titolo: Punto e virgola
fandom: Glee
personaggi: Brittany Pierce/Santana Lopez
genere: Angst, Introspettivo, Malinconico
avvertimenti: future!fic, leggero What if?, femslash, lemon
tipologia: one shot
rating: NC17
contoparole: 3018 (fiumidiparole)
NdA: partecipante al
Marcatino di
maridichallenge500themes_ita 1) Il vuoto lasciato dal tempo
Klaine vs Brittana contest con il prompt "viaggio" e l'indicazione Angst.
Santana non cancella mai i numeri di telefono. Può litigare a morte con un sacco di persone - non ha mai fatto mistero del suo temperamento - o può semplicemente smettere di parlarvi a causa della distanza o di mille altre motivi, ma Santana non cancella mai i numeri di telefono.
Infatti, quando il cellulare le suona in un pomeriggio troppo afoso per lo standard di New York e vede sullo schermo un numero fin troppo familiare, capisce subito che sta per scatenarsi qualcosa che non avrebbe potuto prevedere. Esita a passare un dito sullo schermo e, al terzo squillo, risponde.
“Pronto, Brittany?”
La voce della ragazza con cui ha avuto una lunga relazione sembra arrivare da un altro pianeta, da quanto è flebile e lontana. “Santana?”
“Come stai?” Il suo tono è squillante e pieno di gioia, come se dalla loro ultima conversazione non fossero trascorse che poche ore; come se la loro ultima conversazione non si fosse conclusa con un irreparabile punto fermo, ma soltanto con una virgola.
“Bene. E tu?”
“Ho appena avuto una bambina.” Santana ce la mette tutta per tenere il telefono nella mano destra e non gridare. Deglutisce e cerca di rispondere qualcosa. Dieci anni prima si era promessa che avrebbe reagito bene, ricorda vagamente.
“Ma è splendido,” mormora, mentre cerca di ricacciare indietro le lacrime. Santana si sente sporca, sbagliata; sa che è la cosa migliore per Brittany, eppure non riesce a esserne felice. “Sono contenta per te.”
“Già, già. Senti, ho intenzione di dare una festa per la piccola Chrystal. Mi piacerebbe molto che tu ci fossi.”
Dentro di sé, Santana percepisce il cuore andare in mille pezzi. Deve rispondere; Brittany non deve capire.
“Quando?”
“Sabato prossimo.”
Santana fa un calcolo mentale dei suoi impegni. Niente di importante o che non possa essere rimandato.
“Ci sarò.”
“Grazie, Santana. Per me è molto importante. Sai, dopo tutto quello che abbiamo passato… sei importante.”
“Ciao.” Santana chiude la telefonata, si corica sul divano e scoppia in lacrime.
****
Santana si considera uno spirito libero, ma non per questo non ama essere una persona ben organizzata. Lo ha sempre fatto; sin da quando era ragazza, ha sempre amato tenere in ordine la sua stanza, scrivere su un’agenda i suoi impegni, farsi degli schemi riguardo ai piani della settimana, a volte persino riguardo ai vestiti che avrebbe indossato. Da quando si è trasferita a New York, però, alcune abitudini sono venute meno - soprattutto quando lei e Brittany si sono lasciate, quando le è crollato tutto tra le mani come una casa progettata su fondamenta troppo deboli - e Santana ha smesso di essere così dannatamente ordinata, però ha conservato tutte le cose che le ricordavano Brittany in uno scaffale.
Non è molto grande, né tanto rilevante nell’economia del suo enorme attico a Manhattan - essere una star permette alcuni lussi che a una semplice cheerleader venivano negati - ma per Santana è importante come se fosse un reliquiario tutto d’oro. Biglietti del luna park, carte di caramelle, un disegno di Lord Tubbington, la sua divisa da cheerleader. Sono memorie di un passato che non può tornare, ma resistono vivide dentro di lei.
Ogni giorno, prima di uscire dalla sua camera da letto, Santana guarda quello scaffale. Ne studia la disposizione all’interno della stanza, sposta di qualche millimetro i vari oggetti, aggiunge e poi rimuove qualcosa. Per tre anni ha tenuto una foto sua e di Brittany al ballo del suo ultimo anno, ma guardarla tutti i giorni costituiva un dolore troppo grande, allora l’ha tolta. Non è stata una scelta semplice, perché in qualche modo le ricordava che non era stata solo una sua sciocca fantasia - lei e Brittany avevano condiviso qualcosa per davvero, forse - ma non poteva andare avanti così.
Santana è sempre stata una combattente, prima una ragazza e poi una donna forte. Ha sempre ottenuto quello che voleva: la posizione di capo cheerleader, la borsa di studio all’università, il ruolo di Anita in West Side Story a Broadway. Brittany. Brittany che le sorrideva nello spogliatoio, Brittany che le offriva la sua borraccia. Brittany che voleva provare qualcosa di diverso. Brittany che un giorno le ha detto “basta, non ce la faccio, siamo troppo lontane.” Da quel giorno, Santana ha smesso di combattere.
****
Santana non ha mai pensato all’eventualità che ci potesse essere qualcun’altra, ma è sempre stata consapevole che per Brittany non è lo stesso; ha scacciato molte volte quel pensiero dalla sua mente come un insetto fastidioso, senza mai affrontarlo per davvero. Ora che quella realtà le si para davanti come un muro invalicabile, Santana capisce che deve sconfiggere i suoi demoni.
Inizia con il modo più semplice e immediato: va su un sito web e prenota un posto in business class su un aereo che la porterà a Lima, Ohio in poche ore. Santana ha sempre avuto paura di volare, ma poi è andata a New York da sola, poi Brittany le è scivolata via dalle mani. Sono cambiate tante cose.
Riflette sul fatto che rimarrà a Lima per un paio di giorni e si comporta di conseguenza: quando telefona a sua madre per dirle che tornerà a casa le voci di entrambe sono spezzate dalle lacrime, ma in fondo il desiderio di rivedersi è forte. Santana non torna a Lima da tre anni, ormai: fa troppo male rivedere i campi in cui giocavano da bambine, la scuola dove sono cresciute insieme e il letto dove si sono amate.
A Santana vengono in mente i palloncini.
La prima volta che ha incontrato Brittany, entrambe tenevano in mano un palloncino. Quello di Santana era un pesce rosso, quello di Brittany una fatina. Quando Brittany ha visto Santana, il palloncino le è volato via dalla mano; molte volte le ha detto che è lei la fata di cui aveva bisogno. Brittany è stata convinta fino ai quindici anni che Santana facesse davvero magie, poi entrambe sono cresciute, Santana è andata a New York, Brittany non ce l’ha fatta a continuare.
Santana, in cuor suo, non ha mai pensato che sarebbe durata per sempre. Certo, lo sperava, ma in fondo era convinta che per Brittany lei era solo una fase, così come l’omosessualità. Brittany aveva solo voluto provare, ma era una questione un po’ più lunga di una notte con un po’ troppo alcool in circolo. È una questione che è durata tre anni e tanti pomeriggi passati a letto, qualche biglietto del treno e una telefonata di addio. Una telefonata. Santana non ha mai perdonato Brittany per averla lasciata in quel modo.
“Santana, ci sei?”
“Sì.” Il tono di Brittany è preoccupato, Santana capisce che c’è qualcosa nell’aria. Non sente la sua ragazza da ormai tre giorni - non è qualcosa che accade frequentemente, soprattutto a loro. Soprattutto da quando Santana si è trasferita a New York e ha iniziato a tempestare Brittany di messaggi a ogni ora, per renderla partecipe di tutte le piccole cose della sua vita: le passeggiate a Central Park, le lezioni universitarie, le serate in discoteca… tutto. Le risposte di Brittany si facevano sempre più rare.
“Dobbiamo parlare.”
“Lo so.”
“Senti, io…” Santana sa che Brittany sta per piangere. L’ha sentita piangere al telefono soltanto un’altra volta, quando Lord Tubbington è scomparso per tre giorni. Si è poi scoperto che, non si sa come, era finito nel frigo.
“Dimmelo, Brittany. Qualunque cosa sia, insieme la possiamo affrontare.”
“Santana...” Sente un miagolio di sottofondo. Probabilmente Brittany sta abbracciando Lord Tubbington per darsi forza.
“È finita,” ingiunge Brittany, con più determinazione di quanta ne abbia avuta in tutta la sua vita. Per Santana è uno shock: sospettava che Brittany le chiedesse una pausa o le suggerisse di tornare a Lima per discutere del loro futuro, ma una rottura così netta non le aveva attraversato la mente nemmeno nei suoi incubi più neri.
Santana non piange; si dice che avrà tempo per farlo.
“Sei sicura? Non si torna indietro. È una cosa grossa, Brit.”
“Una cosa grossa,” soppesa le sue parole Brittany. “Non possiamo più stare insieme. Siamo troppo lontane. Tu non sei più qui.”
E certo che non sono più qui, verrebbe da dire a Santana, furibonda. È sicura che non è solo per quello.
“Brittany, dimmi la verità. C’è qualcun altro? Qualcun’altra?” Santana prova a rimanere calma, ma sa che il nervosismo la sta tradendo. Come Brittany, quasi sicuramente.
“Hai detto che saresti rimasta per sempre con me,” sussurra Brittany tra le lacrime, “lui invece… non se ne andrà.”
“Dimmi chi è,” le intima Santana. “Me lo devi.”
“A-artie.”
Per Santana è troppo. Chiude la chiamata ed esce di casa sbattendo la porta, senza una direzione precisa.
****
Santana capì in quel momento per la prima volta di essere sempre stata un’opzione, per Brittany. Una virgola, di quelle che si possono mettere o non mettere. Brittany, per lei, è il punto fermo su cui si appoggia la frase, la fine e poi subito l’inizio, ciò che dà ordine e disciplina il periodo. E dire che quando Santana e Brittany erano a scuola insieme, quest’ultima le virgole non sapeva nemmeno cosa fossero.
“Dopo la subordinata, un’invocazione. Mai tra soggetto e verbo. Non puoi dire ‘Brittany, è un’amica di Santana.’ Nemmeno ‘Santana, vuole bene a Brittany.’”
“Perché non ci possiamo separare?”
“Se vuoi puoi pensarla così. Però devi anche pensare che la virgola separa la frase principale, quella fondamentale per la costruzione del periodo, dalle frasi che non sono importanti.
“Allora tu sei una virgola, Santana. Perché mi tieni lontane le cose che non c’entrano niente.”
“E tu sei il punto. Sai, esiste un segno di punteggiatura che si chiama punto e virgola, però è poco usato. A me piace tanto, però, si dovrebbe usare di più.”
“Anche io vorrei stare più tempo con te, Santana.”
“Lo so, Brittany. Lo so.”
Pochi giorni dopo si erano baciate per la prima volta; un bacio d’amore, labbra che s’incontrano per unirsi e mai più lasciarsi, corpi sudati e accaldati in un armonioso intreccio. Avevano fatto sesso tre mesi prima perché Santana ne aveva voglia e Brittany voleva provare - del resto è sempre un numero in più sulla sua lista - ed era piaciuto entrambe. L’hanno rifatto tante volte.
Santana ricorda una di queste volte con affetto mentre si dirige verso l’aeroporto, con la testa appoggiata allo schienale del sedile posteriore di un taxi troppo lento per i suoi gusti. Le torna alla mente il modo in cui le sue mani correvano veloci sul corpo di Brittany, strumento musicale nelle mani di un’arpista, come le sue dita si stringevano intorno ai capezzoli della ragazza che aveva detto di amare - l’aveva soltanto detto l’attimo prima di un orgasmo, ma lo pensava davvero, ci credeva davvero - e la faceva urlare, gridare, piangere di gioia e desiderio e passione. “Sono tua, Santana, sono tua,” gemeva, e Santana avrebbe potuto chiederle la luna e in quel momento Brittany gliel’avrebbe data. Santana, in realtà, si sarebbe accontentata di poter restare con lei per qualche minuto in più.
Brittany la faceva sempre andare via subito, quando non avevano ancora una relazione. Era solita dire che Lord Tubbington non era ancora abituato a Santana: ci voleva tempo. Con i mesi, sia Brittany che il suo gatto hanno imparato ad amare Santana e a dormire insieme tutti e tre - certo, d’estate diventava un po’ fastidioso, ma per amore si va incontro a questo e molto altro.
Per “amore” o come l’ha chiamato per qualche anno, Santana ha soprasseduto a tante cose. Brittany lunatica, Brittany che non vuole dire al mondo di loro due - Santana non l’ha mai spinta, si nascondeva nell’armadio come una tartaruga nella sua corazza - Brittany che non si sa se non capisce o finge di non capire. Brittany con Artie. Brittany con Artie, di nuovo. Brittany che dice a Santana per telefono che è finita per stare con Artie. Santana è sicura che nella mente di Brittany, Artie le dia un numero infinitamente grande di certezze. Non si può muovere, non se ne può andare. Se solo questo potesse rassicurare Brittany, Santana si trancerebbe via le gambe con le sue stesse mani.
Eppure, è con quelle stesse gambe che si dirige verso il terminal delle partenze dell’aeroporto di New York, pronta a tornare a Lima, verso casa. Verso Brittany. Quasi cinque ore in aereo, più due su un pullman di linea. Non è facile, ma Santana è convinta che ne valga la pena. Per Brittany.
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Santana detesta gli aeroporti. Non tollera la folla di gente che si accalca nella zona degli arrivi, né le persone che si spingono vicendevolmente cariche di bagagli. Odia i bambini che corrono da una parte e dall’altra, fuggiti dalle braccia delle madri. Quando Santana vede una madre che allatta una neonata con un ciuffo biondo in testa, però, il suo stomaco inizia a fare le capriole. La piccola Chrystal potrebbe essere proprio così, pensa. Un gomitolo di sogni e speranze, un paio di occhi azzurri e scintillanti rivolti in direzione del futuro, ancora inconsapevoli del dolore insito nella vita di ogni uomo. Santana si avvicina a quella bimba con un sorriso commosso sulle labbra, e la madre la guarda con affettuosa condiscendenza, come se pensasse che fosse incinta. No, i bambini non fanno per lei: su questo ha avuto molto da discutere con Brittany, nel corso degli anni. Brittany ha voluto così tanto un figlio, è giusto che adesso lo abbia, riflette Santana. Nonostante tutto quello che comporta.
Per qualche momento si chiede chi sia il padre. Brittany e Artie si sono lasciati sette anni prima - non funzionava, o almeno così Brittany le aveva detto tra le lacrime. Santana non aveva ceduto.
Ricorda vagamente che Brittany frequentasse un certo Joseph, giocatore di football professionista; ne aveva parlato molto bene e Santana voleva solo che fosse felice, ma le sembrava chiaramente un idiota, tantomeno qualcuno in grado di crescere responsabilmente un figlio.
“Nemmeno io ne sarei in grado,” pensa ad alta voce.
A Santana tornano alla mente i palloncini; Brittany li ama così tanto, sicuramente ci saranno alla festa di Chrystal. Immagina la bimba che ne tiene uno in mano, felice come una pasqua. Magari anche Brittany ne avrà uno in mano, giusto per farle compagnia.
Santana inizia a non essere così sicura che quel viaggio sia una buona idea; quando vede la parola “cancellato” a fianco del volo per Toledo, comincia a pensare che forse, quando sua nonna le suggeriva di credere nel destino, non era poi così folle.
Si siede su una di quelle panchine dove i viaggiatori stremati attendono le aperture dei check in e medita sul da farsi. Trovare un altro volo, con così poco preavviso, è impensabile, ma è possibile che ci sia ancora un treno che la porti a destinazione. Corre verso la metropolitana inciampando varie volte e scusandosi con i malcapitati che travolge - senza accorgersene, è diventata una di quei turisti fastidiosi che tanto detesta. Controlla il cellulare con frequenza e ossessività, quando le balena un pensiero nella mente a tre fermate dalla stazione centrale dei treni.
Lo sciopero indetto per la giornata di venerdì durerà tutto il weekend…
“Hijo de puta,” ringhia Santana rivolgendosi al giornalista che al mattino aveva annunciato la notizia a cui avrebbe dovuto prestare attenzione. Adesso davvero non sa cosa fare.
“A meno che… ci sono i pullman di linea. È una follia, ma c’è Brittany dall’altra parte.”
Santana si dirige decisa verso il terminal da cui partono gli automezzi per Lima, pronta a iniziare un lungo viaggio.
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Santana non ha mai sentito il cuore di Brittany vicino a sé come la prima volta che hanno fatto l’amore.
Il battito della sua ragazza è così nitido e intenso che lo può sentire anche senza tenere la testa appoggiata ai piccoli seni di Brittany. Ha un ritmo regolare, come le onde che s’infrangono senza posa contro gli scogli, ma accelera quando si avvicina al culmine, il punto che mette fine al discorso, il fuoco d’artificio più bello che chiude lo spettacolo pirotecnico.
Brittany ha chiesto altre volte a Santana di farla sentire così - emozionata, felice, protetta, amata. Santana l’ha stretta a sé e ha pensato per la prima volta che quello che si dice nelle canzoni e nelle poesie è vero: l’amore rende completi. Si è chiesta se anche per Brittany fosse tutto così bello e perfetto, ma alla fine ha deciso che le andava bene così; si è alzata per prendere Lord Tubbington e l’ha posato tra le braccia di Brittany, che si è addormentata serenamente e in breve tempo.
Santana è sveglia; ripensa, ricorda, rivive.
Nel suo cuore, le labbra di Brittany sono incollate alle sue e le loro mani intrecciate in un legame apparentemente indissolubile. Si muove sopra di lei con la tenace delicatezza di chi vuole portare a compimento una missione per un altro, mettendosi in secondo piano; strofina il suo sesso contro quello di Brittany perché è così che deve andare tra loro, senza “se” e senza “ma”. È ciò per cui la loro relazione è iniziata, ciò per cui continua e in assenza di cui finirà; ma Santana vuole di più - l’ha sempre voluto - ed è questo che la fa spingere ancora, per cercare quell’attimo in cui tutto svanisce. L’attimo in cui non ci sono Santana e Brittany, ma una cosa sola; l’unica vera comunione in cui può sperare.
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Il pullman che porterà Santana a Lima è vecchio e sporco; sui sedili ci sono carte di caramelle, chewing gum attaccati e macchie di dubbia natura. Santana vuole solo tornare a casa - quella che chiamava casa prima di metterci un punto - dove vedrà Brittany e potrà dire addio ai fantasmi del passato. È un viaggio lungo: ore difficili da far trascorrere, virgole che separano gli elementi di un elenco senza un’apparente conclusione. Quando il pullman arriva a Lima, Santana getta se stessa e i suoi bagagli su un taxi, diretta verso casa di Brittany; non ha cambiato indirizzo, è sempre lo stesso. Un punto fermo, una roccia salda, una pietra di paragone.
È un fiocco rosa appeso alla porta di casa, “Benvenuta Chrystal”; è una virgola che non chiude il periodo e s’insinua nel luogo sbagliato. È Brittany che non si affaccia alla finestra quando Santana scende dalla macchina. È un momento di dolore troppo grande non ancora pronto per essere aggiunto allo scaffale dei dolori.
Quando Santana scende dal taxi, non va a suonare il campanello, ma chiude il legame di una vita con un punto.