[Fanfic - Harry Potter] Gift per emme86

Dec 22, 2011 15:51

Gift for: emme86
Title: Pensiero squallido
Author: Secret Santa
Beta-Reader: Nessuno
Fandom: Harry Potter
Pairing/Characters: Neville Longbottom/Blaise Zabini, Severus Snape.
Rating: R+
Warning: Angst, Slash, Wath if?, Lemon (a esagerare).
Word Count: 3497 (fdp)
Summary: L’Ordine intero ha deciso di ignorare il venticinque dicembre da quando Harry è morto.
Tu sei d’accordo, ovviamente. Che senso ha fingere di essere felici quando il mondo intero ti ordina di disperarti con tutta la forza che ti è rimasta?
NdA: Colei o colui che ha richiesto la storia voleva una PWP a (ovviamente) rating Nc17. Purtroppo quando si tratta di Neville e Blaise io proprio non ci riesco. Mi sembra che abbiano alle spalle un bagaglio di sentimenti talmente importante che una semplice PWP mi crea più problemi di una fic a capitoli molto Angst. XD
Spero che comunque la storia sia apprezzata, dato che ho cercato di attenermi a tutti gli altri parametri! <3

Pensiero squallido

Non temere tanto la morte;
temi piuttosto lo squallore della vita.
Bertold Brecht

È il ventitré dicembre e la neve cade lenta fuori dalla finestra mentre ti chiedi se sia normale che te ne freghi così poco.
Un tempo amavi la neve, forse perché era così... bianca. Con tutte le accezioni che si possono dare a questo aggettivo.
Hermione sonnecchia accanto a te sul divano, Ron legge un giornale vecchio di tre giorni. Luna sferruzza un paio di calzini per la mattina di Natale.
Lei è l’unica che ancora ha voglia di festeggiarlo.
L’Ordine intero ha deciso di ignorare il venticinque dicembre da quando Harry è morto.
Tu sei d’accordo, ovviamente. Che senso ha fingere di essere felici quando il mondo intero ti ordina di disperarti con tutta la forza che ti è rimasta?
Osservi fiocchi leggeri che si posano sui vetri della finestra incantata per non essere scorta da nessuno all’esterno.
L’ultimo baluardo del Mondo Magico, mentre tutto fuori da lì brucia.
Siete in pochi ormai, pochi e soli.
E alla fine, non sai come, non sai perché, ma tutti guardano a te come l’unico in grado di fare qualcosa per salvarlo, quel mondo.
È stata Hermione la prima a parlare a tutti voi della Profezia, dopo la morte del Bambino Sopravvissuto. È stata lei a precipitare tutti voi nel terrore; l’ha fatto senza volerlo ovviamente, tuttavia l’ha fatto.
Lo ricordi ancora, i momenti di panico crescente quando la consapevolezza di essere tutti morti, senza Harry a combattere per voi si era fatta strada nella vostra mente.
Poi era arrivato Snape.
Strano come le cose possano cambiare da un momento all’altro senza nemmeno dare un avviso.
Strano come l’uomo di cui hai sempre avuto una fottuta paura, che hai sempre disprezzato e temuto si sia rivelato, dopotutto, uno tra i migliori.
È stato lui a posare sulle tue spalle il peso che per anni aveva portato Harry.
Perché, sì, la Profezia può riferirsi anche a te.
Grazie Snape, grazie davvero.
La speranza è tornata. Ma non per te e, a dirla tutta, nemmeno per lui.
Perché lo sapete entrambi che la storia del doppio riferimento è una bufala: è Voldemort che deve designare come proprio eguale il bambino - ora uomo - e Voldemort ha scelto Harry, non Neville. Non te.
Che cosa puoi fare dunque se non sorridere e andare avanti, dimenticando il Natale e i sorrisi e gli amici, fingendo di portare il peso di una guerra che no, non potete affatto vincere, non adesso che siete rimasti in pochi, troppo pochi?
Che cosa puoi fare, Neville?
Ciò che puoi fare è aspettare il ventitre, il mese è indifferente. L’importante è il ventitre.

***
Attendere che la notte raggiunga la sua ora più buia è la parte più difficile, la parte che hai sempre sopportato meno in quei trenta giorni di limbo, ma devi farlo: non puoi rischiare che ti scoprano mentre esci di nascosto. Sei tu l’ultima speranza dopotutto.
Senti l’orologio della casa battere le tre di notte e scivoli fuori dalle coperte, già completamente vestito. Il freddo improvviso che ti avvolge ti ricorda che quello che fai è sbagliato per un trilione di motivi, ma come al solito scacci il senso di colpa.
Non si può sempre vivere per gli altri, Neville. Questa è la verità.
Scendi le scale indossando il maglione più pensante che hai sotto una logora camicia, i tuoi passi sembrano quelli leggeri di un ragno tanto cerchi di fare piano.
Nessuno ti noterà, lo sai bene, il sonno è traditore quando passi la maggior parte del tempo cercando di rimanere sveglio per combattere una guerra, tuttavia non vuoi sapere che cosa accadrebbe se qualcuno ti scoprisse ad uscire in piena notte dall’unico luogo protetto di Londra.
La casa è ovviamente avvolta dall’oscurità, ma le lente - e rare - macchine Babbane che passano per la strada illuminano a sprazzi, impedendoti di inciampare in qualcosa.
Cerchi a tentoni il tuo giaccone e la tua sciarpa, nello stretto ingresso: non vuoi rischiare di accendere la bacchetta per un motivo così futile.
Li trovi dopo poco e con un sospiro leggero inizi a vestirti.
« Esce, signor Longbottom? »
La voce di Snape ti fa sussultare, ma sei abbastanza addestrato ai colpi improvvisi da non lasciare uscire un solo suono dalla tua bocca.
Il cuore aumenta improvvisamente i suoi battiti e ti blocchi con un braccio a mezz’aria, la mano ancora immersa nella manica del cappotto.
« È sicuro di essere abbastanza coperto? Rischia di prendere un brutto raffreddore, o di essere ucciso. A lei la scelta. »
Ecco, questo riesci a gestirlo: ormai il sarcasmo gratuito di Snape non ti scalfisce più. Hai capito che è la sua arma di difesa, come le frequenti bugie sono diventate la tua.
« Sì, esco » dici, rispondendo alla domanda retorica.
« Ultimamente le capita spesso » commenta Snape del tutto a sproposito, visto che tu esci solo ogni ventitre del mese. Ma forse questo significa che per tradire è più che sufficiente una volta al mese.
L’improvviso passaggio di un’automobile illumina il punto in cui Snape si è posizionato. È in piedi, nell’angolo più buio dell’ingresso, le braccia sono incrociate sul petto e gli occhi come al solito impenetrabili come vetro opacizzato.
« Così sembra » gli concedi, continuando a vestirti. Sai che lui non ti tradirà: anche Snape sa che se tu crolli, crolla l’Ordine.
« Devo forse ricordarle di quanto l’Ordine abbia bisogno di lei? »
Ecco, appunto.
« Non lo fa ogni giorno da quando abbiamo iniziato a vivere in questo modo? » replichi con stizza, perché lo odi quando riesce a dare voce ai tuoi pensieri, cosa che capita sempre più spesso. Che stiate diventando simili? Merlino non voglia!
Un altro lampo di luce, un’altra visione di quel volto bianco ammantato del nulla.
« La Profezia... » inizia, ma non hai voglia di ascoltarlo e non lo fai finire.
Forse è la prima volta in quasi dodici anni che riesci a interrompere Severus Snape senza finire affatturato o in punizione. O forse che riesci a dire qualcosa di sensato in sua presenza senza risultare patetico, a pensarci bene.
« Sappiamo entrambi che la storia della Profezia è solo una delle sue molteplici menzogne. Ammiro il fatto che stia cercando di dare speranza a tutti gli altri... ma io non sono Harry. »
Snape ti scruta per un lungo attimo. « Evidentemente » dice con una punta di disprezzo.
« Nel caso in cui il signor Potter fosse morto e io fossi sopravvissuto - come è accaduto » continua imperterrito. « Dumbledore mi fece promettere che avrei fatto di tutto pur di non lasciar crollare le speranze di coloro che ancora credevano in lui. »
Deglutisci, iniziando improvvisamente a sentire caldo sotto tutti quei vestiti pesanti, sotto gli occhi inquisitori del Mago davanti a te.
« E lo ha fatto in modo esemplare » annuisci infine. « Vuole un applauso? »
« Non faccia del sarcasmo Longbottom. Non le è mai riuscito. »
Su questo non ha torto e puoi sentire le tue spalle piegarsi: non sei capace di combattere con Snape e a dirla tutta non ne hai nemmeno voglia.
« Perché non se ne è andato? » domandi in un sussurro. È da molto tempo che volevi porre quella domanda. Ti frulla in testa dal momento in cui altri di cui ti eri sempre fidati se ne sono andati, per unirsi ai Mangiamorte, dal momento in cui hai visto gente su cui contavi mollare.
Sai perfettamente che Snape avrebbe ogni diritto di arrabbiarsi e per questo ti stupisci quando la risposta che ti arriva è chiara e senza alcuna sfumatura di stizza. Credi che anche lui sia stanco, che non trovi la forza per rispondere in modo degno alle tue domande idiote.
« Anche nei tempi peggiori la speranza rimane » dice Snape, lasciandoti a boccheggiare.
« Chi l’ha detto? »
« L’ha detto lei stesso... pochi giorni dopo la morte di Potter. E l’ha detto Dumbledore e l’hanno detto molto altri. Ma la differenza tra tutti loro e lei, signor Longbottom, è che loro hanno continuato a crederci. »
Sei rimasto fermo, con l’improvviso, impellente bisogno di andartene da quella casa, da quella conversazione e non tornare mai più indietro. Ma non l’avresti mai fatto, ovviamente.
« Devo andare » dici invece, la gola secca, la voce gracchiante.
« Suppongo che sia vero » commenta Snape con un sospiro leggero. « Cerchi di non farsi ammazzare. »
Annuisci appena prima di uscire e chiudere piano la porta alle tue spalle. Gli occhi del mago, neri come il fondo di un lago, ti seguono e brillano alla luce dei lampioni.
Cerchi di chiuderli fuori, così come riesci a chiudere fuori la guerra e i morti e le speranze che gli altri ripongono in te, ma il suo sguardo e le sue parole ti seguono per tutto il tragitto, senza che tu possa fare nulla per liberartene.

***
L’ultima volta che ti sei infilato nel vecchio Motel fatiscente alla periferia della città hai atteso invano due ore, prima di ammettere che no, non sarebbe venuto, e tornare al Quartier Generale abbattuto e depresso.
E tuttavia non sei uno sciocco e sai che non puoi aspettarti sempre la sua presenza, come una certezza assoluta a cui aggrapparsi. Quindi anche questa sera sei preparato a rimanere immobile in un’attesa bruciante che forse non sarà mai soddisfatta.
Quando varchi la soglia del Motel non c’è niente di familiare che riesce a rasserenarti, a trascinare via quella patina di oscurità e disperazione che avvolge tutto e tutti: non il ricordo di notti serene, non il pensiero di future parole, di nuovi gesti da scoprire.
Dalla pianta secca - sempre la stessa - all’angolo della porta, dal vecchio registro consumato, sul quale nemmeno una volta ha scritto il tuo vero nome, al bancone incrostato di sporcizia, tutto può essere riassunto in una sola parola: squallido.
E squallidi sono gli sguardi che ti lancia il proprietario, quando chiedi di poter avere una camera che non dia sulla strada. Quella senza finestre? chiede. E perché no? rispondi tu.
L’uomo recupera le chiavi dal muro lercio alle sue spalle e tu gli cedi il denaro; la vostra transazione finisce lì. Non si ricorderà di te e tu hai tutta l’intenzione di dimenticarti di lui il più in fretta possibile.
Sali le scale senza far attenzione agli scarafaggi che corrono a nascondersi tra i fori delle travi.
Primo piano, quinta porta a destra. La ricordi ancora abbastanza bene, anche se ci siete stati solo un paio di volte.
Stranamente i frequentatori di Motel a ore tendono a preferire le camere senza finestre e per questo di solito sono tutte occupate. Ma forse la vicinanza del Natale spinge i mariti a rimanere a casa con le famiglie, dando a vedere che tutto va bene, che il mondo non sta bruciando e fingendo di non preferire l’abbraccio caldo e privo di sentimento di una prostituta piuttosto che il sorriso tirato della moglie che sa, sa sempre.
Entri con la bacchetta alla mano, senza nemmeno renderti conto di estrarla: ormai è diventata un’abitudine.
Gli unici incantesimi che ti trovi a fare però sono quelli di pulizia, perché la stanza, benché spoglia di qualsiasi pericolo, è ampiamente fornita di sporcizia.
E per quanto tutto quello che stai vivendo sia misero, per quanto stiate per far ballare le molle del letto come nel più classico dei film babbani di serie B, non hai intenzione di farlo in mezzo al degrado. Ti senti già degradato abbastanza per entrambi.
Non ci vuole molto a pulire, perché la stanza è piccola - un letto matrimoniale, un comodino, una sedia - e il bagno è al piano; una volta finito ti siedi sul letto con i gomiti sulle ginocchia e la bacchetta a portata di mano.
Non devi attendere molto, questa volta.
La porta si spalanca perché - da perfetto e fiducioso idiota - non l’hai chiusa a chiave, né hai posto alcun incantesimo protettivo e Blaise entra nella stanza a grandi passi.
Hai la bacchetta mezza sollevata, ma la riponi subito.
« Ti avevo detto di chiudere sempre la porta! » ringhia lui mentre ti alzi, facendo ondeggiare il letto.
Apri la bocca per rispondergli, come se vi foste visti il giorno prima, come se la sua presenza non ti stia mandando in pappa il cervello. Ma lui non ti dà il tempo di dire nulla, perché si avventa su le tue labbra come un predatore digiuno da troppo tempo, e ti riempie con il suo fiato e la sua lingua.
Come si può descrivere il momento in cui un uomo torna in contatto con se stesso, dopo mesi in cui ha finto che tutto vada per il meglio, che le cose dopotutto non sono così orribili come possono sembrare? Non si può, semplicemente.
Sempre così, con Blaise: impossibile avere l’ultima parola, e difficile riuscire a pronunciare anche la prima. O almeno le cose andavano in quel modo da quando si era unito ai Mangiamorte.
Tu non ti sei mai lamentato di quei suoi modi bruschi, quasi violenti, che a scuola non aveva mai avuto. E non ti lamenti perché non puoi capire che cosa significhi stare ogni giorno, ogni notte, in mezzo a persone di cui è necessario conquistarsi la fiducia uccidendo e torturandone altre.
Blaise non te lo rinfaccia mai negli sporadici giorni in cui potete vedervi, certo, soprattutto perché la scelta è stata sua e tu non hai avuto voce in capitolo per quella decisione.
Nessuno sa che Blaise fa il doppio gioco. Nessuno tranne Snape, ovviamente.
È stato proprio lui ad aiutare entrambi con l’Occlumanzia, è stato lui a spingere Blaise tra le braccia di Voldemort dopo la morte di Harry, nel momento in cui tutti hanno capito che Draco non sarebbe più stato in grado di aiutarli.
Sorprendente come le persone di cui credevi di non poterti mai fidare diventino in realtà quelle su cui ti appoggi con più facilità quando le cose si fanno disperate.
E in quel momento, quando Blaise affonda quasi con disperazione le sue dita tra i tuoi capelli, capisci che non ti potrai mai perdonare per avere permesso a lui - sempre così neutrale in tutto - di fare quella scelta.
Blaise si stacca da te il tempo necessario per respirare, un istante in cui lo senti ansimare nella penombra della stanza.
« Mi sei man... » tenti di dire, ma lui te lo impedisce riprendendo mordendoti le labbra con prepotenza. Sai che per lui è come una cura disperata per una ferita che non smette mai di sanguinare e così ti accontenti di far scivolare le dita sotto la sua camicia, liberandolo del cappotto.
Ti sente spingere giù sul letto e le molle protestano con veemenza quando Blaise si getta con mal grazia su di te.
Le sue dite sul tuo corpo possessive e delicate, graffianti e leggere.
Ti piace essere trattato così: perché con Blaise è come con Snape.
Nessuno dei due agisce con te come se tu fossi l’unica persona su cui contare sulla faccia della terra, per loro tu sei solo Neville Longbottom, il ragazzino che ha scoperto di essere coraggioso molto tardi rispetto ai suoi compagni e che adesso ne paga le conseguenze.
Ti aggrappi alle sue spalle, mentre Blaise slaccia ad entrambi le cinture dei jeans tirandoli in basso in fretta: non vi spogliate mai del tutto, nel caso fosse necessaria una fuga precipitosa.
È tanto tempo che non vi vedete e quindi sei preparato a sentire male, sei preparato ad un po’ di dolore fisico da troppo tempo in effetti, e Blaise non è delicato nemmeno per un momento.
Ti stringi alla testata del letto, le nocche delle mani bianche per la pressione, le labbra torturate dai denti per evitare di fare troppo rumore. Forse troverai qualche traccia di sangue la mattina dopo, ma non ti importa, non quando il respiro di Blaise ti scalda il collo e i suoi capelli umidi di sudore si mescolano con i tuoi, non quando ti senti così completo e pieno.
« Scusami... » sussurra Blaise al tuo orecchio con voce rotta, come sempre.
« ScusamiScusamiScusami » in una litania infinita. Come se realmente dovessi scusarlo per qualcosa, come se ci fosse qualcosa da perdonare tra di voi.
Finite in fretta - è tanto che lo desiderate, dopotutto - e con sorpresa ti accorgi che forse ci sarà il tempo per un secondo round, cosa che capita di rado.
Ti allenti il colletto della camicia, ancora stretto, e ricominci a respirare normalmente solo qualche minuto dopo.
« Ti è arrivato l’ultimo rapporto? » domanda Blaise allora. « Non so mai se quello che ti spedisco ti arriva! »
È disteso sulla schiena, il cuscino appoggiato alla testata di legno e la testa un poco sollevata.
Scalcia via i jeans e le mutande ammucchiate infondo ai suoi piedi con rabbia malcelata e tu lo imiti con i tuoi, infilando un braccio sotto la sua camicia ancora abbottonata, sfiorando la sua pelle umida con le dita.
« Non adesso » protesti posando la testa sulla sua spalla.
« Neville... »
« Non adesso! »
Non dice più nulla e tu gli sbottoni la camicia. Ti piace vederlo nudo e il fatto di non poterci più riuscire è una delle cose che odi di più di quel maledetto Motel.
Vorresti sfilargliela, ma Blaise te lo impedisce. Sai che non vuole mostrare il Marchio Nero, che si mescola così facilmente con la sua pelle scura. Ma non ti importa: ami anche quello se appartiene a lui, per quanto tu sappia che un commento del genere detto a voce alta risulterebbe stucchevole in questo contesto.
Ma la guerra e l’incertezza ti fanno dire e fare cose che normalmente non diresti o faresti mai.
Blaise rimane immobile per qualche minuto e il suo respiro si regolarizza tanto che credi si sia addormentato sotto il tocco leggero della punta delle tue dita, ma poi il giovane parla.
Lo sai bene: è impossibile avere l’ultima parola con lui.
« Credo che voglia attaccare fuori dall’Inghilterra » dice con voce priva di espressione.
Ti sorprendi a sospirare sconfitto. Perché non riesce a chiudere fuori il mondo intero come faccio io? Perché non riesce a godersi questi momenti di pace?
« Ne sei certo? »
« No. »
« Allora non pensarci. »
Blaise si alza all’improvviso facendo forza sugli addominali e obbligandoti a spostarti. Ti fissa con quegli occhi scuri in cui non sei mai riuscito a leggere molto più di quello che lui vuole mostrare, ma questa volta scorgi dolore, paura e disprezzo.
« Perché fai così? » domanda Blaise, cercando di nascondere quanto in realtà sia turbato.
« Così come? » lo interroghi tu, francamente senza un briciolo di voglia di intraprendere quella discussione.
« Lo sai. Come se tutto il mondo fosse contro di te, come se... cazzo! »
Ti stringi nelle spalle. « Non ti capisco » dici, distogliendo lo sguardo, sapendo di mentire. Perché lui è in grado di leggere dentro di te come in un libro aperto.
Ti afferra il mento con forza e ti bacia a lungo, lasciandoti stordito.
Quando si stacca i vostri volti sono talmente vicini da farti male.
« Non starai mollando, Neville? »
Non rispondi, primo perché devi riprendere fiato, e secondo perché, sì, stai mollando e ancora non vuoi ammetterlo nemmeno con te stesso, figurarsi con l’unica persona al mondo che è riuscita a capirti.
« Cosa c’è? Un po’ troppa pressione? Hai paura di fallire? Di cadere come Potter? Be’, ti dirò una cosa Longbottom: non ho alcuna intenzione di morire seguendo qualcuno che ha mollato prima di cominciare » c’è disdegno nella sua voce e delusione.
« N-non morirai » balbetti allora, incapace di seguire i punti importanti del suo discorso.
« Ho scelto di fare questa vita quando Draco si è tirato indietro. Ho scelto di fare quello che lui faceva per Potter, ho scelto te. Perché di te mi fido. Vuoi mollare adesso, quando tutti contano su di te? Non l’hai fatto ad Hogwarts quando torturavano bambini di undici anni... in che cosa tutto questo sarebbe diverso?! »
C’è del fuoco nei suoi occhi e tu lo ricorderai per sempre. E per sempre ricorderai di quanto ti sia sentito piccolo e indifeso e sciocco davanti a quell’uomo che, più forte di te, più disperato di te è riuscito a dire cose che mai ti ha detto in tutta la vostra lunga relazione.
È quel fuoco che aspetti di vedere da due mesi, è quel fuoco che ti spinge ad alzarti la mattina e a trasformarti nella speranza che era stato Harry per tutti loro.
Ti è mancato in modo indecente e l’unica cosa che sai fare per dimostrare che no, non stai mollando, che non vuoi mollare, che non mollerai mai, è impadronirti delle sue labbra con la stessa foga con cui l’ha fatto lui un’ora prima.
« Non mollerò, ma lo faccio per... »
« Non m’importa, basta che tu continui per la tua strada » una pausa, piccola, breve e poi un sussurro: « Io sarò con te. »
La guerra fa dire cose strane, cose incredibili, cose inaudite.
Ma anche questa volta Blaise non ti lascia voce in capitolo, non ti permette di avere l’ultima parola. E tuttavia è anche - e soprattutto - grazie a lui se in futuro potrai raccontare questa storia.
Forse non è nemmeno una storia tanto originale: altri come voi si sono di certo incontrati in scalcinati Motel, granai, bettole, stanze a pagamento, nel bel mezzo di una guerra.
Altri hanno cercato di chiudere fuori un mondo che semplicemente era troppo grande per loro.
Altri hanno trovato conforto l’uno nelle parole dell’altro, nella saliva dell’altro.
Ma questa volta ci siete voi, tu e Blaise, e nonostante la paura, nonostante il dolore, l’incertezza e la sofferenza, un giorno arriverai a capire che quello passato in quel Motel è stato uno dei momenti migliori della tua vita.

warning: angst, fandom: harry potter, warning: lemon, rating: r, warning: slash, - fanfic, recipient: emme86, warning: what if?, pairing: neville longbottom/blaise zabin

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