P0rn Fest #2 - parte sesta

Jan 24, 2009 21:23

Torniamo al simpatico p0rn ambientato nel mondo Rowling. I protagonisti sono i miei Albus e Scorpius per eccellenza, quelli che in confidenza chiamo mici. Fanno parte del dracoverse, quel povero progetto che mai vedrà la luce, temo. Ma bando alle inutili ciance, ecco del p0rn PWP per cui non dovete sapere nulla.

Titolo: Cinque del pomeriggio
Rating: NC17
Fandom: Harry Potter
Pairing: Albus Severus/Scorpius
Avvertimenti: Storia con contenuto platealmente p0rn. Non fate facce stupite per favore. Se proprio voleste sapere i particolari inutili, è ambientato in Romania, dove i piccioncini sono andati a vivere finita la scuola. I nostri eroi hanno circa 21 anni, Albus di lavoro fa il domatore di draghi (che lavoro di merda) e Scorpius lo studioso.
Prompt: Harry Potter, Albus Severus/Scorpius, “I libri non si usano come poggiapiedi, incivile!”



CINQUE DEL POMERIGGIO

Quando Albus rientrò Scorpius era, come al solito, curvo sulla scrivania con il naso su qualche astrusa pergamena. Albus gli girò attorno e gli diede un bacio sulla guancia a cui l’altro rispose facendo cenno di voltare il viso e schioccando le labbra a vuoto.
“Ciao,” lo salutò, senza distogliere gli occhi dai suoi appunti. “Com’è andato il lavoro?”
“Bene,” mugugnò Albus, lasciandosi cadere mollemente nella poltrona accanto alla scrivania. “Stancante,” aggiunse.
Occhieggiò la pila di libri posti tra la poltrona e la scrivania, che si innalzava a più di un metro da terra, e con fare esausto alzò prima una gamba e poi l’altra, accavallandole coi talloni ben poggiati sulla copertina dell’ultimo tomo. Il suo gesto servì a distogliere l’attenzione di Scorpius dai suoi scritti: alzò gli occhi e lo guardò di sbieco, serrando le labbra per la stizza malcelata. Ad Albus venne da ridere, ma si trattenne.
“I libri non si usano come poggiapiedi, incivile!” esclamò Scorpius.
“Oh, ok…” borbottò Albus. Tirò giù i piedi e scalciò lentamente le scarpe inzaccherate di fango; poi col fare più naturale del mondo rialzò le gambe e assunse la medesima posizione di pochi secondi prima.
Scorpius, che aveva appena riabbassato gli occhi, rialzò la testa di scatto e questa volta lo fissò senza celare minimamente il proprio disappunto.
“Albus! Ti dispiace?”
“Quanto la fai lunga…” sbuffò Albus, decisamente divertito. “Potevi dirlo subito che il problema non erano le scarpe. Comunque sei troppo attaccato a questi stupidi libracci, te l’ho sempre detto. Un uomo che torna a casa stanco dal lavoro ha bisogno di un posto dove appoggiare i piedi.”
Albus fece per riportare finalmente i piedi a terra, ma nel farlo si trascinò dietro l’ultimo libro della pila, che cadde a terra con un gran botto insieme ad altri due.
“Cazzo!” sbottò Scorpius, alzandosi in piedi e inginocchiandosi a raccoglierli.
“Scusa…” borbottò Albus, seguendo il suo esempio di slancio. “So quanto ci tieni. Non volevo…” S’interruppe però, prendendo tra le mani uno dei libri e voltandolo per poter osservare meglio la pagina a cui si era aperto nella caduta. “E questo che libro è?” domandò, gli occhi fissi sull’immagine animata che vi troneggiava nel mezzo.
“Niente,” rispose Scorpius sbrigativo. “Passa qua.”
“No no,” disse invece Albus, sul cui viso andava allargandosi un ghigno compiaciuto, “mi interessa…”
“Dammelo!”
Albus sfogliò qualche pagina senza leggerne il contenuto, alla ricerca di un’altra immagine, e senza troppa fatica la trovò. Alzò un sopracciglio, poi corrugò la fronte.
“E questo come si fa?”
“Albus!”
Albus alzò gli occhi dal libro e notò che un rossore piuttosto diffuso aveva colorito le guance di Scorpius.
“È questo che fai invece di studiare?” lo stuzzicò allora, godendo un po’ nel vederlo in difficoltà, cosa che a Scorpius non accadeva spesso. “Io mi spacco la schiena tutto il giorno al lavoro e tu ti leggi libracci osceni zeppi di figure in cui uomini nudi se lo infilano un po’ dappertutto?”
“Non fare lo scemo,” mugugnò Scorpius risentito. “È un libro che ho preso qualche tempo fa. Non so neanche come ci sia finito lì in cima…”
“Certo, certo, immagino che tu non l’abbia mai nemmeno sfogliato…” lo prese in giro l’altro.
“Ovvio che sì, cretino,” ribatté Scorpius. “E l’ho letto tutto, cosa che sicuramente tu non hai preso nemmeno in considerazione.”
Ma Albus non lo stava nemmeno ascoltando, o così voleva fargli sembrare, perché annuì senza distogliere gli occhi dalle pagine che stava sfogliando curioso.
“Questa cosa sarebbe? Non capisco nemmeno come sono messi…” borbottò girandosi tra le mani il libro per cambiare angolazione.
Scorpius glielo strappò dalle mani, chiudendolo con un tonfo.
“Che c’è? Ti ho messo in imbarazzo?” chiese sarcastico Albus, gongolando trionfante.
“No,” rispose Scorpius, rimettendosi seduto dietro alla scrivania. “Sì…” rettificò subito dopo, nascondendo il libro incriminato il più lontano possibile da sé.
“Non capisco di cosa dovresti vergognarti,” disse Albus, alzandosi in piedi e camminando lentamente fino a trovarsi alla sue spalle. Lo abbracciò, appoggiandogli la guancia sui capelli, la bocca vicino all’orecchio. “Sei maggiorenne, puoi guardare le cose sconce senza il permesso di nessuno. E magari avresti anche potuto rendermi partecipe…” sussurrò, stringendo un po’ di più le braccia attorno al suo petto.
Scorpius chiuse gli occhi e si tolse gli occhiali, lasciandosi sprofondare in quell’abbraccio mano a mano che rilassava la schiena all’indietro. Albus ridacchiò sommessamente, baciandogli delicatamente l’orecchio.
“Ciao, tesoro, ti sono mancato oggi?” domandò carezzevole.
“Abbastanza…” mormorò Scorpius, reclinando indietro la testa.
Albus affondò il viso nel suo collo, baciandolo, e una mano scivolò sulla sua pancia in direzione dell’addome. Scorpius voltò la testa proprio mentre le dita di Albus andavano a lambire la chiusura dei pantaloni, insinuandosi al di sotto, e le sue labbra trovarono quelle del compagno ad aspettarlo. Sospirò nella bocca di Albus quando la mano si chiuse attorno al suo membro, che già da qualche secondo andava gonfiandosi nell’anticipazione, e quello rispose ricercando la sua lingua con più slancio. Il collo iniziava già a dolergli quando Albus si staccò da lui e, con un gesto deciso, tirò indietro la poltroncina su cui Scorpius era seduto, mettendo tra essa e la scrivania abbastanza spazio da infilarcisi; quindi si accomodò sulle sue gambe e si riattaccò alle sue labbra, risucchiandole subito in un nuovo bacio appassionato. Scorpius affondò una mano nei suoi capelli e sfruttò la presa per inclinargli la testa a proprio piacimento: prima in avanti, approfondendo al massimo il bacio, poi indietro, fino a costringere Albus ad abbandonare le sue labbra. Tenendolo così, a gola scoperta, chinò il viso a morderne il pomo d’Adamo e risalì sulla mandibola, girandogli un po’ il viso di lato. Lo attirò poi a sé, stringendolo e ficcando il naso nei suoi capelli, così da inspirare a fondo il suo odore. Era accaldato e leggermente sudato, ma proprio per questo ancor più eccitante.
“Solo abbastanza?” sussurrò Albus, risalendo con le mani sulla sua schiena e portando con sé il maglione che indossava.
Scorpius si lasciò spogliare velocemente, assecondando i movimenti del compagno, e appena questi gettò il maglione a terra lo afferrò saldamente per le cosce, alzandosi in piedi e posandolo sulla scrivania. Albus gli avvolse le gambe attorno ai fianchi, tirandoselo addosso il più possibile, e così facendo le loro erezioni si scontrarono attraverso la stoffa dei pantaloni. Gemettero debolmente entrambi e Scorpius colse l’attimo per spogliare anche Albus dei suoi vestiti. Il compito era più complesso, nel suo caso, ma le dita di Scorpius erano allenate e pochi secondi dopo i lacci che tenevano chiusa la sopravveste ignifuga erano sciolti ed essa finì a terra insieme alla maglia che Albus indossava al di sotto. Si baciarono di nuovo, furiosamente questa volta, e con una tale irruenza che Albus prese lentamente a reclinare la schiena, lasciandosi stendere sul ripiano della scrivania. Scorpius lo bloccò un attimo prima che infilasse i capelli nel calamaio aperto.
“Andiamo di là?” propose in un sussurro, tirandolo di nuovo a sedere.
Gli occhi verdi di Albus brillarono mentre saltava giù dalla scrivania.
“No,” rispose. “Va bene qui…”
Scorpius sogghignò.
“Allora aspetta un attimo.”
Lo scostò dal mobile e stese il braccio, facendo per buttare i fogli a terra; poi si bloccò e, imprecando a denti stretti, si mise invece a raccogliere ordinatamente i fogli, ammonticchiandoli insieme ai libri sulla poltrona. Alle sue spalle, Albus rideva tra sé.
“Non è divertente,” si lamentò Scorpius, senza riuscire neppure a guardarlo storto. “È più forte di me…”
“Povero amore mio,” sospirò drammatico Albus, accostandosi al ripiano quasi completamente sgombro, “non è colpa tua se sei ossessivo.” Tirò fuori la bacchetta che teneva nei pantaloni e con un Evanesco e un gesto rapido fece sparire piuma e inchiostro insieme agli occhiali di Scorpius.
“Quelli me li devi far riapparire dopo,” mormorò in una finta minaccia l’altro abbracciandolo da dietro.
Se lo rigirò tra le mani, baciandolo prima che potesse rispondergli e premendolo di nuovo contro il bordo della scrivania. Questa volta le sue mani scesero subito a slacciargli i pantaloni, facendoli scivolare giù per le gambe di Albus fino ad ammonticchiarsi intorno alle sue caviglie. Albus li scalciò via, fremendo già all’idea di ciò che sarebbe seguito. Scorpius si mise in ginocchio e appoggiò la bocca sulla forma netta della sua erezione sotto il tessuto dei boxer. La tracciò con la lingua, risalendo fino alla punta dove una lieve macchia più scura andava formandosi. La sua lingua percepì il sapore salato che ben conosceva e istantaneamente si sentì travolgere dal desiderio di succhiarlo, di averne la bocca piena, di sentire il gusto dell’eccitazione di Albus fino in gola. Abbassò i boxer del compagno con mano sicura, agganciando l’erezione appena liberata con la lingua e scorrendo tutta la lunghezza fino a catturarne la punta. Allora la accolse in bocca e succhiò piano, mugolando di piacere. Albus poggiò entrambe le mani sulla sua testa, gemendo con forza, e Scorpius lo interpretò come un incitamento a procedere: fece scorrere il membro fuori dalle proprie labbra, fino a strofinarle contro la cappella gonfia, quindi lo guidò nuovamente nella propria bocca, facendolo affondare molto più in profondità questa volta. Iniziò a muovere la testa su di lui avanti e indietro, succhiandolo avidamente, scoprendo di nuovo con la lingua ogni millimetro di quella pelle delicata e così deliziosamente dura al contempo sotto il suo tocco, e avvertendo la pulsazione nelle vene aumentare sotto alle proprie labbra.
Si perse nella sensazione di potere e godimento che questo gli dava, fino a cogliere solo quel battito frenetico, il proprio respiro accelerato e il solleticare dei peli dell’inguine di Albus contro il naso ogni volta che se lo faceva scendere in gola. Avrebbe continuato fino alla fine, fino a farlo esplodere nella sua bocca, se Albus non l’avesse bloccato, obbligandolo ad alzarsi e a tornare alle sue labbra. Scorpius le succhiò con la stessa voracità, mentre le mani di Albus si affaccendavano sui suoi pantaloni. Pochi secondi dopo erano ai suoi piedi insieme a ogni altra cosa ancora indossasse e Albus si ritrovò di nuovo con la schiena premuta contro la superficie liscia della scrivania, con la differenza che ora non c’era niente a dividere il suo corpo da quello del compagno. Gli cinse le spalle, ansimando mentre questi scendeva a baciargli il petto e la pancia, succhiando di nuovo, brevemente, l’erezione premuta tra i loro ventri.
Il calore del suo corpo l’abbandonò per qualche attimo e Albus rimase immobile, ad occhi chiusi, respirando attraverso le labbra semiaperte, in attesa. Scorpius non lo lasciò ad aspettare a lungo, però: presto le sue mani calde si posarono sulle sue cosce, aprendole, e due dita si fecero strada dentro di lui, affondando fino alle nocche. Albus aprì maggiormente le gambe e si spinse contro la mano del compagno, le cui dita continuarono a uscire ed entrare in lui con facilità. Si lasciò guidare una gamba sulla spalla di Scorpius e piegò l’altra sui suoi fianchi per attirarlo a sé, nella speranza che affrettasse i tempi. Fu soddisfatto all’istante: Scorpius ritrasse le dita e Albus fece appena in tempo ad aprire gli occhi che sentì la sua erezione premere contro di lui e scivolargli lentamente dentro. Non riuscì a scollare lo sguardo dal compagno finché non fu penetrato in lui completamente; Scorpius lo fissava con un’intensità tale da fargli venire la pelle d’oca. Quando il suo inguine sfiorò le natiche, tuttavia, Scorpius gemette, chiudendo gli occhi per un attimo e aggrottando la fronte, e Albus sentì finalmente ogni suo muscolo distendersi attorno al compagno, affidandosi a lui.
Scorpius iniziò a muoversi con cautela, imprimendo comunque in ogni spinta abbastanza forza da strappargli qualche mugolio smorzato. Il ritmo prese ad aumentare lentamente, e Albus si aggrappò al bordo della scrivania con entrambe le mani, stringendolo spasmodicamente ad ogni scarica di piacere che, partendo dal basso, gli esplodeva nello stomaco. Sentiva l’attrito della sua pelle nuda contro il legno, il dolce dolore del suo corpo che si tendeva ogni volta che il compagno affondava in lui con maggior irruenza, e gli ansiti di Scorpius troppo lontano da lui per baciarlo. Piegò le ginocchia, puntando i talloni contro la sua schiena, obbligandolo ad avvicinarsi fino a stargli addosso, premuto contro, annullando quasi le sue possibilità di movimento. Scorpius si chinò in avanti, curvando la schiena, e gli baciò la clavicola, poi il centro del petto, strofinando la propria guancia liscia contro la sua pelle. Albus se lo sentiva completamente dentro, avvertiva ogni suo millimetrico movimento riverberarsi nel suo corpo. Scorpius cercava ancora di muoversi in lui, velocemente, poi ruotò i fianchi e Albus urlò, serrando gli occhi. Gli parve di vedere per un attimo centinaia di luci colorate dietro alle sue palpebre e mosse il bacino senza essere del tutto padrone dei propri movimenti, desiderando solo che Scorpius arrivasse più a fondo, più di quanto fosse possibile, e che liberasse l’enorme pressione che sentiva ingigantirglisi dentro.
“Ancora… Ancora…” biascicò col fiato mozzo, e Scorpius lo accontentò. Lo fece gemere e sospirare, spingendosi in lui con uno slancio che si trasformò quasi in furia, portando la tensione nei suoi testicoli fino quasi a renderla insopportabile, fino quasi a farlo implorare; poi la sua mano si chiuse decisa attorno alla sua erezione, fino a quel momento rimasta trascurata, e Albus si ritrovò a urlare, mentre veniva con forza nella sua mano. Scorpius lo imitò dopo nemmeno un minuto, quando ancora il suo corpo era scosso dai fremiti e il calore andava diffondendosi lentamente in ogni centimetro delle sue membra. Si accasciò su di lui, boccheggiando, e appoggiò la testa sul suo cuore, passandogli le mani sulle gambe in un’incessante catena di carezze.
“Forse nel tuo libro avremmo trovato qualche posizione più…innovativa,” disse Albus quando ebbe recuperato il fiato necessario.
Scorpius alzò la testa e si tirò su lentamente, lasciando scendere le sue gambe. Albus mugugnò contrariato sentendolo scivolare fuori dal proprio corpo.
“Mmm… Può essere,” borbottò Scorpius, “ma preferisco le cose più classiche. Sai, sono un tradizionalista…”
Albus ridacchiò e tese le braccia per farsi aiutare ad alzarsi. Scorpius ebbe l’accortezza di sostenerlo con un bacio quando le ginocchia gli cedettero leggermente.
“Mi piacciono le tue tradizioni,” sussurrò Albus sulle sue labbra quando, parecchio tempo dopo, si scostò.
Si chinò a recuperare un paio di mutande e se le infilò, senza far caso a chi appartenessero.
“Ah, dopo questo breve intermezzo direi che ti lascio ai tuoi libroni e mi vado a fare una doccia. Vuoi un tè, prima, così tiri fino a cena?”
Scorpius, appoggiato alla scrivania, lo fissò a braccia conserte, sorridendo beato.
“Gradirei moltissimo,” rispose, mettendosi a ridacchiare subito dopo.
Albus si allontanò e Scorpius, con un sospiro, richiamò a sé la propria bacchetta e fece riapparire gli oggetti smaterializzati dal compagno. Inforcò gli occhiali e contemplò il disastro che lo attorniava.
“Bene, rimettiamoci al lavoro…” sospirò.
Dalla cucina, gli giunse il rumore metallico della teiera messa sul fuoco.

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