno dei soliti libri che mi chiamavano. Come Jim, e l'Ombra del vento, e qualche altro raro colpo di fulmine.
E poi perché parla degli Indiani d'America.
Di narratori e poeti.
E perché, insomma, era destino.
Il libro è costituito da dieci interviste fatte a dieci diversi rappresentanti della cultura nativa americana degli anni '80 - le interviste risalgono all'85, mi pare - sei donne e quattro uomini.
La prima è una donna.
E dice delle cose *meravigliose*.
Non ho tempo di scrivere qualcosa di comprensivo - anche perché ho appena cominciato a leggerlo, in verità - ma già alla seconda pagina ho incontrato qualcosa che mi ha fatto quasi piangere sul treno.
Forse perché in effetti c'era Raven commosso.
Perché è sempre commovente trovare qualcosa di lui man mano che mi addentro - superficialmente - in quel mondo. È una sorta di rassicurazione, minima, per controbilanciare tutti gli errori terribili che per forza sto invece facendo.
E vorrei riportarlo, quel pezzo.
Domanda e lunga risposta.
Perché è un nuovo tassello lungo il percorso.
(Di Ispanoamericano, parentesi inutile, stiamo parlando di naufragi… *rolling-eyes*)
Dunque. L'autrice chiede "In che modo l'acculturazione ha cambiato lo stile di vita delle donne indiane?
E Paula Gunn Allen risponde questo:
"Ci ha fatto passare da culture in cui la donna aveva un ruolo centrale o da culture che avevano un grande rispetto per la donna a una posizione…. la perdita della propria condizione è così grande, tanto grande che a malapena mi riesce di parlarne.
È piuttosto duro affrontare questo argomento; è quasi impossibile trovare prove schiaccianti, sebbene ne emergano sempre di più, di continuo. E così tutto l'apparato istituzionale, gli antropologi, gli studiosi del folklore, i missionari e alla fine, negli ultimi venti o trenta anni, la gente indiana stessa hanno perso qualunque nozione di quale sia stata questa condizione.
Ma le aggressioni alle donne sono una cosa orribile - e lo stupro. Queste due realtà rivelano molto di più a proposito di quanto è successo alla condizione della donna in trecento o cinquecento anni di qualunque altra cosa io riesca a pensare.
Così, quello che è successo è che siamo passate da una posizione di vero rispetto nelle culture individuali, che ponessero o meno al centro la donna, a una posizione di… il fondo, l'abisso. E va peggiorando sempre di più. Nel campo economico, sociale, familiare, sotto tutti i punti di vista.
Una cosa so: si possono scoprire due elementi in una persona, in un indiano, per sapere quanto ha mantenuto della propria tradizione.
Se non ha rispetto per le donne, ha perduto tutto un patrimonio di tradizioni - non importa quanto bene parli le lingue indiane - ha perso qualcosa che è nel suo cuore, o che dovrebbe essere dentro di lui.
Questo è un primo elemento; l'altro è l'ostilità nei confronti dell'omosessualità.
Non riesco a pensare a nulla che mi riveli di più, sul livello di acculturazione raggiunto, di questi due elementi. Ma è spaventoso, assolutamente spaventoso."
E a parte il discorso sull'omosessualità, che dovrò trovare il modo di approfondire perché non è la prima volta che trovo accenni del genere, che sembrano indicare un grado di accettazione profonda delle diverse forme di sessualità.
Ma proprio il discorso sul rispetto dovuto alla donna mi ha sconvolto, perché tra tutti i miei personaggi - donne comprese - Raven è probabilmente il più femminista. Ed è sempre stata una cosa che mi metteva a disagio - perché davvero, mi sembrava di esagerare. Ed è pazzesco leggere cose del genere.
O ancora di più, un altro passaggio.
Riferendosi al romanzo di un'altra autrice intervistata nel libro, dice:
"Quello che fa Leslie [Silko] è interessante. Scrive un romanzo (Cerimony) sulla "femminilizzazione" di un uomo. Questo è il vero argomento del libro.
L'ideale di un maschio laguna o acoma è imparare ad essere una donna. Questo perché in quei pueblo Dio è una donna. E la divinità importante, oltre a Donna Pensiero è Iyatiko, la Donna Terra, la Donna Granturco; così, affinchè la terra abbia un equilibrio e la gente sia felice, tutti, uomini e donne, devono imparare ad essere fonte di nutrimento e a pensare di più a pace, armonia e prosperità, facendo crescere le cose, occupandosene e di conseguenza non pensare mai alla distruzione, all'indulgenza nei confronti di se stessi, alle emozioni personali, tutte cose che non hanno alcuna importanza.
Quel che importa è resistere, e che tutti viviamo. È questo che ha importanza. E che la terra sia prospera e possa dare frutto.
Quindi è così che Leslie risolve la crisi. Ancora una volta riporta Tayo, il protagonista, nell'ambito della tradizione. E lui è un emarginato, ma non è fisicamente un emarginato perché si muove sempre in direzione della maturità virile pueblo, che consiste nel muoversi in equilibrio in un senso materno o, direi, nel senso femminile.
Non che debba mettersi gonne e rossetto, ma nel senso che deve imparare a essere fonte di nutrimento, a fare la madre. Questo è quanto lui deve imparare, così è di questo che lei scrive."
Ed ecco.Io non ho ancora perfettamente chiaro cosa significhi tutto ciò - perché il mio terrore è sempre di filtrare troppo, di applicare schemi miei e occidentali ad una realtà totalmente estranea, come gli indiani sempre fanno notare. Ma sento una commozione strana ogni volta che succede qualcosa del genere. Che leggo qualcosa del genere. E sento Raven dentro di me crescere un poco.