Titolo: Allergia ai gatti
Rating: Giallo
Genere: Sentimentale, Slice of life
Personaggi: Camiel van Hofwegen, Iewe Deijerinck
Wordcount: 1039 (
fiumidiparole)
Note: Shonen-ai.
Qui per maggiori informazioni sul pairing.
«Iewe, non dovresti andare a prendere i panni asciutti stesi in giardino...?».
«Io in giardino non ci vado con quel gatto tra i piedi» esclamò Deijerinck perentorio, chiudendo con un colpo secco il suo libro, come se con ciò considerasse chiusa la questione.
«Perché no?».
«Iewe, non dovresti andare a prendere i panni asciutti stesi in giardino...?».
Camiel van Hofwegen si affacciò perplesso nel soggiorno. I capelli castano chiaro - quasi sbiadito - ed i ciuffi che gli cadevano sulla fronte, coprendogli ad intervalli la pelle, erano ancora umidi a causa della doccia che aveva appena finito di fare - come faceva ben intuire l'accappatoio che aveva ancora addosso.
I suoi occhi verde chiaro si posarono sulla figura di Iewe. Quest'ultimo era accomodato placidamente sulla poltrona, intento a leggere un libro di botanica. I ciuffi di capelli biondi che avrebbero dovuto star giù sulla sua fronte erano invece pettinati all'indietro e gli davano un'aria da intellettuale.
Camiel si soffermò ad osservare estasiato il suo viso: la mascella scolpita, l'espressione attenta di chi è ligio al dovere.
Quando il biondo si volse verso di lui, però, van Hofwegen ebbe un piccolo tuffo al cuore nel vedere i suoi occhi: le sue grandi iridi blu erano disomogenee a causa di una macchia di un marrone tendente al ruggine situata nella parte in alto a sinistra dell'iride sinistra.
Nonostante vivessero insieme da due anni, non aveva ancora fatto l'abitudine a vedere i suoi occhi in quello stato.
Era eterocromia settoriale, l'effetto di una ferita grave all'occhio interessato e, purtroppo, non se ne sarebbe andata mai più. Assieme a quel piccolo concentrato di ruggine nel suo occhio, questo aveva anche perso tantissime diottrie; difatti, Deijerinck era fortemente presbite, tanto da non riuscire a vedere quasi niente senza i suoi occhiali da lettura - che in quattro anni avevano iniziato ad essere utili anche alla vista dell'altro occhio, il quale però era affetto da miopia.
Dei due tipi di mancanza di vista, tuttavia, la presbiopia dell'occhio sinistro era quella che non avrebbe mai potuto curare, in alcun modo.
Iewe gli aveva parlato dell'incidente che aveva causato quelle drammatiche conseguenze nel suo occhio, ma il castano preferiva non pensarci: continuava a starci male, ogni volta che se ne ricordava.
Era successo quand’era più giovane a causa di un cavallo imbizzarrito nella stalla del piccolo agriturismo dove tutt'oggi lavoravano loro e che era appartenuto ai suoi genitori. Era stata una tragedia per l'offeso e l'offensore: Iewe fu ricoverato d'urgenza nell'ospedale della città più vicina e sottoposto a cure intensive per un mese; il cavallo venne soppresso.
Tuttavia, il biondo pareva ormai essersene fatto una ragione, per questo Camiel cercava di farsi forza a propria volta e non pensarci: se Iewe - che era la vittima - non se ne disperava, perché avrebbe dovuto farlo lui?
Iewe odiava essere compatito per il suo stato.
«Io in giardino non ci vado con quel gatto tra i piedi» esclamò Deijerinck perentorio, chiudendo con un colpo secco il suo libro, come se con ciò considerasse chiusa la questione.
«Perché no?» fece Camiel, sbattendo perplesso le palpebre ed inarcando le sopracciglia.
«Io sono allergico ai gatti!»
«Ma Aäron non è cattivo...» ribatté van Hofwegen, incurvando verso il basso le labbra, mogio.
Iewe si sollevò gli occhiali, massaggiando il ponte nasale in atto d'esasperata pazienza. Perché per certe cose era così stupido...?
Scienze biologiche applicate: zero su tutta la linea.
«Non è questione di essere buono o cattivo» lo riprese paziente «È un mio problema. Sono io che sono allergico al pelo di gatto».
Camiel entrò nella stanza e si avvicinò al giovane, aprendo leggermente l'accappatoio che aveva indosso, lasciando vedere una parte del torace con un abbozzo di muscolatura.
Aggirò la poltrona e si accomodò sulle gambe del compagno, appoggiando la testa contro il suo petto.
«Dai, per piacere...! Vai tu a prendere i panni! Io non ho voglia... e poi dovrei uscire in accappatoio...?».
«No, scordatelo! Non ci pensare nemmeno! Non me ne importa niente se non hai voglia di vestirti, io non posso andarci. Dai la colpa a quello stup...?!».
Deijerinck venne zittito dalle labbra dell'altro che si erano posate sulla sua bocca, ricercando con foga le sue attenzioni.
Non era niente di straordinario: quando non sapeva come farlo star zitto - ed era una cosa che gli capitava spesso, perché quando Iewe iniziava a parlare c'era poco al mondo che riuscisse a fermarlo - Camiel lo baciava. Era l'unica cosa capace di farlo stare in silenzio e alla quale non si opponeva.
Camiel si addossò contro di lui, abbracciandolo. Iewe lo strinse a sé cingendolo per i fianchi.
Il van Hofwegen recise il contatto tra le loro labbra e lo guardò con intensità.
«Allora... vai?» esclamò in tono supplichevole «Daaaai...!».
Iewe lo guardò a lungo senza riscontrare la minima variazione d'espressione. Quando voleva sapeva essere dannatamente insistente e lui, prima o poi, cedeva sempre.
«E va bene, dannazione! Andrò io!! Ma la prossima volta vai tu, anche a costo di uscire nudo, chiaro?».
Camiel si alzò ed assentì con un vigoroso cenno del capo.
«Yessir! E non preoccuparti! Aäron non si avvicina mai se non ci sono io!» aggiunse per invogliarlo ancor si più ad andare.
«ATCÌ!».
Iewe richiuse con piacere e sollievo la porta che dava sul giardino della loro casa di campagna, avviandosi verso il soggiorno con la cesta del bucato tra le braccia.
Starnutì un'altra volta e poco mancò che i panni appena puliti gli cadessero a terra.
«Quel maledetto gatt... ATCÌ!».
Tirò rumorosamente su con il naso, avanzando a passo spedito verso il soggiorno.
Starnutì altre due volte, imprecando a mezza voce contro Aäron.
Camiel era seduto innanzi alla tv con le gambe incrociate ma soprattutto vestito. Non appena lo vide arrivare evidentemente arrabbiato spense la televisione e si alzò, andandogli vicino.
«Che cos'hai...?» gli domandò, curioso.
«Cos'ho?» ripeté spazientito Iewe, guardandolo. Starnutì un'altra volta, più forte delle precedenti.
«Sono allergico al pelo di quel gattaccio!» sbottò.
«Ma Aäron è innocuo... non può averti fatto niente!» obiettò van Hofwegen.
«Certo, come no! Sono pieno di pel... pel... ATCÌ!» replicò asciutto Deijerinck, interrompendosi per starnutire di nuovo.
«Appena ho messo piede in giardino quella bestiaccia ha cominciato a strofinarsi contro le mie gambe!!»
«Voleva un po' di coccole, tutto qui!»
«Ma io non posso fargliele! ATCIÙ!».
Iewe posò la cesta del bucato sulla poltrona ed alzò le mani nel gesto tipico di chi considera chiusa una questione.
«Stavolta è andata così. La prossima vai tu a prendere i panni, senza scuse. E adesso vado a farmi una doccia e mi cambio» sentenziò risoluto il biondo, dando le spalle al suo interlocutore e andandosene.
Tutto ciò che Camiel riuscì a dire fu: «Iewe? Iewe scusa, dai!! Vengo a fare la doccia con te? Non essere arrabbiato con me, per favore!».