[Thor] Redemption, 1/?

Mar 04, 2013 22:48

Titolo: Redemption
Autore: vahly
Fandom: Thor, THe Avengers
Pairing: Thor/Loki
Avvertimenti: spoiler, violenza, slash, incest. Ambientata dopo la fine del film "The Avengers".
Wordcount: 1846 (Fidipu)
Note: Scritta per il cowt di maridichallenge, con il prompt ira/calma. Un ringraziamento speciale a arial86, per essere una beta pucci e velocissima ♥
Trama: Tornato ad Asgard, Loki deve scontare la sua pena. Una volta libero, però, scoprirà che continuare a vivere è più difficile che non sopportare la prigionia.


Redemption

I polsi bloccati dalle catene, la bocca serrata, lo sguardo basso. Tutto, in Loki, gridava umiliazione. Tutto, in Loki, gridava vendetta.
Odino lo fissava, imperturbabile, dal suo trono. Chiunque altro non avrebbe visto che rancore, ma non lui. Il gigante di ghiaccio sapeva che dentro il padre si agitavano e combattevano due sentimenti contrastanti: ira - furibonda, violenta, dolorosa ira - e gratitudine: suo figlio era con lui, sano e salvo. E forse, in qualche modo, le cose avrebbero ancora potuto aggiustarsi.
- No, non possono, - disse il giovane in un soffio.
- Non possono cosa?
Il padre di tutti gli dei aveva la voce roca di chi, non visto, aveva pianto lacrime amare. Eppure non avrebbe perso la sua compostezza.
Guardava Loki dall'alto in basso, e aveva incrociato le braccia al petto.
- Le cose non torneranno mai più quelle di un tempo. Ormai la mia situazione è compromessa, dunque se anche volessi redimermi, se anche pensassi di aver commesso uno sbaglio, sarebbe troppo tardi. È inutile, padre, lo sai bene.
- Tutti hanno diritto a una seconda possibilità... se davvero la vogliono, - disse il sovrano, calmo.
- Faresti prima a mandarmi in esilio e toglierti il pensiero, - ribatté l'altro, la voce colma di disprezzo.
- Vedremo se la penserai ancora così, figliuolo.
Loki si accigliò.
- Cosa vuoi dire?
Sul volto dell'uomo apparve l'ombra di un sorriso. - Vedrai. Ogni cosa a suo tempo... - poi si rivolse alle guardie, in piedi ai lati dell'ingresso del salone. - Liberatelo e rimettetelo in libertà.
Con un cenno della testa i due uomini palesarono la loro obbedienza, dopodiché si avvicinarono e sciolsero le catene che imprigionavano Loki.
il ragazzo si massaggiò i polsi, finalmente liberi da costrizioni per la prima volta dopo due settimane.
- Cosa dovrei fare, quindi?
Odino sorrise di nuovo, questa volta apertamente.
- Vivi come se nulla fosse accaduto, vivi come il figlio del re che sei sempre stato. Segui la via della giustizia e della correttezza. Dimostra di aver compreso i tuoi sbagli.
- E se non pensassi di aver sbagliato?
- Ne riparleremo tra un mese esatto. Fino ad allora, puoi comportarti come più ti aggrada, ma ricorda: stavolta sei stato fortunato, perché non sempre si può tornare indietro dai propri sbagli. Fa' sì che non accada nulla di irreparabile, perché potresti pentirti delle scelte compiute, ma allora sarà troppo tardi.
E con queste ultime parole, congedò il figlio adottivo, il quale si allontanò senza neppure un cenno di saluto.

***

I suoi passi che riecheggiavano lungo i corridoi del palazzo erano l'unico rumore a tenergli compagnia. Aveva avuto degli amici, un tempo, ma ora non c’era più nessuno nel regno che potesse dire sinceramente di gradire la sua presenza. Non che non se lo aspettasse, certo. Per qualche motivo, però, l’idea di essere di nuovo ad Asgard, completamente isolato, lo rendeva tutt’altro che felice.
“Rammollito,” si disse, stringendo i pugni. Lui non aveva bisogno di nessuno: quella non era la sua gente, non era il suo popolo. Era cresciuto tra di loro, era vero, ma lui era diverso.
Era un nemico, lo era stato fin dalla nascita, e fingere che così non fosse era stata la peggiore delle menzogne.
Odino non lo aveva mai considerato suo figlio, ma solo un trofeo, e di questo ne era certo.
Come lo avesse considerato Thor, invece, ormai non aveva più importanza. Era ovvio che gli ultimi accadimenti avevano cambiato anche quello.

Non lo aveva più rivisto da quando era tornato ad Asgard: subito dopo essere rientrati nel regno, infatti, era stato condotto in catene alla sua cella. Aveva visto il fratello abbassare la testa, rassegnato. Se avesse tenuto a lui, non avrebbe forse provato a liberarlo? Non si sarebbe opposto, quando le guardie lo avevano strappato via alla sua custodia?
Invece non aveva detto nulla.
Solo nella sua cella, aveva avuto molto tempo per pensare. Nessuno si era preso la briga di fargli sapere cosa lo avrebbe aspettato, per quanto tempo sarebbe rimasto lì. Solo una guardia passava due volte al giorno per portargli del cibo, senza rivolgergli la parola. A un certo punto, aveva cominciato a credere che non ne sarebbe mai uscito.
I pensieri gli avevano affollato la mente, suoi unici compagni. Aveva pensato più e più volte a com’era iniziato tutto, ricordato la sua scoperta di essere un gigante di ghiaccio, e maledetto il giorno in cui gli Asgardiani avevano sconfitto il suo popolo di origine. Se non ci fosse stata una guerra, in quel momento lui sarebbe stato re. Sarebbe stato circondato dalla sua vera famiglia, amato, temuto e rispettato così come meritava. Invece si era ritrovato seduto sul freddo pavimento di una cella, come un cittadino qualsiasi: i grandi re non finiscono dietro le sbarre, no. Tutt’al più, se sconfitti, muoiono fieramente in battaglia. Non che avrebbe voluto morire, ovvio. Ma neppure trovarsi lì era esattamente nella sua scala di priorità.
Aveva fatto incubi, ogni notte. Aveva sognato di essere sconfitto e ucciso da Thor, suo fratello. Lo aveva visto, le mani macchiate del suo sangue, il volto trionfate, la bocca spalancata che gridava al cielo la sua vittoria. Più volte, però, aveva sognato di essere lui a uccidere il fratello. Inizialmente aveva provato piacere e soddisfazione, ma poi la paura e l’orrore si erano impossessate di lui, man mano che si rendeva conto di ciò che aveva fatto alla persona che, nel bene e nel male, più gli era stata vicina al mondo. Quegli occhi azzurri, ormai spenti, lo fissavano in una muta accusa. I capelli biondi si impregnavano di liquido rosso e vischioso, il petto era squarciato e le mani mollemente poggiate sul terreno avevano abbandonato il Mjolnir che gli apparteneva.
La prima volta che si era svegliato dopo aver sognato della morte dell’altro si era sorpreso a gridare, come un ragazzino che ha paura del buio. La seconda non era più riuscito a dormire per tutta la notte. La terza, aveva cominciato a credere che ne sarebbe uscito pazzo, se già non lo era.
Il sesto giorno, inaspettata, era giunta una visita. Suo padre.
- Finalmente vieni a trovarmi, paparino, - aveva commentato sarcastico. - Ti sono mancato?
- A dire il vero, sì. Sei pur sempre mio figlio, e crederti morto mi aveva recato un dolore che neppure puoi immaginare. Così come sapere delle azioni che hai compiuto sulla Terra. Ma non mi credi, lo so. Per te, sono solo colui che ti ha strappato al tuo vero mondo, vero? Sono solo un altro nemico da sconfiggere.
Loki non rispose. Sì, era esattamente quello che pensava. Ma non era forse la verità? Suo padre lo credeva talmente stupido da poterlo convincere del contrario?
- Io ti voglio bene, Loki, - aveva proseguito il Dio. - Ti voglio bene così come ti vogliono bene tua madre, tuo fratello… i tuoi amici…
- NON È VERO! - si era ritrovato a sbottare il ragazzo. - NON MENTIRMI! PER VOI NON SONO ALTRO CHE UN TRADITORE, UN MOSTRO! PENSI CHE THOR MI AVREBBE UGUALMENTE CONSIDERATO SUO FRATELLO, SE AVESSE SAPUTO LA VERITÀ FIN DAL PRINCIPIO?
- No, non lo credo: ne sono assolutamente certo.
- Menti. - La voce di Loki ora era un sibilo.
- Perché dovrei? Se non ti avessi voluto di nuovo qui ti avrei lasciato agli umani. O ucciso.
- E perdere l’occasione di mostrare a tutti la tua magnanimità? Non penso proprio.
Odino aveva sospirato.
- Se è ciò che ti piace credere… ricorda comunque, sei pur sempre mio figlio. Se non ti importa di ferire me, cerca almeno di non ferire tuo fratello. Non ha avuto pace finché non ti ha ritrovato, lo sai che ti ama.
- Certo, come no.
E con ciò, la conversazione si era conclusa. Odino se ne andò e non tornò più a trovarlo, lasciando Loki con il dubbio di quali fossero le sue vere intenzioni. Fino a quel momento.

Il giovane aveva i denti stretti per la rabbia, un fuoco incontrollabile che gli bruciava in petto e che gridava “vendetta”.
Tirò un pugno contro il muro, maledicendo di nuovo se stesso e tutti coloro che l’avevano condotto verso quella situazione.
- Ehi, cosa stai facendo? - domandò una voce in fondo al corridoio.
Loki ebbe un tuffo al cuore. Era Thor.
L’ultima volta che si erano visti era stato per riportarlo verso casa, verso la prigionia, e l’altro lo aveva tradito. Una vocina dentro di lui sussurrò che ehi, era stato lui a tradire il fratello, non il contrario, ma Loki subito la zittì.
Maledizione. Come doveva comportarsi?
Il biondo avanzava con ampie falcate, il volto sorridente. In un attimo gli fu addosso, e l’altro stava per difendersi, quando si rese conto che se il fratello si era proteso verso di lui era solo per abbracciarlo. Le braccia muscolose lo strinsero forte a sé, e il ragazzo ebbe l’impressione che l’altro stesse tremando.
Loki chiuse gli occhi per un attimo, assaporando la sensazione di pace - di essere di nuovo a casa, questa volta per davvero - prima di respingerlo.
- Ehi, così finirai con il soffocarmi, - borbottò, mentre prendeva le distanze.
- Hai ragione, scusami fratello. È così bello riaverti a casa, e saperti finalmente libero!
- Certo, come no.
- Fratello, perché non mi credi? Pensi forse che mi sia piaciuto doverti ricondurre qui in catene? - Il biondo si accigliò. - L’ho fatto solo perché costretto. Perché tu mi ci hai costretto. Ma ora che sei tornato, possiamo ricominciare tutto da capo e…
- No, fratello, - Loki biascicò l’ultima parola. - Non possiamo ricominciare un bel niente. Tu sei il legittimo sovrano, io uno sporco criminale, per giunta un gigante di ghiaccio. Credo che questo ponga fine a ogni discussione.
Fece per andarsene, ma Thor gli si parò davanti.
- Invece non pone fine a un bel niente, - rispose, palesemente irato. - Non sono i tuoi natali a condannarti! Possibile che non te ne rendi conto? Hai commesso un errore, ma so che puoi fare ammenda, e qui nessuno oltre me e i nostri genitori sa delle tue origini. Heimdall, su richiesta di padre, ha promesso di tacere. Ma se anche lo dicessi, sono sicuro che nessuno ti giudicherebbe in base a questo.
- No certo, mi giudicherebbero in base al mio fallimento.
Thor sembrò non capire. - Il tuo fallimento?
- Sei forse stupido, oltre che stolto, fratello? Avrei potuto distruggere Jotunheim, e non sarebbe più esistito un singolo gigante di ghiaccio… a parte me.
- Distruggere quel mondo era un’azione sbagliata!
- Era un’azione da eroe!
- Dunque volevi farlo solo per vanità personale?
- E se anche così fosse? Tutta la mia vita è stata adombrata dalla tua grandezza, possibile che mi debba essere negata anche solo la gloria di una battaglia?
Thor scosse la testa.
- Dunque è per questo che ce l’hai tanto con me?
Loki non sapeva cosa rispondere. Non ce l’aveva con Thor, non con lui come persona, almeno. Era solo arrabbiato, furibondo, per ciò che il fratello rappresentava. Con lui accanto, Loki sarebbe stato l’eterno secondo. Qualunque gloria, qualunque riconoscimento, un miraggio lontano.
- No, - rispose infine. - Senti, non so cosa tu voglia da me…
- Rivoglio solo mio fratello.
Loki ebbe l’impressione di sentire della disperazione, nella voce dell’altro.
- Non sono sicuro che sia qualcosa che tu possa chiedere, - disse, e si allontanò.

*continua*

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