Titolo: Hugs and cupcakes on a stormy night
Rating: Giallo
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale, Slice of life
Personaggi: Brian Newman, Zachary Harrow
Wordcount: 2136 (
fiumidiparole)
Prompt: Originale, One-shot, Tempesta di fulmini @
piscinadipromptNote: Linguaggio, Shonen-ai
«Zachary spegni quell'aggeggio, cazzo!».
«Aspetta, Brian! Ancora un momento, devo finire il livello!» lamentò Harrow con voce acuta e leggermente infantile.
«Che cosa?! Ora te spegni subito quel gioco e porti di qua il tuo bel culetto, chiaro?! Con questo tempaccio è meglio spegnere la tv, altrimenti potrebbe salt...!».
Non fece in tempo a finire di sbraitare che la luce si spense e la cucina - così come tutto il resto dell'appartamento - piombarono nel buio totale.
Dalla finestra della cucina si vedeva il buio della notte di tempesta squarciato continuamente da ferite irregolari di luce bianca.
Brian Newman, appoggiato placidamente al piano di lavoro della cucina, sorseggiava del caffè da una grossa tazza azzurra sorreggendo il gomito con l'altro avambraccio. I capelli color ebano, corti attorno al capo ma più lunghi sulla sommità, stavano rivolti al cielo grazie ai chili di gel che puntualmente vi applicava ogni mattina, anche se qualche ciuffetto scarmigliato gli cadeva a coprire i pochi, primi centimetri della fronte.
Dalla stanza adiacente sentiva provenire il rumore del videogame del suo coinquilino nonché attuale fidanzato Zachary Harrow, impegnato come suo solito in un gioco di sparatorie.
Il volume della tv era altissimo e si sentiva il rumore di ogni cosa facesse, dai colpi d’arma da fuoco alla ricarica delle cartucce di munizioni passando per i sospiri dei nemici che spiravano.
Brian deglutì l'ennesimo sorso di caffè e, subito dopo un tuono, esclamò: «Zachary spegni quell'aggeggio, cazzo!».
«Aspetta, Brian! Ancora un momento, devo finire il livello!» lamentò Harrow con voce acuta e leggermente infantile.
Era fissato. Non si sarebbe mai tolto da quel coso finché non fosse collassato fisicamente innanzi ad esso. Per attirarne l'attenzione o gli preparava la merenda - che doveva essere rigorosamente o un hamburger o una fetta di torta al cioccolato - o si cospargeva di panna spray sperando che l'odore l'attirasse a sufficienza.
Quando però quel coso maledetto era spento, non era affatto difficile riuscire a guadagnare la sua attenzione sul piano più prettamente fisico. Doveva ammetterlo, quando ci si metteva era anche bravo a fare sesso.
«Che cosa?! Ora te spegni subito quel gioco e porti di qua il tuo bel culetto, chiaro?! Con questo tempaccio è meglio spegnere la tv, altrimenti potrebbe salt...!».
Non fece in tempo a finire di sbraitare che la luce si spense e la cucina - così come tutto il resto dell'appartamento - piombarono nel buio totale.
Newman appoggiò cautamente la tazza sul bancone dietro di sé, ispezionando le tenebre attorno a lui.
Ci fu qualche minuto di silenzio che poi venne interrotto da lui: «Zachary...?».
Dall'altra stanza gli giunsero dei rumori di cose che cadevano e passi, sopra i quali si udiva il rombare dei tuoni che veniva da fuori.
Una tempesta aggressiva. Da come si presentava, non credeva che si sarebbe fermata tanto spesso.
Poi gli arrivò un richiamo: «Brian...? Vieni di qua? È tutto buio e non trovo la torcia...».
Il tono lamentoso era quello tipico dei bambini fifoni e... be', se visto da quella prospettiva era un tono di voce appropriato per Zachary: oltre ad essere un vero e proprio maniaco dei videogame, era anche un gran pauroso.
Brian roteò gli occhi verso il cielo e, cavatosi di tasca il cellulare, ne accese lo schermo, proiettando una luce azzurrastra nella stanza.
Dall'altra parte della tenda alle sue spalle un fulmine balenò, rischiarando per un momento le tenebre, permettendo al moro di scorgere fulmineamente l'interno del soggiorno.
Brian, con un sospiro di rassegnazione, si avviò con il cellulare in mano verso la porta. Era un po' deprimente doversi far luce con lo schermo del telefonino, ma fu funzionale allo scopo.
«Yaaah! Brian, Brian! Accendi la luce, ho paura!» esclamò Zachary non appena l'altro gli si fu avvicinato, abbracciandolo.
Brian si divincolò dalla stretta, allontanandolo un poco.
«È colpa tua se è andata via la luce! Te l'ho detto di spegnere quell'aggeggio!» lo rimproverò Newman.
Avrebbe voluto continuare a sgridarlo, ma l'altro cominciò a piagnucolare: «Ho-ho paura, Brian...».
In quel momento il moro avrebbe dato sé stesso perché potesse avere una visuale ben illuminata del suo coinquilino: quando iniziava a piagnucolare in preda alla paura era meraviglioso da guardare e gli faceva provare uno strano ma bellissimo istinto di protezione nei suoi confronti, ma non solo: avrebbe voluto abbracciarlo e coccolarlo, sistemarsi sul divano e baciarlo, abbracciati l'un l'altro. Anche se era un po' rude nei termini ed a volte anche nei modi, Brian amava visceralmente quel maniaco dei videogiochi.
«Non frignare. Troviamo la torcia e ci mettiamo sul divano, aspettando che ci ridiano la corrente» disse, prendendo l’altro per mano ed accompagnandolo nella stanza.
Mentre camminavano aiutati dalla luce del piccolo schermo del cellulare, l'unico rumore che li attorniava era lo scrosciare ininterrotto della pioggia, che impietosa batteva sulle finestre con forza. Ogni tanto il rumore di un tuono rompeva il silenzio ed il bagliore di un fulmine rischiarava il cielo.
Zachary camminava aggrappandosi saldamente all'avambraccio del moro, tirandolo a sé terrorizzato, come se fosse una fonte inesauribile di coraggio. Quest’ultimo lo guidò verso un ripostiglio, dentro il quale - frugando a fatica per la scarsità di luce - trovò una torcia elettrica che accese subito, puntandola verso il partner.
Vide i suoi corti e spettinati capelli color rame risplendere sotto il fascio di luce ed i suoi occhi azzurri perdere l'espressione terrorizzata, acquisendone una molto più rasserenata.
«Luce...» mormorò Harrow grato, sorridendo all’indirizzo del coinquilino.
Brian annuì, rivolgendo in aria l'oggetto.
«Bene, ora abbiamo la luce. Adesso ci mettiamo sul div...».
S'interruppe nell'udire un forte gorgoglio proveniente dalla direzione di Zachary.
«Che cos'era quel rumore...?» domandò, guardingo.
«Il mio stomaco che brontolava...» replicò mortificato Harrow, portandosi una mano sullo stomaco «Ho fame...».
«Sì, me ne ero accorto...» replicò il moro, lanciandogli un'occhiata eloquente.
«M-mi dispiace... non lo faccio di proposito...» si scusò l'altro. Lo sapeva di essere assillante per quanto riguardava i pasti. Spesso e volentieri mangiava anche al di fuori dei pasti principali, talvolta addirittura si svegliava durante la notte con una sensazione quasi dolorosa di vuoto allo stomaco.
Brian, anche se non approvava il suo particolare regime alimentare, cercava di soddisfare i suoi bisogni nutrizionali al meglio delle sue capacità - le quali, essendo un cuoco provetto, erano assai ampie.
«Mmmh... stasera vuoi i pasticcini?» propose Newman in tono allettante.
«Pasticcini...?» ripeté Zachary, decisamente attratto dalla proposta: a lui piacevano dannatamente i dolci, in particolare i pasticcini di Brian, che si divertiva sempre a decorare con glassa colorata.
Quest'ultimo, per parte sua, sapeva perfettamente come prendere l'altro per la gola.
«Sì, ne ho preparato un vassoio oggi con la glassa alla crema con scorze di cioccolata, come piacciono a te» disse, sorridendo compiaciuto nel vederlo leccarsi le labbra con brama.
«Potremmo cenare con quelli ed un bicchiere di latte, visto che i fornelli sono inutilizzabili» propose. Lui non aveva grand’appetito al momento, ma veder mangiare il suo partner lo rallegrava.
Dall'espressione che comparse sul viso di Zachary, per quest'ultimo non sembrava esserci alcun problema - piuttosto, non vedeva l'ora di mettersi a tavola. Era difficile che riuscisse a dissimulare desideri e paure: il suo volto era come un libro aperto che Brian era capace di leggere senza il minimo sforzo.
«Andiamo?» domandò il giovane, ma già iniziava a camminare verso la cucina, facendosi luce con la torcia.
Zachary lo seguiva da vicino, intimorito dall'eventualità che potesse perdere di vista la luce.
Un fulmine squarciò le tenebre ed un tuono particolarmente potente riecheggiò facendo tremare le finestre.
Harrow saltò addosso al compagno, abbracciandolo da dietro, aderendo al suo corpo come se non ci si volesse più staccare.
Lo spavento era stato grande. Ancora gli batteva il cuore a mille e respirava affannosamente: Brian sentiva il palpitare del suo cuore contro la propria scapola.
«Brian ho paura...!» piagnucolò.
«Ah, è stato per il tuono che ti sei appiccicato. Io che credevo volessi fare qualcos'altro... sai, con il tuo cazzo schiacciato contro il mio culo...» commentò finemente Brian.
Zachary si affrettò a distanziarsi, imbarazzato dal solo pensiero di una cosa simile in un posto che non fosse il loro letto.
«S-scusa io non vol...».
Brian si volse all’improvviso e lo baciò, mordicchiandogli le labbra per stuzzicarlo e trattenerlo contro di sé. Il giovane dai capelli ramati si abbandonò contro il petto dell’altro, leccandogli l’interno delle labbra languidamente. Le sue guance arroventarono per l’amore che l’aveva riempito nel momento stesso in cui le loro labbra si erano toccate.
Quando baciava, Brian era dannatamente abile nel far emergere il suo lato più prettamente sentimentale.
«Vieni, prendiamo i pasticcini e il latte e ci mettiamo sul divano...» esclamò il moro nel recidere il contatto, prendendolo amorevolmente per una mano e conducendolo dentro la cucina.
Un brivido scosse improvvisamente il corpo del giovane Newman, risalendo dalla base della colonna vertebrale fino alle spalle. La sera ad una certa ora - variabile di giorno in giorno - cominciava ad avere freddo in casa. Era un problema suo personale: soffriva dannatamente il freddo.
Era arrivata l'ora anche quel giorno e lui doveva prendersi un plaid o qualche altra cosa per tenersi al caldo.
«... possibilmente coperti» aggiunse alla sua precedente affermazione, varcando la soglia della cucina.
Lasciò sull’uscio Zachary - il quale rimase aggrappato allo stipite della porta, terrorizzato - per prendere la cena: prese un vassoio e vi mise sopra il cartone del latte preso dal frigorifero, due bicchieri; poi prese anche il vassoio con i suoi pasticcini.
A quel punto se ne tornarono in soggiorno, dove Harrow si accoccolò nell'angolino del divano, mentre Newman fece prima tappa in camera da letto per prendere una coperta, andandosi successivamente ad accomodare accanto al compagno.
«Buon appetito» esclamò, porgendogli il vassoio coi pasticcini. Appoggiò la torcia sul divano in modo tale che il fascio di luce li investisse e lui non dovesse reggerla.
Vide il biondo leccarsi famelico le labbra e, preso un pasticcino, addentarne quasi metà, masticando con gusto.
Brian versò del latte nei bicchieri e gliene porse uno.
«Com'è?» domandò, sorseggiando dal proprio. Almeno un po' di soddisfazione per le sue innate abilità culinarie la pretendeva, visto che doveva preparare sempre lui i pasti.
Zachary addentò di nuovo il pasticcino, facendolo sparire, poi ne prese un altro.
Mugolò soddisfatto, annuendo con il capo.
«È buonissimo, come sempre...! Awww, i tuoi pasticcini sono i migliori...!» esclamò a bocca piena. Buttò giù un lungo sorso di latte nello stesso attimo in cui un fulmine balenò fuori dalla finestra ed un poderoso tuono riecheggiò scuotendo le finestre.
Poco mancò che il biondo soffocasse con la bevanda.
«Ehi! Non strozzare!» esclamò Brian, battendo qualche pacca piuttosto forte sulla sua schiena.
Zachary tossicchiò.
«Basta. Grazie ma... m-mi fai male se batti così forte...!» obiettò a fatica.
«L'importante è che tu non soffochi con il latte... sarebbe veramente un problema» constatò il moro, prendendo a propria volta un pasticcino e addentandolo sovrappensiero.
Sì, il suo compagno aveva ragione. Non erano affatto male.
«Scusa! Quel tuono mi ha colto alla sprovvista!» si giustificò il biondo, offeso.
«Ti coglie tutto alla sprovvista, fifone come sei...» gli fece presente Brian inarcando un sopracciglio.
«Non vuol dire niente...!» si difese Zachary. Era rosso in viso, ma alla luce elettrica della torcia le guance apparivano meno imporporate di quel che erano in realtà.
Un altro tuono e lui sobbalzò di nuovo, stringendosi a Brian.
«Mmh...?» fece quest'ultimo, in un implicito "Allora, hai ancora fifa?".
«Ho solo freddo...» asserì Harrow a disagio, allontanandosi da lui, appoggiandosi le mani in grembo.
«Io sono gelato» controbatté Newman pacato, osservandolo.
Prese un pasticcino e lo portò alla bocca del compagno.
«Avanti, apri...» disse in tono esortativo. L'altro aprì ubbidiente e si lasciò imboccare, addentando voracemente il dolcetto.
Se ne mangiò altri sette e svuotò altri due bicchieri di latte prima di abbandonarsi contro la spalla di Brian, sazio.
«Cazzo, che appetito!» esclamò il moro, posando da parte il vassoio e spostandosi in modo tale da accogliere Zachary sul proprio petto.
Quest'ultimo vi si appoggiò sorridendo soddisfatto.
«Sono pieno...» borbottò sospirando.
«Sfido io, con tutto quel che hai mangiato...! Avrai di certo messo su un bel po’ di peso» lo prese amorevolmente in giro Brian.
«Non è vero. Io... non sono grasso!» obiettò Zachary. Era dannatamente suscettibile quando si trattava del proprio peso: che non era proprio leggerissimo lo sapeva bene, ma il fatto che altri glielo facessero presente - persino Brian, che pareva averci preso gusto - lo irritava.
«Oh, scusa! Non volevo offenderti» si scusò in modo assai poco convincente il moro, cingendolo e tirandolo a sé.
L'abbracciò dolcemente ed in modo un po' possessivo, ma il giovane Harrow lo lasciò tranquillamente fare: essere coccolato durante notti di tempesta come quella era una delle cose che preferiva di più. Gli dava un senso di tenera intimità che gli piaceva tantissimo.
Brian vide i suoi occhi socchiudersi.
«Già sonno...?» domandò, abbozzando un sorriso.
«No...» borbottò l'altro «Sto solo... cercando di non sentire il rumore dei tuoni...».
«Sì, certo...» lo prese bonariamente in giro il partner, accarezzandogli i capelli.
«Mmmh...» mugolò soddisfatto il biondo, piegando leggermente indietro la testa per permettergli di accarezzarlo meglio. Non gli sarebbe affatto dispiaciuto dormire in quel modo quella notte.
Anche se c'era il rumore dei tuoni e dell'acqua che picchiava contro l'esterno dell'edificio, stava caldo e comodo addosso al compagno - anzi, a dire il vero dopo un po’ cominciava a percepire il rumore della tempesta come una specie di nenia di sottofondo, prettamente irrilevante.
Chiuse pian piano gli occhi e sussurrò, biascicando confusamente: «Brian... posso riposarmi un po', vero...? Sei... così comodo...».
«Eh...?» fece l'altro sbattendo le palpebre, ma Zachary stava già dormendo.
Improvvisamente Brian si sentì investire dal peso morto del corpo del compagno e si ritrovò praticamente schiacciato da questo contro il divano, senza possibilità di alzarsi.
«O-oh! Zachary! Zachary, dannazione, svegliati! Sei pesante, cazzo! E-ehi, mi senti?! Guarda che ti sto accusando di essere grasso! Zachary!!».