Special Needs (1/2)

Oct 01, 2012 23:59


Titolo: Special Needs
Autrice: arial86
Rating: nc17
Sommario: Stanco delle continue prese in giro del fratello, Sam decide di prendersi una piccola vendetta, ma le cose non vanno esattamente come aveva previsto. Con la vita di Dean ora in pericolo, Sam si ritrova costretto a prendere una decisione che potrebbe cambiare per sempre le loro esistenze.
Pairing: Dean/OFC, Dean/Sam
Note: Storia scritta per il Christmas Exchange del 2009 di spn_italia, a partire da questa richiesta: una fanfiction, Sam/Dean, Dean che sviluppa una qualche dipendenza simile a quella per il sangue di Sam. Sam gli resta accanto, ma con qualche rischio. R, angst. (sono specifica, lo so).
Che dire, acardia17? Non poteva andarti peggio >_<
(Ah, per me nc17 ed R erano sinonimi fino a cinque minuti fa, e non ricordavo che volessi una Sam/Dean. *si sente sempre più una merda*)
Spero comunque che la storia ti piaccia, nonostante 'sto ritardo che definire mostruoso è ancora poco. La dedico a ele106, l'essere più dolce e carino dell'universo: solo la tua passione e il tuo compleanno potevano spingermi a finire questa storia, dopo così tanto tempo. Ti voglio bene. ♥
Un ringraziamento particolare alla mia beta/fanartist. Sei stata fantastica, vahly ♥




“Una succube, eh?” commenta Dean, continuando a pulire le pistole.
“Sembrerebbe,” ribatto, senza distogliere lo sguardo dal PC.
“Sembrerebbe? Quattro giovani ritrovati morti nei loro letti, come casanova ottantenni strafatti di viagra: è una succube, Sam,” afferma. “O conosci altre creature che uccidono a furia di pompini? Anche se la cameriera dello scorso motel c’è andata vicino…” conclude, ghignando.
“Non sono interessato ai tuoi exploit sessuali, Dean,” sbuffo.
“Hai ragione, Sammy. Non dev’essere bello parlarne, quando non hai nulla da raccontare sull’argomento,” mormora, fintamente contrito.
Richiudo di botto lo schermo. “Perché non provi a concentrarti sul caso, idiota?”
“Quattro vittime in un mese, tutte riconducibili al medesimo bar. Una a settimana, sempre nello stesso giorno. Visto? Ho fatto i compiti.”
“Mmh…” grugnisco, per poi sollevare lo sguardo su di lui. Non mi presta attenzione, preso com’è dai suoi giocattolini. Inserisce il caricatore, facendo poi scorrere il carrello nel suo binario. Le sue mani si muovono, agili ed eleganti, sul metallo ora lucido. Il suo tocco è esperto, quasi incurante. I suoi occhi, però, raccontano un’altra storia: sono seri, attentissimi. L’incantesimo si spezza nel momento in cui Dean si rimette in piedi. “Diamoci una mossa, Sam. È il momento di entrare in scena!” esclama, facendo scomparire l’arma nei jeans.
“Ehi, aspetta un attimo! Non vorrai uscire così?”
“Così?” domanda, sollevando un sopracciglio. “Indosso i pantaloni.”
Ecco, Dean non ha sentito un cazzo di quanto ho detto finora. “Le succubi sono vulnerabili solo quando si nutrono, come gli Shtriga…”
“Lo so, Sam,” mi interrompe, annoiato.
“Quindi,” riprendo, zittendolo, “dovremo trovarle qualcosa da fare… e tu dovresti renderti presentabile.”
“Che…” Sul suo volto si fa finalmente strada la comprensione. Scuote la testa. “Prima di tutto, sarebbe difficile essere più presentabili di così,” incomincia, un sorriso consapevole a tendergli le labbra. “Inoltre, non ho alcuna intenzione di fare da esca. Scordatelo.”
“Vuoi fare irruzione nella stanza di un perfetto estraneo e cominciare a sparare sulla donna con cui sta facendo sesso?”
Alza le spalle, per nulla impressionato.
“Sai che le succubi assumono l’aspetto delle tue più sfrenate fantasie, no?” provo, tentando di convincerlo.
“Certo, e alla fine ti ritrovi a scopare un cesso inguardabile, omicida e stecchito. Niente da fare.”
Già, fine della discussione. “Come preferisci,” dico, voltandogli le spalle. “Poi non venire a lamentarti, se vedi qualcosa che ti disturba.”
“Cosa vuoi che mi disturbi? Ho visto un casino di porno. Certo, mai quanto te…”
Afferra la sua sacca e lascia la stanza, ridendo.
Sorrido anch’io. C’è una cosa che non sai, fratellone: la succube sceglierà te stanotte…

* * *

Il bar è fumoso e affollato. C’è una ressa incredibile su una pista da ballo improvvisata, decine di corpi si muovono al ritmo di una canzone country. Credo che Dean stia per vomitare.
“Tieni,” dico, allungandogli una birra.
“Che postaccio. Questa musica…” mormora, disgustato.
“Hai visto qualcuno di sospetto?” domando.
“No, non c’è una sola ragazza presentabile in tutto il locale,” ghigna. “Tu?”
Scuoto la testa. Non mi aspettavo certo di trovarla in giro: il demone si fionderà su di lui non appena sentirà il suo odore. Queste creature si nutrono di desiderio sessuale, e ho personalmente provveduto a rendere mio fratello irresistibile. Dean non si è neppure accorto del talismano che ho fatto scivolare nelle sue tasche. Il calore del suo corpo ha fatto il resto, polarizzandolo: Dean è una calamita, quella puttana la limatura di ferro.
“Certo che se la prende comoda,” sbuffa, mentre la musica continua a peggiorare.
“È una donna, ci terrà a farsi carina per la serata,” sorrido, divertito dalla sua esasperazione. Poi la vedo. Cazzo, è bellissima. I capelli le ricadono lungo il corpo in soffici onde nere, incorniciando un viso di una perfezione assoluta. La figura, minuta e proporzionata, è fasciata da uno splendido abito scuro, che mette in risalto le sue morbide forme. Mio fratello ha decisamente un ottimo gusto in fatto di ragazze… o di demoni, in questo caso.
“Cosa?” chiede Dean, fissandomi allarmato.
“Disturbo, ragazzi?” incomincia la succube, poggiando una mano sulla sua spalla.
La voce del demone è dolce, sensuale, ammaliante. Sufficiente a scatenare un incendio nel mio petto. Le fiamme si propagano rapidamente in direzione sud, posso solo immaginare l’effetto delle sue parole su Dean. Gli occhi di mio fratello si sono svuotati, un’espressione da decerebrato gli si è dipinta sul volto.
Le dita del demone risalgono lungo il suo collo, carezzandolo. Si fermano sul mento, costringendolo a sollevare la testa. Dean obbedisce, malleabile. In suo potere. Domattina probabilmente mi ucciderà.
“Oh,” esclama la donna, apparentemente soddisfatta. Si china su di lui, sfiorandogli delicatamente la bocca. Poi allontana i loro visi, interrompendo il bacio. A Dean sfugge un gemito. È un verso languido, disperato. Che cazzo ho fatto…
“Sei un tipetto impaziente, tu,” sussurra la succube, sorridendo. Si lecca le labbra, inebriata dal suo sapore. “Sarà una notte indimenticabile, te lo prometto.”
Non sai quanto, puttana.
Gli porge una mano e Dean la stringe con delicatezza, quasi fosse fatta di fottutissimo cristallo. Si rimette in piedi, tremante. Dannazione, quant’è esattamente potente la morsa in cui lo tiene?!
Il demone si fa strada verso l’uscita, e mio fratello la segue, docile. Sì, sono decisamente un uomo morto…
Aspetto una manciata di minuti, imponendomi di restare calmo. Porterà Dean al motel, come ha fatto con gli altri uomini. Per questo mi sono assicurato che avesse lui le chiavi. Ho persino attivato il GPS del suo cellulare, per non lasciare nulla al caso.
Andrà bene, è una caccia da niente. Allora perché cazzo non riesco a tranquillizzarmi? Dean non sta soffrendo né si trova in un reale pericolo, non l’avrei permesso; ragiona soltanto col cervello di sotto, più del solito. I demoni di questo tipo controllano le reazioni fisiche, regalando ai loro amanti del sesso appagante e una sepoltura prematura. Dean avrà soltanto il primo, mentre a me toccherà vedere lui e il demone darsi da fare. I suoi occhi che si perdono, adoranti, sul viso di lei; le sue mani che la sfiorano con l’attenzione e la reverenza che si riservano ad un maledetto idolo… Merda, il solo pensiero è sufficiente a farmi bruciare di rabbia.
Infilo una mano nel giubbotto, per poi stringerla contro il calcio della pistola. Ecco cosa mi rasserena: sapere che da qui a un’ora, quella troia avrà fatto la fine che merita.

* * *

Sono davanti al nostro motel. Sono passati trenta minuti da quando Dean e la succube hanno lasciato il bar, ormai dovrebbero aver cominciato…
La nostra stanza dà sul parcheggio ed è al secondo piano: non trovo difficoltà ad issarmi fino alla finestra del bagno, precedentemente lasciata aperta.
Scivolo silenziosamente sul pavimento, per poi accostarmi alla porta socchiusa. Lì vengo raggiunto dai primi gemiti. È Dean. I suoi sono versi bassi, intensi, che vengono dal profondo della gola. Si susseguono ravvicinatissimi, incontrollabili. Chiudo gli occhi, mentre il mio sangue si raccoglie inesorabilmente verso il basso. Mi passo la lingua sulle labbra, improvvisamente secche. Cazzo, e questo è solo l’audio… Devo farla finita, subito.
Prendo la pistola e tolgo la sicura. Un profondo respiro e mi costringo a puntare lo sguardo sul letto. Dannazione, Dean è sopra di lei. Se sparassi ora, colpirei lui… Ecco, ci mancava il destino ad aiutarmi nelle mie perversioni voyeuristiche!
La luce dei lampioni filtra dalle tendine strappate, creando un alone arancio intorno alle loro figure, impegnate in una lenta danza, disegnando fitti chiaroscuri sulla pelle sudata di mio fratello. Ad ogni affondo, Dean si avvicina sempre più all’orgasmo. Lo capisco dalla tensione crescente nei muscoli delle sue spalle, dagli spasmi che lo scuotono, dal suo respiro corto. Presto si svuoterà dentro di lei…
“Sai, penso di averti finalmente trovato,” sussurra il demone, sfiorandogli il viso e attirandolo in un bacio.
Che cazzo vuol dire?
Dean smette di muoversi, abbandonandosi completamente contro di lei. Sembra addormentato. Merda, non è normale. Devo intervenire? Se l’attaccassi ora, non le farei nulla…
Solleva delicatamente Dean, spostandolo sulla schiena.
“Ho fame,” mormora, contro la sua bocca. “Non ti farò del male, però: ora sei mio.”
La mia presa sulla pistola si fa più salda. Cerco di dominare l’impulso di spararle, manca poco ormai.
Si china fra le gambe di Dean, divaricandole leggermente per garantirsi un accesso migliore. Le sue mani corrono lungo il suo addome, per poi scendere a lambirgli il pene. Dean si lascia sfuggire un piccolo sospiro; le sue palpebre tremolano nel tentativo di sollevarsi, ma i suoi occhi restano chiusi.
Le dita del demone si stringono intorno a lui, esercitando la giusta pressione, massaggiando, dandogli piacere. Dean comincia a muoversi debolmente, per aumentare la frizione sul suo membro. Riprende a gemere, incapace però di svegliarsi. Un abile movimento della mano e viene con un flebile grido.
“Così, bravo,” lo incoraggia il demone, poggiando le labbra sul denso liquido e pulendolo via con rapide lappate. Schiude la bocca su di lui, cominciando a succhiare, emettendo versi disgustosi. Ecco, è il momento. Spalanco la porta e apro il fuoco, colpendola più volte alla schiena. Si accascia sul letto. L’eco degli spari risuona nel piccolo ambiente, facendo da contrappunto ai battiti impazziti del mio cuore. Mi avvicino con la pistola levata. Afferro il demone per i capelli, tirandole la testa all’indietro. La sua bocca è contratta in una smorfia, i suoi occhi ciechi e senza vita. Faccio rotolare a terra il suo corpo, che comincia immediatamente a decomporsi in una vasta pozza verde. È uno schifo, Dean aveva ragione…
Dean! Mi chino su di lui, terrorizzato: è rimasto completamente immobile, nonostante il frastuono delle pallottole.
Respira profondamente, il suo battito è lento e forte: sta bene, sembra solo esausto. Grazie a Dio.
È ricoperto da una viscida patina di sudore, chiazzata dal sangue del demone e dal suo stesso seme. Non posso lasciarlo in queste condizioni, mi farebbe a pezzi… cioè, pezzi più piccoli.
Prendo una mia vecchia maglia e la bagno, usandola per tergergli il viso accaldato. Si rilassa maggiormente contro il cuscino.
A questa distanza, in una luce più morbida, la sua bellezza toglie il fiato. La pelle chiara è riscaldata da lievi sfumature rosa su naso, guance e collo; esse mettono in risalto le decine di piccole efelidi che decorano il suo viso. Un lieve sorriso gli tende le labbra, soffici e piene. Seguo i contorni del suo volto con dita tremanti, carezzandogli la fronte, soffermandomi sulla linea decisa degli zigomi, tracciando la forma della bocca... Non ho mai visto nulla di più perfetto, penso con una morsa al petto.
Mi dedico al torace. Scendo verso il basso, descrivendo lenti cerchi. Il respiro di Dean comincia a cambiare, ma non riesco a fermarmi. Sono come in trance. Ipnotizzato, presissimo, perso. E se si svegliasse ora?
Faccio risalire l’altra mano lungo la sua coscia, saggiando la consistenza del muscolo sottostante. Arrivato all’inguine, intreccio le dita nella scura peluria. Abbasso la testa, chiedendomi come sia il suo odore, quale sia il suo sapore…
“Sam?”
La sua voce è roca, intorpidita, sufficiente a fermarmi il cuore e a rendere la mia erezione una dolorosa certezza. Che cazzo sto facendo?
Mi ritraggo di scatto. Gli occhi di Dean sono solo parzialmente aperti. Le lunghe ciglia li adombrano, conferendo loro un’espressione di languida estasi. È solo un attimo, poi le sue palpebre ricadono, pesanti. Non si è reso conto di nulla.
Mi rimetto in piedi su gambe ormai instabili e lo ricopro col lenzuolo.
Richiudo la porta del bagno alle mie spalle, scivolo fuori dai vestiti e mi infilo nella doccia, punendomi con l’acqua gelida e coi violenti strattoni con cui masturbo. Vengo velocemente. Lacrime di disgusto a rigarmi le guance, il suo nome sulle labbra… Mi lascio scivolare a terra, tremando di ribrezzo e rabbia. Colpisco più volte il muro con la testa, sperando di spaccarmela contro le mattonelle lerce. Come potrò guardarlo di nuovo in faccia dopo stanotte?

* * *

Dean si è svegliato. Lo sento rigirarsi nel letto, inquieto. Continuo a dargli le spalle, anche quando le molle cigolanti del materasso mi dicono che si è messo seduto.
Da perfetto vigliacco, mi sforzo di assumere un respiro lieve e regolare. Sto dormendo Dean, vedi? Non possiamo parlare della scorsa notte, non possiamo litigare.
“So che sei sveglio, Sam,” mormora, svogliato.
Già, logico: mai rifilare a un mago i suoi stessi trucchi.
Resto in silenzio, deciso a portare avanti la mia recita il più a lungo possibile. Merda, sto diventando come lui…
Dean lascia perdere e si rialza.
Nudo.
Ok, non è il momento di pensarci. Non posso farmi venire un’erezione mentre mi prende a pugni, no?
“Potevi almeno rimettermi le mutande,” commenta, scomparendo nel bagno.
Ti assicuro che ho già fatto abbastanza, Dean.
“Se quella troia mi ha attaccato la sifilide demoniaca o cazzate simili, sei morto,” minaccia, da dietro la porta.
“Perché, hai degli sfoghi?” domando, solo mezzo divertito.
“Respiri ancora, Sam,” replica, aprendo l’acqua.
Era un no?
Mi rimetto in piedi, cercando di focalizzare la mia attenzione su qualsiasi cosa non sia Dean nudo, doccia, sesso. I risultati sono a dir poco scoraggianti.
Quando mio fratello riemerge in una nuvola di vapore dieci minuti più tardi, riesco persino a guardarlo dritto negli occhi. Esclusivamente per evitare che i miei cadano sul logoro e striminzito asciugamano che gli cinge la vita, lasciando ben poco all’immaginazione, ma son dettagli.
Dozzine di piccole gocce gli imperlano i capelli, raccogliendosi, deliziose e invitanti, ai lati della fronte, sul viso, lungo collo e spalle. Che sensazione darebbe contro le labbra quel fragile, impalpabile confine fra la mia bocca arida e la sua pelle accaldata? Come sarebbe percorrerlo sul suo corpo con dita e lingua e denti fino a farlo impazzire di desiderio e anticipazione?
“Cadere in trance non ti salverà dalla mia vendetta.”
“Eh? Cosa?”
Ha sollevato un angolo della bocca in un ghigno poco promettente, ferino. Il suo sguardo è minaccioso: ha forse intenzione di staccarmi la testa? Magari è a conoscenza dell’effetto che la sua presenza ha su di me e medita di procurarmi un infarto, semplice e pulito.
Muove un passo in avanti. “Sam?”
“Sì?” sussurro, la gola serrata.
Inclina la testa, pensieroso. Il suo strano sorriso ora addolcito, il suo fiato caldo contro il viso. Spero non si accorga del tremito delle mie ginocchia né del mio cuore impazzito.
“Sam,” ripete, e non è più una domanda.
Il verde delle sue iridi più intenso, quasi liquido. Le pupille dilatate.
“Credo tu abbia la febbre,” mormoro, sfiorandogli la fronte.
Chiude gli occhi, abbandonandosi contro il mio palmo. Scotta.
“La mamma la sentiva con le labbra.”
Mi chino su di lui, le mani ad incorniciargli il viso. I suoi capelli mi solleticano il naso, sanno di buono: shampoo e Dean. Sono resi più scuri dall’acqua che li impregna e gli ricadono sulla fronte in grosse ciocche scomposte. Li riavvio, spingendoli all’indietro. Restano schiacciati in maniera un po’ comica. Avrebbero bisogno di un pettine, io di sentirli ancora sotto le dita.
Dean sorride e alza la testa. “Mi ritrovo con un’acconciatura da dandy, vero, Samantha?” bisbiglia, avvicinandosi alla mia bocca.
Potrei chiudere la distanza fra noi, scoprire finalmente la consistenza e il sapore di quelle splendide labbra, appropriarmi della sua bocca, arretro invece di qualche passo. Baciare mio fratello sarebbe di sicuro l’ultima azione che compirei nella vita, Dean se ne assicurerebbe personalmente.
“Dovremmo scendere a fare colazione, una volta tanto che è inclusa nella camera,” propongo, esitante.
“Certo, pancake stantii e caffè solubile, non vorremmo rischiare di perderceli,” commenta, sarcastico.
Ho giusto il tempo di accorgermi che il sorriso non gli arriva agli occhi, poi mi volta le spalle.
Che gli prende? Non è arrabbiato, no. Che sia glaciale, manesco o semplicemente un coglione patentato, Dean è un asso nel farti sentire una merda. Sa perfettamente quali tasti toccare e come sfogare rabbia, frustrazione o delusione.
Scompare velocemente dentro un paio di jeans e una vecchia t-shirt. Si avvicina alla porta, un piede ancora scalzo. Infila lo stivale e la spalanca, impaziente.
Che i pancake gli sembrino all’improvviso allettanti?
“Datti una mossa, Sam: tempo cinque minuti e comincio a mangiare, che tu mi abbia raggiunto o meno.”
Un violento colpo allo stipite ed è fuori.
Sospiro e prendo una manciata di vestiti dal borsone, senza prestarvi molta attenzione. La moda dei cacciatori rende quasi impossibile un errato accostamento cromatico; inoltre, non ho tempo da perdere dietro simili angosce di stile: non voglio lasciarlo solo troppo a lungo. Mio fratello è spesso scontroso e lunatico, soprattutto quando non sta bene, e sarebbe potuta andarmi decisamente peggio, dopo lo scherzetto di ieri notte. Eppure sento che qualcosa non quadra. È come dopo la morte di papà, in un certo senso. Sono sì preoccupato per Dean, ma è qualcosa di più infido e oscuro a tormentarmi: ho paura che possa perdere il controllo e commettere un errore, qualcosa che lo perseguiterebbe per sempre e finirebbe per strapparmelo via.
A saperlo, Dean direbbe che mi sono svegliato presto, ma la donnina nevrotica dentro di me non è mai andata a letto. Mi abbandono a una risata un po’ isterica e dannatamente liberatoria: non c’è niente di strano, niente di inquietante o soprannaturale. È solo il mio senso di colpa a parlare. Mi sono lasciato un po’ andare, assecondando impulsi e fantasie che mai avrei dovuto provare. Non accadrà più. Oggi partiremo e mi lascerò tutta questa storia alle spalle.

* * *

Ad accogliermi in sala da pranzo è l’indaffarato tintinnio di tazze e posate. Già, dimenticavo, è proprio questo a renderci un grande paese, il saper cogliere al volo le occasioni: colazione gratis, guai a perdersela. Una rapida occhiata ai tavoli e l’ansia ricomincia a rodermi: Dean non è qui.
Ho già composto il suo numero di telefono, quando mi accorgo che mio fratello non è poi tanto lontano. È al buffet e sta flirtando con la figlia del proprietario. Tipico.
Mi avvicino alle pietanze disposte alla bell’e meglio su vassoi sporchi e opachi. Evidentemente qui non sanno che anche l’occhio vuole la sua parte. Di certo non lo sa Dean, a giudicare dalla sciacquetta con cui ci prova. Credevo che mio fratello avesse fatto suoi i dettami di Wilde sul buon comportamento da tenere con una signora: farle la corte quando carina, farla ad un’altra se brutta. Pare mi sbagliassi.
La racchia getta la testa all’indietro e ride.
Sollevo lo sguardo su di loro.
“Questo non taglierebbe neppure del burro,” assicura Dean, facendosi scivolare la lama di un coltello lungo il palmo. Non esercita alcuna pressione - si capisce persino a distanza - ma la ragazzina è completamente affascinata dai suoi movimenti. “Visto?” domanda mio fratello, alla fine della dimostrazione.
L’altra annuisce, rapita.
Dean posa entrambe le mani sulle spalle di lei, il coltello ancora mollemente fra le dita, e l’attira in un bacio. I miei occhi restano però fissi sulla lama che impugna e sui continui e sinistri riflessi che questa rimanda. Dopo un momento allontana le loro labbra. “Sai, con la giusta pressione potrebbe andare bene per la tua camicetta,” insinua, conducendola fuori dalla stanza. Di nuovo quel tono basso, suadente. Da predatore.
Un brivido mi corre lungo la schiena. No, non posso lasciare che si allontanino. Dean le farebbe del male, lo so.
Sono nello stretto corridoio che porta alla cucina. Il braccio di lui è una morsa intorno alla sua vita e lei si lascia guidare, dimentica degli ospiti, della colazione, di qualsiasi altra cosa.
Esattamente come con la succube.
Non essere sciocco: Dean ha quest’effetto su quasi qualunque donna, mi dico, nervoso. Per una volta grato del successo di mio fratello col gentil sesso.
“Ehi, Dean, dove stai andando?”
Si volta, un ringhio a scoprirgli i denti. Si frappone fra me e la ragazza - preda, quella è la sua preda - pronto ad attaccare, come un animale a difesa del suo bottino.
Prima che possa reagire in alcun modo, cambia totalmente approccio. “A te cosa sembra, fratellino? Devo raccontarti nuovamente la storia delle api e dei fiori?”
Fa per girarsi, e gli afferro il braccio. Questa volta mi colpisce, un pugno alla mascella che avrebbe steso chiunque altro al mio posto. Resto stordito contro il muro.
Questo sveglia la racchia, che lancia un urletto e si dilegua, attenta a non sfiorare nessuno di noi nella sua fuga. Il legame che aveva con Dean sembra essersi dissolto e anche lui pare tornato normale.
“Non ho più fame,” annuncia, passandomi accanto. “Torno in camera.”
Gli do qualche minuto per ricomporsi, prima di raggiungerlo lì.
Lo trovo seduto sul letto. Si massaggia la testa, gli occhi rivolti al pavimento. Non li solleva neppure al mio ingresso.
“Dobbiamo parlare,” incomincio. “È evidente che la succube ti ha fatto qualcosa.”
Mi rendo subito conto dell’errore. “Intendi forse la puttana a cui mi hai servito su un piatto d’argento?” replica, caustico.
Incasso in silenzio. In fondo, ha ragione lui.
“Ciò non toglie che bisogna affrontare la cosa: che volevi fare a quella ragazza?”
Scuote la testa, senza mai distoglierla dal consunto linoleum ai suoi piedi.
“Ehi, amico, devi confidarti, altrimenti non potrò aiutarti.”
Mi accomodo accanto a lui, Dean si irrigidisce all’istante. Gli sfioro il braccio, e finalmente si decide a incontrare il mio sguardo.
“Vuoi davvero aiutarmi, Sam?”
“Cer…”
La mia risposta si spegne contro le sue labbra, le sue mani tra i miei capelli. Mi dirige delicatamente sul materasso, approfondendo il bacio. Lo lascio fare, instupidito, spingendolo via solo quando qualcosa di familiare, che mai e poi mai avrei pensato di poter associare a lui, si fa strada nella mia bocca. È elettrizzante e dolciastro, ripugnante e potente. È il sapore dei demoni.
“Che cazzo ti è saltato in mente? È così che vuoi risolvere il problema?”
“Be’, di certo avrebbe risolto il tuo di problema,” ribatte, con un ghigno.
“Il mio?” domando, incurante, a dispetto dell’accelerazione furiosa del mio cuore.
“Ti sei goduto lo spettacolo ieri sera, Sammy? Il tuo piccolo film porno personale? Ecco la replica.” Il suo alito caldo mi solletica il viso, il suo corpo contro il mio una seducente promessa.
Provo a scrollarmelo di dosso, e lo prende come un invito a proseguire. “E dire che ti facevo un coccolone, fratellino,” sussurra, accompagnando ogni parola con una delicata pressione dei denti sulla mia pelle.
Le sue gambe mi ancorano al letto, le unghie affondano nel collo e nelle spalle. Un istante di precisa consapevolezza e mi rendo conto che non mi lascerà andare, non volontariamente.
Mi lascio andare sotto di lui, Dean pare rilassarsi. Ne approfitto per lanciare uno sguardo al comodino alla mia sinistra e trovo la soluzione in un vecchio telefono a disco. Lo afferro saldamente, pronto a calarlo sulla sua testa, quando Dean mi guarda, e la mia risoluzione vacilla: i suoi occhi sono limpidi e adoranti, caldi e rassicuranti. Tutto quello che ho sempre desiderato, realizzo, sul punto di cedere. Poi le sue labbra si schiudono in quel sorriso feroce, e il mio braccio scatta. Lo colpisco. Una, due volte.
Non è questo Dean che voglio.

 Parte due  

fan fiction, sick!dean, dediche, spn

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