Feb 09, 2011 00:44
Lei aveva sette anni e delle scarpette rosa con i lacci bianchi (a Blaine piaceva particolarmente come le modellassero i piedi mentre danzava, poteva rimanere ore a guardare il modo in cui le sue scarpette si muovevano in aria, leggiadre come farfalle). Non aveva idea di quale fosse il suo nome, ma faceva danza classica in una palestra vicino a cui Blaine passava ogni giorno per tornare a casa.
Non le aveva mai parlato, ma una volta lei l’aveva salutato (lei dentro la palestra, nella saletta che dava sulla strada, e lui dietro il grande vetro, trattenendosi dal premere il naso contro di esso). Aveva i capelli lunghi e un sorriso un po’ timido.
Si era innamorato perdutamente (ora non sa più se delle sue scarpette o del suo sorriso), dopo tre mesi si era trasferito ed aveva smesso di passare da quella palestra.
Così si era tragicamente concluso il suo primo amore.
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Lui si chiamava Hans (okay no, lui si chiamava Lucas, ma tutti lo chiamavano Hans e in un certo qual modo era diventato il suo nome. E comunque sì, Hans) e Blaine l’aveva conosciuto sul campo di calcio. Hans faceva parte della squadra avversaria, ma a lui non importava.
Sfrecciava come il vento e rideva (rideva così tanto mentre correva e lanciava e Blaine, che amava il calcio, davvero, non pensava sul serio che potesse esistere qualcuno che si divertisse così tanto a giocarci) e Blaine, finita la partita (con un pareggio) gli aveva offerto uno una granita.
Hans aveva accettato e lui e Blaine avevano passato il pomeriggio seduti su uno dei muretti che circondavano il campo a parlare di tutto. Ad Hans piacevano i musical e gli aveva raccontato di sua madre, di Broadway, del mondo dello spettacolo e della musica.
Blaine si era innamorato prima di lui e poi di quello che gli aveva donato: la sua voce, la passione per la musica.
Lui e Hans erano usciti un altro paio di volte e provava qualcosa di strano ogni volta che erano assieme.
Così Blaine aveva preparato un bigliettino, con una citazione da una delle opere preferite di Hans e poi sotto ci aveva scritto “vuoi metterti con me?” e magari, se lui avesse risposto sì, si sarebbero fidanzati e avrebbero camminato in giro tenendosi per mano… o qualcosa di simile (tutte le ragazze a scuola lo facevano e a lui non dispiaceva l’idea).
Hans, però, gli aveva raccontato di Rachel, la sua nuova fidanzata (apparentemente le aveva spedito un bigliettino quella mattina, Blaine era stato troppo lento) e quindi Blaine aveva stretto il messaggio tra le mani, fino quasi a rovinarlo.
Però Hans gli aveva consegnato un mondo e, dopotutto, andava comunque bene.
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Non sapeva come si chiamasse: era un amico di Katie, ma non le aveva mai chiesto il suo nome (o magari sì, ma se ne era dimenticato, perché non gli importava). Erano rimasti “Sette minuti in paradiso” e avevano deciso di lasciarsi un piccolo bacio a fior di labbra, per capire come fosse.
Lui aveva detto che era strano baciare un altro maschio. A Blaine non era davvero importato.
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Lo schiaffo aveva fatto male, ma non quanto tutto il resto. Anzi, la sua guancia era il luogo dove provava meno dolore.
«Pensavo fosse chiaro, Blaine!» gli stava urlando Daniel, quasi piangendo.
Daniel era il suo migliore amico, facevano tutto assieme. Avevano deciso di andare allo stesso liceo, l’anno dopo, ma non l’avrebbero fatto (Daniel si sarebbe trasferito alla fine dell’anno scolastico). Non si sarebbero nemmeno più visti dopo quel giorno.
«Pensavo fossimo sulla stessa… Dio, Blaine! Non puoi fare così! Non puoi!» la sua voce suonava un poco isterica. Blaine non capiva.
«Io ti amo!» aveva urlato Daniel, arrabbiato e ferito e probabilmente anche un poco spezzato.
Avevano 14 anni, probabilmente Daniel non aveva idea di cosa fosse l’amore, quello alla “Colazione da Tiffany”, ma Blaine decise di non dirlo.
L’unica cosa che riuscì a dire fu: «Davvero? Com’è possibile… me ne sarei accorto!»
Daniel gli aveva dato un altro schiaffo.
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Si era accorto del pugno però. E questa volta non c’era nulla di sbagliato, non aveva ignorato i sentimenti di nessuno, non aveva fatto nulla di male, no?
Il suo nome era Michael e Blaine era un pochino innamorato, magari.
Lui però l’aveva preso a pugni e l’aveva chiamato una checca e aveva continuato e continuato per giorni. Mesi.
Blaine ne era stato un pochino innamorato, ma ora - mentre cercava di non fare notare a sua madre i lividi - forse non più tanto.
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Jeremiah l’aveva aiutato a scegliere un regalo per suo fratello, la prima volta che si erano visti (Blaine non sapeva esattamente come destreggiarsi da GAP e quando aveva visto quel ragazzo biondo, disposto a spiegargli perché, esattamente, a suo fratello potessero piacere cose simili, era stato come una visione), e Blaine aveva riso alle sue battute e Jeremiah aveva piegato la testa di lato e l’aveva invitato a prender un caffè con lui.
Blaine aveva detto sì, ovviamente. E a quel caffè ne era seguito un altro, e un altro ancora e Blaine (che si innamorava troppo velocemente, come un qualsiasi ragazzino della sua età) sentiva qualcosa alla bocca dello stomaco che lo spingeva a comprare assurdi calzini al GAP e ad indossare qualsiasi tipo di occhiali avrebbe fatto ridere Jeremiah.
E poi aveva pensato… aveva pensato che non avrebbe dovuto aspettare come tutte le altre volte, che ora aveva abbastanza coraggio per farsi avanti prima che fosse troppo tardi. No? Aveva pensato che non sarebbe stato come con Hans, non si sarebbe lasciato sfuggire tutto tra le dita, troppo lento per tenere il passo, e non sarebbe stato come con Daniel, avrebbe reso tutto chiaro, non ci sarebbero stati dubbi.
Pensava davvero potesse funzionare.
Almeno questa volta nessuno l’aveva colpito, pensò, mentre guardava Jeremiah andare via, arrabbiato con lui e ora senza lavoro per colpa sua.
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«Io ti amo!» gli aveva detto Kurt e Blaine era rimasto lì, a guardarlo senza realmente capire (una parte della sua mente che realizzava che stava succedendo di nuovo e Dio se era uno stupido).
Avrebbe voluto chiedergli perché - non era mai riuscito a chiederlo a Daniel ed era seriamente curioso, perché non riusciva mai a capire perché sbagliasse, come mai nessuna sua relazione funzionasse mai - ma prima di tutto… prima di tutto doveva cercare di salvare la loro amicizia. Prima di tutto doveva fare in modo che Kurt non fosse il nuovo Daniel.
«Io non ho idea… non sono bravo con queste cose, Kurt!» cercò di spiegare, un po’ spaventato ed un po’ nervoso, resistendo all’impulso che gli diceva di stringere Kurt e non lasciarlo andare via. Anche se Kurt non si stava realmente muovendo. «Non sono bravo e non… sono davvero lento con queste cose e un po’ ottuso! Ottuso, ecco!»
Kurt non stava preparando il pugno, non aveva intenzione di colpirlo. Stava semplicemente ridendo.
«Sì, che non fossi bravo me ne ero accorto quando hai deciso di fare una serenata pubblica ad un commesso di GAP,» spiegò, sputando il nome del negozio come se fosse un’offesa personale (il che, probabilmente, era anche vero dato che Kurt e GAP in una stessa frase gli facevano un poco girare la testa) e Blaine avrebbe potuto offendersi, ma probabilmente aveva anche ragione.
Mi dispiace, stava per dire, perché non sapeva cosa altro fare, ma Kurt l’aveva bloccato e aveva cominciato a parlare di Harry ti presento Sally e Blaine aveva cominciato a rilassarsi.
«Aspetta,» aveva poi mormorato, aggrottando le sopracciglia «ma alla fine non si mettono assieme? »
Kurt aveva sputacchiato il caffè che stava bevendo, arrossendo leggermente. Blaine non era riuscito a non ridere.
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Questa volta Blaine si era preso il suo tempo - non si era buttato in questa qualsiasi-cosa-fosse senza controllo, senza fermarsi a riflettere.
Aveva prestato a Kurt la sua collezione di CD di Katy Perry e si era fatto consigliare per il suo guardaroba (guardando divertito mentre Kurt inorridiva alla quantità di calzini comprati da GAP che Blaine teneva nascosti nel suo armadio. Perché Blaine non faceva certo le cose a metà e se si prendeva una cotta se la prendeva sul serio) e poi l’aveva accompagnato ad un musical, a Broadway, sorprendendolo con i biglietti per Wicked.
L’aveva baciato piano, assaporando il momento lentamente - e non era andato né troppo piano né troppo veloce. E in un modo o nell’altro, per una volta, era andato tutto bene.
E magari Blaine non aveva la storia sentimentale più scintillante della Dalton o del mondo in generale, ma probabilmente non se la cavava nemmeno troppo male.
*bingo_italia,
!fanfiction,
paring: blaine/kurt,
fandom: glee,
character: kurt hummel,
character: blaine anderson