[DCU] Something to hold on ~ Bruce, Tim

Oct 23, 2009 21:24

Titolo: Something to hold on
Fandom: DC Comics
Beta: izzieanne
Prompt: il loro viaggio porta un po’ più lontano @ khorakhane_ita
Personaggi: Bruce Wayne, Tim Drake, nominato Dick Grayson
Rating: G
Conteggio Parole: 1.283 (W)
Disclaimer: I personaggi della storia appartengono ai rispettivi proprietari e creatori, che ne detengono i diritti. Nulla di ciò è scritto a scopo di lucro.
Tabella: qui.
Note:
• Ambientata durante il gap tra Crisi Infinita e Un anno dopo, precisamente durante il viaggio di Bruce, Dick e Tim in Europa dopo Crisi Infinita. Dick riparte dopo soli sei mesi, mentre Tim e Bruce rimangono per via per l’intero anno. Ci sono riferimenti presi dai numeri di 52, dai vari flash-back mostrati su Batman e da Batman: Un anno dopo, più qualcuno più vecchio, che risale alle prime apparizioni di Robin!Tim e a Terra di Nessuno.
• Reazione al nuovo Batman, sì. Proprio quello. Dovevo troppo scrivere qualcosa. xD
• Però è vero e canonico che Bruce voleva che Batman fosse Tim, lo dice durante Terra di Nessuno; quindi no, non ho inventato nulla, tzè. E’ solo che la DC non sa nemmeno lei quel che fa.
• Titolo da It’s a shame degli Elefant.


Something to hold on

Vedere Dick andare via gli provoca una certa apprensione - è sempre così quando il ragazzo si allontana da lui e Bruce perde la capacità di controllarlo e assicurarsi che stia bene -, ma anche un distinto senso di gratitudine. Ha bisogno di quel viaggio, persino più di quanto avrebbe creduto all’inizio, e tornare a Gotham adesso, interrompendolo a metà, costituirebbe solo un grosso sbaglio.

«Vuoi andare con lui?» domanda a Tim, mentre entrambi guardano Nightwing allontanarsi sul jet. L’altro sembra sorpreso nel sentirglielo chiedere, come se nemmeno avesse considerato quell’opzione.

«No, io…» tentenna. «Resto qui.»
«Bene,» replica Bruce, «perché ho bisogno che tu lo faccia.»

L’espressione di Tim risulta persino più sconvolta, dopo quelle parole; è certo che si aspettava una cosa del genere, che fosse perfettamente cosciente di quel suo desiderio - per questo non ha nemmeno accennato a partire, dopotutto -, ma non si sarebbe mai immaginato di sentirglielo dire a voce alta, così all’improvviso.

Guarda il ragazzo indugiare ancora, incerto se dire qualcosa o meno, se chiedere spiegazioni, se emettere un assenso. Gli volta le spalle e conclude la questione, celandogli il suo sollievo.

Il loro viaggio, in fondo, porta un po’ più lontano, rispetto a quello di Dick. Lui non aveva davvero necessità di partire; l’ha fatto più per ubbidire alla richiesta di Bruce, per non lasciarli soli, ma non aveva nessuna ferita morale da cui riprendersi, non aveva nessun se stesso da cercare - Dick, dopotutto, non è arrivato ad un passo dal varcare la linea, non ha accarezzato il grilletto di una pistola puntata alla testa di Alexander Luthor.

Per quanto riguarda loro due, invece, la strada è ancora lunga; Bruce vuole che Tim impari, che capisca, che scopra le tappe che, tanto tempo fa, l’hanno portato ad indossare il mantello. Vuole che arrivi a conoscerlo, molto più di adesso. Vuole semplicemente che sia pronto, quando sarà il momento.

«Riprendiamo l’allenamento,» lo esorta infine, senza aggiungere altro.

*

Lo guarda combattere con il Maestro e prende mentalmente nota dei suoi progressi. È migliorato molto, rispetto al giorno in cui è arrivato vestito da Robin, e il suo stile, adesso, è un miscuglio di tutto ciò che la gente con cui è entrato in contatto gli ha lasciato - ci sono le fluide arti marziali di Lady Shiva e Cassandra, ci sono i suoi colpi duri e ben assestati, c’è l’eleganza di Dick e persino i movimenti improvvisi, rubati alla lotta da strada, di Stephanie. Ha assorbito ciò che sapeva tornargli utile e l’ha rielaborato ottenendo qualcosa di originale, di suo.

Quelle lezioni che sta prendendo adesso, Bruce è certo, subiranno la stessa selezione razionale, ed è un moto d’orgoglio che prova a quel pensiero.

«Sei stato bravo,» gli dice dopo, quando Tim lo raggiunge nuovamente per una pausa.
Riceve un sorriso cauto, in risposta, come se l’altro non credesse davvero alle sue parole. «Sì? Perché, lo sai, tutto questo non mi viene proprio naturale, non è come per…»
«Lo so,» lo interrompe e gli appoggia una mano sulla spalla, cercando di sembrare saldo, affabile. «Ma ciò non toglie che sei migliorato molto.»

Ancora un po’ e sarai pronto, è a un passo dall’aggiungere, però si ferma in tempo. Tim sembra leggergli qualcosa nello sguardo, perché esita e aggrotta le sopracciglia, prima di rispondere, poco convinto, «Grazie.»

Bruce ignora quella sua espressione interrogativa e gli porge un asciugamano. «Riposati, adesso,» conclude, prima di allontanarsi.

*

Le cene, nella cella che hanno concesso loro al monastero, sono molto più silenziose da quando Dick è andato via. Raramente parlano e se lo fanno è solo per questioni relative agli allenamenti e ai consigli dei monaci, mai di Gotham e di ciò che verrà dopo. Il ritorno sembra ancora lontano, una meta che sanno essere lì, ma che non vedono davvero.

Questa sera, però, quando Tim solleva la testa dal proprio piatto, c’è determinazione nei suoi occhi.
«Vuoi che io sia Batman?» chiede a bruciapelo, fissando Bruce negli occhi.

L’uomo ricambia lo sguardo. «Ne abbiamo già parlato,» replica in tono neutro.
Tim scuote il capo. «No, allora era… tutto troppo astratto. Ma adesso, sembra davvero che tu mi stia preparando.»

Bruce prende un profondo respiro e si alza in piedi. Raggiunge lo spiraglio del muro che funge da finestra e riprende a parlare guardando fuori, sentendosi gli occhi di Tim sulla schiena ed evitando di incrociarli.

«Se c’è una cosa che questa crisi mi ha insegnato è che non si può mai prevedere quello che può succedere,» comincia, e le sue mani si stringono istintivamente a pugno. «Questo viaggio non doveva riguardare voi, ma ho cominciato a pensare che lasciarti capire sia una buona idea. Forse anche tu puoi ricavare dei benefici da tutto ciò.»

Non aggiunge le proprie motivazioni, ha la certezza che l’altro le comprenda; e infatti è così, perché quando si volta di nuovo verso di lui Tim non chiede nulla.
«Non hai risposto alla mia domanda,» dice solo e i loro sguardi si incontrano una seconda volta.

Bruce non ha più motivi per mentire o prendere tempo. «Voglio che tu sia Batman,» replica.

*

Il viaggio continua; si spostano coprendo le tappe che Bruce aveva stabilito circa quindici anni prima, affinando le tecniche di meditazione e combattimento.

Ogni tanto, si ferma a guardare Tim, cerca di analizzarlo senza essere visto, di comprenderlo. Le differenze in lui rispetto al passato non riguardano unicamente il suo stile di combattimento, ma anche l’atteggiamento, i suoi occhi, il modo più cauto con cui si rapporta agli altri. Quello che ha di fronte non è più il ragazzino piombato nelle loro vite sbandierando il bisogno che Batman ha di Robin: la Crisi ha cambiato anche lui, l’oscurità gli è entrata dentro e ciò che ha visto e subito lo ha reso inevitabilmente diverso.

Bruce dovrebbe sentirsi colpevole, perché quei cambiamenti non sono positivi, perché Tim adesso gli assomiglia molto più di quanto qualsiasi persona sana di mente dovrebbe. Tuttavia, non è solo questo che prova: c’è anche un vago senso di sollievo, derivato dal sapere che c’è al mondo qualcuno in grado di capirlo, eppure ancora migliore, ancora fuori dal baratro del non-ritorno.

E forse, riflette, è esattamente questo che un padre avverte - orgoglio e colpa mescolati insieme, in un ammasso inscindibile.

Si ritrova a desiderare di porgergli delle scuse e, contemporaneamente, di ringraziarlo, nei momenti in cui il ragazzo gli è vicino; indeciso su cosa dire - incapace di scegliere - solitamente rimane in silenzio. Il resto del loro viaggio scorre così, scivolando giorno dopo giorno verso quello fatidico, in cui, dopo cena, Bruce guarda Tim e dice, «Torniamo a Gotham?»

L’altro si limita ad abbassare lo sguardo e ad annuire; la meta è improvvisamente lì, davanti a loro, e nel toccarla tutto cambia.

*

Gotham è sempre la stessa - scura, spigolosa, affilata - e sembra aver atteso il loro ritorno con ansia. Le cose sono diverse e in un certo modo migliori; Batman ha ripreso il controllo, Robin ha un nuovo costume e una nuova autonomia, e insieme sono più affiatati, più fluidi.

I criminali lo notano, la città intera lo nota e persino Bruce lo nota. Poi le cose si muovono in fretta e Tim diventa legalmente suo figlio; tutto sembra farsi semplice e logico, allora, e dentro di lui cresce la sensazione di essere riuscito a combinare qualcosa di giusto.

Immagina Tim vestire il mantello da Pipistrello - il suo, quello che un giorno sarà costretto a lasciare per cause di forza maggiore - e immagina Dick stargli accanto e aiutarlo esattamente come ha aiutato lui, e sa che non ha nulla da temere. Sa che, qualsiasi cosa accadrà, ci sarà un altro Batman dopo di lui, degno di quel nome, e che gli sbagli del passato non saranno ripetuti.

» challenge: khorakhane, dcu: tim drake, dcu, dcu: bruce wayne, [2009]

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