[Original] Stray cat

Jan 31, 2015 18:56

Characters: Camille; Adrian;
Pairing: CamillexAdrian;
Rating: Nc-14
Genre: Introspettivo; Slice of life;
Words: 2.284
Prompt: 2 WARNING TRA: Het - Slash - Femslash
Warning: het; slash;
Disclaimers: I personaggi della fic sono tutti miei.
Scritta per la 2° Settimana del Cow-t5 @maridichallenge

Quando apre la porta dell'appartamento, sa perfettamente cosa si troverà davanti. Ha sentito le urla concitate e i gemiti della nuova puttana che Camille si è portato a casa e quando lo vede, seduto sul divano, con quella mezza nuda in braccio che lo cavalca come non ci fosse un domani, vorrebbe soltanto prenderli a pugni. Tutti e due.
Invece incassa con un grugnito annoiato lo sguardo affilato che l'uomo gli tira oltre le spalle sottili della puttana - è una rossa questa volta, le preferite di Camille, motivo per cui sente di odiarla ancora di più - e finge di non notare il sorriso beffardo che gli regala, prima di mordere la spalla pallida della donna. Lei urla tirando indietro il capo, fa danzare i seni pieni e si spalma contro il petto dell'uomo. Del suo uomo, vorrebbe poter dire Adrian, ma che cazzo puoi dire quando il pene dello stronzo di cui ti sei innamorato affonda e si spinge nel sesso di una puttana?
Non si è nemmeno accorta della sua presenza; continua a ondeggiare sulle cosce di Camille, con un tanga di pizzo nero che penzola dalla caviglia destra e addosso soltanto la gonna arricciata intorno ai fianchi, che lascia ben poco all'immaginazione.
Adrian scuote il capo, getta rumorosamente le chiavi sul tavolino accanto all'ingresso e li supera, cercando rifugio nella propria stanza. E' immacolata, non vi dorme da giorni e inizia a pensare che Camille non se ne sia nemmeno accorto.
La giacca è la prima a finire per terra, quando inizia a spogliarsi, lasciandola cadere con un sospiro stanco che sa di rassegnazione.
E' l'ultima volta. Si dice. L'ultima volta che dovrà sopportare tutto quello, poi si lascerà tutto alle spalle, una volta tornato a New York.
Addio Parigi, addio, Camille, addio cuore spezzato.
Non gliel'ha ancora detto che ha intenzione di andarsene. Il biglietto aereo che Beth e Carver gli hanno comprato porta la data del mese prossimo, ma andrà a stare da loro per un po', questa volta ha deciso e non tornerà indietro.
Stringe i pugni, senza accorgersi che alle sue spalle la porta della stanza si è aperta, occhi azzurro ghiaccio lo fissano e Camille si sistema la cintura dei jeans. All'ingresso una voce femminile sta ancora lanciando insulti in francese (ad entrambi, sembra) quando la porta sbatte con violenza, facendo voltare Adrian di scatto.
«Che cazzo è successo?» domanda in americano con una smorfia seccata che non deve nemmeno far la fatica di dipingersi in faccia. Gli è sempre venuto naturale; sei la personificazione dello scazzo gli ha sempre detto Beth, un Grumpy Cat bisognoso di coccole. Il peggio è che anche Camille ha sempre saputo di cos'avesse bisogno, ha sempre fatto in modo di darglielo, di stordirlo di coccole, riempirlo di baci e scopate, per poi lasciarlo lì da solo ad aspettare qualcosa di più, a sperare in qualcosa di più.
«Si è arrabbiata perché gli ho detto che era arrivato il momento di andarsene.» Camille gli risponde in inglese e il suo accento straniero rotola su ogni "r", caldo e sensuale, a differenza degli occhi. Sono l'opposto di quelli nocciola di Adrian, pieni di furore, di una passione tanto ardente che alle volte gli sembra di esplodere e ha bisogno di sfogarsi, di gettarsi in qualche rissa e uscirne con qualche costola rotta o il naso sanguinante. E' così che l'ha trovato Camille la prima volta, abbandonato sui gradini di un edificio di Montparnasse, con l'espressione ancora rabbiosa e l'aspetto di un gatto randagio e quel bastardo gli ha tirato una semplice occhiata ed è entrato in casa senza dirgli nulla, per poi tornare fuori con un bicchiere di latte caldo e un toast al tonno.
«Potevate continuare, tanto sono passato solo per cambiarmi. Tra un po' esco.» sibila Adrian, con una scrollata di spalle che ha la pretesa di essere naturale, nonostante lo sforzo dei muscoli tesi. Gli ha parlato in francese questa volta, sporco, dagli accenti sempre sbagliati che non ha mai imparato come si deve.
Odia il francese, anche se ama quello di Camille.
L'uomo si avvicina. Lo fa per abbracciarlo, ma questa volta Adrian è più veloce e scarta di lato, andando a sbattere contro la scrivania, pur di evitarlo.
«Sono di fretta, Cam.»
«Sei sempre di fretta in questi giorni.» pronuncia lui, nel suo francese impeccabile, con cui lo ha sedotto fin dalla prima volta «Mi sento solo.»
«Fanculo.»
«Cosa?»
«Fanculo tu, stronzo.» lo sguardo di Adrian è sprezzante, fisso al volto di Camille dove qualcuno dei capelli biondo scuro si è appiccicato alla guancia per il sudore. Odora ancora di sesso e del profumo invadente di quella puttanta - e no, Adrian non vuole sapere se fosse davvero una puttana o se questa volta si fosse trattato di una collega o un'amica o qualcuno incontrato sui gradini di casa, come lui. Non vuole più saperne niente, vuole solo dimenticarsi dell'uomo e tornare a casa. O, in alternativa, trovarsene una.
«Perché sei tanto arrabbiato, Drì? Sei tu ad essere sparito per una settimana senza dirmi nulla.»
Adrian lo guarda stupito per un attimo soltanto.
Se n'era accorto.
«Non sono obbligato a venirti a raccontare tutti i miei impegni. Avevo da fare.»
«Già. Avevi da fare con Beth.»
Lo sguardo di Adrian si fa più fiammeggiante e il pugno destro si solleva a mostrarsi minaccioso. Non gli piace il modo in cui ha pronunciato il nome dell'amica, gli ricorda dell'unica volta in cui Camille abbia acconsentito a conoscere i suoi amici (gli unici due che anche uno come lui può vantare di avere) e di quanto l'incontro sia durato poco, prima che il francese si alzasse dal tavolo del bar inventando una scusa per andarsene.
Beth e Carver lo hanno odiato da subito, Adrian, invece, ci ha messo un po' di più. Il suo odio è arrivato dopo.
«Se hai qualcosa da dire, dilla e basta.» gli soffia contro.
Camille non fa una piega davanti al suo volto arrabbiato o al suo sguardo infervorato, li conosce, è abituato e non ne ha mai avuto paura.
«Avete già scopato?» gli domanda. Non se l'aspettava questo e non capisce se è sarcastico, se è geloso, se è entrambi o se sta solo cercando un altro modo per farsi odiare e convincerlo ad andarsene subito da lì, lasciando perdere anche l'idea di buttare il poco che ha in una valigia.
«Che cazzo stai dicendo?»
«Non è una domanda difficile, Drì. Avete scopato? Sì. O no.»
«Perchè cazz-» ma la domanda gli muore in bocca; questa volta non è stato abbastanza veloce da evitare le mani di Camille che gli stringono le spalle con tanta forza da fargli scricchiolare le ossa e lo tirano malmente a sè, abbassandosi per avere il volto vicinissimo al suo. C'è il suo fiato a sbattergli addosso e l'odore della puttana.
«Sì o no, Adrian.» sibila, serio, senza battere ciglio.
Per un attimo Adrian ha dimenticato perfino la domanda.
«N-no, certo che no!» sbotta, quando si riprende e si rende conto che quella situazione è assurda, che non dovrebbe essere certo lui quello sotto torchio, non quando è lui quello che ha beccato l'altro con i calzoni calati e una donna nuda tra le braccia! «E anche fosse che cazzo te ne frega, eh? Non è come se avessimo l'esclusiva e tu per primo hai-»
Interromperlo sta diventando un vizio, ma quando la bocca di Camille preme con prepotenza contro la sua, non riesce a trovare nulla di cui lamentarsi, invece schiude le labbra e lascia che la sua lingua vi si insinui. Lo bacia aggrappandosi alle sue spalle, lo bacia e lo abbraccia e vorrebbe piangere per quanto si sta dimostrando cretino, per star cedendo di nuovo a quell'uomo, proprio quando aveva finalmente deciso di lasciarlo.
Non sa come, alla fine, ci riesca: gli morde il labbro inferiore a sangue e si stacca da lui, veloce, come se d'improvviso scottasse.
«Se avevi tutta sta voglia di baciare qualcuno, dovevi tenerti la puttana.» lo dice con tutta la cattiveria di cui è capace, pulendosi la bocca col dorso della mano.
«Non mi interessano le puttane.» Camille gli risponde secco, come lo sguardo che gli scocca e sembra volergli trapassare il cranio.
«Peggio per te.»
«Perché sei andato via.»
«Jeez, devi farmi il terzo grado proprio ora? Come se te ne fottesse qualcosa!»
«Perché non dovrebbe?»
Non ce la fa più a resistere e l'attimo dopo Adrian gli ha tirato un pugno; ha sentito la mano impattare contro la sua mascella e quando Camille cade a terra, tenendosi la guancia colpita con un gemito di dolore, non è sicuro di quello che prova: una parte di sé si sta pentendo di averlo colpito e l'altra vorrebbe farlo ancora.
«Ti scopi il mondo, Cristo Santo! Te le porti a casa e non hai nemmeno la decenza di farti succhiare l'uccello in camera tua, no, devi farlo in sala e a me tocca pure vedervi ogni volta che entro dalla fottuta porta! E mi chiedi anche perchè sparisca? Sei proprio un figlio di puttana!»
Camille non si alza, non lo guarda e non risponde. Rimane seduto in terra a farsi insultare e a lasciare che il ragazzo gli urli addosso, si sfoghi e poi gli si getti contro, sbattendolo con le spalle in terra, a cavalcioni su di lui e col pugno ancora alzato. La legge perfettametne la sua voglia di colpirlo e non fa nulla per impedirglielo, se non prepararsi all'impatto, che c'è, violento, spaccandogli il labbro e facendogli sbattere la guancia contro il pavimento.
Nel silenzio che segue il secondo pugno, tutto quello che rimane è l'ansimare pesante di Adrian, le sue spalle che si sollevano e si riabbassano sotto il maglione che gli ha regalato Beth per Natale e le sue mani che stringono il bavero sbottonato della camicia nera di Camille.
L'uomo si lecca le labbra, sentendo il sapore di sangue in bocca e con una calma irritante riprende a parlare.
«E tu non hai avuto nemmeno la decenza di dirmi che frequentavi ancora la tua ex.»
La frase è una freccia che colpisce dritto tra gli occhi di Adrian.
«C-che... c'entra...?»
Camille si volta a guardarlo, con la nuca poggiata al pavimento e gli occhi che sono due pugnali di ghiaccio «Non hai avuto la decenza di dirmi che ti ama ancora. Invece mi hai invitato in quel dannato bar per sbattermi in faccia che bella coppietta foste. Cosa ti aspettavi?»
«Che cazzo...»
«Per la miseria, sono gay, Drì. Scopare con le donne è una delle poche cose che mi riescono particolarmente male.»
Adrian spalanca gli occhi e dimentica di respirare. Lo guarda come se vedesse per la prima volta l'uomo che serra i denti sotto di lui e alza la voce e, in effetti, è la prima volta che lo sente urlare e che gli vede un'espressione frustrata addosso. E' la prima volta anche che lo sente ammettere che esista qualcosa in cui non è bravo e non pensava di certo che, quel qualcosa, fosse scopare con una donna. Non dopo tutte quelle che ha visto frequentare l'appartamento nei giorni addietro.
«L'ho fatto perché volevo... farti ingelosire.» confessa, riabbassando la voce «Volevo fartela pagare, per avermi sedotto.»
Adrian sente il sangue scorrergli più veloce nelle vene, bruciargli e il cuore scoppiarli di rabbia e di gioia insieme.
«Sei proprio un coglione.» è l'unica cosa che gli venga in mente da dirgli ora, mentre la presa al suo bavero si allenta e le dita si aprono invece al suo petto ampio.
Camille annuisce. Lo sa di esserlo, ma sa anche di aver aspettato ogni giorno che tornasse, fin dalla prima volta che l'ha visto seduto sulle scale di casa e ha capito da subito che si trattava di un gatto randagio e che, come tale, non avrebbe potuto dargli nulla di più se non qualche fusa e una leccata ogni tanto. Non gli ha mai chiesto di più e non ha mai pensato che sarebbe stato il primo a cedere, a innamorarsi.
«Scusa.» mormora, poggiando le mani alle cosce di Adrian.
Il ragazzo distoglie lo sguardo.
«No.»
«Scusa.»
«Smettila.»
«Scusa.»
«Ho detto smettila o ti tiro un altro pugno!»
«Je t'aime.»
«...»
Lentamente gli occhi di Adrian tornano a quelli di Camille e si fanno lucidi, per le lacrime che trattiene a fatica. Non piange, ma si china su di lui, urlandogli ancora che è proprio un coglione, che non ha mai capito niente e che lo odia, anche se non è vero, perché lo ha sempre amato, molto più di quanto mai abbia amato Beth.
Camille lo abbraccia, lo culla piano contro di sé e quando, dopo parecchio, lo sente singhiozzare contro la propria spalla, lo stringe più forte e gli bacia i capelli.
«Scusa.» gli ripete «Non porterò più nessuna a casa, né scoperò più con nessuno.» promette e Adrian sa che non sta mentendo, perchè il francese non ha mai avuto bisogno di mentire su nulla, nemmeno per evitare di spezzargli il cuore. Soprattutto per non evitare di spezzargli il cuore «Solo con te. Te lo giuro.»
Adrian non gli risponde, continua a piangergli addosso e pensa a quando dirà a Beth e Carver che non tornerà a New York con loro il mese prossimo, pensa alla faccia di Beth quando lo chiamerà idiota e gli dirà che Camille non lo merita e forse ha ragione, anche se non ne è più così sicuro, ma il corpo di Camille è caldo, le sue braccia strette alle proprie spalle lo fanno stare bene e, anche se ancora respira profumo di donna contro il suo collo, si convince che starà bene. Camille gli ha detto che lo ama; può finalmente smettere di aspettare.

character: camille hervé lefevre, [cow-t], [cowt5], [oneshot], pairing: camillexadrian, [challenge], [original], serie: un americano a parigi, [serie], character: adrian ross

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