May 19, 2006 23:54
Arrivederci. Vi mollo per un pò, ma prometto che ritorno. Vado a curarmi per tornare più forte e stare con voi perchè mi piace non perchè vi voglio salvare. E in questo arrivederci mi viene voglia di ricordarvi tutti, tutti voi passati per la mia strada da quando avevo 18 anni fino a qui. Alcuni di voi sono già maggiorenni, vi incontro in città, per caso. Mi viene ancora da trattarvi da bambini. Oggi ho il cuore pieno di amore e commozione.
Mr. era un bambino rhom, biondo come il grano, dolce come un coccolino e una voglia incredibile di parlare. Cominciava sempre con "maaaaaa maestra?" Vivi in una casa o in un piazzale? mi ha chiesto un giorno. E si vedeva che aveva voglia di chicchiere, mica di altro. Gli piaceva proprio la gente. Sua madre gli spegneva le sigarette sulle mani per farlo stare zitto, eppure quando eravamo al mare ogni sera la chiamava al bar vicino al campo nomadi e piangeva come un pazzo perchè gli mancava.
Sc. era una donnina con una gran voglia di essere trattata da bimba. A 10 anni faceva ancora la pipì a letto. In vacanza aspettavamo che tutti gli altri bambini dormissero, la andavamo a prendere in tenda per accompagnarla in bagno. Lei si metteva il pannolone poi andava a letto. Al mattino la svegliavamo un pò prima perchè si potesse cambiare senza che nessuno se ne accorgesse. Al suo saggio di danza i genitori non c'erano, c'ero solo io a farle le foto. Magra come un chiodo, con il suo comstume rosso, flessuosa come un giunco. Mi sono commossa. Se l'è cavata. E' rimasata patapuffolosa come da bambina, ma oggi lavora, ha un mucchio di amici e non ha preso cattive strade.
A. era appena arrivato da Gela. Suo padre era un delinquente, sua madre una zoccola. Ogni volta che gli passavo vicino gli cantavo "Un angelo blu vola in cielo, un angelo blu che se fischio torna giù..." Lui faceva il bullo, 9 anni. "Dai maestra piantala!" ok, gli dico. mentre mi accendo una sigaretta me ne chiede una, io gli tiro una stringa che ancora un pò lo ribalto. Lui risponde "capirai, guarda che a casa fumo!" Non gli canticchio nulla, per non dargli fastidio. "perchè non mi canti più niente?" Pensavo non ti piacesse. Si stringe nelle spalle e abbassa lo sguardo. Ok, te la canto di nascosto. A. sarà sempre precoce su certe cose. A 14 anni gradiva la cocaina. Oggi chissà dov'è?
G. e L., fratello e sorella. per un certo periodo hanno vissuto nascosti in comunità insieme alla madre. Il padre era piuttosto violento, a giudicare dalla brutta frattura al cranio che ha procurato alla loro madre. Lei si è fidanzata poi con un uomo simpatico, che dà della puttana a L. quando la sgrida. Un giorno mi stava seduta in braccio mentre piangeva e mi raccontava queste cose. Io varei tanto voluto portarla via. Non so dove, ma via di lì. Fisicamente era un po' uno sgorbietto. Dovreste vederla adesso: è una delle più belle ragazze che io abbia mai visto. Spero stia bene. Fa la parrucchiera e mentre mi lavava i capelli mi sembrava serena. Chissà.
D. aveva degli scoppi d'ira da spevanto. Grosso come un mulo, un giorno l'ho fermato in tempo prima che strozzasse un bambino che l'aveva oltraggiato dicendogli "mozzarella". Poi si pentiva e piangeva chiedendo scusa. Che gli vuoi dire? Lo sgridi? Si vede che perde il controllo, mica è colpa sua. Suo fratello aveva bigiato una mattina, si era fatto beccare dal padre ed era finito al pronto soccorso con un braccio rotto, tanto per capirci. Verso le medie D. ha cominciato a frequentare gente poco bella. Marocchini al bar della stazione, gente che aveva la giostra lì vicino. Un giorno tenta di adescare un ragazzo alla stazione, non sapeva che fosse il mio moroso che stava tornando dall'università. Abbiamo fatto la segnalazione ai servizi sociali e alla psicologa che lo seguiva. quest'ultima aveva in lui fiducia cieca quindi negava che io e il mio moroso dicessimo la verità. Ma oggi D. si prostituisce.
F. aveva 16 e soffriva di fibrosi cistica. I capelli neri neri, la carnagione bianca come il latte. Era magra come un tenero filo d'erba, aggraziata, il viso di un'elfa. Ma mi faceva pensare a Nausicaa, alla verginità di lenzuola bianche stese nel sole di primavera. Sapeva farsi le iniezioni da sola e gestiva il suo catarro con molta disinvoltura. Aveva un ragazzo che la amava e che affrontava con lei la sua malattia. Passava da un ricovero all'altro, rilevava da sola un 38 di febbre che non la scomponeva minimamente. Mi raccontava del suo ragazzo, mi mostrava le foto, mi parlava di lettere d'amore.I suoi genitori e suo fratello minore sembravano gli zii e il cugino di Harry Potter: obesi, volgari buzziconi meridionali. Ma come ha fatto a nascere lei? mi chiedevo. F. aveva un amico, ammalato di fibrosi cistica anche lui, sposato. Lui la incoraggiava in continuazione, si incontravano di notte nella corsia dell'ospedale, parlavano fino a tardi, lui le diceva di non arrendersi mai. Si poteva avere una vita normale. Mentre sono nella sua stanza a chicchierare con lei, l'uomo fa quasi irruzione in camera di F. con un pugno in alto in segno di vittoria. "Sono sane!" Ha avuto due gemelle e non hanno ereditato la malattia.
A. è indiana. E' nel reparto infettivi che sta cercando di guarire dalla tubercolosi. Io la vado a trovare in camera con il camice e la mascherina. L'aria è pesante, lei è triste. I suoi genitori non possono andarla a trovare e lei non vuole più mangiare. E' ricoverata da mesi. Cominciamo a giocare, "se vinci mangi un cucchiaio di yogurt" Non un cucchiaio di yogurt se perdi. Lei vinceva, rideva e mangiava il suo cucchiaio. Voleva solo un po' di attenzioni dopotutto.
L. è in chirurgia. Un piccolo bimbo mulatto con l'accento francese. Mi piace giocare con lui. E' sagace, elegante nei modi, quasi un dandy. Una mattina arrivo in ospedale e non lo trovo più in camera. Trasferito in oncologia.
Poi M., di cui ho già ampiamente scritto. Poi i miei tupamaros di prima media, li identificavo con i fattori di rischio psicologico per chiacchierarne in famiglia e su lj rispettando la privacy: cocaina, bulimia, rissa, furto (ansia, depressione, obesità e strage si sono ritirati, ma all'inizio c'erano) e Spongebob. Spongebob non è un fattore di rischio, ma mi fa ridere e somiglia davvero a Spongebob. Poi tutti quelli di cui mi ricordo appena, quelli che ho preso in affido diurno e che oggi sono in Calabria, quelli della materna, quelli che vedo ogni settimana in ospedale.
Arrivederci. Divento adulta e torno.