Mirrors

May 01, 2016 12:30

Rosenfield è lontana centinaia di chilometri ma sembra aleggiare nell’aria come un filtro di luce troppo penetrante: New York pulsa alle sue spalle, si riflette nella chiave che inserisce nel portone, ma somiglia alle ombre che intravedi con la coda dell’occhio. Qualcosa di lontano e impalpabile, anche se ti respira vicino.
Lui ruota il polso, fa scattare l’apertura - chiude la porta, si ritrova solo nell’androne semibuio, e il sollievo che avverte, d’improvviso, è come una corda stretta in gola. Il bisogno di una solitudine che è anche prigione, e che è anche condanna.
Trasferirsi da Mike avrebbe dovuto servire anche a questo, forse, ma l’unica cosa che gli sembra di aver imparato è che non esiste davvero un rimedio a certi vuoti di forza. Sognare qualcosa non equivale a volerla, e il desiderio può avere strade tortuose, lastre di neve che non nascondono niente. Il Nord, a volte, è un pensiero relativo. E il Sud soltanto un miraggio, l’umidità di un’estate che preme sulla pelle senza scaldare.
La primavera, una leggerezza che non ti appartiene.

Sognare qualcosa non equivale a volerla.
Più passa il tempo, e meno mi stupisce il fatto di aver passato cinque anni della mia vita a odiare Björn e a fare il possibile per evitare di esplorare il suo personaggio sentendolo pesante e insopportabilmente piatto. Odiare lui era un modo un po' velato di odiare me stessa, ed è incredibile il sollievo che porta aver finalmente superato quella fase assurda.
Penso che potrei anche scrivere il romanzo che merita, adesso. Se decidessi di farlo. E questa consapevolezza basta, in fondo.

(E come al solito, certe cose le noti solo quando torni su qualcosa che hai scritto dopo mesi. È sempre dolce e straniante, come se parlassi a te stessa, e ti ascoltassi rispondere).

..., yo, characters, rosa dei venti, björn

Previous post Next post
Up