Titolo: The shattered surface, so imperfect, is all that you believe
Autore:
chibi_saru11 Beta:
mikamikarin (♥♥♥♥)
Fandom: Sherlock (BBC)
Personaggio: Sheridan Holmes, Jane Watson (fem!Sherlock, fem!John)
Paring: Sheridan/Jane
Rating: PG-13
Warning: Spoiler più o meno per "A study in Pink", Genderswapping, Yuri
Parole: 2104 (FiDiPua)
Riassunto: Ma Sheridan non capiva. Non capiva ed era per questo che Jane l’amava, ma a volte avrebbe voluto che l’altra fosse più normale, che l’altra capisse che c’erano cose che, purtroppo, non sarebbe mai stata in grado di fare.
Note:
1. Scritta per il promp Stupro @
bingo_italia [+] e per
naripolpetta che mi ha chiesto il seguito di "
I loved a woman like a little girl"
2. Questa storia è il seguito di un'altra storia che ho già postato in prededenza: "
I loved a woman like a little girl"; si consiglia la lettura di quella per questa, anche se non è necessario
Disclaimer: Sherlock BBC è proprietà di chiunque sia (Moffat, BBC, whatever), io ci scrivo solo perchè sono malata. E perchè Martin Freeman è troppo adorabile per essere vero.
Jane sembrava un uomo. Glielo dicevano spesso quando era ragazza, quando nascondeva le sue forme da liceale dietro maglioni troppo larghi - perché non le piacevano le sue spalle ed era piatta rispetto alle ragazze della sua età e aveva un pochino di pancetta.
Le andava bene, davvero: sapeva di non essere bella, sapeva di non essere sexy e, in ogni caso, non le interessava. Magari a volte, mentre guardava le sue compagne di classe - con i loro capelli lunghi e lucenti e i loro seni prosperosi - magari a volte si toccava i suoi capelli corti e pensava a come sarebbe stato farli crescere.
Erano solo attimi, però. Perché Jane Watson non era tipa da manicure, capelli perfetti e mini-gonne. Jane Watson era la migliore nel suo corso di biologia ed era l’unica delle ragazze che non aveva problemi a vivisezionare quelle maledette rane e se c’era un insetto a dieci chilometri da lei non usciva di testa.
In ogni caso ora Jane aveva più di 30 anni e credeva di aver lasciato quei desideri di adolescente al liceo - con i suoi brufoli e l’apparecchio-di-cui-non-avrebbe-mai-parlato - ma evidentemente si sbagliava.
A volte Jane vedeva Sheridan, con i suoi occhi profondi e i capelli neri lunghi e fluenti; con le sue forme rotonde e la sua pelle bianca come il latte e aveva voglia di andare al primo beauty-saloon e farsi rifare tutta.
~
Sheridan era una donna. Aveva movenze sinuose e veloci, un corpo che, e Jane lo sapeva bene, si curvava come solo quello di una donna avrebbe mai potuto fare. Aveva la pelle bianca e liscia, senza alcuna imperfezione, e due occhi che erano come rubini - ma Jane non l’avrebbe mai detto, perché Sheridan si sarebbe incredibilmente offesa.
Jane poteva immaginarla, al liceo, camminare per i corridoi della scuola come se il posto le appartenesse, con i tacchi e l’espressione più fiera del suo repertorio. Probabilmente tutti i ragazzi le sarebbero andati dietro, ma si sarebbero immediatamente ritirati davanti al suo cervello, davanti alla sua intelligenza.
Sheridan, però, usava il suo essere donna come un’arma. Probabilmente, per il loro tipo di lavoro, scarpe basse sarebbero state più comode, ma Sheridan andava ovunque in tacchi alti e talieur, come se portasse addosso una divisa.
«Sono nata donna per un motivo, evidentemente,» le aveva detto una volta, mentre Jane la guardava camminare sui suoi tacchi troppo alti e probabilmente troppo dolorosi «perché non dovrei approfittarne? I criminali abbassano la guardia, mi sottovalutano e poi io attacco.»
Era un ragionamento tipicamente da Sheridan e Jane non poteva fare a meno di ammirarla per tutta quella razionalità. E di preoccuparsi.
~
Che si trattasse di stupro era ovvio - il corpo nudo della donna giaceva scomposto e senza vita sul pavimento di casa sua, le gambe spalancate e le mani ancora legate sopra la sua testa - e Jane avrebbe voluto davvero distogliere lo sguardo, ma non ci riusciva.
La donna aveva dei lunghi capelli neri e il modo in cui le ricordava Sheridan la spaventava incredibilmente.
«L’ha incontrato ad un bar, i suoi vestiti puzzano di alcool e sigaretta, ma non può essere stata una discoteca, però,» stava dicendo Sheridan - qualcosa sulle scarpe, poi, ma Jane non la stava ascoltando.
Non la stava ascoltando nemmeno mentre continuava a spiegare senza sosta che sarebbe inutile cercare tra i suoi amici, si erano conosciuti quella serata - ed era bellissima e brillante, ma Jane non poteva più guardare.
Si alzò all’improvviso, lasciando la scena del crimine e una Sheridan che la guardava senza comprendere.
Quella sera Jane poteva vedere nello sguardo della compagna le domande che non osava dire, incerta su cosa fosse successo, indecisa se chiedere avrebbe solamente peggiorato la situazione. Jane non disse nulla, non diede spiegazioni a quegli occhi, si limitò a sedersi accanto a lei a terra e a mettere uno di quei film strappalacrime che Sheridan odiava tanto.
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A volte Jane vorrebbe essere un uomo. La sua vita sarebbe stata incredibilmente più facile lo fosse stata. La sua decisione di unirsi all’esercito sarebbe stata normale, avrebbe potuto combattere meglio, difendere Sheridan meglio.
Ma nessun maglione troppo grande o spalla troppo larga poteva davvero compensare per i suoi muscoli non abbastanza robusti o i suoi fianchi troppo stretti.
Sheridan non la vedeva così. Sheridan che conquistava il mondo con una sola occhiata e poteva piegare anche il criminale più spietato con la forza della sua mente. Sheridan che si muoveva nelle ombre come se le appartenessero e poi colpiva l’avversario con i tacchi, senza che quest’ultimo se ne accorgesse nemmeno.
«Certo, maschi e femmine hanno differenze a livello strutturale considerevoli,» le aveva detto una volta, mettendosi gli stivali «ma questo non vuol certo dire che uno sia più forte o più furbo dell’altro. Bisogna solo conoscere i propri punti di forza e saperli sfruttare.»
~
L’uomo aveva 45 anni e si chiamava Steven, aveva capelli castani corti ed era muscoloso - non troppo, il giusto - era attraente (come Sheridan aveva detto, perché se non lo fosse stato non avrebbe potuto convincere così tante donne a portarlo a casa loro) e tratteneva Sheridan contro un muro, la pistola puntata alla sua testa.
«Metti giù la pistola, brunetta, e io non faccio saltare l’incredibile cervello di Sheridan Holmes, sì?» aveva detto, verso di lei. La pistola che Jane aveva tra le mani pesava quintali, pesava più del mondo stesso. Doveva lasciarla cadere e sarebbe andata meglio, doveva farlo perché quella era la vita di Sheridan e…
Però poi Jane si era voltata verso la sua compagna e forse non era brava come l’altra a dedurre, certo, ma lo sguardo che l’altra le stava mandando le ordinava di non abbassare l’arma.
Perché? Avrebbe voluto chiedere, perché vuoi morire? e la sua parte razionale le diceva di mollare la presa, di lasciare che il metallo scivolasse dalle sue dita. Jane sistemò meglio le dita sul grilletto.
«Oh… devo avere capito male, allora, pensavo ci tenessi a questa qui,» il suo ghigno era acido e Jane avrebbe voluto prenderlo a pugni. Prenderlo a pugni così forti fino a cancellargliela quella stupida espressione dal viso.
E Jane premette il grilletto.
Steven cadde a terra senza vita, Sheridan era completamente sporca di sangue e la guardava come se non riuscisse davvero a credere a cosa fosse appena successo.
«Jane! Jane sei pazza? Dovevamo scoprire il motivo! Dovevamo…» stava dicendo Sheridan, e Jane non capiva. Jane non capiva.
Perché Sheridan era il suo mondo. Pensavo ci tenessi a questa qui aveva detto quello e Jane non ci aveva visto più. Sheridan era tutto, Sheridan era l’unica cosa che le permetteva di vivere. E l’altra stava ancora parlando di motivazioni e stupro e…
«Perché l’hai fatto, Sheridan?» chiese, prima di potersi fermarsi, guardandola mentre si zittiva e piegava la testa di lato, confusa. Dio, Dio, nemmeno capiva cosa volesse dire Jane, nemmeno capiva…
«Perché sei andata in quel bar, Sheridan? Perché…» e non sapeva cosa altro dire. Perché l’hai sedotto? Perché non hai lasciato che se ne occupasse la polizia? Perché non mi hai spiegato invece di dirmi semplicemente di aspettarti all’angolo?
Le sapeva già le risposte a tutte quelle domande, perché quel bastardo sembrava avere una specie di feticcio per le donne dai capelli neri e il carattere autoritario (c’era qualcosa di più eccitate, apparentemente, nel domarle, nel farle piangere sotto le sue mani) e Sheridan l’aveva dedotto facilmente, risalendo all’identità dell’uomo con maestria. E Jane sapeva tutto quello, ma per lei non aveva senso.
Erano una serie di parole, di concetti, che nella sua mente risultavano cristallini, ma che non volevano dire nulla.
«Cosa vuoi dire?» chiese Sheridan, e ancora una volta Jane venne colpita dalla consapevolezza che la sua amica, la sua amante, non avesse davvero la minima idea di quale fosse il suo problema. Non sapeva cosa avesse fatto di sbagliato.
Com’era possibile? Com- «Poteva ucciderti, Sheridan! Poteva stuprarti! Poteva…» si ritrovò a dire, prima di potersi fermare, e stava tremando, leggermente. Una persona normale probabilmente non se ne sarebbe nemmeno resa conto, ma quella era Sheridan Holmes e ovviamente l’aveva notato.
«Ma non è successo nulla di tutto questo, » disse, prima di continuare «e poi era proprio per questo che c’eri tu, no? »
«E se un giorno non arrivassi in tempo? Dio, non è nemmeno questo il problema!» e improvvisamente tutta la paura e la rabbia le si riversarono addosso come un fiume in piena «è pericoloso! Non puoi andare in giro e… e fare quello che fai senza un minimo di precauzione! Sei una donna, Sheridan!»
Ma Sheridan non capiva. Non capiva ed era per questo che Jane l’amava, ma a volte avrebbe voluto che l’altra fosse più normale, che l’altra capisse che c’erano cose che, purtroppo, non sarebbe mai stata in grado di fare.
Che, a volte, avrebbe dovuto lasciare che qualcun altro si mettesse in pericolo, qualcuno che era meno… meno lei.
Le parole le morirono in gola prima ancora che potesse dirle: come avrebbe mai potuto chiederle di essere qualcosa che non era? Qualcosa che non sarebbe mai potuta essere?
«Jane?» chiese Sheridan, avvicinandosi un poco e Jane avrebbe voluti dire qualcosa, spiegarle, ma improvvisamente erano circondate da poliziotti e Jane non riusciva nemmeno più a vedere Sheridan in mezzo alla folla.
~
Jane si era aspettata di essere messa in carcere (aveva ucciso un uomo, dopotutto, quella sera, e non c’era stato modo di coprire le sue tracce quella volta), invece venne rilasciata con la fedina pulita immacolata Mycroft, probabilmente - e non appena mise un piede fuori dalla stazione di polizia Sheridan era lì, con la solita copertina arancione.
«È passata più di un’ora, Sheridan, non puoi essere ancora shockata,» le disse, sorridendo leggermente, mentre la donna la guardava.
«Non è per me, è per te,» spiegò, alzandosi e porgendole la copertina. Jane non sapeva bene cosa stesse succedendo, ma la prese comunque, perché sembrava molto importante per Sheridan.
«Non sono sotto shock,» disse comunque, per mettere le cose in chiaro, ma l’altra scosse la testa.
«Avevi gli occhi dilatati, il tuo battito cardiaco era più veloce del normale e avevi evidentemente problemi a formare un discorso e questi sono evidenti segni di shock,» aveva decretato Sheridan, guardandola intensamente e smettendo solo quando Jane si fosse messa addosso la copertina.
«Lo sai che pure tutto questo è stato un’ora fa, vero?» le chiese però, giusto per essere sicura. Sheridan la fece sedere nei gradini con lei, facendo toccare le loro ginocchia leggermente.
«Lo shock può durare a lungo,» ma Jane sorrise.
«No, non può. Sono una dottoressa, Sheridan, so cosa sto dicendo,» ribattè, ma sorrideva e Sheridan ora aveva fatto toccare pure le loro spalle ed era più di quanto Jane avesse mai ricevuto fuori dalle mura del loro appartamento.
Probabilmente Sheridan stava cercando di scusarmi - in una sua maniera contorta e non bene definita - Jane decise di accettarlo perché probabilmente era anche più di quanto avrebbe mai potuto avere.
~
Quando, un volta tornate a casa, Sheridan la baciò, Jane si lasciò andare contro di lei - una volta tanto - lasciando che la lingua di Sheridan la rassicurasse come le sue sole parole non potevano fare.
Sheridan stava bene. Sheridan era lì con lei e oh, Jane non l’avrebbe lasciata andare mai più.
Perché Sheridan era pazza e sconsiderata e generalmente una persona insopportabile, ma Jane non avrebbe più saputo come vivere senza di lei.
«Avevi detto di non essere più in shock, Jane,» commentò Sheridan sulle sue labbra e Jane rise leggermente.
«Non è shock, Sheridan, è paura,» bisbigliò in risposta, appoggiando entrambe le mani sulle braccia dell’altra ed aggrappandovicisi con forza. Probabilmente Sheridan non avrebbe capito, non davvero, forse avrebbe cercato di convincerla di come quella sua paura fosse irrazionale.
Di come Sheridan potesse perfettamente occuparsi di sé stessa, grazie tante. Jane non l’avrebbe nemmeno ascoltata.
«Devo davvero tenerti d’occhio, ah? O finirai chissà dove uccisa da chissà chi, hm?» chiese sorridendo leggermente, cercando di fare comprendere all’altra come andasse bene, come avesse bisogno di quella paura. Perché la rendeva viva e capace di seguire Sheridan in qualsiasi follia, in qualsiasi sua investigazione.
Perché Jane Watson sembrava un uomo - lo sapeva, non le importava - ma non lo era. Era una differenza fondamentale, che mutava il suo essere e la rendeva diversa da come una sua controparte maschile avrebbe mai potuto essere.
Perché Jane Watson, donna, non era sempre forte, non era sempre tutta d’un pezzo, ma le andava bene, perché questo la rendeva più determinata.
Perché per quanto Sheridan Holmes avrebbe potuto negarlo non era un uomo con due tette in più da usare come arma, era una donna che aveva scelto di utilizzare la sua femminilità come uno scudo in maniera completamente pazza ed irresponsabile e sbagliata - almeno, per gli standard comuni - e forse aveva bisogno di qualcuno che si spaventasse per lei.