Gift for:
nykyoTitle: Stalking on the Remembrance Day
Author: Secret Santa
Beta-Reader: Nessuno
Fandom: Sherlock BBC
Pairing/Characters: Sherlock Holmes, John Watson
Rating: PG
Warning: pre-slash.
Word Count: 1205
Summary: Prende la busta e se la rigira tra le mani, e quando il mittente si figura davanti ai suoi occhi, la sua bocca si apre in una piccola ‘o’ di sorpresa. “Chi è, chi è?” chiede la donna impaziente, fregandosi appena le mani. “Un ammiratore segreto?”
“No signora Hudson, no.” fa alzando la testa.
NdA: Oddio. Non lo so. Mi dispiace solo che non sia voluta come volevo. Tempo, idee, impegni, m'è andato tutto un po' contro ultimamente. Ma spero che ti piaccia comunque. <3
Quando John torna a casa dopo un’estenuante giornata di lavoro, tutto si aspetta tranne che di vedere la signora Hudson sventolare allegramente una busta bianca mentre sul suo viso è impressa un’espressione eccessivamente entusiasta, e, di conseguenza, poco rassicurante.
“Bentornato caro, bentornato. Tieni, ecco, la tua posta.” gli dice sorridendo, per poi stringergli le mani fredde e appena secche. John la guarda inarcando un sopracciglio, senza perdere il sorriso appena accennato sulle labbra. Prende la busta e se la rigira tra le mani, e quando il mittente si figura davanti ai suoi occhi, la sua bocca si apre in una piccola ‘o’ di sorpresa. “Chi è, chi è?” chiede la donna impaziente, fregandosi appena le mani. “Un ammiratore segreto?”
“No signora Hudson, no.” fa alzando la testa. “Sherlock?”
“È su, credo ti aspetti. Sai,” dice sottovoce, avvicinandosi per non farsi sentire dai muri, “credo sia un po’ arrabbiato, anche se non ho capito bene perché.” esclama la signora dando una scrollata di spalle, prima di rientrare dentro il suo appartamento canticchiando.
John rimane per un momento sul pianerottolo, rigirandosi la busta tra le mani prima di salire le scale. La porta dell’appartamento è semichiusa, il suono stridulo del violino di Sherlock che gli entra con forza nelle orecchie. “Sherlock.” dice una volta, entrando e chiudendo la porta. “Sherlock!”, e alza la voce, avvicinandosi velocemente. “Fai un favore al mondo, se la pianti.”
“Oh, John.”
Sherlock china la testa all’indietro, fissandolo per qualche secondo. Eppure John nel suo viso non vede nessuna espressione irritata - molto probabilmente ha riversato tutto su quelle povere corde consunte. “Salve, eh.”
“Non ti avevo sentito entrare.”
“Non fatico a crederlo.”
John si siede nella sua solita poltrona, aprendo la busta con uno strappo. Sherlock lo fissa per qualche istante, il tempo di vederlo sorridere leggendo le prime righe. “Chi è?”
“Un amico.” risponde scrollando le spalle. Ritorna a leggere la lettera e Sherlock lo guarda di soppiatto, insospettito. John non riceve mai lettere, solo bollette.
“Di che natura?”
“Un ex soldato. Capita a Londra per un paio di giorni la settimana prossima e così niente, ci vediamo.”
“Mh.” risponde soltanto.
Decisamente sospetto.
L’undici novembre è una giornata che si rivela essere inaspettatamente fredda. Il cielo è di un colore fastidioso, un misto di arancio e rosa che lentamente si oscura nel suo punto più alto.
Sherlock affonda il viso nella sua sciarpa, appostato di fronte all’abbazia di Westminster, gli occhi fissi sulla schiena di John che intanto si rigira tra le mani un papavero. Palesemente il suo amico non avrebbe potuto scegliere giorno migliore del Remembrance Day per portare John fuori a cena.
Sherlock ha sentito puzza d’imbroglio sin dall’inizio.
Quando vede qualcuno avvicinarsi al suo coinquilino istintivamente si nasconde ancora di più dietro la stoffa blu della sua sciarpa, affinando lo sguardo. Sembra una persona abbastanza ordinaria - noiosa, più che altro: una giacca marrone scolorita sui gomiti - ore passate sul bancone di un bar, probabilmente - schiena ritta, taglio medio e barba incolta. Una spia perfetta. Forse Moriarty sta tentando nuovamente di usare John per arrivare a lui, non sarebbe così strano.
Seguirlo è certamente la mossa migliore.
Si chiama Jude. Un nome, un programma. Sherlock è sicuro che, da un momento all’altro, quell’uomo si alzerà e colpirà John alla testa, trascinandolo dentro un SUV, o un camioncino, o qualcosa di altrettanto banale e scontato. Parlano da ore, John con la testa piegata appena di lato mentre mangia e annuisce, rilassato, ad ogni parola dell’altro, ricambiando di tanto in tanto. È raro vedere John in questo stato; di solito è sempre teso e mangia di fretta, in quel momento invece ha la guardia bassa, come se non fiutasse il pericolo che sta correndo.
Dovrebbe entrare in azione, qualcuno dovrebbe fargli notare che le cose non saranno rosee ancora per molto. Resta però immobile, sistemandosi meglio dietro la sciarpa blu, chiedendosi se non sia il caso di entrare in un qualunque negozio di cinesi e comprare una parrucca per avvicinarsi ai due il più possibile.
… sente un fastidioso rumore di sottofondo che ronza riempiendogli la testa, una vocina che rantola bassa e dice cose che non vuole ascoltare.
Decide che può fare a meno della parrucca, e aspetterà là fuori senza muovere un passo.
“Sono stato bene. Era da un po’ che non succedeva.” legge sulle sue labbra, e il ronzio si fa più forte, e Sherlock si sforza di ignorarlo.
Jude gli sorride, quando sono davanti alla porta del 221b. Sherlock li sbircia dalla finestra, stringendo gli occhi mentre la luce della luna si confonde a quella dei lampioni sulla strada. John sorride, annuisce, gli stringe la mano con forza. Il sorriso lo ha tirato a indovinare, in realtà, perché quell’idiota s’è messo di spalle e lui può solo supporre - anche se è comunque sicuro di non sbagliare. Riesce quasi a sentire il calore della sua mano, e il fastidio prudergli sulla punta delle dita per non essere al posto di quell’imbecille che palesemente sta cercando di portarselo a…
Letto.
Sherlock si passa una mano sulla fronte, scuotendo la testa. Sta fallendo miseramente a soffocare la vocina che da ore nella sua testa analizza le funzioni del suo corpo per giungere a un’unica, orribile conclusione: è geloso. Mai stato geloso in vita sua, e il suo cervello inizia oggi a funzionare in modi fondamentalmente inutili. Che seccatura.
L’uomo si allontana dalla finestra quando vede John voltarsi verso la porta. Velocemente fa svolazzare la vestaglia e corre alla poltrona davanti al camino, indossando la sua migliore faccia di bronzo.
Passano pochi istanti prima che la porta cigoli e John entri in casa annunciando il suo ritorno. Sherlock grugnisce qualcosa in risposta, senza staccare gli occhi dal fuoco e muovendo nervosamente le dita dei piedi.
“Come è andata?” chiede, fissando la fiamma agitarsi nel camino.
“Oh, lo sai benissimo.” risponde John con uno sbuffo divertito. Sherlock sente l’appendiabiti ciondolare appena contro il pavimento.
“Ti ringrazio per la fiducia nelle mie capacità deduttive, John, ma-“
“Sherlock. Risparmiati una figuraccia. Ti ho visto.”
Riesce a sentire il velo di divertimento che aleggia attorno alle sue parole.
“Oh.”
Non ha il coraggio di girarsi, la gola che gli diventa secca di colpo.
“Mi sono divertito molto, e sono ancora vivo.”
“Lo vedo da me.” replica semplicemente. Non gli piace il suo tono, sa di scherno - e lui era in buona fede, almeno per i primi cinque minuti.
Forse.
John si siede nella poltrona affianco, la schiena flessa e i gomiti puntellati sulle ginocchia. “Posso sapere perché mi hai tallonato? Non ho cinque anni.”
“Poteva essere chiunque.”La sua risposta è così veloce e il tono così impettito che John ride, scuotendo la testa.
“Non esco con chiunque.”
“Non puoi dire una cosa del genere davanti a me. Sei venuto a vivere con me il giorno dopo esserci conosciuti.”
“Ah, non dare la colpa a me.”
Per qualche secondo c’è un silenzio imbarazzante che li divide, un sospiro basso e uno sfregar di mani davanti al camino. “Volevo solo essere sicuro che non ti succedesse nulla.” borbotta Sherlock, arricciando le labbra e guardando oltre il fuoco, verso il nulla.
John si volta e osserva i giochi di luce sulla pelle diafana del coinquilino, la fossetta nera appena dopo le labbra che gli permette di immaginare perfettamente la sua espressione. “Grazie.” si limita a dire, rilassandosi contro la poltrona e socchiudendo gli occhi.
Una giornata decisamente perfetta.