Titolo: Falling into you
Autore:
beespGenere: Romantico, Introspettivo
Livello: 7
Prompt: #2
Personaggi: Remus Lupin, Sirius Black
Rating: Giallo
Avvisi: Flashfic, Missing Moments.
Ho usato l'aiuto: //
Numero di parole: 867
Riassunto: Fumo negli occhi e attorno ai volti, fumo dietro la coda della fenice; buoni auspici e sensazioni di vita, adolescenza che torna - da chissà quali meandri; bugie, ai piedi di un letto, abbandonate; amore.
Note: Probabilmente l'omofobia non verrà mai sconfitta [perché io sono pessimista - o realista, a seconda di quanto vogliate ammettere che sia verità o meno] perché alle persone non importa che ognuno debba avere il diritto di fare quel che gli pare, fin quando non nuoce ai diritti altrui. Non gli importa alle persone; non gli importa che ci sono alcuni che ci credono davvero e che piangono, tanto dal dolore. Però noi ci proviamo lo stesso, con ogni forza, è tutto quello che sappiamo fare (e possiamo fare), ci proviamo a far capire quanto siano perfette certe cose, anche usando personaggi che sono soltanto personificazioni romanzate d'eroi che sono scomparsi da un bel po' d'anni. Ma noi tentiamo, con tutte le nostre forze e ci mettiamo ogni fibra del nostro essere. Allora, quand'è così, non m'importa più che ci siano coppie in cui non credo o stronzate. Non m'importa... perché ci crediamo, e ci mettiamo tutto. Ed io amo che ci sia qualcosa di così pieno di vita.
Link alla scalata:
Quiii.
Falling into you (is all I seem to do)
Era tutto molto confuso. Aveva sentito soltanto lo spigolo del letto che gli si conficcava nel fianco, aveva mugolato, ma non si era lamentato troppo. Il dolore non gli piaceva, ma c’era qualcos’altro che lo distraeva. Era sempre stato così, bastava un nonnulla per stornarlo dai suoi problemi e fargli tornare il sorriso; non era certo come Remus, costantemente pensieroso, e dilaniato da preoccupazioni con un che di surreale e ai limiti del martirio.
Il resto del mondo era avvolto da una sorta di cortina di fumo; non era sicuro che fosse esattamente quello, probabilmente erano i suoi capelli voluminosi e fradici di pioggia che circondavano i loro visi e li nascondevano, oppure il bruciore agli occhi poiché Remus gli aveva infilato ben due volte un’unghia tra le palpebre cercando di compiere non si era ben capito quale manovra gentile.
Poteva anche darsi che stesse andando a fuoco il dormitorio per quanto la temperatura si era alzata; a guardarsi indosso gli era rimasta soltanto la camicia macchiata di terriccio e fango, aperta sul petto e sull’addome, che penzolava verso il basso, verso il corpo di Remus. Scoperto e tremante.
(Avrebbe spiegato in seguito che non era per via del freddo...).
Tanto che, reagendo d’istinto, gli si spalmò contro, sentendolo rilassarsi; la situazione aveva un che di surreale. Ma dopotutto da quando aveva messo piede in quella scuola di matti era sempre andata avanti così. Per esempio, durante il Secondo anno aveva scoperto che uno dei suoi migliori amici era un Lupo Mannaro. Quello bastava ed avanzava per una vita intera, che l’oggetto della rivelazione fosse babbano o meno.
Aveva la pelle calda, un vago aroma di cioccolata attorno alla bocca e un’espressione allucinata. Neanche gli si fosse rivelato Godric! Sirius immaginava che l’avrebbe presa in maniera diversa, quando fosse arrivato - finalmente - il momento. Era un evoluzione naturale del loro rapporto, per quanto da sempre fosse stato poco chiaro, indefinito e caotico. Non era comportamento da “amici” preoccuparsi in quel modo l’uno dell’altro. Gli importava di Peter e James, eccome - e per proprietà transitiva anche di Lily - ma era il come a essere totalmente sbagliato, sempre in confronto alla teoria dell’amicizia. Come se mancasse una parte di lui e non potesse far altro che pensarci e ripensarci: non avrebbe fatto così male se gli avessero rubato un orecchio o una gamba, o se in una materializzazione avesse perso i capelli.
Poteva ritenersi offeso, dunque.
Remus gli accarezzò una guancia. Con quello sguardo. Lo sguardo del “non preoccuparti, andrà tutto bene”. Di solito era una sua frase, ma da un paio d’anni era Remus a pronunciarla più spesso. O a trasmetterla con gli occhi, a seconda. E quindi di cos’era che aveva paura lui? Qualcuno poteva scoprirli, James Lily e Peter li avrebbero considerati disgustosi, non era giusto?
Ne aveva inventate di assurdità in sette anni. Come la storia del “non ve l’ho raccontato perché pensavo che non mi avreste più voluto come amico; è vero sono stato egoista...”.
Lui non aveva mai giudicato loro tre per quello che facevano e gli errori che commettevano, non voleva proprio arrendersi all’idea che li avrebbe dovuti sopportare fino alla fine dei suoi giorni.
Remus gli si avvinghiò più stretto, rosso in volto - per l’imbarazzo e le parole che si costringeva di trattenere - le cicatrici erano più di quante Sirius ricordasse, le frasi cominciavano ad accumularsi a loro piedi; le avrebbero bruciate, avrebbero ricominciato da capo, dimenticando le bugie e le incomprensioni.
Si aveva sempre l’impressione degli occhi di Sirius come due braci che emettevano fumo. Anche nei momenti di maggiore felicità, sempre simili al fumo, un fuoco interno che bruciava costantemente.
Non gli importava di nulla, quella notte; le mani di Sirius che gli risalivano lungo l’inguine, i gemiti contro il collo, le lenzuola come catene, le dita incastrate sotto le schiene, il temporale fuori dalle finestre muto, le labbra morbide di Remus, i corpi che piangevano e che si rivelavano ogni segreto; quanto avevano atteso, senza sospettarlo, quel momento? quanto era superfluo e già conosciuto?; non aveva vergogna, sapeva che non ci sarebbe mai potuto essere nulla di migliore. Essere omosessuale - o qualunque cosa fossero - non era sbagliato, in particolare per loro. Amarsi andava bene, amarsi e stringersi e sentirsi in diritto di manifestarsi l’un l’altro il proprio amore.
“Sto cadendo dentro di te”.
Pareva proprio che stesse perdendo l’equilibrio; per una volta non era una sensazione di capogiro o malinconia a sovrastarlo. Ma soltanto quelle tipiche dell’adolescenza. Potevano essere nel pieno di una guerra magica, e aver affrontato più difficoltà di chiunque altro, ma era lecito amare. Amare in quel modo stupido e spensierato dell’adolescenza e infinitamente passionale e dolce.
A Remus sembrò di vedere una fenice volare nel cielo notturno, con un lampo abbagliante rosso fuoco tra il blu notte e impenetrabile; non credeva alla superstizione, davvero, ma gli sembrò che quella scia di fumo che seguiva la coda dell’uccello fosse di buon auspicio per loro due... e poi venne, per la prima volta nella sua vita, tra i baci di Sirius e lo sguardo di un cagnone che cercava soltanto affetto e carezze sulla pelliccia.
[Titolo amorevolmente rubato da una frase di "Because I want you" dei Placebo].