Autore:
swamywinchester Titolo: Beauty unfolds breathing our tale untold.
Fandom: Merlin
Genere: angst, romance
Pairing: Arthur/Morgana, Arthur/OFC
Rating: VM16
Conteggio parole: 31.138
Summary: Fanfiction alternativa allo sviluppo della stagione 2 di Merlin. Si più perdere se stessi e ritrovarsi in molti modi diversi. Morgana perde la sua vita ma lei ed Arthur scoprono che ci sono alcune cose che non è mai possibile perdere o lascare andare.
Fan art realizzata da
skyearth85.
Ci saranno epoche in cui gli uomini dichiareranno di essere tutti uguali. Come se la nobiltà non ti fosse stampata addosso, sotto gli abiti laceri e le promesse infrante, come se l’oro o l’amore non fossero una maledizione, come se non fossero una profezia che si realizzerà - che tu lo voglia o no.
Un uomo può comandare un altro uomo, e frustare il proprio cavallo per farlo galoppare veloce, ma ci sono cose che gli uomini non possono cambiare, e non importa se sono regnanti o schiavi.
Ci sono cose inevitabili: la volontà di Dio - la vita, la morte, il battito del proprio cuore che accelera per qualcuno che non vorremmo desiderare mai, lo spazio vuoto che aumenta tra due persone che si allontanano persino mentre restano immobili.
Il destino .
Gli uomini parleranno e la loro lingua proclamerà la verità e decanterà menzogne, ma ciò che è sarà ancora. Ciò che è sarà sempre.
La luce improvvisa si rifletté sulle pareti di pietra del lungo corridoio che conduceva alla torre est, ed il lampo per un momento illuminò l’ambiente fino a mostrargli chiaramente la sagoma della sua ombra sul muro, per poi lasciarlo ripiombare nel buio non appena si esaurì mentre ancora riecheggiava l’eco del tuono che lo aveva accompagnato.
Arthur strinse nella mano il mantello e salì la stretta scala della torre, respirando l’aria, ancor più fredda a quell’altezza, impregnata di un odore di terra bagnata ed oli delle piante della serra del castello.
La schiena era rivolta verso di lui, ed i capelli neri ricadevano sulla spalla sinistra mentre lei rimaneva immobile a fissare fuori dalla grossa finestra, con le mani intorno alle braccia nel tentativo di trasmettere un po’ di calore.
Dietro di lei c’era una sedia, che lei usava raramente quando si recava nella torre.
Il principe aveva ordinato a Merlino di informare Morgana che suo padre aveva richiesto la sua presenza a cena, ma il ragazzo non l’aveva trovata. Arthur non dubitava del fatto che fosse una pura casualità se Merlino riusciva a trovare le sue stanze, o anche solo l’inizio dei propri pensieri - cosa di cui lo aveva messo a parte con un sorriso tirato - ma, questa volta, era ovvio che non l’avesse trovata perché - lui sapeva - Morgana non poteva essere nelle sue stanze.
Lei subiva il fascino dei temporali fin da quando era piccola, e durante i più violenti - quelli che preferiva - si recava nella torre est e rimaneva a guardare per ore lo spettacolo dei lampi che si stendevano nel cielo e dei tuoni che ruggivano nello spazio aperto come una magia che nemmeno Uther poteva proibire.
Quando era una bambina era spesso sgattaiolata fuori dalle sue stanze avvolgendosi in un lenzuolo, e lui l’aveva vista percorrere da sola il castello con la grazia silenziosa di un felino e la stoffa che seguiva il suo percorso scivolando sul pavimento freddo come un velo da sposa, per appollaiarsi sopra una vecchia sedia nella torre est, davanti alla finestra, e guardare il temporale corteggiare la notte come un amante infiammato di passione - così l'aveva sentita definire una volta quello spettacolo, lasciandolo per giorni a domandarsi se c'era qualcuno da cui desiderava essere corteggiata.
“Non durerà ancora per molto” commentò per rendere nota la sua presenza.
“Le cose migliori finiscono presto” replicò lei senza voltarsi “Come il riuscire ad evitare la tua compagnia, per esempio” commentò ironica girando la testa per puntargli addosso il suo sguardo, reso sempre vivo dai loro alterchi, mentre la bocca si curvava appena nell’ombra di un sorriso.
“Mio padre vuole che ceni con lui” la informò con tono piatto “Penso che creda che il fatto che la tua bocca sarà impegnata a masticare ti costringerà ad una conversazione più limitata del solito, che la farà sembrare stranamente piacevole. Ovviamente lascerò che si accorga da solo del suo sbaglio” aggiunse sarcastico.
Un altro lampo illuminò la stanza e Morgana tornò a voltarsi verso la finestra, mentre il vento faceva ondeggiare il velo delle maniche del suo abito ed alzava una ciocca di capelli facendola rabbrividire.
Sentì Arthur avvicinarsi alle sue spalle, ma non si voltò, continuando a guardare il cielo grigio chiaro coperto da una patina di luce.
“Vado a cambiarmi, tra venti minuti ti aspetterò per scortarti a cena” la informò ancora.
“Non penso che sarò assalita sulla via per la sala da pranzo, Arthur” replicò ironica di fronte a tanta formale premura.
“Chi lo sa” rispose lui mentre si avviava alla porta “Non bisogna porre limiti alla provvidenza. Potrei anche essere fortunato”
Morgana si voltò per riuscire ad avere l’ultima parola ma lui era già scomparso oltre la soglia, lasciandola da sola, con il temporale che si affievoliva alle sue spalle. E un mantello appoggiato sullo schienale della sedia.
Mordendosi il labbro per non sorridere lo prese e se lo mise sulle spalle, abbassando appena il viso per tentare di sentire l’odore di Arthur sulla stoffa senza dover ammettere a se stessa che stava coscientemente cercando di individuarlo.
Il rumore che fece fu impercettibile ed Arthur, fermo nel corridoio di pietra, non poté distinguerlo al di sopra del temporale che diminuiva la sua furia, ma sperò che avesse trovato il suo mantello e stesse facendo quanto era ragionevole per evitare di ammalarsi.
Questa volta lui aveva avuto l’ultima parola - accadeva così di rado che non poteva evitarsi di assaporare il momento seppur brevemente - e sperava che lei non cercasse di rifarsi in modo infantile rifiutando di ripararsi. In quel caso lui non si sarebbe ritenuto responsabile, nè si sarebbe preoccupato della sua salute.
“Che strano…” commentò Merlino guardandosi intorno mentre Arthur sistemava a suo piacere i lacci della tunica “…non trovo il vostro mantello”
“Mi meraviglierei del contrario” replicò Arthur.
Il suo servitore lo ignorò per domandare “Siete sicuro di non averlo lasciato da qualche parte?”
“Ti aspetti davvero che sia io a badare a queste faccende?” chiese con espressione di superiorità “Oltre al mio mantello, Merlino, hai perso anche le buone maniere” commentò.
“Io almeno sono certo di averle avute fino ad un certo punto della mia vita” replicò il ragazzo, attirandosi uno sguardo del giovane principe che, nonostante l’arroganza e l’orgoglio che si adoperava di mettere in mostra, tacque.
“Assicurati che la mia armatura sia ben lucida” gli disse mentre il giovane lo seguiva fuori dalla porta delle sue stanze “Porta a spasso i cani, e pulisci i miei stivali”
“Serata eccitante…” borbottò Merlino tra sè senza preoccuparsi di tenere basso il tono.
“Non mi lamenterei” replicò il principe “E’ sicuramente migliore della mia” gli disse mentre attraversavano il lungo corridoio che divideva l’ala in cui si trovavano le sue stanze da quella in cui stavano quelle di Morgana “Dovrò ascoltare mio padre riassumere le finanze del regno e discutere di politica fino al momento non troppo lontano in cui Morgana deciderà di essere stanca di tacere come farebbe ogni donna di buon senso e si attirerà le ire di mio padre fino a farsi minacciare di essere sbattuta in cella come un comune criminale. Ed a quel punto sarò costretto ad intervenire e cercare di evitare il disastro” gli spiegò in voce colma di fastidio dipingendo a parole lo scenario che gli si prospettava quella sera.
“Che ci facciamo qui?” chiese il suo servitore quando si accorse che erano fermi.
“La cortesia mi impone di aspettare Morgana per condurla in sala, Merlino.” lo informò sbrigativo “Io, a differenza tua, non posso stare nella silenziosa compagnia di una fedele armatura” disse melodrammatico mentre Merlino tentava di non girare gli occhi “Sono costretto a stare in presenza di una nobile bisbetica, se tu avessi un po’ di sensibilità avresti pietà di me” lo rimproverò.
“Oh, mi fate proprio-“ quando si interruppe il fiato sembro spezzarglisi in gola “ pena” terminò.
Arthur lo guardò tenendo un sopracciglio piegato. Il commento era chiaramente ironico ma il tono pieno di meraviglia stonava con quanto aveva detto, e d’impulso guardò il punto su cui Merlino stava tenendo gli occhi.
Morgana avanzava verso di loro, accompagnata da Gwen, camminando aggraziata e sinuosa in un abito rosso, vestita in eleganza e fierezza, il vermiglio delle labbra accentuava la chiarezza della sua pelle, e se non fosse stato per gli occhi - vivaci, vivi, infiammati da una magia che era vita nel suo stato più primitivo - avrebbe potuto pensare fosse una statua. Una statua perfetta.
Essere costretto ogni volta a constatare la sua bellezza e a meravigliarsene lo irritava terribilmente. Se scrollare Merlino per fargli abbandonare quella espressione inebetita che aveva non fosse equivalso ad ammettere a Morgana il potere che aveva, lo avrebbe fatto, ma dovette privarsi di questo piacere. Invece si complimentò sorridente “Che bel vestito” disse, spostando gli occhi, rifiutandosi di guardare le due ragazze.
“D-davvero” confermò Merlino con nuda meraviglia dipinta in volto mentre Morgana sorrideva.
“Il lavanda ti dona particolarmente, Gwen” aggiunse Arthur rendendo noto che il complimento che aveva avanzato aveva diversa destinataria da quella che Merlino e la sua accompagnatrice avevano dedotto, lanciando una breve occhiata per riuscire a cogliere la reazione di Morgana - la quale restò composta e sembrò totalmente indifferente alle sue parole.
Gwen arrossì abbassando gli occhi piena di pudore ed emozione “Vi ringrazio, sire”.
Arthur pensò che se fosse servito ad irritare Morgana avrebbe trovato un motivo di complimentarsi con Gwen davanti a lei tutti i giorni, e se proprio non fosse riuscito a trovarne uno se lo sarebbe inventato.
Merlino girò gli occhi, trattenendosi dallo scrollare il capo e notò qualcosa che prima non aveva visto “Quello è il vostro mantello” disse guardando la stoffa rossa fra le mani di Gwen.
“Lo avevo io” spiegò Morgana, precedendo la domanda che sicuramente il giovane avrebbe posto alla sua serva “Avrei dovuto rimandarlo indietro immediatamente ma avevo freddo…” disse, e Arthur respirò più profondamente, silenziosamente contento che lei lo avesse usato. Sarebbe stato fastidioso pensare di essersi disturbato per niente. Anche se non gli interessava certamente quello che lei decideva di fare con la sua salute.
“Devo averlo dimenticato quando ci siamo parlati prima” precisò lui, cercando di sminuire il proprio gesto perché lei non leggesse ulteriori motivi dove non ce ne erano.
“Credo anch’io” confermò la ragazza annuendo appena “Ma è un bene che tu lo puntualizzi. Qualcuno potrebbe erroneamente pensare che tu sia in possesso di buone maniere” dichiarò con tono gentile e sorriso di scherno.
“Oh, io no di certo!” esclamò Merlino, stringendosi le labbra subito dopo nel realizzare di averlo detto ad alta voce. La risata leggera di Morgana fu breve ma riecheggiò fra le pareti del castello e nel petto di Arthur, mentre lo sguardo della ragazza - addolcito dall’umorismo - era diretto al suo servitore.
“Se non ti dispiace vorrei smettere di perdere tempo e andare a cena, altrimenti faremo tardi” la informò tentando di non suonare infastidito - per quanto lo riguardava poteva sorridere a chi più le aggradava; se voleva illudere servi che non avevano nessuna possibilità o speranza era libera di farlo, lui non se ne sarebbe certo preoccupato, anche se - nel caso avesse deciso di consigliarla altrimenti - sarebbe stato solamente perché era un comportamento poco appropriato e lei era obbligata quanto lui a non arrecare danno al nome dei Pendragon, e certamente questo non comprendeva il mischiarsi con la servitù.
“Non ci sono abbastanza parole per esprimere il mio dispiacere, ma cercherò di nascondere il mio dolore per quanto mi sarà possibile” disse spostando di nuovo lo sguardo su Merlino, e trovando nel suo servitore - traditore - un complice divertito e ben disposto ad assecondare la sua irriverenza.
Il momento però fu presto rotto - con sollievo di Arthur - dal suono di ceramica che si infrangeva al suolo. La loro attenzione fu subito portata alla fine del lungo corridoio, abitato da ombre e poche candele, e la voce di Merlino suonò titubante nel dire “Deve essere stato solo un servitore maldestro” perché avere come primo pensiero il bene di Arthur a volte gli faceva temere di divenire paranoico, e aveva perso l’abitudine di dismettere velocemente qualunque sospetto, anche quelli stupidi che succedevano ai pasticci dei servitori di palazzo.
“Impossibile” affermò Arthur “Tu sei qui” disse con un sorriso ironico alzando il braccio per offrirlo silenziosamente a Morgana, che lo accettò badando bene a sembrare grandemente infastidita da tanta vicinanza.
Arthur fu felice di aver lasciato indietro Merlino e Gwen, la sola Morgana bastava ad irritare il suo umore e non aveva bisogno di servirsi di alcun aiuto ulteriore anche se, doveva a mettere, Gwen era piuttosto inoffensiva e, probabilmente, non sarebbe riuscita a risultare irritante neppure volendo.
“Vuoi che ti presti il mio fazzoletto?” domandò senza votare lo sguardo sulla ragazza che gli camminava accanto.
“A che scopo?” chiese lei di rimando.
“Per asciugarti le lacrime, in caso non riuscissi più a sopportare l’enorme dispiacere di farti accompagnare da me a cena” spiegò tentando di suonare indifferente. Qualche volta gli sarebbe piaciuto sentirla dire che lui era importante nella sua vita, sentirle ammettere che era attratta da lui e che era gelosa delle altre ragazze, invece lei non faceva altro che ingaggiare con lui guerre verbali che lo lasciavano frustrato e incapace di pensare di poter essere attratto da qualcun’ altra - anche se questa era una cosa che non poteva ammettere a nessuno - e tanto meno a sè stesso - nemmeno sotto tortura.
“Mi tratterrò, non temere” gli assicurò “Ma forse sarebbe il caso di tenerlo da parte per Uther” suggerì in tono cospiratorio, strappandogli una breve risata.
Quando Arthur rideva - rideva veramente, non la risata di scherno o quella boriosa che distribuiva alle masse - qualcosa si muoveva nel suo stomaco e lei per un momento perdeva il filo di qualunque cosa stesse dicendo.
“Non dirlo in giro, ma questa scena mi piacerebbe vederla” ammise rispondendole nello stesso tono.
“Sarà il nostro segreto” disse, e le labbra color vermiglio si piegarono e si schiusero mostrando i denti bianchi e qualcosa che andava oltre il puro aspetto estetico. Qualcosa che lui non sapeva mai definire ma che era lì, era in lei, e la rendeva ciò che era.
TBC