[HP] A culmination of a story and a goodbye session ~ Remus/Harry

Sep 20, 2009 00:11

Titolo: A culmination of a story and a goodbye session
Fandom: Harry Potter
Beta: vedova_nera
Prompt: credo di aver desiderato di essere al posto di Tonks, almeno una volta @ OTWM
Personaggi: Harry Potter, Remus Lupin, Ron Weasley, Molly Weasley, altra gente nominata
Pairing: Remus/Harry, con ovvi riferimenti Remus/Tonks
Rating: Pg15
Conteggio Parole: 2.862 (W)
Avvertimenti: Relazione adulto/minore (17 anni), slash
Disclaimer: I personaggi della storia appartengono ai rispettivi proprietari e creatori, che ne detengono i diritti. Nulla di ciò è scritto a scopo di lucro.
Note:
• Dedicata a vedova_nera, richiesta da lei al One True Writing Meme e parte integrante della serie Le Fic Che Non Scriverei Se Non Per Lei. ù_ù
• Ambientata nel settimo libro, per la precisione durante i quattro giorni che passano tra l’arrivo di Harry alla Tana e la sera del suo compleanno. E’ stata un po’ un’impresa ficcare tutto in quel lasso di tempo così breve - ma come non potevo sfruttare tutta quella UST? O_O - e il fatto che sia arrivata a quasi tremila parole sorprende me per prima, credetemi. ò_ò
A parte ciò, ho due cose da dire: 1) erano secoli che non scrivevo di Remus così e tutto ciò mi ha fatto tornare l’amore per lui - cosa pericolosa al massimo, vi avviso -; 2) questa fic è viva e ha fatto tutto da sola, lo giuro, le mie responsabilità sono minime.
• Il titolo viene da 17 dei Kings of Leon.


A culmination of a story and a goodbye session

Prova un certo timore all’idea di avvicinarsi a lui. L’eco dello scontro che hanno avuto il giorno precedente risuona ancora nella sua testa e Harry non vuole nemmeno pensarci troppo, per paura di sentire di nuovo montare la rabbia. Sarebbe esattamente ciò che desidera meno al momento, provare rancore per Remus, eppure avverte che c’è qualcosa di irrisolto, tra loro, che non riesce a lasciar andare.

Entra nella cucina silenziosamente, gli occhi puntati sulla schiena e sul mantello liso del suo ex-professore, e ha quasi paura di respirare, di manifestare la propria presenza. Non serve: Remus dice, in quell’esatto momento, «Tienimi aggiornato, se scopri qualcosa,» rivolto a Bill e poi si gira per uscire dalla stanza.

I loro occhi si incontrano in quell’attimo e Harry quasi sobbalza. Lo sguardo dell’uomo possiede ancora una durezza sconosciuta prima d’ora, ma passa un lampo della sua antica cordialità quando si accorge di lui. «Ciao, Harry,» lo saluta e poi cammina oltre, abbandonando la cucina senza ulteriori esitazioni.

Ciao, Remus, pensa Harry, guardandolo andare via.

*

La sera dello stesso giorno, parte dell’Ordine è di nuovo alla Tana. Harry capita nel salotto dove sono riuniti al seguito della Signora Weasley, mentre trasporta su sua richiesta una pila di tovaglie ripiegate; lo sguardo gli si incaglia su Lupin quasi meccanicamente - quasi la stanza non fosse occupata da nessun altro -, sulle sue spalle tese, sull’espressione attenta, pronta a scattare.

Tonks è accanto a lui, i capelli del solito rosa - sembra sempre allegra, lei, e Harry si chiede come sia possibile -, mentre segue le parole di Kingsley. La sua mano, nota subito, è appoggiata sul braccio dell’uomo in un contatto intimo e rilassato, che gli fa provare all’istante un’acuta fitta di qualcosa che non riesce a riconoscere.

Non ha il tempo di comprendere di cosa si tratti, perché Molly gli dice nuovamente di seguirlo e si avvia fuori dal salotto.

L’immagine torna a tormentargli la mente ore più tardi, quando è sdraiato a letto per dormire e nessuna distrazione è possibile; Harry chiude gli occhi e rivede distintamente la presa delle dita di Tonks, la mancanza di lontananza tra il suo corpo e quello di Remus. È con una punta di gelosia che pensa a lei, adesso, invidiando la vicinanza che la accomuna all’altro e sentendone il disperato bisogno: Remus è l’ultimo legame con suo padre e con Sirius che gli è rimasto, Remus è un punto di riferimento che non vuole perdere, Remus è qualcuno che desidera capire e avere accanto, mentre invece resta sempre distante e incomprensibile.

Si gira su un fianco, cercando di mettere a tacere quelle riflessioni, di non far riemergere il rancore né la rabbia, di seppellire l’invidia. Ma è con il desiderio di essere al posto di Tonks in testa che infine si addormenta.

*

Lo incontra nel soggiorno, scuro e immobile, a contrasto con la luce calda del sole di fine luglio che filtra dalle finestre. Ron è con lui e Harry, per un attimo, sperimenta il disagio della voglia di essere solo.

Remus si volta piano. «Buongiorno,» li saluta e i due ragazzi ricambiano, ma Harry non riesce a sorridergli.

«Harry,» lo chiama Ron, tirandogli una manica. «Dovremmo approfittare di questi pochi minuti di libertà per parlare con Hermione di… lo sai.»
Guarda il licantropo inarcare le sopracciglia a quelle parole, ma lo ignora e annuisce quasi distrattamente, tornando sui propri passi per andare via con l’amico. La signora Weasley entra proprio in quel momento, puntuale come se, anche lei, avesse posto una Traccia su di loro.

«Eccovi qui,» esordisce. «Ron, ti ho chiesto mille volte di aiutarmi con i segnaposti, va’ subito in cucina.»
L’interpellato geme dolorosamente e, a testa bassa, lanciando un’occhiata stanca a Harry, si avvia fuori dal soggiorno.
«Tu, Harry caro, aspettami qui, io torno subito. Mi servirebbe anche il tuo aiuto.»

Annuisce di nuovo e si lascia cadere sul divano con uno sbuffo, per un po’ dimentico della presenza dell’altro, concentrato solo sul tempo che passa e sul piano per rintracciare gli Horcrux che, ancora, non riesce a prendere forma.

«Non concluderete molto, in questo modo. Vi farete scoprire presto,» dice improvvisamente Remus, riportandolo alla realtà.
La replica sale alle labbra di Harry prima che se ne renda conto, il tono duro e tagliente. «Già. Dovremmo tutti prendere esempio da te, quanto a bugie e segreti.»

Si accorge subito di aver osato più del necessario, ma non può evitare di sentire rabbia e rancore montare per l’ennesima volta. Il licantropo lascia uscire uno sbuffo quasi divertito e gli si avvicina, fermandosi a pochi passi da lui; si ritrova a guardarlo dal basso e con una vaga apprensione.

«E questo a cosa lo devo, Harry?» domanda Remus, mentre un sorriso ironico gli si dipinge sul viso.
Il ragazzo scuote la testa e parla nuovamente troppo in fretta, senza riflettere. «Magari al tuo comportamento degli ultimi giorni. Non mi sorprende che mio padre e Sirius dubitassero di te.»

Il lampo di rabbia che passa negli occhi dell’altro in quel momento gli ricorda la notte nella Stamberga Strillante, quando aveva davvero avuto paura di Lupin, quando aveva avvertito la pericolosità che è capace di emanare.

Il movimento dell’uomo è rapido e Harry non riesce a scostarsi in tempo; la presa sul suo braccio è dolorosa e il sibilo di Remus assomiglia vagamente al ringhiare di un lupo. «Se è questo che mi tocca per aver cercato di metterti in guardia, Harry, d’ora in poi starò bene attento a starmene zitto.»

Di colpo, tutto il bisogno di comprenderlo che aveva avvertito negli ultimi giorni scivola via, lasciandogli solo la rabbia e il rancore che aveva proprio cercato di evitare. La consapevolezza che non dovrebbe essere così, tra loro, che dovrebbero essere altro, essere vicini, il pensiero di tutto ciò che dovrebbero condividere, si radica dentro di lui.

Apre la bocca per dire qualcosa, una tra le tante richieste che in quell’istante gli attraversano la mente, ma i passi della Signora Weasley risuonano nel corridoio e Remus lascia andare la presa nell’esatto attimo in cui la donna varca la porta.

«Tutto bene?» domanda lei, rivolgendo ad entrambi un’occhiata apprensiva.
«Certamente,» sbotta l’uomo, passandole oltre e uscendo dal salotto. Harry si limita a scrollare le spalle, senza aggiungere nulla.

*

Dopo, è persino più difficile incontrarlo in momenti casuali alla Tana. Il peso della lite non si alleggerisce nemmeno con le ore che scivolano via e il suo umore resta scuro per tutta la giornata. Quando vede Remus andare via, poi tornare e poi andare via di nuovo, Harry resiste alla tentazione di avvicinarsi a lui e fare qualcosa, qualsiasi cosa, anche solo toccarlo, per placare il semplice bisogno di avvertire che è lì.

È insofferente, in quegli istanti, alla quantità di gente che entra in contatto con lui senza porsi problemi di sorta - Bill che gli dà un paio di pacche sulla spalla, Charlie che lo fa ridere, Tonks aggrappata al suo braccio, persino Hermione e le domande che gli rivolge: un insieme di volti che non teme di affiancarsi a Remus, che invade i suoi spazi mentre lui non ha nulla da ridire. Harry si sente escluso, sempre più lontano; il rancore e la rabbia crescono ulteriormente.

*

Il giorno della prova costumi per il matrimonio, il pianterreno della Tana è governato dal caos. Tutte le donne della casa, comprese Hermione e Tonks, che si trovava lì per motivi completamente diversi, sono chiuse nel salotto in mezzo a campioni di vestiario. Dalla stanza provengono voci, risate, gridolini e Ron e Harry osservano ciò che avviene di sotto dal pianerottolo del primo piano, godendosi la loro mattina di libertà.

L’idillio dura poco, tuttavia, perché ad un tratto il volto - paonazzo di risate - della Signora Weasley si affaccia alla porta del salotto per urlare: «Ron, portaci la tiara di zia Muriel, per favore.»
Il ragazzo sbuffa e volge ad Harry un’occhiata infastidita, sillabando un «Ti pareva», prima di avviarsi al piano superiore verso la camera da letto dei genitori.

Harry gli grida dietro che lo aspetterà in cortile e si muove per scendere, quando si ritrova davanti Remus in persona. Lo guarda in viso e vi legge facilmente la frustrazione, vede le occhiaie scure e l’espressione stanca, le labbra strette in una linea sottile, forse rabbiosa.

La sua mano gli artiglia il braccio e lo spinge piano indietro prima che lui possa dire o fare qualcosa. «Abbiamo qualcosa di cui parlare, se non sbaglio, Harry,» sussurra e il ragazzo sente lo stomaco affondare, la collera - messa da parte nel disordine della mattina - ritorna rapidamente dentro di lui.

Remus lo conduce verso la porta a sinistra e, una volta dentro, la chiude con un colpo di bacchetta. «Se c’è una cosa che non ho potuto fare con tuo padre o con Sirius è chiarirmi,» esordisce, distante appena un passo da Harry, gli occhi puntati fissi sul suo volto e nemmeno un segno di cedimento dentro di essi. «Quindi dimmi: pensi che potrei tradirvi tutti? Che potrei consegnarti?»

La domanda arriva così a bruciapelo che il ragazzo ha bisogno di qualche istante per registrarla completamente, per riconoscere la leggera nota di paura nel tono dell’altro.
«Non penso niente del genere!» sbotta poi, serrando i pugni. La rabbia che prova non gli permette di suonare rassicurante, ma anzi la voce prende inspiegabilmente a tremargli. «Sei tu,» ricomincia, «sei tu che pensi di essere tornato indietro, che vedi pericoli dovunque.» Si interrompe, incerto su come continuare, avvertendo la testa pesante per l’insieme vorticoso di cose che vorrebbe dire.

Remus prende un profondo respiro e poi gli appoggia le mani sulle spalle; si sporge verso di lui per guardarlo negli occhi e bisbiglia, «Tu non capisci, non hai mai vissuto una situazione del genere.»

La sua voce è di nuovo calda e calma, torna improvvisamente quella del professore che gli aveva insegnato il Patronus, dell’uomo che lo aveva trattenuto dal lanciarsi dietro il velo insieme a Sirius, del punto saldo che Harry ha sempre conosciuto. Sente l’equilibrio dissolversi, come se stesse cadendo, per le emozioni e i sentimenti che si susseguono rapidi senza sosta; la rabbia evapora di colpo e tutto ciò che gli rimane è solo un imponente senso di vuoto che deve disperatamente colmare.

Allora afferra il polso di Remus per tenerlo lì, così vicino. «Ho bisogno di te,» lascia uscire in un soffio, e l’altra sua mano si poggia sul petto dell’altro, gli artiglia i vestiti e lo tira piano verso di sé, «ho bisogno di averti dalla mia parte.»

Lo dice senza guardarlo negli occhi, fissando un punto a caso del pavimento dietro di lui, e non ha il coraggio di sollevare lo sguardo né la forza di aggiungere qualcosa, la gola annodata e il sangue che pulsa rumorosamente nelle tempie.

Trascorre quello che pare un periodo interminabile di immobilità e silenzio e il tempo, per Harry, torna a scorrere solo quando Remus scivola del tutto in avanti e gli sussurra all’orecchio, «Sono sempre stato dalla tua parte.»

Harry avverte distintamente la sua bocca sulla pelle e poi, in un movimento rapido, spostarsi sulla propria bocca; tutte le sensazioni e i pensieri che gli affollavano la testa fin’ora spariscono altrettanto in fretta, ogni senso resta concentrato su quel bacio, tanto intenso che ad Harry sembra di stare andando a fuoco.

Di colpo, Remus è vicino esattamente come lo voleva - o forse persino di più - e il resto perde colore; è lui il primo a muoversi in direzione del letto - che, in un lampo di lucidità, si rende conto con orrore essere quello di Ginny - ed è lui il primo a guidare le mani del licantropo su di sé. Remus esita per un breve, insignificante momento - un unico morso di coscienza che gli stringe il cuore -, ma poi si lascia andare, dà a Harry ciò che disperatamente sta cercando.

Tutto si risolve in una nuvola di calore, di movimenti frenetici, di cicatrici succhiate piano e pelle segnata dai baci, che finisce in fretta, con l’aria che si insinua di nuovo tra i loro corpi ad allontanarli ancora una volta. Harry fa in tempo a notare lo spettro di un sorriso sul volto di Remus, tuttavia, prima che gli dia le spalle per risistemarsi i vestiti.

Chiude gli occhi e desidera che quei minuti si dilatino all’infinito, che inglobino il resto dell’anno, della propria vita. Si tira a sedere e guarda l’uomo abbottonare metodicamente la camicia, la stoffa tesa sulle sue spalle sottili; lo imita dopo alcuni momenti, raccogliendo i jeans e la maglietta dal mucchio disordinato che sono andati a formare sul pavimento.

Remus attende che sia pronto anche lui ed elimina le loro tracce con un colpo di bacchetta; la sua mano è già sulla maniglia della porta, quando si china a baciare Harry sulle labbra, piano, in un contatto che è probabilmente un insieme di scuse.

Dopo mormora il controincantesimo e riapre la porta; Harry ha la certezza che una volta fuori le cose torneranno come prima.

*

Si addormenta con il pensiero di Remus nella testa, con il calore del suo corpo ancora sulla pelle, e sogna di essere lì, di nuovo in sua compagnia. Questa volta non c’è disperazione nel modo in cui Harry gli si aggrappa alle spalle, ma calma e sicurezza. «Vorrei essere lei,» dice ad un tratto, la voce che sembra arrivare da lontano, poco più di un sussurro lieve.

«Lei chi?» domanda l’uomo. La risposta viene dritta dalla coscienza di Harry e le parole che pronuncia sono velate di un leggero rancore. «Tua moglie,» replica.

Remus non si arrabbia come lui aveva temuto, ma ride, un suono soffocato e leggero che gli riempie le orecchie. L’Harry del sogno chiude gli occhi per ascoltarlo e quando li riapre lo scenario è cambiato: è calato il buio e la risata che riecheggia non è più quella di Lupin, ma quella raschiante e sibilante di Voldemort.

Non sono più soli e Harry viene separato dal resto della gente presente dal Signore Oscuro in persona; dalla parte opposta a lui ci sono anche Dumbledore, Sirius, i suoi genitori, Hermione, Ron, il resto dei Weasley, tutte le persone che Harry vorrebbe sempre avere vicino. Remus spicca tra loro e il ragazzo sente la gola raschiare per quanto forte urla il suo nome; l’altro, però, non riesce a sentirlo e la risata di Voldemort continua a risuonare, coprendo qualsiasi altra voce.

La percepisce ancora nelle orecchie, quando apre gli occhi di scatto, fissandoli sul soffitto buio della stanza di Ron. Il cuore gli batte velocemente, il mal di testa non gli dà tregua e i sentimenti che si agitano nel suo petto nemmeno - il senso di solitudine troneggia incontrastato. Rimane sveglio, immobile, fino al mattino.

*

Il giorno dopo, Harry tenta di essere una maschera di freddezza. Si comporta come al solito, seguendo gli ordini della Signora Weasley, cercando di mettere a punto gli ultimi dettagli del piano con Hermione e Ron, evitando Ginny e occhieggiando da lontano i membri dell’Ordine.

Vede Lupin insieme a Kingsley e Tonks, impegnati nei soliti resoconti, e si convince che nulla possa più accadere, che il pomeriggio precedente è stato solo una parentesi, labile, senza significato e quasi irreale. Questo pensiero gli si radica addosso per tutto il giorno, fino a che a sera non è Remus ad avvicinarsi a lui, ad appoggiargli una mano sulla spalla mentre sono protetti dal buio del sottoscala.

«Non può succedere di nuovo,» afferma, sporgendosi in avanti appena il necessario per bisbigliarlo al suo orecchio.
L’avere il suo corpo un’altra volta a così breve distanza, solido e saldo, premuto contro la propria schiena, inizia già a togliergli lucidità. Harry vorrebbe dirgli che non ha importanza, che desidera solo sentirlo vicino; gli tornano persino in mente le parole che aveva pronunciato nel sogno e, per un brevissimo istante, Vorrei essere al posto di Tonks gli accarezza le labbra, preme per essere pronunciato.

Riesce a tacerlo, però, emettendo invece un brusco: «Lo so.»
La mano di Remus si sposta sulla sua nuca e lo accarezza lentamente provocandogli un brivido; poi, il licantropo riprende, «Ma questo non significa che non ti starò accanto, te lo prometto.»

Non basta, sta per dire il ragazzo, ma le voci dei signori Delacour che scendono le scale li costringono ad allontanarsi e a tornare alla luce. Nella cucina affollata di gente, Harry osserva Remus muoversi e parlare come al solito e si ritrova a poter fare solo quello: guardarlo da lontano.

*

Quando lo rivede alla festa per il proprio compleanno, tra loro è tornato il muro di cortesia e distanza; Remus gli stringe la mano e finge un sorriso, come se fossero ancora niente più che un professore e uno studente, uno dei tanti. Il suo saluto è freddo e Harry ha appena il tempo di incrociare i suoi occhi, prima che Lupin e Tonks siano costretti ad andare via.

Allora lo guarda di nuovo, correre via in fretta dal cortile della Tana, e lo sente irrimediabilmente lontano, irrimediabilmente perso. In quell’istante, l’insufficienza della promessa che l’uomo gli ha fatto il giorno precedente pesa sul suo cuore come un macigno, insieme alla consapevolezza che non ci sarà modo di cambiare le cose.

hp: harry potter, • fic on demand: otwm, hp: remus lupin, [2009], hp

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