Di momenti in cui le buone intenzioni non vanno a buon fine

Mar 27, 2012 21:54

Titolo: Di momenti in cui le buone intenzioni non vanno a buon fine
Rating: Verde
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life
Personaggi: Seraph Rodewald, Theoderich Heimbrecht
Wordcount: 1805 (fiumidiparole)
Prompt: San Valentino / 03. Cioccolatini @ think_fluff
Note: Shonen-ai. Qui per maggiori informazioni sul pairing.
Seraph Rodewald, di ritorno dalla palestra dopo aver tenuto i suoi consueti corsi serali, non appena ebbe varcata la soglia di casa si trovò innanzi la scena che - a suo parere - era la più dolce cui avesse assistito da più o meno un paio di mesi: il suo coinquilino e fidanzato più o meno ufficiale, Theoderich Heimbrecht, si era beatamente appisolato sul piccolo divano del loro appartamento, il capo appoggiato su ben tre cuscini e le gambe che ciondolavano inerti dallo stinco in giù.

Seraph Rodewald, di ritorno dalla palestra dopo aver tenuto i suoi consueti corsi serali, non appena ebbe varcata la soglia di casa si trovò innanzi la scena che - a suo parere - era la più dolce cui avesse assistito da più o meno un paio di mesi: il suo coinquilino e fidanzato più o meno ufficiale, Theoderich Heimbrecht, si era beatamente appisolato sul piccolo divano del loro appartamento, il capo appoggiato su ben tre cuscini e le gambe che ciondolavano inerti dallo stinco in giù.
I capelli neri erano insolitamente più in ordine del solito ed il ciuffo che di solito gli cadeva trasversalmente sulla fronte adesso era piegato all’indietro e gli lasciava completamente scoperto il viso.
Si era già preparato per la notte. Anche quella sera avrebbe dormito con la sua canotta bianca e i suoi adorabili boxer neri a pallini bianchi, fatto che Seraph non disprezzava affatto.
Le labbra di quest’ultimo si stirarono impercettibilmente in un sorriso colmo di tenerezza mentre, dopo aver posato in un angolo la borsa contenente i suoi abiti sporchi di sudore, con passi lenti e silenziosi si avvicinava al compagno. Nell’accostarsi a lui, notò un particolare sul quale, da lontano, non la sua attenzione non si era soffermata: Theoderich aveva un piattino di ceramica tipico dei dessert appoggiato sul ventre, con una mano adagiata nelle vicinanze, probabilmente lì posizionata per impedire che l’oggetto cadesse. Su quest’ultimo, il Rodewald scorse un cioccolatino che pareva chiaramente essere stato fatto in casa, a giudicare dalla tremula forma di cuoricino.
«Theoderich ha cucinato...?» si chiese il giovane perplesso, grattandosi confuso il capo, accarezzandosi i capelli biondi ed irti a mo’ di fiamme.
Era una cosa che non aveva mai fatto, anzi, in realtà lui credeva che non ne fosse neppure capace - o, perlomeno, l’aveva creduto fino a quel momento.
Non avrebbe voluto svegliarlo: sembrava assopito così profondamente e placidamente che destarlo sarebbe stata quasi una cattiveria da parte sua; tuttavia, non poteva lasciarlo dormire sul divano fino al giorno dopo. La sera faceva freddo e solo con la biancheria indosso si sarebbe preso un malanno.
Così, il Rodewald si inginocchiò accanto al divano, posò delicatamente una mano sulla spalla del moro - quasi temesse di fargli del male - e lo scosse leggermente.
«Theoderich...? Svegliati» disse a voce non troppo alta, avvicinando le proprie labbra al suo orecchio.
L’Heimbrecht si mosse leggermente mugolando qualcosa d’indefinito ed indefinibile, oscillando leggermente il capo.
«Svegliati, sono io. Theoderich...?» ripeté Seraph a voce un poco più udibile.
Finalmente l’altro schiuse gli occhi, anche se lentamente e di pochissimo. Si guardò intorno spaesato, prima di incontrare gli occhi verde-azzurri del biondo, sui quali il suo sguardo si fermò istantaneamente.
«Seraph... sei già tornato...?» domandò con un fil di voce, sbattendo confuso le palpebre, ancora gonfie di sonno.
Era palese che il cervello non si fosse ancora risvegliato del tutto.
L’altro si lasciò sfuggire una risata, accarezzando i suoi capelli scuri.
«Sono le nove di sera, non vorrai che ci dorma anche, in palestra...!» esclamò ironico Seraph.
Theoderich sgranò gli occhi all’improvviso, come se avesse realizzato bruscamente la situazione.
«Seraph?!» sbottò, raddrizzandosi leggermente.
Si guardò il ventre e sollevò il piattino prima di alzarsi in piedi.
«Sì...? Perché urli?» indagò Rodewald.
Le guance dell’Heimbrecht s’imporporarono all’improvviso mentre i suoi occhi blu-viola si abbassavano mortificati a fissare il piattino che teneva in mano.
«Ehi, che c’è?» chiese il biondo, senza capire. Iniziava a preoccuparsi: era tornato da nemmeno dieci minuti e già aveva intuito che il comportamento di Theoderich era un po’ strano. Di solito appena lo vedeva gli saltava al collo, abbracciandolo forte prima di chiedergli cosa aveva intenzione di preparare per cena quella sera e se lui poteva dargli una mano.
Quest’ultimo assunse un’espressione contrita mentre porgeva il piattino al compagno.
«Ti avevo preparato dei cioccolatini...» esordì timidamente, senza osare alzare il volto «... però alla fine li ho mangiati quasi tutti io, mi dispiace...» bofonchiò in aggiunta, nel tentativo di spiegare le sue azioni un po’ fuori della norma.
Seraph rimase spiazzato dalla notizia.
«Per me...? Perché?».
L’Heimbrecht si strinse nelle spalle.
«Niente di particolare. Di solito cucini sempre tu e... dato che i dolci non li prepari mai perché dici che non ti vengono bene...» qui s’interruppe un momento, lasciando vagare lo sguardo come se con ciò riuscisse ad acquisire un poco di coraggio «... e-ecco, ci ho voluto... provare io...».
Seraph sbatté le palpebre mentre un rossore sempre più intenso prendeva possesso delle sue guance: non immaginava che Theoderich potesse avere certe idee mentre lui era in palestra.
«O-oh... ehm... grazie per il pensiero...» replicò Rodewald imbarazzato, grattandosi il capo. Era profondamente a disagio e non riusciva a dissimularlo neanche in minima parte. Non era affatto abituato ad affrontare certe situazioni.
Posò il piatto sul divano, prendendo il cioccolatino ed osservandolo per qualche momento, come se cercasse un qualche messaggio nascosto. Quella tremula forma di cuore esprimeva perfettamente tutto l’amore che Theoderich aveva messo in quel dolcetto ed in quel suo goffo e probabilmente primo tentativo di cucinare.
Senza sapere che cosa dire, Seraph semplicemente si portò alla bocca il cioccolatino.
Il moro inarcò fortemente le sopracciglia, attendendo con il fiato sospeso un responso di qualche tipo: aveva paura che potesse non piacergli, che forse avesse sbagliato le dosi degli ingredienti o avesse preparato un cioccolato scadente.
Seraph, che era più abituato a cucinare di lui, aveva sviluppato la capacità di capire dal sapore cosa ci fosse di sbagliato negli ingredienti o nelle quantità utilizzate.
Il biondo assunse un cipiglio sorpreso che spaventò l’altro.
«È... buonissimo!» esclamò. Non avrebbe mai creduto che Theoderich, che di solito i cioccolatini li mangiava e basta, sapesse anche prepararli e farli per di più veramente buoni.
Lui con i dolci, di qualsiasi tipo fossero, era una vera frana.
«D-davvero?» fece l’Heimbrecht, stupefatto.
«Sì!».
«M-mi spiace... te ne avevo preparati tanti di cioccolatini...» si scusò nuovamente il moro.
Seraph gli si avvicinò e gli cinse i fianchi d’istinto, attirandolo a sé. Lo fissò negli occhi e, non senza arrossire, esclamò: «Non importava farlo... comunque, grazie».
Theoderich protese il collo per congiungere le labbra con quelle dell’altro. Lo fece senza pensarci su due volte: Seraph era così vicino e l’intimità del momento era tale da farlo sciogliere.
Il Rodewald, nell’unire le proprie labbra con quelle dell’Heimbrecht, assaporò il leggero gusto del cioccolato fondente che circondava la sua bocca.
Gli mordicchiò il labbro inferiore, asportando parte del cioccolato.
L’altro si abbandonò contro il suo torace ampio e muscoloso, sollevandosi in punta di piedi per spingersi più in alto, fin quasi allo stesso livello del viso del partner.
Passò le mani lungo i suoi fianchi ed intrecciò le dita sulla sua schiena, stringendosi al suo corpo come se temesse di esserne bruscamente separato.
Seraph trovò la ristretta vicinanza assai piacevole: percepire il corpo del suo coinquilino sul proprio era una cosa che lo inteneriva profondamente. Gli piaceva percepire il desiderio che il moro aveva di stare in sua compagnia attraverso i suoi abbracci.
Quando le loro labbra si separarono, i loro occhi rimasero allacciati gli uni agli altri tramite lo sguardo. Il vincolo si spezzò nel momento in cui Theoderich chiuse le palpebre, sbadigliando in modo estremamente vistoso.
Rodewald si morse il labbro inferiore, cercando di resistere all’impulso di fare cose non proprio pudiche seduta stante, dirottando il proprio istantaneo bisogno di manifestare fisicamente il proprio amore nei suoi confronti in un altro canale di sfogo, qualcosa che sapeva per certo che Theoderich avrebbe apprezzato: le coccole.
«Forza, andiamo a letto» esclamò.
«Ma sei arrivato ora...! Non voglio andare a dormire!» brontolò l’Heimbrecht. Aveva aspettato tutta la sera per poter stare un po’ insieme a lui e non voleva saperne di andare a letto senza aver prima passato del tempo assieme - e non gl’importava della stanchezza che stava cercando di prevalere su di lui.
«Non ho detto che dobbiamo per forza dormire» replicò Rodewald, anche se l’attimo dopo si pentì d’averlo fatto: detto così sembrava che avesse in programma di fare ben altre cose rispetto a ciò che voleva davvero.
Solo in un secondo momento subentrò in lui la consapevolezza del fatto che Theoderich non aveva la più pallida idea di cosa fosse un doppio senso, per cui il timore che fraintendesse le sue parole svanì all’improvviso, esattamente come era arrivato.
Senza pensarci minimamente su, Seraph si piegò e posizionò un braccio dietro le ginocchia del compagno mentre l’altro andava a cingergli la schiena.
Theoderich si sentì spostare e sollevare dal suolo talmente all’improvviso che in un primo momento l’istinto gli impose di aggrapparsi al collo del partner per la paura di cadere.
«S-Seraph...?!» esclamò, intimorito «C-ce la fai? Sono pesante...».
Il biondo colse alla perfezione il vero significato dietro il suo “sono pesante”: Theoderich era fortemente convinto di essere grasso e credeva che lui, prendendolo tra le braccia, si sottoponesse ad uno sforzo fisico eccessivo.
«Non sei grasso» gli disse spazientito l’altro, avviandosi a passo spedito verso la loro camera da letto.
Theoderich gli appoggiò la testa sulla spalla, gonfiando le guance imbronciato, arrossendo.
«Sì, invece... ho anche mangiato i cioccolatini che avevo preparato per te...» bofonchiò imbarazzato, come se ciò desse ragione della sua precedente affermazione.
Il Rodewald rise di una risata leggera, senza la minima traccia di scherno o ironia. Il suono di quella sua inattesa risata giunse alle orecchie di Theoderich come un qualcosa di talmente armonioso che le sue guance s’imporporarono. La sua voce, in quel momento così calda eppure limpida, aveva toccato una qualche corda profonda in lui, scatenandogli il desiderio di udirlo ridere in quel modo per sempre.
A quella sensazione subentrò dopo poco una genuina curiosità, che espresse con un borbottato: «Che c’è da ridere...?».
«Niente...» esordì l’altro, le labbra ancora increspate da un sorriso sereno «... è solo che è divertente il fatto che tu creda d’essere ingrassato tanto per qualche cioccolatino...».
«È-è vero!» protestò Theoderich «Il cioccolato fa ingrassare!».
Rodewald sbuffò.
«Ma non è una cosa istantanea» controbatté in tono logico e paziente mentre varcava la soglia della loro piccola camera da letto «E sì che tu, studiando i processi biologici, dovresti saperlo...!».
A quell’appunto, il moro tacque, ben consapevole del fatto che aveva ragione.
Seraph adagiò il compagno sul materasso e si aggiunse a lui immediatamente, accomodandosi accanto a lui, attirandolo a sé con dolcezza.
«E comunque basta dire che sei grasso, chiaro? Perché non è affatto vero» soggiunse. Il tono era tipico di chi considerava ormai chiusa la faccenda in modo definitivo.
Theoderich sbatté le palpebre, sbadigliando un’altra volta senza riuscire a trattenersi.
Seraph gli infilò la mano sotto la canotta e gli accarezzò il ventre con delicatezza, facendolo arroventare.
Il moro voleva protestare, dirgli di togliere da lì la mano perché non voleva che lui gli toccasse la pancia, dato che si vergognava come un verme dei suoi chili di troppo, ma i baci leggeri che il biondo lasciò tra i suoi capelli lo convinsero a tacere e godersi senza lamentarsi quelle coccole che aveva atteso con trepidazione per l’intero pomeriggio.
«Se i cioccolatini lo convincono a farmi le coccole, dovrei iniziare a prepararli più spesso...» si ritrovò a pensare mentre strofinava soddisfatto il capo nell’incavo del collo di Seraph, prima di posargli un bacio leggero sulla giugulare.

pairing: seraph/theoderich, character: theoderich heimbrecht, character: seraph rodewald

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