Titolo: A hope that won't realize itself
Rating: Giallo
Genere: Generale, Sentimentale, Slice of life
Personaggi: Akira Hideyuki, Daisuke Ronoaka
Wordcount: 1387 (
fiumidiparole)
Prompt: Humanity Strip / #02 - Camicetta/Camicia @
diecielodeNote: Shonen-ai
«Non possiamo rimanere a casa...?!» si lamentò l'Hideyuki, lasciando che l'altro finisse di vestirlo, senza opporre la seppur minima resistenza.
Non aveva la minima voglia di uscire quella sera, anche se era per andare a cena.
Daisuke gli rivolse un'occhiataccia decisamente eloquente. Era un "no" tonante, era palese, ma lo rese ancor più evidente aggiungendo un: «Stasera usciamo e andiamo a mangiar fuori. Non voglio sentire altre storie».
«Daicchan...! Sei sicuro di voler uscire stasera? Cioè... proprio sicuro?».
Daisuke Ronoaka, in piedi davanti allo specchio a parete che occupava un'esigua striscia del muro del bagno proprio accanto al lavabo, si stava sistemando il colletto della miglior camicia del suo guardaroba - blu notte con i bottoni dorati ai polsini e nero lucido sul torace. I capelli azzurri liscissimi erano stati divisi in due parti: i ciuffi più corti - che solitamente gli incorniciavano il volto - erano stati pettinati con cura quasi maniacale fino ad essere setosi e morbidi; i ciuffi che invece gli coprivano la nuca erano raccolti in un codino da un nastrino dorato che il ragazzo aveva tenuto da parte per le occasioni importanti.
«Sì, sono assolutamente sicuro» rispose ad alta voce, in modo che la sua replica riuscisse a raggiungere la camera da letto, nella quale si trovava il suo coinquilino.
«E comunque ogni tanto uscire per andare a cena non è affatto una cattiva idea!» aggiunse con lo stesso tono.
«Ma io non ne ho voglia...! E poi non ho niente da mettere!» fu la risposta lamentosa che gli arrivò.
Daisuke si volse all'improvviso verso la porta e si diresse verso di essa a passo rapido e deciso. La sua meta era la propria camera da letto. Aprì la porta - che era stata lasciata socchiusa - senza nemmeno bussare, varcando la soglia senza il minimo preavviso, cogliendo completamente alla sprovvista il compagno.
«YAAAH!» esclamò quest'ultimo, arrossendo.
Il Ronoaka rimase a fissarlo a bocca aperta, le guance che avevano improvvisamente assunto un rossore intenso: Akira era ancora mezzo svestito.
Indossava dei pantaloni di stoffa nera che erano ancora parzialmente abbassati e gli lasciavano scoperta la parte superiore delle cosce e le mutande - per l'uscita ne aveva indossate un paio blu scuro con il bordo nero, abbastanza eleganti considerato che solitamente indossava mutande bianche con piccoli hamburger disegnati sopra.
La sua camicia bianco perlaceo era aperta sul torace pallido e tutto sommato poco tonico data la sua dieta poco regolata - a dispetto di tutte le ore che passava in palestra. Sotto il colletto - che neppure era ripiegato a dovere - si intravedeva il nastro di quello che, una volta legato, sarebbe dovuto essere un papillon viola.
I capelli viola, che solitamente portava scompigliati in un gran caos di ciuffi ribelli, adesso erano drizzati con un po' più d'ordine grazie ad una non indifferente quantità di gel, a giudicare anche dagli strani riflessi che avevano i suoi capelli sotto la luce.
Nell'attimo in cui Daisuke aveva superato la soglia, le sue mani si erano mosse istantaneamente a cercare di coprire una parte della sua nudità.
«Ti vergogni a farti vedere nudo da me? Eppure ti ho già visto completamente nudo un numero considerevole di volte» esclamò l’altro, avanzando tranquillo verso il compagno.
«L-lo so, però... non sono presentabile così...» rispose Akira arrossendo. Non si trovava affatto a proprio agio in quegli abiti inusualmente eleganti che aveva riesumato dopo anni dal polveroso fondo del suo armadio. Del resto, era abituato a vestire comodo e sportivo.
«Non ti sei ancora vestito del tutto, però posso garantirti che non stai affatto male» commentò il Ronoaka, fermandosi davanti a lui. Gli prese il lembo dei pantaloni ed iniziò a tirarli perché arrivassero fino sui suoi fianchi.
«Non possiamo rimanere a casa...?!» si lamentò l'Hideyuki, lasciando che l'altro finisse di vestirlo, senza opporre la seppur minima resistenza.
Non aveva la minima voglia di uscire quella sera, anche se era per andare a cena.
Daisuke gli rivolse un'occhiataccia decisamente eloquente. Era un "no" tonante, era palese, ma lo rese ancor più evidente aggiungendo un: «Stasera usciamo e andiamo a mangiar fuori. Non voglio sentire altre storie».
«Uffa, ma io ci sto male in questi vestiti...!» brontolò Akira.
«Ti abituerai. Hai tutta la sera per farlo» controbatté Daisuke, tirando la sua camicia per cercare di chiuderla.
Ogni suo tentativo si rivelò completamente inutile: per quanto tirasse, il tessuto si tendeva sul torace di Akira ma non riusciva a far sì che i bottoni si raggiungessero.
«Da quant'è che non metti questa camicia?» chiese, forzando irritato l'indumento, continuando a fallire. La camicia non voleva saperne di chiudersi, ma non perché il suo compagno fosse grasso, bensì perché era la camicia ad essere piccola.
L'Hideyuki iniziò ad agitarsi, arrossendo per il disagio.
«È-è... un po'...» ammise, spostandosi leggermente verso l'altro per agevolargli un poco il compito «Q-qualche anno... credo» quantificò incerto.
«È impossibile che questa ti stia. È troppo piccola» esclamò Daisuke, lasciando cadere le braccia lungo i fianchi, arrendendosi all'evidenza dei fatti. Anche mettendoci tutta la buona volontà e la caparbietà di cui era capace, quella camicia non si sarebbe mai chiusa.
«Allora non usciamo?» chiese l'altro, pieno di speranza.
«No, usciamo comunque» lo contraddisse il Ronoaka, lanciandogli un'occhiata torva discretamente eloquente. Era stanco dei suoi continui e fallimentari tentativi di spingerlo a rinunciare alla cena al ristorante.
«Avanti, togliti quella camicia. Te ne presto una io» proseguì senza tanti preamboli, rovinando per l'ennesima volta le rinnovate speranze del compagno.
Si allontanò per andare a cercare una camicia di un colore almeno simile a quello della sua.
Akira arrossì inconsciamente nel fissare il profilo del suo partner ed ebbe un improvviso un picco di interesse quando l'altro si piegò a frugare nei cassettoni al di sotto delle ante dell'armadio.
L'Hideyuki cercò con tutte le proprie forze di distogliere l'attenzione dal panorama offertogli dai jeans superaderenti che Daisuke indossava. Sapeva che non doveva guardare, che quel genere di visione era riservata a ben altri momenti e luoghi, ma era più forte di lui. Per quanto si sforzasse era inevitabile che i suoi occhi ricadessero lì.
Le sue natiche erano perfette e la linea della cucitura che le separava e che ne delineava i contorni stuzzicava l'immaginazione di Akira. Quest'ultimo si ritrovò a pensare a come sarebbe stato interessante e soprattutto bello passare la serata in casa e magari, dopo cena, concedersi di poter togliere quei pantaloni aderenti. Quando si rese conto di che sorta di piega stavano assumendo i suoi pensieri, l'Hideyuki scosse il capo e cercò di distrarsi. Simili fantasie non erano affatto da lui e, ben consapevole di ciò, si vergognava dei frutti proibiti partoriti dalla sua mente.
Nel momento in cui il Ronoaka si rialzò, il ragazzo si affrettò concentrarsi sulla parete più vicina, le guance colorate di rosso intenso.
«Ecco qui, dovrebbe andarti bene» disse Daisuke, tornando verso l'altro «Perché sei tutto rosso...?» domandò perplesso, notando la tonalità alquanto vivace improvvisamente assunta dalle sue guance.
«Ah, niente...! Comincio ad avere caldo...» esclamò Akira in tono colpevole. Pregò che non si accorgesse di niente e non insistesse oltre.
«Okay...» lasciò correre Daisuke, con sommo ed immediato sollievo del suo compagno «Comunque, metti questa camicia, alla svelta. Non voglio che ci disdicano la prenotazione al ristorante» riprese.
Gli mostrò la nuova camicia: era palesemente più grande dell'altra ed era di una stoffa nera particolare che assumeva sfumature intriganti sotto la luce.
«È troppo elegante!» brontolò l’Hideyuki immediatamente.
«Oh, avanti non fare storie!» controbatté il Ronoaka, affrettandosi a togliergli l'indumento.
Le mani di Daisuke sulle sue erano gentili anche se frettolose.
Akira avrebbe voluto sentire quelle mani su di sé ancora per molto tempo, tutta la sera e - se fosse stato possibile - anche tutta la notte.
Una volta spogliato della sua vecchia camicia, Daisuke si prodigò nell'infilargli la propria, temporeggiando nel chiudergli i bottoni, notando come il coinquilino sembrava godere della vicinanza delle sue dita al corpo.
Quando ebbe finalmente chiuso la camicia, afferrò le estremità del nastro del suo papillon. Invece di sentire le mani del compagno armeggiare leggere per annodarlo, l'Hideyuki si sentì strattonare per il collo senza alcun preavviso.
Il Ronoaka spinse in avanti il torace ed il bacino, verso di lui, in modo che i loro corpi aderissero.
«Come sei sexy vestito elegante...» bofonchiò a fior di labbra, prima di congiungere la bocca con la sua.
Akira rimase allibito e spiazzato dal gesto, però rispose ad esso con languidi, passionali movimenti delle labbra. Si abbandonò contro il corpo del partner e per un momento, uno solo, rimosse ogni pensiero dalla mente che non riguardasse direttamente Daisuke o ciò che stavano facendo.
Rimasero uniti in quel modo per alcuni minuti, poi si separarono.
L'Hideyuki fece per parlare, ma l'altro lo precedette: «Non credere che a questo punto ti voglia spogliare e fare l'amore... non dopo averci messo così tanto per trovare una camicia che ti andasse bene! Coraggio, ora che sei pronto si può anche andare».
Akira lo fissò con espressione devastata: «Ma come! Daicchan ti prego, restiamo a casaaa...!!».